1/25000 | 1/10000 | 1/5000 | 1 /2000 Paese in cui è stato ese guito il rilevamento Italia Iran ° Siria Egitto Italia Superficie rilevata Km? 8430 3100 2860 50 500 Aerocamera utilizzata Fairchild Wild Galileo Galileo Galileo T rire RC5 Santoni Santoni | Santoni | Wild RC5 VI VI IV Quota relativa del volo 4500 i 3000 1500 1500 1200 di presa m. 5500 Numero delle strisciate 38 34 145 6 30 Tipo di concatenamento |plano-alti-|altimetrico jplano-alti- | planimetr. | planimetr. metrico metrico Numero dei modelli co struiti 389 226 2098 50 428 Numero dei punti deter minati a terra per l’ap poggio della aerotrian golazione 520 265 947 50 277 Punti di controllo plano altimetrico noti lungo le strisciate 103 — 339 IO 157 Punti quotati determina ti per la compensazione 43 263 1486 —_ — Punti determinati con . l’aerotriangolazione 936 482 5257 525 1077 Precisione richiesta ed as sicurata : -— scarto max in plani- 1,50 — 1,50 0,60 0,60 metria m. | — scarto max in quota m. 1,00 0,50 0,50 — —
periodo citato sono state concatenate circa 250 strisciate, per complessivi 3000 modelli, e determinati ben 8.000 nuovi punti di appoggio.
La prassi operativa ha subito modifiche ed evoluzioni tali da adattare, di volta in volta, l'applicazione dell’aerotriangolazione alle diverse caratteristi che dei rilevamenti da eseguire. Tutti i lavori effettuati sono stati sottoposti a collaudo: i risultati ottenuti sono stati più che soddisfacenti sia da parte del committente che da parte dell’esecutore. Un'idea della grande mole di la voro compiuta dall’E.I.R.A. in questo campo può aversi consultando il rie pilogo fornito dalla tavola allegata.
L'applicazione dell’aerotriangolazione analogica effettuata dall’E.I.R.A. è ancora suscettibile di perfezionamenti. Nuovi indirizzi e nuove idee sono at tualmente in fase di studio.
Ben presto la fase di calcolo subirà profonde innovazioni mediante la tra duzione analitica, con formule appropriate, di tutta la procedura grafico-nu merica finora adottata.
L’E.L.R.A. sta infatti elaborando, con la collaborazione della I.B.M., la programmazione per il calcolatore 650 IBM di tutti i calcoli inerenti alla trasformazione delle coordinate e alla loro successiva compensazione. Questo aprira naturalmente nuove strade per l’aerotriangolazione analogica profes sata all’E.LR.A. e contribuirà ulteriormente alla sua affermazione e regolare applicazione.
La relazione del Geom. Lucchini viene pure vivamente applaudita. Dopo alcune parole di compiacimento e di commento il Presidente dà la parola al Dott. Bartorelli, sul tema « Trasformazione delle coordinate dal sistema terrestre al sistema di concatenamento, e viceversa, nel metodo numerico di aerotriangolazione ».
Trattandosi di argomento che richiede un largo sviluppo di formule ma tematiche, l’Oratore riassume la parte concettuale dicendo se in un concate namento aerofotogrammetrico, supposto privo di errori, la coppia di parten za è stata dimensionata e orizzontata, le coordinate ottenute per tutti 1 punti del concatenamento stesso coincidono con le coordinate geodetiche Puiseux Weingarten dei corrispondenti punti del terreno, rispetto al sistema adottato per la coppia di partenza.
Pertanto gli errori sui punti di controllo e di chiusura di un concatena mento possono essere dedotti dal confronto diretto delle coordinate fornite dal concatenamento con le coordinate di Puiseux-Weingarten dei punti cor rispondenti del terreno. '
In tal modo non è necessario tener conto, nel concatenamento, della cur vatura terrestre, come altrimenti è necessario fare con apposita operazione.
Una volta così dedotti gli errori ed eseguita la compensazione del con catenamento, le coordinate dei punti del sistema Puiseux-Weingarten ven gono trasformate al sistema convenzionale della proiezione terrestre e fa pre sente che lo sviluppo analitico si trova pubblicato sul « Bollettino di Geodesia e di Scienze Affini dello I.G.M. », n. 1 anno 196r.
Alla fine il Dott. Bartorelli viene applaudito ed il Presidente, illustrando ancora qualche punto lasciato in sospeso dall’oratore, si complimenta viva mente con lui.
Alla lunga schiera di oratori si aggiunge l'Ing. Umberto Nistri, che de sidera parlare per mettere in giusta luce «una rivendicazione italiana ».
L'illustre oratore così si esprime: « L’Ing. le Divelec — che mi è gradito ringraziare per la citazione cha ha fatto dei miei studi e delle mie realizzazioni nel campo della triangolazione aerea — ha detto anche che il sistema fondamentale consiste nel sovrapporre i fotogrammi della serie di almeno il 60 %,. Ciò significa che circa un terzo del terreno fotografato è sempre comune a tre fotogrammi ». «Questo sistema, che è alla base dei procedimenti più comuni fino ad oggi seguiti, e in attesa che vengano messi definitivamente a punto altri si stemi appoggiati ad elementi esterni, è stato enunciato per la prima volta da chi vi parla ».
Infatti nel mio brevetto italiano n. 174.490 del 15 maggio 1919 è scritto: «In una serie fotografica stereoscopica aerea seguita sovrapponendo i «due terzi di ciascuna negativa alla precedente, si può determinare la posi «zione dei punti successivi di scatto della macchina fotografica conoscendo «la posizione del primo perché si avrà successivamente un terzo del terreno, «| _ «comune a tre negative, quindi già rilevato dalle due precedenti. Questa ul «tima possibilità permette di risolvere il problema del rilevamento dell’ae «reoplano di zone inaccessibili ». « Non è per vanto personale, poiché alla mia età e col passato che voi tutti conoscete potrebbe essere considerato superfluo, ma è il recente riconoscimento internazionale che mi induce a citare questa priorità italiana. Nel momento in cui si esaltano i valori nazionali, non più sulla potenza negativa delle armi ma su quella costruttiva della scienza, ho ritenuto dunque opportuno richiamare alla vostra attenzione un primato italiano il quale, anche a prescindere dalla mia persona, può e deve far piacere ai cultori di questa scienza applicata ».
Il Presidente si complimenta con il Cav. del Lavoro Nistri e sentitamente lo ringrazia per il suo intervento. Data l’ora tarda propone ai presenti ‘di rin viare la discussione e la presentazione di eventuali note e memorie, alla mattina del 17 aprile, essendo stato riservato tutto il giorno 16 ad una escursione tecnica.
I presenti accolgono con un nutrito applauso la proposta del Presidente e pertanto la riunione viene rimandata al 17 mattina.
Concerto dell'Orchestra a Plettro « Gino Neri »
Alla sera alle ore 21,15 ai congressisti è stato offerto dal Presidente della Camera di Commercio di Ferrara, all'Auditorium Comunale, un concerto della nota Orchestra a Plettro « Gino Neri » con il seguente programma di pezzi scelti: I Parte —- Handel, Minuetto — Gavotta; Cimarosa « Orazi e Curiazi » Ouverture; Boradin a) Nel Convento,
b) Nelle steppe dell’Asia Centrale; Grieg, Preghiera e danza nel tempo; Sibelius, Finlan dia — Poema Sinfonico; II parte: Rossini « Tancredi — Ouverture; Massenet, Ange lus; Brakhms, Danza Ungherese n. 5; Bizet « Arlesiana — Intermezzo; Verdi « Nabucco» Sinfonia. L'esecuzione è stata diretta dal Maestro Concertatore e Direttore Giorgio Rizzi. Escursione Tecmica
Nella giornata di domenica 16 aprile ha avuto luogo una escursione tecnica nel com prensorio dell’Ente per la colonizzazione del Delta Padano. La partenza è avvenuta alle ore 8,30. Cinque torpedoni accolsero i convegnisti ai quali l’Ente Provinciale per il Turi smo offrì come omaggio ben augurante, la tipica coppietta di pane ferrarese, che viene subito apprezzata. Si viaggiò sulla strada che conduce alla cittadina lagunare di Comac chio, scortati da una macchina della polizia stradale che fece da battistrada. In ogni pull man improvvisati ciceroni del Comitato organizzativo, cercavano di illustrare nel miglior dei modi, le particolarità ambientali, agricole e industriali che via via si incontravano. Si giunse così allo Zuccherificio di S. Giovanni di Ostellato, costruito dall’Ente Delta Padano per gli assegnatari del Delta. Infatti la sua caratteristica è quella cooperativi stica. Breve sosta, poi si proseguì fino alla Conca di Valle Lepri. i
L’importante opera d'arte venne illustrata dal progettista Ing. Mascellani e dall’as sessore Prov. Sig. Marzola. La realizzazione di tale opera, segna una tappa decisiva ai fini del compimento di quella rete fluviale per la navigabilità interna di cui tanto si parla.
Proseguendo nel giro, i convegnisti visitarono gli impianti idrovori per la bonifica della Valle del Mezzano. Qui l'Ing. Chally, con grafici, fotografie aeree e piante topografi che descrisse le difficoltà incontrate per l'esecuzione dei lavori compiuti, l’importanza degli stessi ed i lavori che rimangono ancora da compiere in questa vasta zona del mez zano di oltre 30.000 ettari.
Alle interessanti spiegazioni tecniche dell'Ing. Chally, fece seguito una dotta e sim patica esposizione del Prof. Alfieri, che riportò gli ascoltatori al di fuori della realtà e del tempo.
Rivissero così gli antichi abitatori della zona, gli etruschi ferrigni, marinai e commer cianti, che alle foci antiche del Po eressero la favolosa città di Spina ed il mitico Ragno d’Oro, e per la pace dei loro morti, non molto distante dalla città, la necropoli. Oltre due mila tombe furono rintracciate, ricuperando così tesori inestimabili che il fango aveva con servato attraverso ai tempi, e che si trovano ora raccolti nel Museo Archeologico di Spina in Ferrara. Attraversando la zona della Metropoli di Spina si proseguì nella escursione per giungere alle Cantine Sociali di Volania. Anche questa opera è stata eseguita dall’En te Delta per la migliore valorizzazione della produzione, ed il Dott. Pietrogrande, Fun zionario dell'Ente, colse l’occasione per dare qualche cenno esplicativo che terminò con una dimostrazione diretta assai gradita: aperitivo per tutti, con assaggio di vini prodotti ! La colonna dei torpedoni riprese il cammino ed il Lido degli Estensi accolse i convegni sti col suo mare, con la sua pineta e con una ottima colazione di gustosissimo pesce. Al legria, brindisi, brevi discorsi poi nel primo pomeriggio, sulla strada del ritorno una so sta alla antichissima Abbazia di Pomposa, che fu una delle più celebri del Medio Evo dal monumentale ed ardito campanile, tutto in cotto. Si proseguì poi alla volta della citta dina di Codigoro per la visita al più importante Stabilimento idrovoro d’Europa. Qui l’Ing. Braglia, Direttore Generale del Consorzio della Grande Bonifica Ferrarese, intrat tenne i convegnisti sulle caratteristiche tecniche dell'impianto e sui miglioramenti tec nici apportati ed infine offrì a nome del Consorzio stesso un vermouth d’onore, dichiaran- . dosi lieto dell’incontro avuto.
Si ripartì alle ore 19,30, i convegnisti fecero ritorno a Ferrara.
Alle ore 9 del 17 aprile vengono ripresi i lavori del Convegno. Data la momentanea assenza di alcuni soci che desiderano prendere parte alla « Di scusstone », su proposta del Presidente, i presenti deliberano di invertire l’O. d.(r. e di passare alla presentazione di Note e Memorie. |
Il Prot. Bonifacino, dell’Università di Bari presenta due Note: la prima «Sul ripristino di un punto trigonometrico scomparso mediante misure con sociate di angoli e distanze »; la seconda «Su taluni problemi topografici con calcolo meccanico ». Entrambe queste memorie verranno pubblicate nel Bol lettino S.I.F.E.T. n. 3, anno 1961.
Il Dott. Giancarlo Lui, assistente volontario presso l’Istituto di Geodesia e Topografia della Università di Padova, presenta una Nota dal titolo « La fotogrammetria geologica (fotogeologia) ».
Egli ha così occasione di ripigliare l’iniziativa della S.I.F.E.T. presa du rante 1 lavori del Convegno di Palermo, ed illustra i lavori in merito compiuti o in corso allo « Istituto Francese del petrolio di Parigi ». Definita la figura giuridica dello Istituto l’oratore elenca gli scopi per i quali fino dal 1943 V'I- stituto è stato creato, e si intrattiene sull’organizzazione dello Istituto stesso e sul suo tunzionamento. Infine l'oratore accenna al lavoro di fotointerpreta zione geologica, che sostanzialmente non si differenzia dai metodi in uso in Italia presso il Servizio geologico d’Italia, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica e gli Istituti Universitari.
La fotointerpretazione geologica allo Istituto viene fatta normalmente in forma speditiva per il rapido rilevamento preliminare di zone molte estese che permetta la localizzazione di formazioni di interesse particolare; non mancano però lavori di dettaglio compiuti con l’ausilio di un successivo ri lievo diretto sul terreno.
L’Ing. Selvini presenta «Nuove formule per la risolizione rapida dei problemi di intersezione in Versa ).
Questa Nota, ricca di formule, sarà pubblicata nella Rivista del Catasto e dei Servizi tecnici Érariali; diciamo subito che concettualmente il metodo esposto è fondato nella ricerca diretta dell'angolo formato tra il primo lato di lunghezza nota e la direzione che va dal primo punto da determinare, al primo dei punti assegnati. Al complesso delle formule cui perviene l’Autore è possi bile applicare il calcolo meccanico, e presenta caratteristiche tali da facilitare le risoluzioni numeriche, dei problemi di intersezioni in taluni casi.
