Magg. G. CECCHINI I. STRUMENTO.



Principio del metodo.

Il metodo di misura sul cui principio può considerarsi realizzato il Geo dimetro è, molto schematicamente il seguente.

Sia AB la lunghezza da misurare (Fig. 1). Si provochi la propaga zione di un fenomeno periodico di velocità e frequenza note, sul percorso ABA con riflessione in B e si ponga in A un dispositivo atto a rivelare 8 8 B 8 m 2 1 A AT iLi A U Fig. 1 gli effetti del fenomeno riflesso. Tale congegno, a causa della periodicità del fenomeno, fornisce la stessa indicazione per qualsiasi posizione di B in coincidenza con uno dei punti B.,B: ... Bm, intervallati di una quantità costante U. Sia B,, il punto più vicino ad A che disti da B un multiplo di U e sia AA’

U una distanza accessibile per una misura diretta. Il pro cedimento è ora immediato: misurato l’effetto del fenomeno riflesso da B, si inserisce un riflettore mobile lungo il percorso AA’ e si ricerca la posizione che fornisce lo stesso effetto sul ricevitore, Tale posizione coin cide con B,, e la distanza è data da: AB=d= mU+L con m intero e dove L viene misurata direttamente.

Questa espressione è sufficiente a fornire d purchè si conosca già un valore approssimato a meno di U. In caso contrario si ricorre all’artifizio di usare più fenomeni, ossia più U; in modo da ottenere un sistema d=m U, + L, che, opportunamente trattato, fornisca il valore della distanza.




* * *

Volendo particolarizzare il metodo, è sufficiente prendere in esame 1 due elementi essenziali: la qualità del fenomeno periodico impiegato ed il metodo per la misura del tratto L.

Come fenomeno periodico, nel Geodimetro è sfruttata la propagazione di un'onda sinoidale lungo un fascio di luce, materializzata come fluttua zione dell'intensità stessa del fascio. Un dispositivo indicatore funziona in modo da segnalare lo stesso effetto per U = /4 © m. 7,5 dove ), è la lunghezza d’onda della modulazione.

Per la misura del tratto L, è incluso nello stesso apparato un percorso ottico campione di lunghezza variabile da 0 a 9 metri.

Per eliminare l’ambiguità della misura vengono usate tre frequenze modulanti in modo da avere un sistema di tre equazioni.

Realizzazione. |

Schematicamente il Geodimetro è costituito dai seguenti elementi (Fig. 2): — trasmettitore; — ricevitore; — indicatore; -—— percorso ottico campione.

Il fascio di luce viene modulato in intensità dal trasmettitore ed inviato su uno specchio all’altro estremo. Una parte di esso, per riflessione, è captata dal ricevitore il quale ha il compito di trasformare gli impulsi luminosi in sensibili impulsi di corrente. Il ricevitore è pilotato dalla stessa tensione che modula la trasmissione; in tal modo la corrente di uscita viene ad es sere una funzione della differenza di fase tra i segnali trasmessi e quelli ricevuti e cosi pure l'informazione fornita dall’indicatore al quale giunge questa corrente. La tensione pilota del ricevitore non viene prelevata diret tamente dal trasmettitore, ma a mezzo di un circuito di ritardo elettrico variabile comandato dall’osservatore. Agendo a questo si cambia la rela zione di fase tra i due segnali e quindi anche il valore fornito dall’indica tore. Il valore zero dell’indicatore si ripete per intervalli U pari ad 1/4 di lunghezza d’onda.

Con riferimento alla Fig. 1, il procedimento di misura è ora evidente: 1) agendo al comando di ritardo, si azzera l'indicatore il quale rimarrà azzerato per una qualsiasi delle posizioni B;




2) con i deviatori D (Fig. 2) si invia il fascio nel percorso ottico campione lasciando immutate le condizioni del circuito di ritardo; 3) variando con continuità il percorso ottico, si ricerca la lunghezza corri spondente all’azzeramento dell’indicatore. La sua misura è quella del tratto L.

Senza entrare nella parte circuitale, peraltro abbastanza semplice come concezione e realizzazione, accennerò a qualche particolare, tra quelli che ritengo più significativi degli elementi che costituiscono il Geodimetro. Trasmettitore (Fig. 3).

