ALCUNI ASPETTI DELLA TRIANGOLAZIONE. AEREA E DELLA ISTRUMENTAZIONE RELATIVA



Dort..IxG. ERMENEGILDO SANTONI Comunicazione al I Convegno Nazionale di Fotogrammetria e Topografia în Siena.

Il profano che osserva una bella fotografia aerea considera il problema della cartografia aerofotografica come una semplice questione di scala.

Noi fotogrammetri vediamo invece l’immagine fotografica legata allo obbiettivo della camera di presa, sintetizzato in un punto, il punto di vista della prospettiva. E dagli infiniti punti dell’immagine vediamo, o per meglio. dire intuiamo, gli infiniti raggi, che, ripercorrendo a ritroso il cammino dei raggi luminosi, formano il così detto fascio prospettivo.

Prendere un fotogramma e muoverlo nello spazio significa per noi pren dere e muovere nello spazio il fascio prospettivo relativo.

Ed ecco che due fasci prospettivi provenienti da una zona di terreno co mune possono essere reciprocamente situati nello spazio in maniera che tutti 1 raggi omologhi si taglino due a due riproducendo per intersezione in avanti, | punto per punto, la forma del terreno, quindi non solo i particolari planime trici ma anche l’altimetria.

Fatto fondamentale della fotogrammetria è appunto quello di poter rico struire la forma dell'oggetto senza che nulla si sappia di esso purché si dispon ga di due fotografie prese da due differenti punti dello spazio. Tale possibilità. è basata sul fatto che, tenendo fermo un fascio prospettivo e muovendo l’al tro, soltanto allorché avremo dato a questo secondo fascio la giusta posizione angolare rispetto al primo, e soltanto allora, tutte le coppie diraggiomologhi sl intersecheranno. Altrimenti in tutto od in parte le coppie di raggi omologhi risulteranno sghembe generando quelle che chiamansi in termine tecnico $4a rallassi verticali. Far sparire le parallassi verticali è la prima operazione del piazzamento di due fotogrammi in un restitutore.

Naturalmente aver trovato la forma dell'oggetto non significa averne trovato le dimensioni né la giacitura rispetto ad un sistema generale di riferi mento. Per far ciò occorre conoscere nelcampo oggetto la posizione di almeno tre punti. La preparazione dei punti a terra in fotogrammetria tende perciò a fornire questi punti di inquadramento.

La prassi della restituzione è caratterizzata ormai da queste tre successive. operazioni:

I) formazione del modello ottico; 2) dimensionamento, su almeno due punti del terreno noti; 3) adattamento in quota su almeno tre punti di altezze note.






Un esteso rilievo fotogrammetrico è quindi formato di una serie di coppie stereoscopiche le quali formano tanti modelli plastici i quali, convenientemen te controllati di grandezza e opportunamente livellati, vengono congiunti fra loro a guisa delle mattonelle di un pavimento. Naturalmente 1 gruppi di con trollo a terra fanno parte di una intiera rete topografica.

E ovvio che con tale procedimento si ottiene il massimo risultato poiché gli errori possibili, ossia le deformazioni residue, risultano circoscritte in ogni medello.

Questa è in effetti la prassi dei rilievi fotogrammetrici di alta precisione, quali quelli catastali di cui avete visto già molti interessanti saggi.

Un problema economico si è posto già da tempo, quello di ridurre le mi sure ai controllo sul terreno, necessità specialmente sentita per le carte a me dia e piccola scala quali il 25000 ed il 100.000. Difficoltà di accesso nei terri tori da cartografare hanno in molti casi acuito maggiormente questo problema.

Per tornare all’esempio del pavimento, supponiamo che il muratore abbia piazzato la prima mattonella di una fila e per metterle accanto la seconda, anziché adoperare un livello o riferirsi a dei fili tirati da parete a parete, si serva di un semplice righello lungo quanto due mattonelle e con esso via via congiun ga una mattonella alla successiva. È questo in parole povere quello che si fa in fotogrammetria quando, a partire da un modello controllato su punti, si congiunge ogni nuovo modello col precedente senza disporre nel nuovo di pun ti di controllo. Se il righello del muratore è diritto egli compirà soltanto una serie di errori di carattere accidentale. Se per avventura il righello è curvo egli, oltre gli inevitabili errori accidentali, compirà una serie di errori sistematici.

La sua fila di mattonelle, oltre che essere affetta da piccole o grandi ondu lazioni occidentali, risulterà tendenzialmene un arco. Assai probabilmente il nostro muratore arriverà alla parete opposta con un errore intollerabile anche per un semplice pavimento. -

Ma vediamo qual’é il corto righello del fotogrammetra.