Il Maggiore Giuseppe Birardi ha presentato uno studio, pubblicato già sul Bollettino di Geodesia e Scienze Affini dello I.G.M. (n. 5, anno 1960) dal titolo « Sulla precisione dei punti di appoggio (P. A.) per la restituzione grafica delle carte al 25.000 ».
L’oratore così riassume il suo studio:
Si deve innanzitutto notare che lo studio della precisione da richiedere al P A viene prima impostato per via teorica, esaminando nel dettaglio l’in
‘uenza delle singole cause d’errore — grafiche, fotografiche, strumentali — sulla coincidenza fra immagini di restituzione e immagini cartografiche quo zate dei P_A. Tale coincidenza, sulla quale è basato l'orientamento assoluto «trumentale, risulta pertanto affetta da una determinata incertezza, sia pla nImetrica che altimetrica; l'incertezza tollerabile nella determinazione a terra iei PA viene fissata come una quota parte della prima.
Successivamente i risultati ottenuti vengono sottoposti ad una conter ma sperimentale, condotta eseguendo una serie di esperimenti pratici di re stituzione grafica su una coppia assegnata, per la quale sono state artatamente “d in vario modo alterate — estraendo volta volta a sorte l’entità, la dire zione ed il senso degli spostamenti — le coordinate e quote dei P A. Le coor Îinate e quote di restituzione in tal modo ottenute per un numero discreto li punti della coppia sono state quindi raffrontate sia internamente, sia con quelle ottenute dalla restituzione con P A inalterati; risulta che le alterazioni imposte, pur di notevole entità (fino a 6 m in planimetria, fino a 3 m in quota per la scala I :20.000) non hanno minimamente influito sulla restituzione.
Se ne-conclude che nelle condizioni di lavoro normalmente usate per la scala I : 25.000 è sufficiente tenere nella determinazione a terra dei P A pre czisioni caratterizzate da s.q.m. pari a 2,50 m per la planimetria, a 1,50 m per la quota.
Successivamente il Prof. Alfieri, Direttore del Museo Archeologico di Spina illustra il contributo avuto con l'impiego della aerofotogrammetria per gli studi e le ricerche nella zona di Spina. A tal fine dà lettura della sua comunicazione:
TOPOGRAFIA ANTICA E AEROFOTOGRAFIA ., NELLA ZONA COSTIERA EMILIANA
Il titolo della presente comunicazione può sembrare del tutto occasionale, legato com'è nella enunciazione ai termini stessi culturali e strumentali della <.I.F.E.T. Di fatto 1 problemi di topografia antica della fascia costiera emi tana, quali ci sono giunti da uno svolgimento secolare di studi, si prestano a istnire quasi una esemplificazione didattica dei progressi di metodo e della variazione di strumenti impiegati per puntualizzare la sottile indagine storico ‘>pografica di un terreno estremamente mutevole.
Il terreno, infatti, è quello del settore costiero della pianura ferrarese 7-magnola — da Goro a nord, a Ravenna a sud - dove 1 fenomeni della gran diosa deltazione del Po e quelli della irruenza e irrequietezza dei fiumi appen zinici si sono manifestati con una efficacia senza confronti altrove in Italia, creando prima e plasmando poi variamente un tipico paesaggio. L’opera del ‘uomo vi si è pure esercitata efficacemente per scopi commerciali, militari, agricoli e industriali.
La mia esemplificazione accennerà a tre problemi, in certo modo unitari
o complementari, ma sviluppati in pratica con indagini quasi sempre disso ciate e con metodi diversi: il delta padano antico, Spina e il porto d'Augusto a | Ravenna.
Il primo, in effetti, rappresenta come il denominatore comune degli altri due, poiché tanto Spina quanto il Porto d’Augusto furono impiantati nella banda meridionale del delta del massimo fiume italico (più noto a noi come Px di Ferrara, anche se Ferrara sorse solo nel Medioevo). Qui la rotta di Ficarole (sec. xII d.c.) è la data discriminante del progressivo invecchiamento dei ram: del Po di Volano e del Po di Primaro, impoveriti fatalmente dopo la devia zione del basso corso del fiume in quell’alveo più settentrionale, che è per noi il Po Grande o Po di Venezia.
E poiché gli antichi (da Polibio a Plinio a Giordane) ci lasciarono buone descrizioni dell'antica situazione idraulica, costante fu l’impegno degli stu diosi per interpretare storicamente il paesaggio del loro tempo sulla scorta dei testi antichi. Ne provenne una mole imponente di studi topografici che si di stingue nettamente in due fasi: quella anteriore e quella posteriore alla intro duzione della moderna cartografia.
La prima annovera tutti gli storici locali (rodigini, ferraresi e ravennati) e si avvale di due strumenti di ricerca: i documenti letterari antichi e medie vali, e la conoscenza diretta del terreno, specialmente nei corsi d’acqua. Questa fase riesce alla fine ad identificare con sufficiente sicurezza le aperture di foce dei rami antichi di Po, già spenti o prossimi a diventare tali.
La seconda attuò un processo quasi inverso: su una rappresentazione fe dele del terreno pose i quesiti storico-archeologici. Bisognò attendere — è vero — che un ingegnere, profondo conoscitore delle leggi idrauliche, impiantasse l’ese gesl storica del paesaggio, mentre la cartografia scientifica — e cioè l’I.G.M. di Vienna — aveva completato il suo compito al più tardi nel 1833: ma i progressi compensarono l'attesa, perché la ricostruzione data dall’ing. Elia Lombardini nel 1869 resta tuttora la base di ogni indagine sull’argomento,
La sua idea fondamentale è per così dire intuitiva: egli vede nel grande cor done di dune sabbiose, che scende con andamento meridiano dalla zona di Adria fino a Ravenna e oltre, il delta rettilineo d’epoca preromana, e lo deno mina senz'altro «lido etrusco ».
La genialità della sua affermazione è dimostrata dai trovamenti archeo logici-di Spina, 1 quali si dispongono tutti su quel cordone dell’antico lido, nes suno fuori di esso.
Una seconda precisazione del Lombardini deriva come il corollario della precedente: tutti i delta cuspidati, posti ad est della linea di dune suddetta, devono classificarsi d’epoca romana e medioevale. Qui pure l'archeologia, anche se non ha praticato scavi sistematici, conferma ampiamente il parere del vec chio ingegnere idraulico. |
La terza idea non potè essere sviluppata dal Lombardini, perché la raf figurazione delle carte austriache non lo consentiva: riguarda la possibilità di ricostruire l'andamento degli antichi rami deltizi scomparsi, per mezzo del
sistema del micro-rilievo, seguendo cioè e interpretando minuziosamente le curve di livello fino a selezionare le strisce di rialzo dei dossi fluviali.
Tuttavia le direttrici, tracciate magistralmente dal Lombardini, furono riprese e sviluppate assai più tardi da Olinto Marinelli, quando le per fezionate rappresentazioni dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, davano quasi evidenza ai fenomeni storico-morfologici del delta. In particolare il Ma rinelli volle tentare la cronologia relativa delle singole cuspidi deltizie, sorte ad oriente del lido etrusco.
In sostanza gli studi ricostruttivi del delta antico che ebbero impulso dalla semplice disponibilità di mezzi cartografici moderni, potrebbero terminare col Marinelli perché le indagini posteriori — da quelle del Baratta nel 1925 e nel 1932 a quelle più copiose del prof. Mario Ortolani e dello scrivente a partire dal 1951 — fruiscono di più complesse fonti e strumenti per l’indagine.
C'è Innanzitutto un fatto materiale di fondamentale importanza, e cioè la bonificazione idraulica delle « valli » settentrionali di Comacchio. Si aggiunga che nel settore centrale del delta antico — presso il ramo comacchiese, diretto alla pliniana foce Sagis — avvengono i grandiosi trovamenti archeologici di Spina, ed infine che — almeno nell'ultimo decennio — viene utilizzata la foto grafia aerea per indagare le antiche strutture deltizie.
Il complesso di queste nuove possibilità di ispezione e di controllo è tale che le vecchie interpretazioni — anche se magistralmente impiantate — si ri velano troppo sommarie rispetto alla realtà analitica di un terreno o diretta mente accessibile o rappresentato con ogni minuzia e fedeltà o precisabile sot tilmente nei settori archeologici. Perciò già il Baratta, utilizzando le plani metrie dei consorzi di bonifica per la sola valle Trebba fu portato a una distin zione tra litorale « greco » e «etrusco », che, sia pure con denominazione anti ' storica, risponde ad una realtà morfologica fino allora trascurata. Altrettanto | dicasi per le precisazioni fornite dall’Ortolani (e da me) nell’avviare una serie di puntualizzazioni da cui dovrà maturare probabilmente una revisione sen | sibile di molti fatti accolti per accertati.
Tutto ciò presenta un lato negativo: il settore in sviluppo è quasi solo quello centrale del vecchio delta, dove geografi e archeologi accolgono e ali mentano una problematica per meglio leggere una avvincente pagina di sto ria civile. Il progresso esegetico riguarda la zona di Spina: a questo punto non si può continuare a parlare di topografia del delta, bensì del centro di foce del ramo Sagis. Siamo cioè giunti, quasi spontaneamente, nella vicenda degli studi spinetici, la quale porta a vedere, tra l’altro, quanto grandi siano gli sfasamen ti e i ritardi nel coordinamento di discipline, come la geografia e l'archeologia, interessate ad un medesimo problema.
La divisione, che sopra abbiamo fatto per gli studi sul delta, tra fase pre cartografica e quella conseguente alla moderna cartografia, non vale per Spina, dove fino al 1922 la ricerca si attardò in una strumentalità antiquata, affidata cioè alle indicazioni delle sole fonti letterarie antiche. Non solo non si registrò, per tal via, alcun progresso dall’epoca di Flavio Biondo (che per primo ripro
pose il problema nel sec. xv), ma si ebbe pure il danno di sviare le ricerche da quella che risultò poi essere la zona archeologica di Spina. La frase pliniana: ostium Spineticum ab urbe Spina, quae inxta fuit Pracvalens, polarizzò le ri cerche attorno all’odierno ramo del Primaro-Reno (che fece capo appunto alla foce chiamata Spinetica da Plinio il Vecchio), ossia non meno di 15 Km. più a sud della realtà. |
Oggi invece quella indicazione, pur risultando accettabile, appare troppo letteralmente interpretata poiché l'appellativo di Spinetico attribuito a quello sbocco potè essere una precisazione itineraria, ereditata dai vecchi portolani o dalla pratica dei marinai provenienti dal sud, i quali imboccavano appunto quella foce per poi raggiungere Spina con navigazione entro-lagunare.
Per effetto di questo ristagno di studi, la scoperta della necropoli di Spina | nel 1922 in valle Trebba non solo fu fortuita (l'annuncio fu dato alla Soprin tendenza dall’ing. Mattei del Genio civile), ma fu in seguito anche contrastata proprio da coloro che (come il prof. Pericle Ducati) maggiormente erano in formati dei termini della questione. Tuttavia i dati di fatto fecero superare ogni ritrosia al riguardo, perché la realtà archeologica di 1213 tombe del v-111 secolo av. Cr. (esplorate tra il 1922 e il 1935 in valle Trebba, e subito dopo esposte nel Museo archeologico nazionale di Ferrara) dimostrarono agli occhi di tutti che quella eccezionale documentazione non appartenne a un qualche centro anonimo del delta antico del Po, bensì era documentazione adeguata del grande emporio spinetico.
Contemporaneamente, per merito dei proff. Negrioli e Aurigemma, il set tore degli studi archeologici cercò di adeguarsi alle conoscenze che del l’antico delta del Po i geografi avevano elaborato con più progrediti metodi topografici. Ma perché i due linguaggi venissero fusi in una direttiva unitaria occorreva il nuovo contributo di un geografo (il prof. Ortolani), e una nuova esperienza archeologica, quella che il prof. P.E. Arias e lo scrivente iniziarono a valle Pega nel 1954. Che cosa abbia significato in questi otto anni di scavo la conoscenza approfondita del delta antico del Po lo si può vedere da due fatti fondamentali: la fecondità costante delle otto campagne di scavo finora con dotte nella necropoli di Spina (donde sono finora provenute altre 2523 tombe) e l'individuazione dell’abitato di Spina.
Sul primo punto occorre precisare che, esauriti nei primi anni i grandi dossi unitari che formavano l’ossatura essenziale dell’antico litorale etrusco, l'esplorazione archeologica si è via via rivolta, con pari sicurezza, alla ricerca di dettaglio delle piccole dune oggi appena rintracciabili, ma un tempo emer genti sulla laguna, e perciò anch’esse depositarie di materiale archeologico. Qui lo studio razionale della fotografia aerea e la continua ispezione del ter reno hanno offerto la direttrice costante ai lavori di scavo: è stato, ed è, quasi un continuo collegamento ideale tra ispezione terrestre e quella aerea; l’oc chio esperto di trasformazioni morfologiche e di vicende storiche vede quel pae saggio punteggiarsi di indizi quasi sempre veritieri. . Del pari, l'individuazione dell’abitato provenne sia da un lavoro selet
tivo di antiche strutture deltizie, sia dalla ricerca costante di persistenze sto riche in quel medesimo paesaggio: la zona più appariscente dell’abitato di Spi na risultò situata là dove il dosso fluviale del Padus Vetus si accosta e si con fonde con i dossi marittimi, e dove era fiorita la pieve paleo-cristiana di S. Maria in Padovetere, non lungi da un preesistente tempio pagano.
Nelle fasi metodiche della ricerca la fotografia aerea (sia quella planime trica dell'Aeronautica Militare sia quella prospettica del prof. Vitale Valvas sori) s'inserì in maniera insostituibile, e l’impiego che a Spina ne fu fatto offre anche aspetti didattici interessanti sulle possibilità e sulle opportunità d’im piego della prospezione aerea a scopo archeologico.
A riguardare dunque la lunga vicenda di studi per la ricerca di Spina ci sembra che essa rappresenti nel campo delle esperienze di topografia antica un esempio di gradualità di strumenti e metodi, e quindi di inevitabile fecondità di risultati. A causa appunto dell’abbondanza e organicità dei dati in questo settore, si deve constatare che la conoscenza generale del delta antico si trova oggi talmente arretrata rispetto alle analitiche precisazioni che si posseggono per il paesaggio spinetico, che questo rischia di non poter oltre progredire, se non verranno condotti analoghi studi sia per il settore settentrionale (attorno ad Adria) sia per quello meridionale (attorno a Ravenna).