La sorgente di luce è costituita da una lampada a filamento della po tenza di 25 W.

Il modulatore è formato da una cella di Kerr tra due Nicol ad assi incrociati (in effetti sono due polaroidi). Questa consiste in due elettrodi immersi in un’ampolla di nitrobenzene. Tra gli elettrodi, in un punto che coincide col fuoco del sistema di proiezione (obbiettivo O, controspecchio C, specchio $S), viene concentrata la luce della lampada. Come è noto dalla n D ——%- TRASMETTITORE uo, \ o /} -——_,; PERCORSO N Na Xx INDICATORE! | OorTICO I | / O x CAMPIONE K PETTO >—_)Mc S- IPL 7 RICEVITORE 2 «—_ 7, Ò [o \ = Ur» Fig. 2 Fig. 2

Fisica elementare, la luce, polarizzata dal primo Nicol, non passa attra verso il secondo a meno che tra i due non vi sia un mezzo birifrangente.

Tale diventa il nitrobenzene se sottoposto ad un campo elettrico; applicando quindi un’opportuna tensione alternata tra gli elettrodi della cella di Kerr, si ottiene una modulazione dell’intensità del fascio proiettato.

In particolare, la tensione applicata è prodotta da un circuito oscillante controllato a quarzo, con un cristallo per ognuna delle tre frequenze im piegate.






Ricevitore (Fig. 4).

L'elemento essenziale del ricevitore è il tubo fotomoltiplicatore il quale ha il compito di trasformare in oscillazioni elettriche gli impulsi di luce che giungono sul fotocatodo (F) posto nel fuoco del sistema ottico ricevente.

Sull’elemento (G) è applicata la tensione prelevata dagli elettrodi della

Y —_ 77 G F - 4 eal———P NCL A Fig. 4 cella di Kerr attraverso il circuito di ritardo. Tale tensione, comandando il funzionamento del fototubo, fa si che sull'’anodo A venga a prodursi una corrente che è il prodotto di due funzioni sinusoidali: l'intensità della luce ricevuta e la tensione di modulazione della trasmissione. Indicatore.

L’indicatore è costituito da uno strumento a zero centrale collegato con due circuiti di bilanciamento. Quando la lancetta è in posizione di zero, significa che il segnale in partenza e quello in arrivo sono sfasati di + 90°. Realizzata questa condizione, l’effetto di zero evidentemente permarrà per ogni punto che disti dall’estremo secondario di un multiplo di X,/4. Percorso ottico campione.

Tale percorso è costituito da un complesso di 12 tubi muniti di riflet tori (specchi e prismi) agli estremi e con possibilità di essere collegati in serie tra loro. Ognuno di essi è lungo circa 80 cm ed il primo è a lunghezza variabile con comando continuo munito di indicatore in mm. In tal modo si può realizzare un percorso di metri N * 0,8 + s (con N intero tra 0 e 11 ed s compreso tra 0 e 80 cm) ed è quindi possibile misurare esattamente la distanza tra lo zero geodimetrico ed il primo punto che disti dall’estremo secondario un numero intero di quarti di lunghezza d’onda. =.






Risponditori. I risponditori impiegati sono di tre tipi: 4) specchio piano; 6) specchio sferico; C) prismi.

Non offrono particolarità degne di rilievo: hanno il solo compito di riflettere il fascio di luce in arrivo con determinate caratteristiche di diret tività e guadagno a seconda delle condizioni d'impiego. * * *

Particolari accorgimenti circuitali e meccanici che non è qui il caso di esaminare, permettono di raggiungere un alto grado di precisione nei risul tati. Principalmente è curata l'eliminazione di tutte quelle incertezze pro vocate da dissimmetrie elettriche (nell’interno dello strumento) oppure da scarsa definizione dei punti di zero della propagazione.

A conclusione di questa breve illustrazione dello strumento, riporto le caratteristiche tecniche più significative del Geodimetro NASM 2A (esclusi i risponditori e con riferimento all’apparato in assetto di lavoro):

Peso: Kg 95; Ingombro (cm): 90 x 100 x 70; Alimentazione: 220 V a 50-60 periodi; Assorbimento: max 150 W; o Lunghezza d'onda effettiva del fascio: 5320 A; Frequenze di modulazione (MC/s): 10; 10,1; 10,2; Prestazioni: — portata: da 25 m a 50 Km, — ambiguità di misura: Km 1,5, -— tempo per un'osservazione completa: 2 ore, — errore probabile dell’osservazione singola: + cm 2 + 1 parte per milione di d.