Il metodo più comune è costituito precisamente dalla utilizzazione del già enunziato principio dei fasci prospettivi. È intanto da ricordare che in una serie fotografica i fasci prospettivi si compenetrano per circa il 60 %.

Il primo modello è stato generato da due fasci prospettivi controllati i quali hanno perciò assunto il loro giusto assetto spaziale. Ma il secondo fascio non è stato totalmente utilizzato poiché esso ha circa una metà in comune col terzo fascio e quindi contribuisce alla formazione del secondo modello. Si potrà. perciò tener fermo il secondo fascio e si sposterà nello spazio il terzo fascio fino a far sparire le predette parallassi di altezza con cui avremo ottenuto la cor retta formazione del secondo modello spaziale. Questa seconda mattonella re sterà così angolarmente legata alla prima. Ma ecco qui una sostanziale diffe renza tra le nostre mattonelle fotogrammetriche e quelle reali di un pavi mento.

Le mattonelle, di un pavimento a meno di errori accidentali di formatura




nello stampo, hanno già di per sè dimensioni corrette. Si tratta perciò solo di un corretto congiung'*mento in piano e in altezza mentre il nostro secondo modello fotograficc, come tutti gli altri di seguito, non ha controllo proprio di grandezza. Esso dovrà dunque essere opportunamente ingrandito od impicco lito, variando la base stereoscopica, fino ad ottenere che il lato comune col primo modello risulti di uguale lunghezza. Abbiamo così, oltre che un trasporto di assetto angolare, un trasporto di grandezza. Gli errori di trasporto di grandez za daranno principalmente lucgo ad errori in piano A_X, AY mentre gli er rori di trasporto di assetto angolare (vedi righello) daranno luogo ad errori al timetrici A Z. Entrambi possono essere accidentali e sistematici. È qui mì sia consentito ricordare una discussione avvenuta proprio du rante il recente Congresso di Washington allorché il ben noto fotogrammetra francese Poivilliers propose di sostituire al termine «triangolazione aerea » quello di « poligonazione aerea », in francese « cheminement aérien ».

Tanto io che altri insistemmo nel termine «triangolazione » che messo ai voti raccolse la maggioranza. Infatti nella poligonazione ogni lato della poli gonale riceve la propria grandezza con misure proprie. Se ogni modello stereo pico fosse controllato in grandezza con misure proprie, indipendenti cioè dal l'errore di grandezza compiuto dal modello a cui viene saldato, potremmo ac cettare il termine « poligonale » o «cheminement ». Ma poiché la grandezza di ogni modello è derivata dal modello precedente, e poiché in definitiva, a par tire da un lato noto, il primo lato aereo, si tratta di uno sviluppo di triangoli a catena fra i punti del terreno ed i punti di presa dove le camere di presa ten gono luogo di veri e propri goniometri, il termine di aerotriangolazione ci è sem brato più appropriato.

Ovviamente una catena di aerotriangolazione deve chiudersi su un mini mo di punti di controllo situati nell'ultimo modello, il che consente di rilevare le entità del vari errori AX, AY, AZ e procedere alla compensazione di tutti i punti intermedi della catena.

Questi punti intermedi altro non sono che particolari caratteristici del terreno (la punta di una roccia, un cespuglio, un incrocio di sentieri ecc.) scelti arbitrariamente nella zona comune a due modelli stereoscopici successivi allo scopo di costituire 1 punti di saldatura, il cemento per tornare all'esempio delle mattonelle. Solo quando questi punti saranno stati compensati, potremo pro cedere ad una normale restituzione, modello per mcdello, appoggiandosi ad essi come se provenissero da determinazioni topografiche ordinarie.

Ed ecco sorgere spontaneo in Voi, miei gentili ascoltatori, due domande della massima lagicità. Qual’é il criterio seguito per effettuare la compensa zione ? Qual’é l'attendibilità sulla precisione finale di questi punti ?

Troppo breve è il tempo concessomi per addentrarmi in questa materia. Nei riguardi del criterio di compensazione dirò che la sua scelta è assai diffi cile. Teorici da un lato, utilizzatori dall’altro, si affannano per trovare la via migliore; naturalmente i teorici cercano la via più perfetta mediante com




plesse equazioni, gli utilizzatori invece quella più semplice purché dia risultati accettabili in relazione ai requisiti della carta da costruire.