Questa constatazione mi sembra che consenta di fare facilmente il punto delle ricerche che si sono testè iniziate nella zona ravennate per l’individua zione del porto di Augusto. Una vicenda questa che ha quasi del paradossale: la realtà storica di somma importanza, quale fu il porto e il quartiere di Classe, sede della flotta imperiale di tutto il settore orientale del Mediterraneo, un vasto e caratteristico bacino lagunare collegato con il delta del Po e attivo fino all’alto Medioevo, stentarono più di Spina ad ottenere l'interessamento spe cifico degli studiosi e ad uscire da una conoscenza a carattere semplicemente storico-letterario. Sono infatti del 1949 e del 1950 gli studi del prof. Lucio Gambi, rispettivamente sull’insediamento umano nella regione della bonifica romagnola e sulla Padusa, 1 quali pongono finalmente su base metodica mo derna la topografia antica del Ravennate e le vicende singolari di quel ramo meridionale del Po, detto la Padusa, che per mezzo della fossa Augusta entrò a far parte organica del bacino portuale di Classe.
A giustificazione si può addurre che esistono, per le esplorazioni in quella zona, difficoltà materiali assai maggiori che a Spina (poiché lo strato archeo logico si rinviene a circa quattro metri sotto l’attuale piano di campagna) e che d’altra parte gli studiosi ebbero sempre un campo smisurato di indagini nella sola Ravenna tardo-romana e bizantina.
Ora però che la ricerca si è sviluppata improvvisamente sulla base di alcune perspicue e suggestive fotografie aeree (del Valvassori) che sembravano fornire una indicazione nuova e decisiva, ci si accorge della necessità che il ba cino lagunare avvistato nella zona della Pranda (tra Ravenna e Punta Marina) venga inserito opportunamente nel tessuto topografico del settore meridio nale del delta del Po. Per far ciò occorrono indagini particolari e sistematiche,
che riprendano gli studi del Gambi, chiariscano la natura e l'epoca dei vari bacini noti o individuabili ad oriente di Ravenna, e ne stabiliscano una sele zione storica. Qui l’esegesi delle rappresentazioni cartografiche con i metodi già suggeriti dal Lombardini (si tratti di tavolette dellI.G.M. o di planime trie dei vecchi consorzi di bonifica), rinnovate ricerche archivistiche e archeo logiche (a cominciare da una carta archeologica della zona) porranno una pro blematica complessa, ma feconda: non sembra infatti che, senza aver percorso, per così dire, i gradi tradizionali della difficile ricerca topografica, possa l’aereo fotografia da sola offrire la chiave di difficili problemi, salvo combinazioni for tunate e inconsuete. Nel caso particolare è da riflettere che lo strato archeo logico profondo e la natura di esso non dovrebbero produrre negli strati di superficie variazioni percettibili da immagini fotografiche. Per ora le indica zioni offerte dalle vecchie ricerche storiche, aggiornate recentemente dal prof. Giuseppe Cortesi, suggeriscono maggiori probabilità in altra zona (più vicina a Classe) di quella portata in discussione dalle recenti foto aeree. D'altronde la cronologia dei cordoni litoranei fissata dagli studi del Gambi escluderebbe la formazione in età romana di quelle dune su cui si è appuntata recentemente l’attenzione.
Abbiamo percorso tre lunghe storie di studi topografici, ciascuna con ca ratteristiche diverse di completezza, di metodi, di risultati. La duplicità del titolo della comunicazione lungi dal voler introdurre una distinzione, ha vo luto bensì dare risalto alla prospezione aerea a scopo archeologico, ma sempre come strumento — senza dubbio preziosissimo e nuovo - nella complessa me todica elaborata dagli studiosi di topografia antica.
Nota — Sul delta padano antico e su Spina si veda in particolare: N. ALFIERI — P. E. ARIAS, Spina : guida al Museo archeologico in Ferrara, Sansoni, 1960 e la bibliografia elencata a pp. 49-52.
Per il settore topografico ravennate c’è ora un valido risveglio, in conseguenza del «Convegno per lo studio della zona archeologica di Classe a mezzo dell’aerofotografia », promosso dal Lyons Club di Ravenna, e colà svolto — con encomiabile organizzazione -— nei giorni 29-30 aprile 1961. In quell’occasione fu distribuito, a cura del medesimo Lyons, il volume: Studi storici, topografici ed archeologici sul « Portus Augusti » di Ravenna e sul territorio classicano, dovuto a vari studiosi specialisti e contenente una rassegna critica dei problemi connessi con la zona di Classe. i
Nello svolgimento del Convegno, le due tesi topografiche (quella dipendente dalle fotografie del Valvassori che ubicherebbe il porto alla Pranda, ad est di Ravenna, e quella — per così dire — tradizionale, che invece ricerca il bacino portuale a sud-est della città, all'incirca tra S. Apollinare in Classe e Porto Fuori) furono ambedue sostenute critica mente da valenti specialisti e inoltre con dovizia ed eccellenza tale di fotografie aeree (sia della Aeronautica, sia dell’I.G.M. sia del Valvassori) che non esiste altro esempio simile nei fasti della topografia antica. se le due tesi contrastanti rimasero tali né la discussione si avviò verso una soluzio ne, tuttavia la serietà del Convegno ha fruttato un piano concreto di ripresa di studi nella gradualità metodica e paziente, che nella presente comunicazione ferrarese io avevo ritenuto opportuno di auspicare.
La comunicazione del Prof. Alfieri, ascoltata con molto interesse dai presenti, viene vivamente applaudita.
Chiude la serie delle belle esposizioni il Dott. Adamesteanu, Direttore dell’Aerotototeca del Ministero della Pubblica Istruzione di recente costitu zione, dopo il nostro Congresso di Palermo, dove venne affrontato il problema della interpretazione dei fotogrammi ai fini archeologici.
La bella relazione del Dott. Adamesteanu è qui di seguito riprodotta. UN NUOVO UFFICIO DELLA DIREZIONE GENERALE ALLE ANTICHITÀ E BELLE ARTI: L’AEROFOTOTECA
Qualche mese addietro si chiudeva, presso la Scuola di Aerocooperazione di Guidonia, il secondo Corso di Fotointerpretazione Archeologica destinato ai Soprintendenti, Direttori ed Ispettori alle Antichità ed ai giovani della Scuo la di Perfezionamento in Archeologia e dell'Istituto di Topografia Antica del l’Università di Roma. Nello stesso giorno si è concluso anche il primo Corso di Fotointerpretazione per un gruppo di dodici Geometri e Disegnatori presso le Soprintendenze alle Antichità. La chiusura di questi Corsi avveniva in pre senza dell’On.le Ministro della Pubblica Istruzione e di S. E. Gen. Sq. A., Do menico Ludovico, in rappresentanza del Ministero della Difesa Aerea. Alla presenza di quest'ultimi e delle alte autorità civili e militari intervenute, ve nivano illustrati i temi finali assegnati dalla Direzione dei Corsi di Fotoar cheologia riguardanti Tarquinia e Lucus Feroniae, due centri ben noti dell’ar cheologia italiana ed internazionale; essi venivano svolti, rispettivamente, dal Soprintendente Pietro Griffo e dal Soprintendente Valerio Cianfarani, ognuno aiutato da un altro giovane archeologo e da due assistenti disegna tori, tutti quanti assolventi di questi nuovi corsi tenutisi presso la Scuola di Aerocooperazione dell’Aeronautica Militare,
La giornata inaugurale e quella finale ebbero una grande risonanza nella stampa nazionale ed internazionale e due volte la TV presentò, a larghe linee, lo scopo di questi corsi.
A questo punto è logico domandarsi com'è nata questa collaborazione tra Archeologi ed Ufficiali dell’ Aeronautica. Come mai Soprintendenti, con decenni di attività archeologica sul terreno, si sono decisi a ritornare sui ban chi di una Scuola ? Da quando è cominciata questa stretta collaborazione e quali le sue finalità, dato che gli elementi componenti appaiono così etero genei ?
Essere archeologo e aviatore non è capitato di rado nella storia delle ri cerche archeologiche. Subito dopo l’altra guerra fu un pilota militare, entrato poi nell'ordine dei Gesuiti, che sorvolò per lunghi anni le zone desertiche della Siria. Pére Poidebard fu uno tra i primi grandi piloti archeologi ed a lui l’ar cheologia deve la scoperta e l'illustrazione, minuta e convincente, della fron tiera alzata dall'Impero Romano in Siria, Le limes de la Syrie, contro le tur
bolenti forze poste più ad oriente ancora. Tra le due grandi guerre vi fu un al tro grande pilota ed archeologo, il Maggiore Allen, che, dalla sua cabina di pilotaggio e con la sua macchina di ripresa normale, scoprì una grande quan tità di insediamenti pre- e protostorici in Inghilterra. Le scoperte di quest’ul timo furono egregiamente presentate dall'Università di Oxford in una mostra con un catalogo di molto gusto curato da un benemerito delle ricerche sul mon do fenicio, il Prof. Harden. : L'ultima guerra, per le sue esigenze di rapidità e di precisione, perfezionò al massimo non solo l’aereo e la macchina da ripresa, ma anche i piloti rico gnitori ed 1 bravi osservatori, e con essi tutta una serie di fotointerpreti. Tra questi ultimi, perché gli siamo debitori di un nuovo volto della romanità del l'Africa, figura, con grande onore, nella lista dei precursori, il Col. Jean Ba radez. Dopo gli studi dello Gsell, di Toutain e di altri della generazione a ca vallo dell'ultima guerra, tra cui primeggia l’opera del compianto Leschi, pa reva che l'archeologia africana non avesse altro da offrire al mondo scientifico che nuove statue, altri mosaici. Ma non appena cessato il fuoco del secondo conflitto mondiale, venne alla luce lo stupendo studio del Baradez dedicato allo sforzo romano nel preparare la difesa del ricco mondo dell’Africa algerina: al posto di qualche fortilizio già individuato dagli archeologi precedenti, le osservazioni continue delle migliaia di fotografie aeree che riguardavano l’e stremo limite meridionale del dominio romano in Algeria e Tunisia, misero in evidenza la genialità con cui i governatori romani seppero proteggere e cu rare le sorti della difesa contro le invasioni dal Sud. Era il fossatum Africae, | un insieme di opere militari e civili che balzava, all'insaputa, di fronte anche ai più agguerriti archeologi africani: castella, burgi, viae et centuriationes, tutto a ridosso di quel terribile fossatum che Teodosio voleva ancora ripristinare sul cadere del mondo antico. Il Baradez ha offerto una delle più grandi sor prese a tutti coloro che credevano che l'Africa non potesse dare più nulla ai l'archeologia romana.
Toccava però ad un altro fotointerprete di guerra, ]. Bradford, allargare questo nuovo campo di ricerca dal periodo preistorico fino al periodo medio evale, con esempi ben documentati, tolti da tutto il mondo antico orientale ed occidentale. Bradford è stato un fotointerprete di guerra proveniente dalla cerchia archeologica e l’unione tra l’umanismo e tecnica è stata perfetta. A° giovane professore del Pitt Rivers Museum è stato molto più facile riconoscer: le tracce degli abitati preistorici della Puglia, della Sicilia o della Romani: sulle migliaia e migliaia di fotografie aeree prese dalla RAF per scopi bellic: di quanto non poteva capitare ad un vero fotointerprete militare. Dall’osser vazione attenta dell’ingente materiale aerofotografico, riguardante tutt. l'Europa e metà dell'Asia e Africa, è scaturito quel magnifico volume, Ancier:. Landscapes, in cui vengono raccolti non solo i metodi della fotointerpretazion. archeologica, ma anche le scoperte basilari nel campo preistorico, classico, ro mano e medioevale di gran parte del mondo che partecipò al secondo conflittc mondiale e che ha formato il crogiolo delle civiltà orientale e greco-romana
Un po’ prima dello scoppio della seconda guerra mondiale anche l’Italia partecipò — ed efficacemente — alla ricerca archeologico-topografica per mez- | zo della fotografia aerea. Alludo alle scoperte fatte dal Lugli per l’antico trac ciato della Via Appia ed alla felice indagine condotta dallo stesso con questo metodo per la ricerca dei bracci del porto romano di Anzio e di tutto il peri metro della difesa della stessa città. Queste scoperte, anche se isolate, furono considerate, da tutti gli specialisti, della massima importanza e possono essere considerate un valido contributo alla conoscenza dell’antichità e, nello stesso tempo, un'altra prova dell'utilità di questo mezzo di indagine nel campo della topografia antica. |
Anche dopo la guerra l’Italia ha contribuito largamente alla ricerca to pografica per mezzo della fotografia aerea. Il giovane Castagnoli, allievo del . Lugli, riprese subito la via battuta dal maestro e dopo aver chiarito il proble ma delle divisioni di terre delle diverse coloniae romane della Campania e di Cosa (le centuriationes), si dedicò con grande successo alla soluzione del pro blema delle piante ortogonali, delle piante dei centri italioti e sicelioti per defi- | nire, con visione larga, ciò che può essere chiamato impianto ippodameo e ciò che era invece falsamente attribuito al genio etrusco.
Nella stessa scia di ricerche s’inserisce, in Italia, anche il lavoro del Col. Giulio Schmiedt, per lungo tempo Direttore degli Studi in seno all'Istituto Geografico Militare di Firenze. Se al Bradford spetta il merito di aver spinto la ricerca dell’insediamento umano sempre più a fondo, e a Castagnoli di aver vagliato, per mezzo della fotografia aerea e dei saggi sul terreno, le spettanze di ogni stirpe antica che prese piede, con insediamenti fugaci o permanenti, sul suolo italico, a Schmiedt spetta il merito di essersi addentrato profonda mente in tutti i dedali che può presentare una città ed il suo territorio. Dalla intuizione di Bradford si passa alla ponderatezza e larga visione di Castagnoli, per assistere infine all'analisi minuta di quasi ogni centro greco della Sicilia o dell’Italia meridionale dovuta a Schmiedt.