N.B.: Per osservazione completa si intende la serie: | —- letture allo specchio lontano — letture al percorso ottico campione; —- letture allo specchio lontano




per ognuna delle tre frequenze avendo altresi cura di rilevare contem poraneamente le condizioni meteorologiche del momento ai due estremi (temperatura, pressione, umidità). 2. MISURA DELLA DISTANZA E PRECISIONE.

Considerando di avere eseguito un'osservazione completa, per deter minare la distanza occorre, come giò accennato, procedere alla risoluzione del sistema:

I d=mU; + L, d,=mU,<+L, d,=m U; + Li dove:. d, = distanza tra il punto zero del Geodimetro ed il punto zero dello specchio; m; (i = 1, 2, 3) è un numero intero sulla natura del quale lo strumento può dirci se è pari o dispari; L, (i = 1,2, 3) è la lunghezza residua misurata sul percorso ottico cam pione); U,; (i = 1,2,3)è l’unità di lunghezza per ogni frequenza (pari ad un quarto di lunghezza d’onda nelle condizioni ambiente).

Per risolvere tale sistema occorre innanzitutto conoscere il valore delle U,; le quali variano con l’indice di rifrazione, ossia con le condizioni me teorologiche del momento. Note queste e nota la distanza entro Km 1,5, per successive approssimazioni, si può giungere al valore di d..

La distanza reale varrà poi dove con Ad si indicano le correzioni di zero del Geodimetro e dello specchio, che sono quantità costanti, controllate periodicamente in sede di verifica e taratura.

Pit particolarmente, in pratica non si calcolano le U; di volta in volta; si considerano delle U; conseguenti a condizioni meteorologiche medie e si apportano poi delle correzioni A d, sulla distanza d, in relazione alle condizioni del momento.




* * *

La misura è affetta da un'imprecisione causata dai seguenti errori: a) Errori strumentali: — indipendenti dalla distanza: 1) Errore di zero; — dipendenti dalla distanza: 2) Errore di frequenza 3) Errore di colore; 6) Errori relativi al mezzo: 4) errore della costante c, 5) errore nell’indice di rifrazione; c) Errori di osservazione (indipendenti dalla distanza).

Rimandando per un più profondo esame, ai numerosi studi esistenti, mi limito ad una sommaria illustrazione sulla qualità e sull’influenza di ogni singolo errore.

Errori strumentali. 1. Errore di zero. - Tale errore è dovuto agli inevitabili ritardi elettrici conseguenti alla realizzazione fisica del principio teorico di mi sura. Nel Geodimetro mod. 2A l'errore probabile di zero è dato dalla fab brica come + cm 0,7.

Gran parte di esso dipende dalla posizione dello specchio riflettore nel l’interno del fascio che lo investe, non fissa nel tempo di osservazione a causa delle variazioni dell’indice di rifrazione. Per renderne la distribuzione quanto più possibile accidentale, è consigliabile dare piccoli spostamenti al puntamento, durante le misure. 2. Errore di frequenza. - Tale errore, direttamente propor zionale alla distanza, può essere mantenuto in limiti trascurabili con un’ac curata taratura delle oscillazioni (di tale semplicità da essere effettuata di rettamente in campagna). L'entità dell’errore probabile relativo dovuto a non esatta frequenza (tenuto conto che i quarzi lavorano in scatola termo statica) è di + 0,15:10°. 3. Errore di colore. - Anche questo può essere mantenuto in limiti ristretti con una precisa verifica della lunghezza d’onda effettiva del l'apparato (da eseguirsi in laboratorio con l’impiego di monocromatore). o Rimane però un certo residuo di circa 50 A sul quale influisce anche la regolazione della sorgente di luce. In definitiva si ha un errore probabile . -6 di + 0,310




* * *

In conclusione, a causa degli errori strumentali, la misura della distanza è affetta da un’imprecisione di + cm 0,7 + 0,3-10° d Errori del mezzo. 4. Errore in c, (velocità della luce nel vuoto). - Le più recenti determinazioni della velocità della luce nel vuoto, ne danno il valore con un errore relativo probabile di + 0,4:10°. Per la diretta dipendenza tra co € la distanza, tale errore è anche quello della misura. 5. Errore nell’indice di rifrazione. - Considerando nullo l'errore dovuto alla formula impiegata, le cause di questo possono essere circoscritte nelle osservazioni delle condizioni meteorologiche.