Per fortuna fra gli illustri pionieri della fotogrammetria uno dei più apprez zati per il suo valore scientifico connesso allo spirito pratico, il tedesco Von Gruber, purtroppo scomparso, ridusse già da tempo in termini assai semplici i criteri di compensazione della aerotriangolazione, criteri che, anche se non per fetti, specialmente alla luce delle ricerche odierne, consentono ancora di giur gere rapidamente a risultati pienamente accettabili nella maggior parte delle applicazioni pratiche. Naturalmente il procedimento proposto dal Gruber ha subito 1 necessari ritocchi a seconda dei particolari metodi od istrumenti impie gati. Il grande dilemma posto al tecnico delle compensazioni è quello di rico noscere in ogni errore di chiusura, al termine della catena, quale parte di esso è da attribuirsi ad errori accidentali, quale ad errori sistematici. La necessità del la ricerca è ovvia, in quanto gli errori accidentali vanno compensati con legge lineare mentre 1 sistematici con legge quadratica.

In termini esemplificativi, se l'errore di quota finale fosse stato di 40 me tri, nel caso potessimo attribuirlo a sole cause accidentali porteremmo al cen tro della catena una correzione di 20 metri, mentre nel caso si trattasse di soli errori sistematici la correzione sarebbe di Io metri.

Poiché all’epoca delle ricerche del Gruber la preponderanza era data dagli errori sistematici le sue formule di compensazione prescindono dagli errori ac cidentali. Di qui la loro semplicità.

Passiamo ora alla precisione. Qualcuno di voi, sentendo parlare di 40 me tri di errore di quota avrà, come suol dirsi, spalancato le orecchie.

Va tenuto presente che ciò che conta è l’errore residuo, quello cioè che resta dopo la compensazione. D'altra parte nelle applicazioni almeno finora fatte, per carte a medio e piccolo denominatore di regioni non ricche, errori residui di alcuni metri di quota sono pienamente tollerati, mentre gli errori re sidui planimetrici superano raramente il graficismo.

L'errore sistematico di quota è dovuto all’incurvamento dell’insieme dei mcdelli dovuto a piccole anomalie sistematiche di convergenza che si ma nifestasse proprio nella fcrmazione di ciascun mcdello.

Orbene un errore di convergenza di appena uri primo sessagesimale sopra un lato di due chilometri genera all’estremo del secondo lato un errore di 60 centimetri che diviene 1,80 nel terzo lato, 3,60 nel quarto e così di seguito con andamento parabolico. Cosicché, dopo 25 vertici, pari nel caso oggetto ad un perccrso di 50 Km., l’errcre finale di quota verrebbe a risultare di ben 300 metri. Altrettanto potrebbe dirsi di piccolissimi errori sistematici di trasporto di grardezza. Tali grossissimi errcri nen perterebbero alcun pregiudizio se to talmente attribuibili ad errcri sistematici poiché sarebbero perfettamente compensabili cen leggi ben note. D'altra parte errcri di tal misura potrebbero già venir rilevati arche prima di giurgere sui punti di arrivo. Infatti, se altri errori non intervenissero a falsare alquanto i dati, troveremmo già nel restitu




tore le quote strumentali di volo man mano più basse o più alte e quindi non più in accordo, nemmeno con un normale altimetro di bordo.

Inoltre lo stesso assetto angolare assunto dalla camera nel restitutore ver so gli ultimi modelli, sarebbe affetto da errori di convergenza di circa un terzo di grado già rilevabili, quindi grosso modo anche mediante una livella che fosse stata fotografata durante la presa.

Ma allora perché non servirsi di questo o di altri strumenti ausiliari capaci di introdurre durante lo svolgimento -della catena elementi di controllo, che potremmo chiamare esterni ?

Dovrei a questo proposito rifare una lunga storia che risale a molti anni, ma ben lungi da me l’idea anche solo di farne un breve riassunto. Mi limiterò =d una semplice elencazione dei mezzi che sono stati o si stanno ponendo al servizio della aerotriangolazione. Non manterrò neppure l'ordine cronologico tanto più che esso è di scarso valore alla resa dei conti.

Scartate fino dall’inizio le livelle, per i dannosi effetti della inerzia, siamo passati al giroscopi, i quali altro non sono che pendoli ad accelerazione ritarda ta. Questi possono consistere in giroscopi indicatori di pendenza, alla cui cate goria appartengono fra l’altro le realizzazioni del francese Dubuisson, già ap plicate a rilevamenti in Francia, e le interessanti realizzazioni in corso ‘del no stro Ing. Nistri, oppure in giroscopi stabilizzatori della stessa camera di presa di cui abbiamo visto un bell’esemplare a Washington. Come ripeto in questo come del resto in tutti i campi del progresso più che la priorità delle idee, ciò che conta è la bontà dei risultati di una realizzazione piuttosto che di un’altra.