Ci avviciniamo così al momento culminante del 1956 quando, dopo molti tentativi a ferra, gli aerofotogrammi riescono a mettere davanti all’acuto oc chio di Alfieri e a quel tenace tecnico ch'è Valvassori, il grandioso impianto del l’antica Spina, da molti ricercata fin dal 1924 nell’area delle necropoli di Valle Pega e Valle Trebba. Ciò che non era riuscito all’indagine sul terreno è sca turito dallo studio delle fotografie aeree. Sin dal primo momento si ebbe l’im pressione che Spina, nel v-1v-IIT secolo a. C., non poteva essere altro che una città lagunare, tipo Venezia di oggi, deservita, al posto di un grande asse — de cumanus maximus —, da un canale creato dall'uomo, e da una serie di cardini, anch'essi creati dall'uomo ed in cui era da vedere una città vera e propria con un impianto di tipo ippodameo. Al posto delle stradine, Spina offriva. i suoi canaletti che s’incrociavano verticalmente, chiarendo così anche la piarita di ciò che si deve trovare altrove, nelle zone lagunari, come, per esempio, ad Adria. La scoperta di Spina riproponeva in maniera inequivocabile, da parte degli archeologi, l’uso su vasta scala della fotografia aerea.
Ma già sul finire del 1954 la Direzione Generale alle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione aveva indetto un’adunanza dei Soprintendenti alle Antichità, dei professori di archeologia e di molti speciali sti italiani e stranieri nel campo della fotografia aerea, per discutere le possi bilità della creazione di un Ufficio a parte, nell’ambito della stessa Direzione Generale, destinato a coadiuvare, in campo nazionale, le ricerche delle Soprin tendenze alle Antichità. Molti tra quelli che operavano in periferia aspetta vano la nascita di una simile istituzione nostra, ma probabilmente i tempi non erano ancora maturi e perciò non si fece nulla a Roma. Agli studiosi im pegnati in grossi lavori di ricerca topografica le fotografie aeree continuavano a mancare, e soltanto chi ha passato molti anni sugli scavi può comprendere la disperazione di chi, assillato di venir a capo dei suoi lavori, viene a cono scenza dei risultati conseguiti con questo nuovo strumento di indagine in altre zone, come l'Africa, o l’Italia stessa.
Nel 1957, durante una riunione a Palermo della Società Italiana di Foto grammetria e Topografia, il problema delle aerofoto al servizio dell’archeolo gia venne discusso tra un gruppo di invitati e la Direzione dell'Ente della Ri forma Agraria in Sicilia (ERAS). Grazie all'Istituto di Studi Siciliani Biagio Pace, si arrivò alla decisione di mettere a disposizione delle Soprintendenze alle Antichità della Sicilia, tutte le coperture aeree riguardanti le zone archeo logiche conosciute, o solo indiziate, in possesso della Fototeca della ERAS. Ha inizio così, nella terra ricca di monumenti antichi qual'è la Sicilia, un nuovo capitolo della ricerca archeologica in cui il primo posto lo ebbero i problemi dell'urbanistica e della viabilità antica. Problemi rimasti per molti decenni senza soluzione, trovano ora una rapida e precisa risposta, mentre nuove ri cerche, in zone minimamente sospette, vengono dirette in base allo studio delle fotografie aeree.
Alla fine del 1958 l’allora Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, Prof. Guglielmo De Angelis D’Ossat, convinto assertore dell’introduzione su vasta scala della fotografia aerea nel campo della ricerca archeologica di ca rattere topografico, decide di creare, nell’ambito del Gabinetto Fotografico Nazionale, un Ufficio distaccato che possa raccogliere, coordinare e mettere a disposizione di tutte le Soprintendenze alle Autorità tutto il materiale aero fotografico disponibile ed utile allo snellimento delle ricerche sul terreno. Le scoperte avvenute in Italia ed all’estero per mezzo della fotografia aerea erano tali da giustificare ogni nuovo sacrificio che avrebbe potuto pesare sul magro bilancio di una tra le più redditizie Direzioni del Ministero della Pubblica Istru zione. La scoperta di Spina, quelle della Sicilia e l'impulso dato a questo tipo di ricerca nell’Etruria meridionale dalla Scuola Britannica di Roma sono decisive per la creazione di questo nuovo ufficio, che, nei primi mesi del 1959 venne istituito. Esso prese il nome di Aerofototeca, denominazione provviso ria che solo vagamente configura la sua attività. La sua sede, anch'essa prov visoria, venne scelta nel Palazzo delle Scienze all’EUR, adattando parte degli uffici già esistenti, sistemando ed attrezzando nuovi ambienti per le esigenze
richieste dalla effettuazione di riproduzioni totali o parziali delle aerofoto grafie per contatto o per ingrandimento; le apparecchiature necessarie veni vano acquistate, in comune accordo, tra tecnici del Gabinetto Fotografico Nazionale e quelli dell’A.M. specializzati in questo campo. Mentre si intensi ficavano i lavori nell’interno del Laboratorio è cominciata anche la scelta del personale tecnico necessario per il funzionamento del Laboratorio, degli Ar chivi e per l'esame e selezione del materiale aerofotografico relativo al terri torio italiano effettuato dall'Aeronautica Militare e dai diversi Enti italiani specializzati nel campo dei rilevamenti aerei. È necessario, a questo punto, parlare più diffusamente dei rapporti tra il Ministero della Difesa Aerea ed il Ministro della Pubblica Istruzione e mettere in evidenza il valido contributo dei tecnici militari. Dato che una simile col laborazione, che ormai dura da circa due anni, finora non si era mai verificata, è necessario premettere che qualsiasi fotografia aerea del suolo italiano appar tiene di diritto all’Aeronautica Militare; dicendo questo è stato già chiarito il perché di questa stretta collaborazione. Qualsiasi divulgazione di una foto grafia aerea deve avere, per norma di legge, una apposita concessione dello Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare e qualsiasi rilevamento aereo deve essere prima concordato con lo stesso organo superiore.
Il contributo già dato dall'Aeronautica Militare alle ricerche archeolo giche (basti ricordare il rilevamento planimetrico dell’intera zona di Spina o anche quello della zona di S. Giovenale, in cui opera l’Istituto Svedese di Roma con il valido aiuto di S. M. il Re di Svezia) spianava rapidamente ogni ostacolo a questa brillante iniziativa della Direzione Generale alle Antichità e Belle Arti. I precedenti contatti tra gli ufficiali addetti al coordinamento dei voli ed alla conservazione del ricco materiale aerofotografico e scienziati come Alfieri, Castagnoli ed altri, erano già adoperati a stabilire le premesse per una stretta collaborazione con gli studiosi che operano per la salvaguardia del ricco patrimonio storico-archeologico italiano.
Stabilite le formalità di consegna, l’Aerofototeca entrava in possesso ben presto di circa 100.000 fotografie aeree riguardanti le zone archeologiche note, o soltanto indiziate, del suolo italico; inoltre 5.000 negativi relativi a vecchi rilevamenti interessanti zone archeologiche, venivano ulteriormente concessi dallo stesso Stato Maggiore. L'Aerotototeca poteva così iniziare l'invio del materiale di ricerca tanto desiderato dalle Soprintendenze alle Antichità. Gli studi delle Soprintendenze riguardavano sia la redazione della carta archeo logica, sia opere di scavo in determinate zone di terreno molto ristrette, per cui il laboratorio dell’Aerofototeca doveva fornire o la intera copertura del territorio studiato o selezioni ingrandite delle zone particolarmente interes sate dagli scavi in atto. Non rare volte si è dovuto ricorrere all’ Aeronautica Militare anche per rilevamenti speciali di zone archeologiche di cui non esi stevano fotografie aeree idonee allo studio,
A questo proposito va posto in risalto come lo Stato Maggiore Aeronau tico sì sia reso benemerito nei confronti di tutti coloro che passano gran parte
della loro vita sugli scavi archeologici, facilitando molto il lavoro, con note voli risparmi di tempo, e innegabilmente, di spese.
Dalle conversazioni avute con i colleghi archeologi, operanti in ogni an golo dell’Italia, avevo tratto il convincimento che, per una migliore utilizza zione del ricco materiale, era assolutamente necessario che essi imparassero a leggere una fotografia, onde saperla interpretare e sfruttare al massimo.
Una fotografia aerea per un archeologo, in effetti, non è altro che una ra diografia del terreno, e, come una radiografia non può essere interpretata da tutti 1 medici, una fotografia aerea può essere interpretata a pieno soltanto da chi ha una conoscenza approfondita di ciò che vi si deve leggere. Studiare una fotografia aerea significa procedere ad una sua prima lettura e procedere poi, in base ai dettagli da essa offerta, alla sua interpretazione. Ciò significa trasformare gli archeologi dalla profonda preparazione scientifica e con anni di esperienza sul terreno, in fotointerpreti archeologi, vale a dire in studiosi capaci di sfruttare, utilizzando quanto essi conoscono sull’argomente {terreno della zona fotografata dall’aereo), ogni particolare evidenziato dalla positiva, integrando il tutto in un insieme reale. Ogni archeologo, per lunga esperienza, sa che una zona archeologica vista da terra, e perciò osservata per un piccolo raggio, presenta certe caratteristiche che hanno fornito finora il successo nella individuazione del posto della città, delle strade, delle necropoli ecc. Oltre all'andamento del terreno sovrapposto alle rovine in maniera da deli neare già l'aspetto degli edifici o dei quartieri di questa, v'era l’erba che cre sceva più debole nelle aree nel cui sottosuolo v’erano dei muri. Meno vegeta zione si presenta sulle antiche arterie, mentre, nelle necropoli, la stessa vege tazione si presenta alta o bassa a seconda delle tombe con lastroni e dello spazio interposto tra esse. Se non si era nel periodo della vegetazione, era lo studio dell'andamento del terreno che conduceva alle vie, alle grandi snsmulae ed anche alle necropoli. Tutto ciò poteva essere visto soltanto per piccoli tratti.
La fotografia aerea permette invece una visione d’insieme in cul una area archeologica è ben definita nelle sue proporzioni e nel suo inquadramento in una data zona. Al posto dei 30-40 mq., quanto si può vedere a terra, una fo tografia aerea abbraccia da sola chilometri interi in cui le osservazioni già fatte in precedenza a terra per piccoli tratti si ingrandiscono ed evidenziano l'insieme, anche grazie all’uso di apparati speciali - /o stereoscopio —, in tal maniera da poter subito carpire al terreno non solo il perimetro della città ricercata ma tutta la pianta urbana e tutto il sistema della viabilità. Erano proprio queste conoscenze tecniche, di cui si servirono i primi studiosi dell’ae | rofotografia, che mancavano ai nostri archeologi.
Fu perciò ancora una volta necessario ricorrere alla comprensione dello Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, che si rese subito conto delle nostre difficoltà ed offrì, anche questa volta, la sua piena collaborazione. Pertanto venne concesso di avvalersi della Scuola di Aerocooperazione dell’A.M. che pose la sua ricca attrezzatura a disposizione degli archeologi ed offrì la pre ziosa e cordiale collaborazione dei suoi brillanti insegnanti militari. La parte
tecnica dell’insegnamento ricadde totalmente sugli ufficiali fotointerpreti, men tre l'applicazione delle conoscenze tecniche all'archeologia venne impartita da quegli insegnanti civili il cui contributo alla ricerca archeologica per mezzo della fotografia aerea aveva già un riconoscimento internazionale.
Nel 1960, sui banchi della Scuola di Aerocooperazione apparve un primo gruppo di archeologi e così ebbe luogo il primo corso di Fotointerpretazione Archeologica. Pochi, tra questi archeologi, avevano visto fino a quei giorni fotografie aeree, e ben pochi credevano che sarebbero stati capaci, alla fine del corso, di fare la pianta di una città ancora tutta sepolta dalla terra o dalla melma dei mari. Eppure fu proprio alla fine di questo primo corso che due grandi scoperte vennero portate per la prima volta alla luce: la pianta della città di Ferento, una tra le più regolari piante urbane della Etruria meri dionale, e la pianta del famoso Portus Julius di Pozzuoli. Anche se conosciuti parzialmente da vecchie e nuove ricerche, nessuno dei due centri presi in esame in quell'occasione, si era mai rivelato così ricco di particolari in così grandi impianti urbanistici o portuali. Ciò che era sfuggito ai molti sommoz zatori che si erano cimentati nel lavoro di chiarificazione del Portus Julius si presentava ora con tanta chiarezza da far pensare a molti che la pianta de dotta dalla fotointerpretazione delle fotografie aeree prese sul luogo del porto con pellicole X 3 V, non fosse altro che un inganno o una invenzione della fantasia dell’archeologo. Eppure Ferentum e specialmente la pianta di Portus Julius non erano che una grande realtà messa in evidenza dagli aerofoto grammi.