L'espressione ormai generalmente adottata è quella di Barrel & Sears: — alle condizioni di riferimento (0°C, 760 mm Hg, aria secca con 0,03 % di CO2): 16,288 0,136 _ ITTOLR PLO - na=14+(2876,04+3 a id ni ) 10 dove \ è la lunghezza d’onda effettiva in |; — alle condizioni ambiente: | | ,bocl p 5.5 e 108 DOa== e ZZZ i TT À « 1+at 760 1tat dove t, p, e, sono la temperatura in °C, la pressione ambiente e quella del vapor d’acqua in mm di Hg. Il coefficiente a = 1/273 vale 0,03661.

Poiché il valore della distanza è direttamente dipendente da quello del l'indice di rifrazione, si deducono con immediatezza i seguenti errori rela tivi sulla misura della distanza:

Variaz. condiz. amb. Err. relat. (10°) + 1°C in temperatura + 1,0 + 1 mm. in pressione + 0,3 + 10% di umidità + 0,1

Per quanto accurate possano essere le misure delle condizioni meteorolo giche, non si può onestamente pensare di scendere sotto al limite di + 1°C e + 1 mm di Hg, anche in considerazione del fatto che già si assume l’in




dice di rifrazione come funzione lineare tra i due estremi. L’approssimazione della misura dell'umidità relativa ha influenza del tutto trascurabile.

In quest'ordine di idee, l'errore probabile relativo dovuto all’incertezza del valore dell’indice di rifrazione può considerarsi di + 110°. * * *

In conclusione, l'errore probabile dovuto al mezzo è sempre proporzio nale alla distanza e vale + 1,1:10°. Errori di osservazione.

L'errore di osservazione non dipende dalla lunghezza da misurare ed è considerato di + cm 1,2. Tale valore dell’errore probabile è stato desunto statisticamente da una serie di osservazioni su lati noti molto corti (dell’or dine di 1 Km) dove gli errori di propagazione erano da considerarsi tra scurabili. * * *

La precisione dell’osservazione singola (completa) può essere quindi rie pilogata con la seguente tabella degli errori probabili: Indipend. | Proporz. dalla d alla d (cm) (10°) a) Errori strumentali: — di zero + 0,7 — di frequenza +0,15 — di colore + 0,30 b) Errori di propagaz.: — veloc. luce + 0,40 — ind. rifraz. + 1,00 c) Errore di osservazione + 1,2 è TOTALE +1,4 +1,1






Adottando il metodo di eseguire 12 osservazioni complete, indipen denti e distribuite in più notti, si deve considerare che: — l'errore di osservazione diminuisce con | 12; — l'errore di propagazione, se le condizioni meteorologiche saranno quanto più possibile varie, diminuisce con } 12 ad eccezione dell'aliquota dipendente dall’errore di c,; — l'errore strumentale non dipende dal numero delle osservazioni.

In definitiva si può assumere a precisione del metodo il valore dell’er rore probabile + cm 0,8 + 0,6 10°

I risultati ottenuti in pratica sono in perfetto accordo con quanto sopra. Nel 1962 furono misurati quattro lati con il metodo delle 12 osservazioni indipendenti distribuite in almeno quattro notti in un intervallo superiore a 10 giorni e furono trovati i seguenti risultati:

Lunghezza: Km 23.6 interv. di dispersione: 3.10° » » 27.2 » » 2.10° » » 29.3 » » 1.10° » » 32.9 » » 1,5.10° 3. IMPIEGO,

Il metodo di misura con il Geodimetro NASM 2A è da considerarsi alla stessa stregua delle più elevate operazioni geodetiche. Non si può pensare di poter adoperare lo strumento come un comune teodolite (sia pure in triangolazione di 1° ordine); il suo impiego comporta una certa organizza zione della quale si esaminano qui di seguito alcuni aspetti.