Oltre al giroscopio si può citare il metodo dello statoscopio dovuto ‘al Waissàala. Lo statoscopio è un altimetro difterenziale sensibilissimo, capace cicè di registrare variazioni di quota del velivolo inferiori al metro, a parte ovviamen te la influenza della variazione barometrica assoluta la quale comporta errori che lo statoscopio non può mettere in evidenza.

I suddetti metodi potrebbero definirsi dinamici.

Tra quelli che potremo definire statici è il metodo delle fotografie del l'orizzonte, dovuta al Nenonen, con due camere rigidamente legate a quella che fotografa il terreno. Posto che l'orizzonte sia nettamente visibile, se foto grafato in due direzioni ortogonali, può fornire 1 valori di inclinazione trasver sale (6) e longitudinale (9) della camera.

Fra i dispositivi che ho chiamato statici citerò il mio metodo solare. Esso comprende le fotografie del sole e di un cronometro. Il raggio solare locale, la cui direzione è perfettamente determinabile, attraversa idealmente la camera come se la infilzasse uno spiedo. Essa potrà compiere liberamente nel restitu tore qualsiasi movimento traslatorio, ma di rotazioni incognite non ne potrà avere che una, quella attorno alla direzione solare. I tre gradi di libertà ango lare K, ®, © sono ridotti così ad uno. Questo sarà a sua volta controllato nella fase di concatenamento al restitutore.






Ovviamente il metodo solare controlla più facilmente le deformazioni al timetriche del modello generale.

Fin qui abbiamo citato dispositivi che controllano l’assetto angolare. Vi sono altri che tendono al controllo della propagazione degli erreri di gran dezza.

Fra i metodi più recenti e direi suggestivi di questa categoria abbiamo quelli che utilizzano i principi del radar. Citeremo dapprima quelli destinati alla localizzazione in piano dell’aereo in corrispondenza di ciascun fotogramma scattato, metodi per ora assai onerosi la cul precisione è ancora discussa, al meno nei limiti massimi sperati, metodi però sempre molto utili se non altro nella condotta. del volo di ripresa in zone sconosciute.

Infine l’ultimo grido, sebbene già allo studio da qualche anno, è l’altime tro elettronico di cui ho avuto il piacere di esaminare un campione insieme ai grafici dei risultati, lo scorso anno in Canadà e sul quale abbiamo ascoltato una interessante relazione al recente Congresso di Washington. ° Con perfetta analogia con le sonde ultrasoniche per le misure del fondo marino, vengono lanciate onde elettromagnetiche dall’aereo verso il terreno mediante un fascio di circa un grado di apertura. La registrazione dell’onda ri flessa fornisce l’altezza relativa dell’aereo rispetto al disco del terreno colpito dall’onda. Ciò che fa impressione, almeno per un profano come me in tale mate ria, è che lo scarto di qualche metro registrato, dico registrato, sopra una carta scorrevole, in scala apprezzabile, corrisponde in effetto ad uno sfasamento di tempo fra l'andata ed il ritorno dell’onda di qualche centomilionesimo di se condo. Con questi altimetri si può tracciare il profilo del terreno sorvolato, con errori che comprendono ovviamente quelli di un altimetro barometrico, i cui dati sono contempcraneamente registrati.

In questa complessa odierna situazione di fatto, per quanto ciascuno di noi specialisti avrebbe qualcosa da dire, se pure non ha già detto, dobbiamo vedere con grande simpatia e con altrettanta speranza per un felice approdo, l'iniziativa presa da tecnici belgi per promuovere una collaborazione interna zionale a mezzo dell’O.E.C.E. mediante la quale si dovrebbe in un primo tempo effettuare uno studio comparativo dei vari metodi fino ad ora studiati nei vari paesi, a cui dovrebbero seguire studi e suggerimenti per condurre i metodi di aerotriangolazicne alla prassi più redditizia a seconda dei problemi da risol vere, problemi che abbracciano non solo la cartografia a piccole scale di vaste regioni cartograficamente vergini, ma la stessa produzione di carte catastali e tecniche, per le quali l'economia nelle operazioni sul terreno è, sia pure in ben. altro rapporto, altrettanto desiderabile.