Si era fatto un gran passo in avanti ma sì era osservato quanto poco fun zionale e redditizio fosse per un archeologo il perdere tempo prezioso per ef fettuare tutta quella gamma di operazioni algebriche necessarie al riporto e disegno in scala su di un lucido delle tracce individuate sul documento aero fotografico. Se ognuno era capace alla fine di districarsi in una città sepolta, osservandola nelle sue arterie ed isolati, il riportarla da una scala metrica da I : 10.000 ad una pianta sulla carta a scala I : 2.000 rappresentava una certa difficoltà data la scarsa dimestichezza e pratica in tale campo. Infatti la so luzione di questi problemi nella vita quotidiana degli archeologi, spetta di re gola ai Geometri od ai Disegnatori che accompagnano sempre gli archeologi sugli scavi. Tenendo presente questa suddivisione di compiti si pensò, nei corsi seguenti, di affiancare ai Soprintendenti, ai Direttori od agli Ispettori questi loro collaboratori quotidiani sullo scavo. i
Nel 1961, accanto agli archeologi apparvero anche i Geometri ed i Dise gnatori: per i primi l'insegnamento di Guidonia insiste soprattutto sulla fo tointerpretazione, mentre al secondo gruppo venne impartita una più pratica dimestichezza con le operazioni tecnico-matematiche necessarie per la utiliz zazione delle aerofotografie e loro interpretazione. Il lavoro finale vide, come su uno scavo vero, ciò che può rendere una stretta collaborazione fra gli ar cheologi ed i loro assistenti sugli scavi. In meno di tre giorni, i diversi gruppi di lavoro riuscirono a presentare allo scelto pubblico: Ministro, Generali, Di
rettore Generale alle Antichità e Belle Arti e ad una serie di illustri ospiti stranieri — tutti archeologi di fama internazionale — ciò che poteva essere una gran parte delle città dell'Etruria meridionale e gli insediamenti umani negli Abruzzi e nella Puglia. Centri conosciuti da secoli per la ricchezza e bellezza delle loro necropoli, mostrarono, finalmente, anche il volto delle città dei vivi. Tarquinia, Vulci, Falerii apparvero dalla terra e, graficamente, fu rono conosciute le loro piante nelle arterie principali e nella disposizione deli loro isolati. Le rinomate necropoli trovarono così una giusta spiegazione nella grandiosità e nell’armonia della pianta della città. Lucus Feroniae, Peltuinum (Ansidonia degli Abruzzi) e tre centri indigeni della Puglia si rivelarono pieni di insegnamenti nel campo dell’urbanistica antica e preistorica. Ma uno studio attento delle stesse fotografie aeree mostrò inoltre, anche il collegamento stra dale che univa i centri dell'Etruria meridionale, mentre, da una piccola stri sciata di tre aerofotogrammi, spuntava la tanto ricercata via Aurelza Vetus. L'archeologia dell'Etruria meridionale passava così dallo studio delle necropoli alla conoscenza della città vera e propria, offrendo a tutti la possi bilità di convincersi che lo studio attento e metodico delle fotografie aeree non può non portare a rapide scoperte, realizzabili anche per mezzo degli scavi, condotti, però, nella stessa area, per decenni e decenni. Gli stessi corsi inse gnavano a tutti che per quanto bene sì conoscesse il mondo antico, si è ben lontani da poterlo comprendere nella sua struttura soltanto con lo scavo: per scavare la città di Vulci o di Tarquinia è necessario un lavoro tenace di decenni; ma anche così, soltanto alla fine si potrà avere quella visione d’'in sieme che venne rapidamente offerta dallo studio aerofotografico. La foto grafia aerea permette non solo di leggere con precisione ciò che ancora è ri masto inesplorato e di redigere una pianta del centro urbano, ma offre inoltre la possibilità di avere una ampia visione di tutto ciò che era l'abitato stesso, il territorio circostante, l’abitato ed il collegamento di quest’ultimo con tutte le altre città da cui riceveva o verso le quali inviava i suoi influssi artistici e culturali. La fotografia aerea permette all’archeologo preparato di realizzare rapidamente le piante di ogni tipo di insediamento umano, sottoposto oggi a tutti i danni dei mezzi meccanici con cui si fa la strada la civiltà moderna.‘ Così come essa serve all'urbanistica moderna, al catasto, alla viabilità, la fo tografia aerea si presenta altrettanto utile alla comprensione di un mondo ir cui quello di oggi sprofonda le sue radici. E nella misura in cui 11 mondo mo derno perfeziona continuamente le sue attrezzature tecniche, nella stessa mi sura sarà perfezionato anche il metodo della fotointerpretazione archeolo gica. Alla rapidità di distruzione, l'archeologo deve contrapporre la rapidità dell'intervento per la conservazione, usando quanto, più possibile, gli stessi mezzi, prima fra questi la fotografia aerea. Al posto del vecchio concetto di scavare e poi avere una idea parziale di un centro antico, oggi si può prima ve dere il monumento antico, delimitarlo, inquadrarlo in un ambiente geomor fologico e poi scavarlo in quelle parti che più potranno offrirci un nuovo con tributo storico-topografico alla conoscenza del passato.
| 83 Ma per arrivare a questo grado di perfezionamento la strada da fare as sieme ai tecnici militari è ancora lunga. Alla loro collaborazione 1’ Aerofoto teca deve non soltanto il materiale aerototografico ma ai loro consigli deve, soprattutto, la possibilità di sfruttare, a tutto nostro vantaggio, questo mate riale così prezioso per chi lo sa sfruttare. Con loro si deve, infine, arrivare ad una pianificazione di nuovi rilevamenti aerei destinati a risolvere, in momenti e con mezzi tecnici sempre più perfezionati, altri problemi storico-topografici del mondo antico. Grazie ai loro consigli, nati da una lunga esperienza, anche l’organizzazione del materiale ceduto all’Aerofototeca è stato perfezionato: entro brevissimo tempo sarà possibile trovare, a lavori ultimati, per mezzo dei grafici eseguiti nel nostro ufficio, tutti gli aerofotogrammi che riguardano un punto o una intera zona archeologica dell’Italia. Tutto il materiale toto grafico disponibile nel nostro ufficio è stato collezionato .e raccolto in base ai 277 fogli della carta topografica I : 100.000 edite dall’I.G.M. per il territorio italiano. Laddove 11 materiale già in possesso dell’Aerofototeca non risultasse pienamente efficiente alla chiarificazione di un problema topografico di una zona, grazie agli accordi già presi con lo Stato Maggiore Aeronautica, si potrà passare alla richiesta di nuovi rilevamenti appositamente effettuati: tale pro cedura è già stata alcune volte attuata con ottimi risultati. Questi voli inte grativi sì aggiungono continuamente alle vecchie riprese, creando in questa maniera non solo un ricco repertorio di informazioni sulla stessa zona ma anche un materiale indicativo per appurare e studiare i periodi migliori in cui convenga fare le riprese di un rilevamento e le tecniche più idonee da adot tare nelle riprese. Zone archeologiche come Gela dispongono ora di almeno una decina di riprese aeree e tutte formano, oltre ad una precisa guida per lo scavo, una miniera di informazioni per i migliori periodi dell’anno in cui si dovrebbero effettuare rilevamenti aerei sulla costa meridionale della Sicilia. In base alle prime esperienze si è infatti constatata la opportunità di creare presso lo stesso ufficio dell’ Aerofototeca, una sezione destinata a racco gliere, vagliare e studiare tutti i dati tecnico-operativi interessanti la mag giore o minore qualità e rispondenza delle fotografie aeree ai fini archeologici quali: periodi dell’anno più idonei; tipo del materiale sensibile; scala degli aerofotogrammi; tipo di rilevamento più utile allo studio dei centri abitati, del sistema viario o delle divisioni delle terre e delle opere d'irrigazione antica. Tutti questi problemi sono stati talvolta già trattati parzialmente e spora dicamente da altri, ma sino ad oggi mancano o le osservazioni e conclusioni, fatte non solo in campo nazionale ma anche internazionale, su uno studio me todico impostato su una vasta documentazione, prolungato nel tempo, così da creare una ricca casistica, che rappresenti, se non una norma, almeno un fattivo orientamento al fine di realizzare, tempestivamente, rilevamenti foto archeologici eccellenti per qualità e funzionalità. Vista sotto questi aspetti, l’attività dell’Aerofototeca può rivestire in teressi non soltanto archeologici ma anche strettamente tecnici nei quali si rivelò di particolare aiuto ed utilità la collaborazione dei tecnici dello SMAM.
L'archeologia, oggi, per superare le gravi difficoltà a causa della mancata valutazione dell’ambiente in cui sono sorte le civiltà antiche, ha bisogno anche delle ultime conquiste della scienza moderna. Una di queste ultime conquiste è il perfetto rilevamento aerofotografico planimetrico ‘0 prospettico dei centri antichi a cui l’archeologo si deve rivolgere, per interpretarlo, con una ade guata preparazione tecnica. Così nasce l'archeologo fotointerprete cui si deb bono le scoperte fatte alla fine dei due corsi di Fotointerpretazione Archeo logica ed in cui vengono riposte molte altre speranze di scoperte sempre mag giori, i
Terminata la presentazione e la illustrazione delle Note e delle Memorie, ha avuto inizio la
Discussione sul tema del Convegno discussione che purtroppo è stata alquanto limitata per la partenza, dovuta a impegni precedentemente presi, dei professori Inghilleri e Cunietti. Tutta via il numero veramente notevole di interventi, di domande e di risposte, ha dato a tutti la sensazione che i partecipanti hanno ben compreso tutta la por tata dei temi presentati.
BARTORELLI prende la parola per rispondere al Geom. Luchini. Egli ritiene che il Prof. Inghilleri, assente, sia stato male interpretato quando ha parlato di « bacchette di gomma »; certamente egli non voleva significare che fossero molto deformabili, ma semplicemente che presentavano una certa elasticità; e quando si considera il micron, anche una bacchetta di acciaio può apparire una bacchetta di gomma se ne ingrandiamo la scala delle deformazioni. Il Bartorelli ricorda in proposito una pubblicazione del Prof. Trombetti dove le flessioni, notevolmente moltiplicate per renderle appariscenti, davano alle bacchette l’aspetto di tubi di gomma. Al Bartorelli sembra anzi che i Prof. Inghil leri ha esaltato i risultati che si bttengono con gli strumenti analogici dichiarando che non riteneva possibile tanta precisione da essi.
Il Bartorelli ritiene che è importante rilevare quanto può dare la aerotriangolazione analitica in confronto di quella analogica. Le applicazioni della prima in Italia è vero, sono all’inizio, ma nel mondo sono stati fatti rilevamenti, appoggiati ad essa, che investono già superfici di milioni di chilometri quadrati; se ne dovrebbe dedurre che i risultati ottenuti sono stati buoni. Non risulta che altrettante superfici siano state rilevate con metodi ana logici. Il Bartorelli addirittura ritiene che si possa escludere a priori che i risultati della aerotriangolazione analogica possano essere migliori di quelli dell’analitica, adducendo l’e sempio della determinazione topografica di un punto secondo Pothénot; la determinazione grafica ottenuta con la tavoletta pretoriana che ne è la soluzione analogica non potrà mai essere di precisione superiore a quella ottenuta misurando con un teodolite i due angoli della determinazione e arrivando poi alle coordinate del punto con il calcolo numerico. Il Bartorelli nota che i restitutori analogici debbono compiere una prima funzione in tutto paragonabile a quella delle misure delle coordinate sui fotogrammi richiesta per i metodo analitico; anche se ad essi non si richiedono quelle misure, tuttavia quelle stesse precisioni di collimazione devono essere realizzate da essi; per di più dai restitutori ana logici si pretende la ricostruzione dell’orientamento interno delle camere, di quello esterno, la intersezione dei raggi omologhi proiettanti e la proiezione di queste intersezioni sui piani coordinati, operazioni queste che nel metodo analitico vengono eseguite con il cal colo numerico, quindi praticamente senza errori. Nei restitutori analogici tali operazioni
vengono eseguite otticamente e meccanicamente, sia pure con tecnica di altissima pre :isione; e sappiamo che ogni volta che si opera strumentalmente si commettono errori che influiscono ciascuno in vario modo sul risultato finale, mentre gli errori praticamente cessano dal momento che si comincia ad operare con i numeri. È un fatto che la aerotriangolazione analogica continui dai più ad essere impiegata invece di quella analitica, ma ciò dipende dalla inerzia che accompagna i progressi della tecnica, quella stessa inerzia che per lungo tempo ha fatto ritenere che operando sul ter reno si ottenevano risultati migliori che con la fotogrammetria (applausi).
BIRARDI prende la parola per chiedere al Geom. Luchini una delucidazione a riguar do dei dati di precisione ottenuti dall’EIRA e riportati nella comunicazione distribuita ai partecipanti al Convegno. La precisione è eccellente, e l’EIRA può andarne orgogliosa; tuttavia l'affermazione di aver ottenuto per il 25.000 come scarti massimi rispetto al terreno rispettivamente 1.50 m per la planimetria e 1.00 m per la quota sembra all’ora tore alquanto ardita. Egli fa notare che ciò equivale ad ammettere per la quota uno scarto quadratico medio dell'ordine di una trentina di cm, valore questo che gli sembra eccessi vamente basso; tanto più che in una recente pubblicazione del Prof. Trombetti (v. Bol ‘ettino di Geodesia e Scienze Affini dell’I.G.M., n. 4, 1960) la precisione altimetrica ot tenuta dall’EIRA negli stessi lavori risulta caratterizzata da uno s.q.m. di 76 cm, dato questo perfettamente attendibile e concordante con quello ottenuto dall’I.G.M. L’ora tore chiede pertanto se i valori anzidetti non debbano ‘essere intesi come scarti quadra tici medi, anziché come scarti massimi. Chiede infine maggiori informazioni — che sa zebbero di grande utilità per chiunque lavori nel campo dell’aerotriangolazione pratica - sulla tecnica mediante la quale l'’EIRA apporta per ciascuna strisciata la correzione per la deformazione della pellicola, come accennato nella relazione Luchini.
Il Prof. Trombetti fa notare che la strumentazione per la triangolazione analitica sfereocomparatore) è meccanicamente più semplice di quella per la triangolazione analo zica (restitutore), che la formazione di operatori ugualmente abili è molto più facile per gli stereocomparatori che non per gli strumenti restitutori. Ne consegue la possibilità di rag ziungere maggiore precisione nella determinazione delle coordinate dei punti del modello, questa precisione ha però sempre un limite a causa della deformabilità del supporto e lella mobilità della emulsione fotografica rispetto al supporto durante le diverse tecniche di sviluppo e fissaggio.
Questa è la barriera che impedisce per ora il progresso sia della triangolazione ana ->gica sia della triangolazione analitica.
La triangolazione analitica è destinata ad avere un grande sviluppo ma non potrà *>ppiantare del tutto la triangolazione analogica a causa del costo dei calcoli elettronici. Per rilevamenti di zone di non grandi estensioni, in terreni privi di punti a terra, per ora .-3 triangolazione analogica ha il sopravvento sulla triangolazione analitica. L’automa zione permessa dalla triangolazione analitica è però il fattore determinante per l’uso sem pre più frequente di questo metodo che sarà preferito per rilevamenti di molto impegno.