Scelta dei lati.

Non tutti i lati sono misurabili con il geodimetro. Vincoli essenziali all'impiego di questo sono la scarsa maneggevolezza del complesso princi pale (Geodimetro ed alimentatore) ed il disturbo di luci estranee. La prima impone l'accessibilità degli estremi (almeno quello principale); il secondo può addirittura rendere impossibile le osservazioni. Non si pensi però ad una troppa facilità di condizioni critiche nei riguardi di luci estranee: la spiccata direttività e selettività del complesso limitano fortemente i disturbi di questo genere. Cito, come esempio significativo, la realizzazione della mi sura di un lato di 33 Km con il risponditore posto sopra un campanile al centro di un paese illuminato. Qualche disturbo può essere provocato, per




i lati ad orientamento meridiano, dalla luce lunare nelle fasi prossime al plenilunio: per il chiarore diffuso, il rapporto segnale/disturbo diviene tanto basso da impedire le osservazioni cosicché il tempo utile di lavoro si riduce a poche ore per notte.

Altro vincolo, non però agli effetti delle possibilità di misura, ma per la precisione della successiva determinazione del lato geodetico, è il disli vello tra gli estremi. Nel senso che qualsiasi dislivello può essere ammesso, 2d° purché sla noto con un'incertezza relativa massima di + bh 10°:10° per non correre il rischio di compromettere, nella riduzione al geoide, la precisione della misura geodimetrica. Organizzazione degli estrema.

Pur essendo di realizzazione costruttiva compatta e robusta, il Geodi metro richiede una certa cautela di maneggio nelle operazioni di istallazione, puntamento e messa a punto. Oltre a ciò si consideri che il più delle volte le misure si protraggono dal primo buio fino all’alba. È quindi da ritenersi indispensabile un’organizzazione degli estremi con un certo criterio di sta bilità.

Nelle misure eseguite dall'Istituto Geografico Militare è stato adottato il metodo di costruire in un comodo fuori centro, un pilastro di sostegno per lo strumento il quale è rimasto in assetto di lavoro per tutta la durata della misura. A protezione dalla luce viva e dagli agenti atmosferici prov vedeva un baracchino di legno (con due pareti smontabili nel senso del lato da osservare) protetto a sua volta da una tenda a padiglione. È quasi super fluo richiamare l’attenzione sull'importanza della misura degli elementi di riduzione in centro. È consigliabile mantenere l’eccentricità a portata di na stro metrico e quanto più possibile orientata ortogonalmente al lato da misurare.

La maneggevolezza dei risponditori non crea particolari problemi di organizzazione per l'estremo secondario. Il più delle volte è possibile fis sare sul centro trigonometrico un supporto con unico attacco a raccordi diversi per poter montare il risponditore più idoneo senza dover cambiare i dati di riferimento.

Operazioni di misura. In accordo con quanto consigliato dall’TAGG, è ormai universalmente adottato il metodo di eseguire 12 osservazioni complete per ogni misura, | in almeno tre notti diverse. Per eseguire un'osservazione completa un ope ratore addestrato, in buone condizioni di lavoro, impiega circa due ore.




o nulla visibilità, purché l'assorbimento elettromagnetico nell’atmo sfera non sia troppo forte (nebbia molto densa, pioggia forte e simili). L’allineamento fra i punti di stazione deve essere libero da ostacoli mate riali. La lunghezza d’onda fondamentale (portante) è di 10 cm. Con questo tipo di onde radio i disturbi per interferenza con altri apparati sono minimi, dato che le emissioni sono generalmente convogliate in fasci d'onde più o meno ristretti, che peraltro consentono un punta mento facile, entro qualche grado di errore.

La distanza misurata è quella spaziale (inclinata) fra i centri dei due apparati. Deve perciò essere riportata, ove occorra, all'orizzonte ed al livello del mare. A tale scopo i valori delle quote e dei disli velli relativi devono esser noti con precisione adeguata a quella che si vuol raggiungere nel risultato finale.

In condizioni topografiche e metereologiche normali la precisione è valutabile in + (5 cm + 3.10-8 D), cioè varia da 5 cm per le pic cole distanze a circa 25 cm per le più lunghe. Di conseguenza si può ottenere una precisione di ordine geodetico (1 :100 000) da 10 km ; 4 in sù.

Gli apparati sono leggeri, piccoli e si prestano perfettamente alle esigenze operative.

Nel modello RA 1 le stazioni primaria e secondaria sono sostan zialmente differenti. La misura viene effettuata solo dalla stazione pri maria, mentre la secondaria esplica solo funzioni di risponditore.

Il modello RA 2, al quale si riferisce in particolare la presente monografia, pur conservando le caratteristiche tecniche e di impiego complessive del Mod. 1, presenta una differente organizzazione gene rale, con notevoli riflessi sulla praticità di impiego. In esso: 1. Ogni apparato è stato reso atto a funzionare sia come stazione primaria che come secondaria. Ciò è stato ottenuto semplicemente incorporando in ogni apparato i circuiti propri della primaria e della secondaria. Con il commutatore dei cristalli l'operatore inserisce l’uno o l’altro gruppo di circuiti a seconda della funzione assegnata alla stazione.

Si è ottenuta cosî la possibilità di effettuare, senza ulteriori spo stamenti delle stazioni, le misure reciproche delle distanze, che pos sono consentire il controllo della misura ed in alcuni casi, probabilmente, anche la constatazione e perciò la eliminazione di errori per effetto di riflessioni sul terreno. 2. I cristalli sono tutti in termostato e sono state climinate alcune delle operazioni preliminari di controllo (modulazione e sincronismo dei cristalli) con conseguente maggior praticità di maneggio.




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Può essere adoperata sia l'antenna parabolica circolare del MRA 1, P che dà un fascio più potente, sia la installazione per antenna sopraele = vata.

A Le fotografie in figg. 1-5 presentano i due tipi di Tellurometro. 9 di vo, 1.2. Caratteristiche generali. Potenza massima: 100 mW. me : È Antenna: dipolo con riflettore parabolico. Può essere separata e sopraele vata sino a 10 m.






Apertura del fascio di radiazione d’antenna: 10°. Portata: sino a 50 60 km normalmente. Alimentazione: 12 V in corrente continua, a mezzo accumulatori. Assorbimento di energia: 7 A a 12 V in corrente continua. Pesi: apparato = 14.0 kgr, treppiede = 4.5 ker. Trasporto: a mano o spalleggiato. (AE A ran _ i _ 4 SER RA Me fi / Pili È: adi ; Rat _ SE È di . È A i an tt. | 0] lede A a al Caprai a - "| j i. x Per i es 3 ci dc a » Ù i ei e 1a a " set: È 1 bene ! Fig. 4 - Mod, MRA 2. Stazione (principale o secone Fig. 5 - Mod. MRA?2. Stazione (primaria o secon- ! daria) in posizione di lavoro. daria): pannello comandi. ( ( 2. Principi di funzionamento. 1 2.1. Il Tellurometro sfrutta il principio della misura di fase che I consente di ottenere con una relativa facilità le precisioni desiderate. 1 L'ampiezza V di una oscillazione elettromagnetica pura è rappresentata l da una funzione sinusoidale del tipo: 7 2 x a sen 2rif Par + D È c In questa espressione è: Ì f = frequenza, ossia numero di oscillazioni al secondo, si ® = fase (costante) iniziale, n -/ _TdOTRRÒÒÙÒÙé L’iiffffÒ©GÒGÒa,.Ò-------)-)-)-»)$»»:INY!!!r[ i,




c = velocità di propagazione elettromagnetica nel vuoto, circa 300 000 km al secondo.

La formula indica che l'onda elettromagnetica ha all'origine una ampiezza variante nel tempo secondo la funzione V (i O) = V, sen (2xft + ®) e si propaga nello spazio con una velocità c. All’istante £, nel punto distante x dall’origine, essa assume il valore che sussisteva all'origine all’istante t 5 = tf — °°

L'onda elettromagnetica continua inviata dalla stazione emittente all'istante f, verso l'apparato risponditore posto ad una distanza d (ri sponditore) viene riflessa da questo e ritorna all'origine dopo un certo tempo, eguale a si La fase dell'onda in arrivo è quella originaria, cioè 2rft, + ® mentre quella dell'onda emessa nello stesso istante è 2rf (1 + 2) + ®, perciò la differenze di fase è 2nf de la sua misura consente, note f e c, di ricavare la distanza d.