BARTORELLI riprende la parola per completare il suo pensiero circa l’inerzia; egli per .aerzia non intendeva soltanto la peggiore delle inerzie quella mentale, ma tutto quello .he sì oppone per ragioni pratiche allo sviluppo di strumentazione nuova. Così dicasi per =sempio per il costo su cui naturalmente gravano tutte le spese dei prototipi, la mancan 22 di personale pratico dei nuovi strumenti. Il Bartorelli trova poi giusto quanto ha sot 2olineato il Prof. Trombetti per la triangolazione analitica, il suo concorso alla automa zione. Il fatto che allo strumento ci possa stare un « omino » per usare l’espressione del seom. Luchini mentre invece ad un restitutore analogico debba stare una persona con grande esperienza, cioè che sappia quello che deve fare, è un vantaggio per la nuova tec zica, non uno svantaggio.
BIRARDI riprende la parola per una brevissima replica. Anzitutto chiede al Geom.
Luchini di confermare esplicitamente — il che non risultava dalla sua precedente rispr ‘sta — se i valori in questione debbono essere intesi come scarti massimi o come scarti quadratici medi (Luchini: sono errori massimi). Afferma quindi che una valutazione delli precisione basata sugli scarti massimi può risultare statisticamente non sempre attendi bile; per tale ragione nelle norme dell’I.G.M. (edizione 1960) sono considerati scarti qua dratici medi, i cui valori sono precisati in 1.50 m per la planimetria, 1.00 m per la quota A riguardo dell'ultima questione sollevata dal Geom. Luchini precisa che i quattro punt: di appoggio impiegati nel metodo « a modello rigido » si riferiscono ad un modello M, ot tenuto saldando cinque o sei modelli 71 forniti da altrettante coppie consecutive; e non a. modello # di una sola coppia, per la quale non sarebbe ovviamente il caso di parlare di triangolazione aerea.
LucHini chiede un chiarimento al Maggiore Birardi sui criteri da Lui seguir nel riferire ad una unica origine le coordinate strumentali, poiché non vede alcuna dif ferenza pratica tra il riferimento all'origine del sistema strumentale del primo modell: di una strisciata ed il riferimento all’origine del sistema strumentale del modello centra!e della stessa strisciata.
Infatti sia nel primo che nel secondo caso il numero dei riporti è lo stesso e la prec:- sione conseguita è sempre la medesima.
Rispondendo poi al Maggiore Birardi, afferma che non intendeva parlare di error. quadratici medi. ma di errori veri, o meglio ancora di scostamenti, o differenze, tra coord:- nate determinate per aerotriangolazione e coordinate determinate a terra con i proced:- menti della topografia classica.
Esaminando la precisione conseguita negli esperimenti dell’I.G.M., egli rileva ino!- tre che gli errori quadratici medi ottenuti sui diversi punti quotati noti, pari a circ. + 1,3 m, sono piuttosto elevati dato che fanno supporre degli scostamenti massimi iz quota intorno ai 3,5 m. Questa precisione dovrebbe risultare fuori delle tolleranze am messe dall’I.G.M. se si pensa che nel 1958, l’Istituto medesimo respinse una tavolett. al I : 25.000, rilevata dall’EIRA in Sardegna, risultando al collaudo, su 4 punti cons.- derati, un punto che presentava una differenza in quota tra valori di aerotriangolazione e valori di collaudo a terra di 1,7 m. È comunque ferma convinzione del geom. Luchini che il metodo illustrato dal Mas giore Birardi non sia consigliabile quando si possegga una dovizia di punti come quel'. riferita nella relazione distribuita. Infatti, risultando in media 3 o 4 punti per coppi concatenata, l'orientamento assoluto di ciascuna coppia sui rispettivi punti noti avrebb* consentito una precisione maggiore. . Ritornando, infine, alle richieste del Maggiore Birardi in merito ai metodi segui: dall’EIRA per ottenere le precisioni citate, conclude dicendo che l'’EIRA è ben dispos: a fornire tutti i dettagli tecnici e tutte le delucidazioni che sull'argomento potranno i: teressare.
BIRARDI risponde brevemente al Geom. Luchini, affermando che il riporto delle coo-- dinate all'origine del modello centrale della strisciata ha soltanto lo scopo di facilita» ed accelerare le operazioni algebriche relative al riporto stesso. Infatti l’entità assoluti: delle correzioni di riporto risulta notevolmente minore assumendo l’origine nel modei» centrale anziché nel primo modello, e la loro sommazione risulta di conseguenza p:: semplice; mentre per evitare la formazione e l’impiego di valori negativi d’ascissa < sufficiente attribuire allo zero un conveniente valore positivo fittizio (falsa origine). I: definitiva si ottiene un sia pur minimo guadagno di celerità ed una maggiore garanz: contro errori grossolani.
FONDELLI sì richiama alle relazioni presentate dal Maggiore Birardi e dal Geomet Luchini per comunicare i risultati di alcune sue esperienze nel campo della triango zione aerea analogica, raccolte in occasione della preparazione del materiale speriment
della Commissione A dell’OEEPE, presieduta dal Prof. Trombetti dell’I.G.M. 1 risul tati medesimi sono riassunti nella comunicazione pubblicata di seguito.
Richiamandosi infine, specificamente, alla precisione conseguita dal Maggiore Bi rardi nella realizzazione dei diversi modelli ottici, durante i suoi esperimenti di triango lazione aerea, egli mette poi in evidenza che il metodo numerico di orientamento rela tivo, proposto dal Prof. Hallert, e da Lui impiegato, non risulta forse fra i più idonei per il lavoro in oggetto, dato che il terreno interessato non corrispondeva alle ipotesi cui il metodo medesimo si riferiva.
Comunque, pur adottando questo metodo, l’Ingegner FONDELLI afferma che sarebbe stato oltremodo consigliabile eseguire le misure di parallassi con degli strumenti più sensibili degli organi strumentali dell'apparato stereorestitutore, come avviene di re gola presso 1 centri del’OEEPE.
In materia di aerotriangolazione, l’ing. Fondelli svolge la relazione seguente: « OSSERVAZIONI E SUGGERIMENTI SULLA TECNICA DELLA TRIANGOLAZIO- NE AEREA ANALOGICA ),
I. La diffustone sempre maggiore dell’aerotriangolazione spaziale, nella preparazione dei punti di appoggio per la restituzione cartografica alle diverse scale, ha dischiuso oggi nuovi orizzonti e nuove vie alla tradizionale prassi del rilevamento aerofotogram metrico.
Significativi sono infatti, a questo proposito, i risultati raccolti in questi ultimi anni con l'applicazione della #riangolazione aerea analogica nei rilevamenti topografici a grande e media scala (!). Le possibilità di questo metodo non risultano però ancora completa mente utilizzate; numerose sono ancora, infatti, le cause di errore che ne influenzano i risultati e ne limitano le intrinseche caratteristiche. È evidente come l'individuazione di una o più cause di errore accresca la precisione e la sicurezza del metodo, e ne dilati in conseguenza il campo di applicazione.
La ricerca, in questo campo, è oggi particolarmente attiva. Questo per merito, so prattutto dei progressi conseguiti nella realizzazione delle varie apparecchiature di presa e di restituzione che hanno consentito di affinare l’analisi delle diverse cause di errore ed hanno messo in maggior evidenza effetti ritenuti finora trascurabili e secondari.
Fra 1 diversi problemi proposti alla sperimentazione, hanno oggi acquistato così un particolare interesse: il preliminare controllo delle condizioni geometriche strumentali indispensabili per l'esecuzione di un’aerotriangolazione, la compensazione delle defor mazioni della pellicola e delle emulsioni fotografiche, la precisione conseguibile nella for mazione del modello ottico e nel trasferimento dell’orientamento assoluto durante il concatenamento.
L'esperienza che ho raccolto in questo specifico campo, con la partecipazione alle ricerche sperimentali promosse dall’OEEPE (Organisation Européenne d’Etudes Pho togrammétriques Experimentales), non è priva di singolari indicazioni. L’attualità del l'argomento e gii interessi sempre più vasti che esso sollecita mi suggeriscono di parte ciparle, in questa sede, alla più vasta schiera dei tecnici e degli specialisti. (1) G. P. LE DIVELEC, L'impiego della triangolazione aerea come procedimento nor inale di restituzione di carte topografiche e tecniche. « Bollettino della Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia ». Anno 1961, N. I.
2. È stato già messo in evidenza (!) come l’esecuzione di una triangolazione aerea comporti una particolare rettifica dell'apparato stereorestitutore impiegato. Le cond zioni strumentali influiscono, infatti, in maniera determinante sull’esito di un conca namento aereo.
La verifica delle condizioni geometriche strumentali viene effettuata di regola me diante l’impiego di una coppia di reticoli di precisione. Le prove consigliate comportam» normalmente l’esame della proiezione di ciascuna camera di restituzione, il controllo dell modello stereoscopico da essi realizzato e l'esecuzione di un concatenamento pilota che comprenda almeno 20 connessioni.
Queste prove si propongono ovviamente di saggiare l'eventuale influenza dell’inver sione della base e la legge di propagazione degli errori residui strumentali.
L'esperienza dimostra a sufficienza che, in queste prove, non si può prescindere dall metodo di aerotriangolazione prescelto per la connessione dei fotogrammi reali. Infata,. la precisione conseguibile con l’applicazione di un determinato metodo di aerotriangolar zione (?) può risultare seriamente compromessa a seconda delle particolari caratteristiche degli errori residui strumentali.
Al fine di valutare poi l’efficienza strumentale nelle reali condizioni operative, € inoltre opportuno che gli esami medesimi siano effettuati imponendo la stessa distanza principale (f), la stessa scala del modello (Z/f) e lo stesso rapporto di base (0/7) richie sti dai fotogrammi aerei. |
Gli apparati stereorestitutori impiegati per la triangolazione aerea sono strument oltremodo delicati. Essi sono, pertanto, soggetti a risentire più di ogni altro strumente delle diverse perturbazioni fisiche od accidentali. È così indispensabile ripetere periodicamente la verifica della stabilità strumentale facilmente alterabile con bruschi movimenti durante il lavoro, con repentine variazione dello stato fisico ambientale o con movimenti di carattere accidentale dovnti all’assesta mento statico del fabbricato che li accoglie, 3. Tra le cause di errore, la più frequente risulta ovviamente quella derivata dalla deformazione dei supporti e delle emulsioni fotografiche.
Questo campo è stato da tempo oggetto di studio e di ricerca, ma in effetti esse rimane tuttora inesplorato.
Numerosi sono gli elementi che influiscono su tali deformazioni. Debbono comprer dersi tra questi: fenomeni di natura chimica, fenomeni di natura fisica ed agenti di ca rattere puramente meccanico.
Senza addentrarsi in un'approfondita analisi, gioverà comunque segnalare che esa hanno come risultato comune un'alterazione anisotropa delle immagini fotografiche (* È evidente come deformazioni di questo tipo possono influire anche sugli element dell’orientamento interno, o più propriamente sulla definizione della distanza principale effettiva dei fotogrammi, variabile se varia il formato.
Un errore nell’imposizione della distanza principale all'apparato restitutore nc? presenta grandi inconvenienti se il terreno è pianeggiante, poiché ha per effetto uni (1) C. TROMBETTI, La triangolazione aerea nella preparazione dei punti di appoggi. per la restituzione della carta d’Italia alla scala 1 : 25000. « Bollettino di Geodesia e Scienz: affini ». Anno XIX, N. 4, Ottobre 1960 (Numero speciale). (2) B. HALLERT, Investigations into the Accuracy of various Methods of Photogrammn::- tric Triangulation. « Transactions of the Royal Institute of Technology », N. 162. Stock holm, 1960. (3) H. Kasper et ]J. M. ZAaRzycxri, Recherches sur la déformation d'émulsions ph - tographiques sur des films et des plaques en verre. « Archives Internationales de Photograr métrie », Tome XI, Deuxième Fascicule. Amsterdam, 1954.
variazione di scala; esso acquista però particolare importanza allorché il terreno è acci dentato e presenta forti dislivelli. Circostanza quest’ultima molto frequente in alcune zone d’Italia.
La preliminare compensazione degli errori dovuti a questa causa non può effettuarsi altro che dimensionando la distanza principale dei fotogrammi da concatenare in fun zione della deformazione media del loro formato. Tale operazione può infatti eliminare, già per suo conto, una notevole fonte d'errore.
Si consideri, ad esempio, quanto mi è stato possibile rilevare esaminando di recente una strisciata sperimentale, ripresa con la camera ZEISS RMK 15/23 da quota asso luta di 4500 #, ove per una contrazione media dell'ordine dello 0,9993 il valore origi nale della distanza principale è sceso da 152,64 mm a 152,54 mm. Una tale variazione avrebbe sensibili conseguenze nel caso di forti dislivelli del terreno (1).
Gli effetti della deformazione differenziale, inerenti al diverso comportamento nei due sensi longitudinali e trasversale del film, possono essere poi compensati, per quanto concerne la planimetria, a concatenamento concluso, per via di calcolo,
Rimangono purtroppo estranei a queste compensazioni i bruschi salti di deforma zione che si verificano di frequente tra fotogramma e fotogramma, allorché, per l’ele vato numero delle prese di una strisciata, si operi la stampa delle diapositive in con dizioni termiche ed igrometriche molto diverse.
In questo caso, se risulta impossibile variare fotogramma per fotogramma la di stanza principale durante il concatenamento, è oltremodo consigliabile spezzare la stri sciata in più tratte aventi caratteristiche identiche ed evitare così pericolose soluzioni di continuità. Comunque non sarà mai raccomandato a sufficienza, a chi tratta mate riale sensibile fotogrammetrico, di procedere alla stampa delle diapositive in condizioni ambientali stabilizzate, cosa possibile allorché venga trattata, volta a volta, un’intera strisciata al completo. 4. Ma l’interesse maggiore, in tutta l’esperienza raccolta, va fuori dubbio allo studio delle differenze, talvolta sensibili, rilevate piuttosto di frequente nei concatenamenti strumentali, tra le coordinate dei punti determinati in due diversi modelli successivi. L'osservazione di queste differenze ha dato luogo, già da tempo, ad opportune ricerche che hanno contribuito a classificarne le cause (2).