Nel Tellurometro la differenza di fase viene indicata dall'arco di traccia circolare descritto dal pennello elettronico sullo schermo del tubo a raggi catodici nel tempo di andata e ritorno dell'onda. Un giro corrisponde allo sfasamento di 2x; quindi se la rotazione è supe riore ad uno o più giri non è più possibile conoscere quale sia il nu mero intero di rotazioni effettuate, ma si ricava solo la frazione resi dua di giro, ossia, in misura lineare, la corrispondente frazione di lun ghezza d'onda residua. Se la frequenza di misura è, poniamo, di 10 MHZ (*) (1 = 30 m) si può conoscere solo l’entità della frazione di 30 m residua del percorso totale (ossia la frazione di 15 m residua della distanza).

Questo fatto comporterebbe la necessità di conoscere preventiva mente la distanza con una incertezza inferiore a 15 metri, ma si può ovviare all'inconveniente semplicemente effettuando la stessa misura mediante una frequenza differente, ad es. 1 MHz, alla quale corrisponde una lunghezza d'onda di 300 m (150 in distanza effettiva) e apprez zando la lettura a meno di 1/10 di rotazione, che corrisponderebbe a 15 m.

Adoperando successivamente delle frequenze che corrispondono a distanze di riferimento di 1500, 15 000 metri si può aumentare il campo entro il quale la misura della distanza non presenti ambiguità. Nel Tel lurometro questo artifizio è realizzato, per motivi tecnici, mediante il seguente procedimento. (*) 1 MHz (megaHertz) = 1 000 000 di oscillazioni al secondo.






Usando due frequenze f, e fa si ottengono per una data distanza D due valori di fase 2rfi © © rispettivamente, 2rfs 7 la cui differenza B 2re(fi — fe) — fornisce la misura della distanza D come fase della frequenza f: = fi —f. Lul fa Se ad es. fg =f, — 10004 si ha fa = 1000 © Passando alla lun ghezza d'onda, la fase corrispondente a D risulta espressa da fi D fi D D Za ra 0 = ira e Ra 1000 1000 fi. 10007, cioè la D è misurata come frazione di una lunghezza 1000 volte maggiore.

Adottando pit frequenze, differenti di quantità opportune, si può ampliare il campo di misura univoca quanto occorre. |

Nel Tellurometro l'incertezza di misura è limitata entro un inter vallo di 15 km. A tale scopo la fase fornita dalla frequenza principale (del cristallo A), cioè 10.0 MHz, (lunghezza d’onda = 30 m, distanza equivalente sul terreno = 15 m) viene confrontata con quella data dalla frequenza 9.990 MHz del cristallo B. Le due frequenze differiscono di 1 10 KHz (— 1006 10 MHz) perciò la misura di D viene data come frazione di una distanza sul terreno pari alla metà di una lunghezza d'onda eguale a 1000 1, (a cui corrisponde lo sfasamento di 2r della frequenza i) , ossia eguale a 15 x 1000 m.

Una seconda misura confronta le fasi delle frequenze A (10.0 MHz) e C (9.9 MHz); le lunghezze d'onda differiscono di 1/100 e di conseguenza 100 2, = 1500 m. Si ottiene cosî la frazione di 1500 m residua contenuta nella precedente misura.

Infine un confronto fra 10.0 e 9.0 MHz (frequenza D) dà 10, = = 150 m. La frazione di 15 m, in centesimi di questa distanza, è data dalla lettura diretta sulla frequenza di 10.0 MHz, alla cui lunghezza d’onda corrisponde una distanza di 15 m.

In conclusione, dato che lo schermo consente di leggere i centesimi di giro completo, le quattro letture di fase effettuate con i cristalli A, B, C,






D consentono di ottenere le seguenti approssimazioni delle distanze: A-_B=a sona + bh I = decimi e centesimi di 15000 m 1500 1500 o. o. A-C=b 10° + c 100 = decimi e centesimi di 1500 m 150 150 o. La A-D=c 9 + d 100 = decimi e centesimi di 150 m 15 15 cl co Ln

A=d 10 + e 1060 = decimi e centesimi di 15 m

Come si vede, data la scala decimale esistente nelle frequenze, la cifra delle unità di ogni gruppo corrisponde a quella delle decine del gruppo di ordine inferiore. La lettura viene effettuata sullo schermo circolare ‘del tubo a raggi catodici su cui compare la traccia circolare in corrispondenza di una analoga graduazione divisa in cento parti.

Il punto luminoso del pennello elettronico dovrebbe però de scrivere la traccia circolare con una velocità angolare differente di volta in volta secondo le varie frequenze di misura. Ciò comporterebbe vari inconvenienti che sono stati evitati ricorrendo ad una velocità di rota zione inferiore e costante. Questo risultato è ottenuto mediante il fe nomeno del «battimento ».

La stazione primaria emette una frequenza, poniamo di 10 MHz, mentre la secondaria risponde su una frequenza leggermente differente, inferiore, ad cs., di 1000 Hz. La primaria, ricevendo questa frequenza e confrontandola con la propria ricava la frequenza differenza, cioè 1 1000 Hz, la cui fase è, per la legge della composizione dei moti vi bratori, la stessa di quella della frequenza primaria a 10 MHz. In que sto modo la traccia circolare è descritta a velocità più bassa, 1000 giri al sec. e la fase è rappresentata dallo stesso arco che si otterrebbe sulla frequenza di misura. Il procedimento è applicato a tutte le frequenze di misura; infatti le frequenze su cui oscillano i cristalli della primaria i e della secondaria differiscono tutte di 1000 Hz: Primaria Secondaria Cristallo A MHz 10.0 9.999 B 9.99 9.989 C 9.90 9.899 D 9.00 3.999

Se la frequenza secondaria fosse di 1000 Hz pit alta della primaria, il risultato sarebbe un «battimento » egualmente di 1000 Hz, ma la




70 l relazione di fase sarebbe complementare della precedente, cioè le letture . risulterebbero simmetriche rispetto allo zero della graduazione. Questo artificio viene sfruttato nel Tellurometro appunto per ottenere letture complementari mediante l'inserimento, nella secondaria, del cristallo A oscillante a 10.001 MHz. 2.2. Riferimento di misura (marca). — In quanto è stato esposto sinora non è stato illustrato come si ottenga il riferimento per effettuare la lettura rispetto alla graduazione, dato che la rotazione del punto luminoso è continua. A questo scopo serve un altro ingegnoso espe diente, Il « battimento » a 1000 Hz è realizzato oltre che nella primaria anche nella stazione secoridaria e per quanto detto sopra esso ripro duce la fase con cui si presenta alla secondaria la frequenza di misura. Fssa non è eguale a quella che si ha nello stesso istante alla primaria, ma d ne differisce, proporzionalmente alla distanza, della quantità 2x f 7 che corrisponde al tempo di percorso in andata sulla distanza. Perciò il va lore di ampiezza, ad esempio, zero (inizio di una oscillazione) si pre senta nella secondaria in ritardo di un tempo — rispetto alla primaria.

La stazione secondaria produce un impulso di energia particolar mente forte esattamente in corrispondenza dell'inizio di ogni oscilla zione, impulso che viene ricevuto dalla primaria nuovamente con un d ritardo di — secondi. In conclusione rispetto all’inizio di una singola determinata oscillazione, l'impulso ad essa corrispondente giunge con 2 d o. un ritardo di 2 7 secondi. Esso viene mandato nella primaria a coman dare per un brevissimo istante lo spegnimento del pennello elettronico e perciò appare sullo schermo come una piccola ma netta interruzione del cerchio luminoso, spostata, rispetto allo zero, di un arco che for nisce appunto la misura della fase (residua, cioè a meno di un numero intero di rotazioni, come già detto). 2.3. Schema funzionale. — In ciascuna stazione i cristalli A, B, C, D dello stadio modulatore producono le frequenze di misura che vengono sovrapposte alla frequenza portante, generata nella gamma 2800 - 3200 MHz dall’oscillatore principale, un klystron (**), dal quale è inviata all’antenna. (**) Il klystron è un tubo elettronico generatore di oscillazioni ad altissima frequenza. In esso gli elettroni emessi dal catodo, vengono accelerati dal potenziale positivo delle griglie Gi e Gs, attraverso le quali passano, a causa dell’alta velocità acquistata, procedendo diretta