L'origine di tali differenze viene attribuita, infatti, ad errori di osservazione, ad errori residui strumentali ed a deformazioni localizzate dell’immagine fotografica. Fra tutte queste cause d’errore, quella che sembra però aver maggior peso è la prima: gli errori di osservazione. È noto che l’orientamento relativo di due fotogrammi costituisce un problema a Io incognite. Esso viene risolto però, strumentalmente, mediante l’intervento di soli 5 parametri che disciplinano il movimento di una sola o di ambedue le camere di resti tuzione.
I procedimenti operativi che realizzano l'orientamento relativo di due fotogrammi sono numerosi, e si basano sulle diverse .combinazioni possibili di questi 5 parametri. Essi conducono tutti alla formazione del modello ottico, od immagine plastica, ma com portano nella generalità dei casi una diversa giacitura spaziale del modello realizzato, Quest'ultima circostanza è comune però anche al caso che, prescelto un determinato (1) L. SOLAINI, Influenza degli errori dell’ovientamento interno nella vestituzione fo grammetrica. Pubblicazioni dell'Istituto di Geodesia, Topografia e Fotogrammetria, N. 34. Milano, 1938. (2) J. VissER, An analysis of discrepancies în triangulated strips. «Photogrammetria », X, 4, 1953-1954.
procedimento operativo, si ripeta più volte l'orientamento relativo di una medesima coppia di fotogrammi dopo averlo, volta a volta, distrutto.
La diversa giacitura spaziale del modello ottico realizzato non ha interesse durante la restituzione, effettuandosi l'orientamento assoluto su punti noti. Presenta invece par ticolare importanza, durante i concatenamenti, allorché si effettua il trasferimento del l'orientamento assoluto da un modello all'altro.
Nella corrente prassi operativa dell’aerotriangolazione analogica, si realizza l’orien tamento relativo di un fotogramma rispetto al precedente mediante l'osservazione di parallassi verticali su 6 punti, disposti secondo lo schema classico, e si perfeziona l’o rientamento assoluto del modello che ne risulta mediante il solo dimensionamento, Il trasporto di scala si ottiene — com’è noto — ripristinando sul punto nadirale comune all'antico ed al nuovo modello la precedente lettura altimetrica.
L'orientamento assoluto viene così trasferito da un modello all’altro grazie all’o rientamento relativo, che trasmette gli elementi angolari che competono alla giacitura spaziale del nuovo modello, ed al finale ripristino di quota che realizza il trasporto della grandezza.
Evidente risulta quindi l’interesse che presenta, in un concatenamento, l’analisi delle diverse fasi della formazione del modello ottico e del suo orientamento assoluto. È appunto qui che si manifestano le conseguenze degli errori di osservazione (!). Essi influiscono sui diversi parametri in gioco provocando le differenze di coordinate lamentate
Ne scaturisce allora la necessità di adottare le misure più opportune per garantire la dovuta precisione al metodo e ridurre, nel contempo, queste differenze.
Il sistema più semplice e più immediato è quello di controllare, una volta effettuato il trasferimento di scala sul nuovo modello, la posizione altimetrica dei punti laterali di passaggio (quello alto e quello basso). Questo sistema trova già soddisfacente applica zione nella prassi dell’aerotriangolazione analogica.
La sua sperimentazione pratica ha accertato in prevalenza, più di una volta, errori | residui del parametro x, aventi per effetto un’erronea inclinazione della giacitura spaziale | del modello ottico.
Allo scopo di saggiare più in profondità l’attendibilità di questa conclusione è stato provveduto di recente all'esecuzione di un opportuno concatenamento di reticoli di pre cisione realizzanti il formato 23 X 23 cm?.
Il concatenamento è stato effettuato con il metodo a bz costante allo Stereocartografi Galileo-Santoni modello IV, imponendo la distanza principale f = 152 ww, la scala det modello È = 2 edilrapporto di base È = 0,66.
Il procedimento adottato prevedeva: l’orientamento relativo di un fotogramma sul. l’altro col metodo ottico-meccanico, la lettura delle parallassi residue, il trasferimento delle grandezza mediante il ripristino della quota sul punto nadirale ed il controllo delle quot: ottenute sui due punti laterali. Se da quest’ultimo controllo non emergevano sensibil differenze di quota, si procedeva ad invertire la base strumentale ed a proseguire il con catenamento; se le differenze di quota rilevate erano invece piuttosto sensibili, si prc cedeva alla loro eliminazione agendo opportunamente ai parametri x, ed @y, ricontro.. lando poi l'orientamento relativo e rileggendo le parallassi residue prima di proceder oltre nella sequenza indicata.
Su 20 connessioni, ben 10 volte sono state osservate fratture nella saldatura sui pur ti di passaggio. Fratture, che sono state poi eliminate nel modo indicato. (1) P. VERMEIR, Le transfert de l’orientation absolue en cheminemeni aérien. Mi: stere des Travaux Publics et de la Reconstruction. Bruxelles, Avril 1956.
L'esame delle parallassi residue, lette sui diversi modelli prima e dopo l’eliminazione lelle differenze di quota, ha permesso di constatare che in tutti i casi osservati il mas «:mo valore della parallasse non superava gli 0,04 mm.
A questo esperimento ha fatto poi seguito un’altra prova di concatenamento semplice ncatenamento libero) su fotogrammi reali, condotta con identici criteri.
La prova è stata effettuata in andata e ritorno su una strisciata di 8 fotogrammi, presi con camera Fairchild T 11 (f= 153,96 mm e formato 23 X 23 cm?) da quota “ssoluta di 5000 #, imponendo all’apparato restitutore la scala È = 2 edilrapporto 2: base d v 0,66. z =
Le conclusioni che ne sono state tratte hanno confermato quelle avute nella prova ‘n i reticoli. È interessante tuttavia segnalare che le fratture verificatesi sono risultate 4, sia = andata che in ritorno: esse non hanno avuto frequenza regolare e si sono riprodotte .1e sole volte in corrispondenza della medesima coppia di fotogrammi. Le massime rrezioni apportate ai parametri x, ed #, per eliminarle, sono risultate rispettivamente Ari a 0,5035 ed a 0,070.
Particolarmente significative sono risultate, in corrispondenza di queste correzioni, ? differenze rilevate tra le coordinate x, y e z dei punti comuni a due modelli adiacenti, ‘zima e dopo eliminazione delle fratture. Infatti, dagli scostamenti Ax = — 0,17 #, iv=—3,23me Az = + 3,00 7%, rilevati in origine sul punto alto, per esempio, »: è scesi a correzione avvenuta agli scostamenti Ax =: -|- 0,32 #, Ay = + 0,17 m e i:= — 0,20 Mm.
Da tutto ciò è facile trarre la conseguenza che il controllo delle quote sui punti di tzassaggio,. oltre a verificare la precisione ottenuta nella formazione del modello ottico ed a garantire il miglior trasferimento dell’orientamento assoluto derivato dal modello :niziale, consente di eliminare, o contenere, le più temibili accidentalità, a tutto vantag 2.5 della finale compensazione a scopo cartografico. 5. Le considerazioni che precedono gettano, ovviamente, una nuova luce su tutta ‘a tecnica finora seguita nei concatenamenti aerei strumentali. Infatti, verificate le con zioni geometriche strumentali dell'apparato stereorestitutore impiegato e valutata la seformazione propria dei fotogrammi da concatenare, l’operatore dovrà porre la mas sima attenzione affinché nell’applicazione dei metodi di concatenamento prescelti siano e.iminate tutte le possibili soluzioni di continuità e siano prevenuti tutti gli eventuali errori di osservazione nell’identificazione dei punti.
Questo potrà esser possibile solo se verranno escogitati opportuni accorgimenti atti a garantire una maggior sicurezza al metodo di aerotriangolazione adottato.
A questo proposito, sembra utile prospettare qualche suggerimento.
Infatti, una volta effettuato l’orientamento relativo del nuovo fotogramma e con ciuso il riporto in scala, sarebbe oltremodo consigliabile effettuare una preventiva verifi ca, 0 rettifica, della distanza planimetrica fra i punti di passaggio laterali, che ovvia mente deve risultare uguale nei due modelli adiacenti (il vecchio ed il nuovo), prima ir procedere all'osservazione della quota dei punti medesimi. Garantito poi il ripristino della quota sul punto nadirale, si potrà passare all'osservazione altimetrica dei due punti medesimi.
Evidentemente 1 casi possibili, a questo punto, possono essere soltanto tre: a) ambedue i punti risultano alla quota che avevano nel modello precedente; b) le quote dei due punti sono più alte o più basse di quelle registrate nel mo lello precedente; c) le quote dei due punti risultano una più bassa e l’altra più alta, o viceversa, i: quelle che possedevano nel modello precedente.
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Il primo caso non presenta interesse poiché la saldatura tra modello e modello è risultata perfetta; nel secondo caso è invece opportuno perfezionarla in modo da ridurre il salto di quota, dovuto essenzialmente ad una deformazione dei modelli ottici per irre solarità dell'immagine fotografica o per difetto nella loro realizzazione. La compensa zione di questo salto altimetrico potrà essere effettuata agendo alla componente dx 1a modo da rendere minime le differenze di quota su tutti i tre punti di passaggio: nadk rale e laterali, alto e basso.
Il terzo ed ultimo caso è quello che presenta più interesse di tutti.
Se la differenza di quota è piuttosto forte sarà opportuno infatti togliere dalla ca mera il nuovo fotogramma, controllarne la corretta centratura sul telaietto porta-lastr4i e ripetere poi di nuovo le diverse operazioni strumentali di concatenamento. Nella ge neralità dei casi tali differenze diminuiranno o si annulleranno. se la differenza di quota è invece piccola, essa potrà esser facilmente eliminata e diminuita, ripristinando su uno dei due punti (quello alto o quello basso) la quota letta nel modello precedente, agendo opportunamente al parametro x, della camera mobile. Questa operazione comporterà l’apparizione di una piccola parallasse di x che potzà però esser ridotta e resa trascurabile mediante compensazione con la componente ooo
Naturalmente tutte queste precauzioni presuppongono l’impiego, nei lavori di aer: triangolazione, di personale particolarmente idoneo e specializzato. Soltanto così potranr W infatti ulteriormente dilatarsi i già vasti orizzonti della triangolazione aerea analogicàg
La fine delle parole dell’Ing. Fondelli viene accolta da un prolungai@ applauso.
A questo punto nessuno chiedendo di intervenire, il Presidente pronus cia le seguenti parole :
Innanzi tutto mi complimento con i vari oratori che si sono, via via, avvicendati qui sulla tribuna per illustrare questo o quel dettaglio o per chiedere spiegazioni, nell complimento anche per l’entusiasmo che hanno dimostrato e per l’amore che hanno velato verso le nostre discipline, la topografia e la fotogrammetria, alle quali taluni del presenti hanno dedicato tutta la loro vita e tutte le migliori energie.
La passione per gli studi e per le novità e l’amore per la scienza debbono infom dere negli animi specialmente dei giovani ed in particolare a quanti si applicano a ques problemi per la prima volta un senso di realismo e di equilibrio nell’affrontare e risolvere certi problemi. Non si deve credere che a ogni risultato si debba scoprire 1’ America l'America è stata già scoperta nel 1492 da Cristoforo Colombo. In particolare la stona della Topografia e della Geodesia insegna che la storia si ripete; la storia è la maest:a della vita: quanto ora si discute nel campo della aerofotogrammetria è stato già discuss nel campo della fotogrammetria terrestre una settantina di anni or sono; chi va a vedere gli articoli di Pio Paganini, il Padre della fotogrammetria italiana trova fra gli stre menti da lui ideati e realizzati, i settori grafici che portano il suo nome, i quali perm=. tono per via grafico-meccanica di determinare alcuni elementi angolari, di distanze e è quote che, come in altra pubblicazione del Paganini è dimostrato, si possono trarre ancb con opportune formule, introducendo in queste le coordinate dei punti riprodotti s: fotogrammi, e determinate con regoli ecc. ma si intende con diversa approssimaziore Sono equivalenti i due risultati ? evidentemente no, perché diverse sono le vie per ot:- nerli e quindi diverse sono le precisioni, le quali debbono essere considerate non in ser ‘assoluto una rispetto all’altra, ma in senso relativo, ossia rispetto all'impiego dei ris. tati. Su ciò influisce, nel caso di riproduzioni cartografiche in opportune scale, l’effer del graficismo. Con lo stereocomparatore di Pulfrich il rilievo è numerico, con l’av cartografo di von Orel la restituzione è grafica. Si possono confrontare le coordinate : - venienti dai due rilevamenti, ma naturalmente non si troveranno identici risultati. .
che nel campo della topografia classica, chi ha una certa età ricorderà certamente le bat taglie, diremo così, fra gli operatori dello I.G.M. e quelli del Catasto, gli uni difensori della tavoletta pretoriana e gli altri del tacheometro ognuno dei quali riteneva più pre ciso il metodo professato. I primi determinavano graficamente per intersezione o con coordinate polari questo o quel particolare del terreno e lo segnavano immediatamente sul foglio da disegno iri modo da ottenere la immediata descrizione dei luoghi, mentre i secondi misuravano soltanto angoli e distanze e poi — non più sul terreno — ma in Ufficio attraverso i calcoli determinavano le coordinate dei vari punti con le quali ef fettuavano sempre in Ufficio, la descrizione dei luoghi senza più vedere il terreno. Eb bene queste stesse cose si verificano oggi. In celerimensura abbiamo la tavola tacheo pantometrica dell’Orlandi, ed i libri dei calcoli fatti (tavole celerimetriche). L'uso dei quali dipende dallo scopo del lavoro. Le nobili gare che questi procedimenti danno luogo, sono molto utili, perché spingono l’industria a escogitare strumenti sempre più perfetti e quindi con precisioni sempre più spinte, utilizzando le conquiste dell’ottica con la quale non solo si riesce a collocare punti all’infinito, ma costruire quei veicoli ottici che resti tuiscono movimenti meccanici realizzati in altri tempi con viti graduate, viti dentate, ecc. Possiamo dire di essere in una sfera molto avanzata di miglioramenti meccanici; basta mettere a confronto teodoliti tipo Starke e quelli tipo Wild per vedere i meravi gliosi progressi ottenuti in questi ultimi cinquant'anni. Così succede anche nella parte fotogrammetrica.
Oggi ci troviamo a discutere fra triangolazione analitica e triangolazione analogica. — Ci sono due correnti: l’una è favorevole per la prima, l’altra per la seconda; ognuna delle quali ritiene migliore la propria; da qui la lotta generatrice dell’immancabile progresso.
Il concetto della aerotriangolazione è quello di determinare le coordinate dei vertici trigonometrici della rete, facendo uso di pochi punti in precedenza determinati. Da qui il problema: le strisciate debbono essere lunghe o debbono essere corte ? Io modestamente direi che possono essere lunghe e possono essere corte; si deve in proposito tenere pre sente lo scopo cui deve servire la cartografia che sarà costruita. Se si deve fare il rilievo di una zona desertica, con poche carovaniere, senza centri urbani, ecc. a che vale un prodotto cartografico al 2000 ? niente e perciò il problema secondo me non è quello di dire il dato Autore in America ha fatto questo o quell’altro perché egli ha fatto questo o quell'altro perché è stato chiamato a risolvere questa o quell’altra questione. Noi sia mo in Italia e dobbiamo risolvere i problemi che interessano il nostro paese e data la morfologia del territorio non possiamo trovare nessun punto di paragone con altri Paesi 1 quali in gran parte sono pianeggianti o lievemente ondulati, mentre in Italia quanto può andare bene nella parte settentrionale, non può adattarsi all’Italia centrale o meri dionale. Perciò non possiamo dire Tizio in quel paese ha ottenuto questo risultato e noi dobbiamo pure ottenerlo, perché il problema topografico va abbordato con i mezzi e con procedimenti idonei ai prodotti cartografici richiesti: una precisione superiore può risultare talvolta nociva o ... appariscente. To perciò non dirò questo metodo vale me glio dell’altro, perché tutti i metodi sono buoni, ma non si può affermare a priori questo sostituisce quello o viceversa.
Quando per misurare piccoli segmenti io adopero un doppio decimetro questo può portare le graduazioni dei centimetri soltanto, o dei centimetri e dei millimetri, o anche dei centimetri dei millimetri e mezzi millimetri e con tutti e tre tipi potrò effettuare una misura di uno stesso argomento spinta fino al mezzo millimetro, ma si intende bene, tro verò delle precisioni diverse, perché diversi sono gli strumenti di misura a mia disposi zione.
Mentre ammiro questo vostro entusiasmo, dico: procedete con calma e guardate la storia della Topografia e lì troverete la risposta ai vostri quesiti. Perché taluni strumenti non si usano più ? perché sono stati sostituiti da altri che danno maggiori possibilità. Possiamo dire che questi strumenti erano cattivi, no, non lo possiamo dire perché allora
erano quelli migliori. Non possiamo sapere che cosa succederà in un prossimo dorasr può darsi che l'automazione entri nella fotogrammetria e allora pigiando semplicemente quei bottoni cui alludeva il Prof. Trombetti, otterremo immediatamente le coordinate di quanti si vogliono punti.
Ho sentito parlare di grandezze infinitamente piccole, di frazioni di millimetr cosa che noi poveri topografi non immaginiamo nemmeno perché noi lavoriamo con la matita e la matita ha la sua grafite e con essa il rispettivo grado di graficismo connessi. con la scala del disegno e in conseguenza ci regoliamo nelle misure che dobbiamo fare. Ho sentito parlare di centesimo di millimetro e perfino di microm, ora bisogna fare in modo di non volere ottenere di più di quello che ci dà la madre natura, perché altrimenti può succedere che nell’andare a trovare il meglio si può andare a trovare il peggio. Per mettetemi di chiamare il micron grandezza infinitamente piccola, ora da esso alla gran dezza normale passa un grande rapporto. Il superbo problema della geodesia che inse gna a trovare le dimensioni della terra in funzione della gravità è quello che più si addice in questo caso. La gravità misura circa 9 metri e con questa si vuol determinare il rag gio della Terra, cioè 6 milioni e 400 mila metri circa. Con quale precisione si deve misu rare la gravità per ottenere risultati accettabili ? Ci sono apparati oggi che permettono determinare differenze di gravità con precisione di uno o due centesimi di milligal (due decimi di micron), ma quando si ripete la misura con altro apparato che pure dà la stessa precisione, si trovano risultati discordi anche di un decimo di milligal, cosa significa ciò ? significa che non si possono fare misure coincidenti, quindi verranno i miglioramenti in dubbiamente della grana, dello sviluppo delle fotografie che faciliteranno i compiti, ma bisognerà pure tener conto che nella natura tutto è dinamico e tutto sì muove.
Riguardo poi alla questione di prendere numeri grandi per far presto ed evitare nu meri negativi, non è una questione nuova in Topografia, e non si può dire che non facendo così si fa peggio o meglio, in questa questione va meglio ciò che si ottiene esatto e nel minor tempo. Così p. es. nel collegamento delle stazioni celerimetriche è inutile per i punti rilevati della seconda stazione far uso del primo sistema, questi potranno essere utilizzati un secondo tempo, quando sarà effettuato il collegamento dei due modelli. Ci sono dunque dei problemi che si ripetono.
Si dice che bisogna stare attenti perché talvolta c’è di mezzo l’uomo e qui siamo perfettamente d’accordo, però io dico che non c’è soltanto l’uomo, ma anche il suo cer vello, con la sua cultura; la sua esperienza, il suo carattere, che infiuisce enormemente | sui risultati. A titolo di esempio vi dirò che non tutti sanno bene misurare un ‘angolo: per questa misura è necessario un certo grado di cultura, di pazienza, di dominio dei propri impulsi, di pignoleria in tutte le varie operazioni dalla rettifica dello strumento al puntamento, alla formazione delle coincidenze per le letture ecc. Esaminate i quaderni delle misure angolari depositati allo I.G.M., trovate gli errori medi dei vari angoli, cer cate di conoscere poi i vari operatori e vedrete che dagli importi degli errori medi po trete avere nozioni sicure sul carattere dei medesimi. Molte volte i professori dicono a qualche studente: Lei non legga l'angolo, e l'insegnante non lo dice per disprezzo, ma perché dalle caratteristiche intrinseche che presenta l’allievo non lo ritiene idoneo a compiere un lavoro così raffinato, dove per eseguirlo talvolta bisogna trattenere il re spiro. Da ciò risulta la necessità della « scelta » dell’uomo e questa scelta deve farla chi assegna il lavoro. Così dovendo assumere persone per lavori di triangolazione io incari cherei una decina di persone di leggere ognuna un angolo p. es. venti volte, mi calcole rei l’errore della media per tutti e sceglierei quelli che hanno conseguito errore medio più piccolo, e non dimentichiamo che nella misura, grande importanza ha il carattere dell’operatore.
Ho poi sentito parlare di errori, bisogna però che ci intendiamo bene sul significato della parola errore, perché se chiamiamo errore quello che errore non è, non ci capiamo più. Che cosa è errore ? errore è tutto ciò che si discosta dalla normalità ed allora è ne
cessario vedere che cosa è questa normalità; essa è quella che noi definiamo e che può essere diversa per Tizio o per Caio. Generalmente trattando di misure si considera nor malmente quella corrispondente alla media aritmetica, che gode di determinate proprietà, ma può essere anche qualche altra media, p. es. quella geometrica o quella armonica e così via. Una volta stabilito e trovato il campione normale, confronto esso con tutte le misure effettuate e trovo delle differenze, degli scostamenti che non sono errori, perché anche il campione che considero non è il vero valore. Ed allora quale è il vero valore ? Trovato il valore medio si deve calcolare l’errore della media moltiplicarlo per tre ed il risultato ottenuto aggiungerlo e toglierlo dal valore medio. Si ottengono così due quan tità; ebbene quello che possiamo dire è che il vero valore sicuramente è contenuto nel l'intervallo determinato dalle due ora dette quantità. Il valore medio è soltanto il più probabile valore medio. Qual’è dunque il vero scopo della Scienza e della tecnica ? quello di escogitare norme osservative e di predisporre adeguati strumenti per renderne sem pre più piccolo l’intervallo accennato. Ma è ovvio che non dobbiamo pretendere l’impos sibile, dobbiamo lavorare con i metodi e con gli strumenti che abbiamo a disposizione e tutti 1 metodi sono buoni e tutti rispettabili perché tutti rappresentano una evoluzione ed uno sviluppo del pensiero e questo deve sempre ed in qualunque modo essere ono rato, solo dobbiamo farci la domanda: questo rilievo a cosa deve servire ? la risposta ci suggerirà il metodo e lo strumento e se questi ancora non ci sono, dovremo trovarli, in ciò sta appunto il progresso della scienza.
Chiede la parola il Prof. TROMBETTI, per chiarire il significato delle curve d’errore dei concatenamenti aerei analitici presentati dal Prof. Inghilleri. Trattasi di differenze tra coordinate determinate sul terreno con i mezzi della Geodesia e coordinate otte nute con l’aerotriangolazione analitica. Dato il peso delle prime coordinate si può par lare di curve di errori veri, le quali potranno facilitare la ricerca delle difficili leggi di compensazione. i |
Il Prof. Boaga osserva che non è esatto parlare di errori verî, ma che meglio sarebbe parlare di differenze.
Il Prof. TROMBETTI replica che la espressione è in uso in campo internazionale, trat tandosi di differenze che, come ha mostrato il Prof. Inghilleri, arrivano anche a parecchie centinaia di metri.
Per ultimo il Prof. Cannarozzo prende la parola, in seguito della esposizione del l'Ing. Selvini, per mettere in rilievo che nelle scuole mancano le macchine calcolatrici che tanta importanza hanno per la risoluzione numerica dei problemi topografici. Il Prof. Cannarozzo prega la Presidenza della S.I.F.E.T. di farsi interprete presso la Direzione Generale della Istruzione Tecnica perché provveda in merito. Il Presidente dà le assi curazioni del caso.
Con l’invio dei seguenti telegrammi:
Ingegnere Antonucci, Direttore Generale Catasto et Servizi Tecnici Era riali, Roma. — Settimo Convegno S.I.F.E.T., spiacente forzata assenza Si znoria Vostra, sentita Relazione Prof. Boaga realizzazione rilevamenti fo togrammetrici catastali, formula migliori auguri futura attività Amministra zione da Lei diretta. Presidente Comitato Ingegnere De Simone.
Generale Rossi, Direttore Istituto Geografico Militare, Firenze. — Settimo Convegno S.I.F.E.T. spiacente forzata assenza Signoria Vostra, sentita rela zione professore Boaga superbe realizzazioni geotopografiche Istituto formula migliori auguri attività futura. Presidente Comitato Ingegnere De Simone.
Comandante De Brazzi, Direttore Istituto Idrografico Marina, Genova. — Settimo ‘Convegno S.I.F.E.T. spiacente forzata assenza Signoria Vostra, Invia fervidi auguri futura attività Istituto gloria marina italiana. Presidente Co mitato Ingegnere De Simone.
Cassinis Sindaco Milano. — Settimo Convegno S.I.F.E.T. sentita rela zione professore Boaga invia fervidi rallegramenti insigne maestro per ma gnifica attività fotogrammetrica svolta nell’interesse della nazione. Presi dente Comitato Ing. De Simone.
Prof. Dore Università di Bologna. — Settimo Convegno S.I.F.E.I. spia cente forzata assenza Signoria Vostra invia fervidi auguri insigne maestro per attività svolta nel campo della fotogrammetria. Presidente Comitato Ing. De Simone. e con il ringraziamento agli egregi relatori, a coloro che sono intervenuti nelle discussioni, ai soci che hanno voluto rendere più interessante questo nostro VII Convegno della S.I.F.E.T., a tutti i soci provenienti da varie località, che hanno con la loro presenza al Convegno, dimostrato la vitalità della S.I.F.E.T., ai Membri del Comitato organizzativo si chiudono i lavori del VII Convegno nazionale di Fotogrammetria e Topografia, rimandando nel pomeriggio (ore 17,30) l'assemblea Generale dei Soci e la riunione dei presidenti di sezione.
Mentre si svolgevano i lavori del Convegno, alle ore 9, come in program ma, per le gentili signore ha avuto luogo la visita ai monumenti della Città di Ferrara con autopullman e guida, sono stati visitati il Castello estense, il Duomo, il Palazzo Schifanoia, il Palazzo dei diamanti ed infine il Palazzo di Ludovico il Moro, dove ha sede il Museo Aercheologico di Spina che contiene una delle più ricche raccolte di ceramiche greco-etrusche, oltre ai gioielli finis simi ed altri cimeli, frutto degli scavi tuttora in corso nella Necropoli di Spina, visitata il 17 aprile.
Dopo la chiusura del Convegno, alle ore 12,30 il Presidente della Ammini strazione Provinciale di Ferrara, Ing. Alfredo Carpeggiani, ha ricevuto i con vegnisti nelle «Sale del Castello Estense » e dopo un rinfresco gentilmente offerto, ha avuto parole gentili per tutti i convenuti — riconoscendo come in gegnere — l’importanza degli studi topo-fotogrammetrici e la loro pratica at tuazione su svariati campi dell’attività economico sociale.
Alle nobili parole del Presidente della Provincia Ing. Carpeggiani hanno risposto il Presidente della S.I.F.E.T. ed il Presidente del Comitato organiz zatore, ringraziando per la cordiale e squisita ospitalità avuta. Alla fine agli intervenuti sono state fatte visitare le fastose Sale del Castello ed i sotterranei fino alle oscure prigioni note, come è consaputo, con i nomi « Ugo e Parisina ».