Ing. Corranpo LESCA Istituto di Topografia e Geodesia del Politecnico di Torino 1 - GENERALITÀ
Quando si eseguono rilievi fotogrammetrici, ben raramente viene prevista nei capitolati d’appalto l’effettuazione di un collaudo in corso d’opeta, che consenti rebbe di sorvegliare e controllare successivamente le tre principali fasi operative dei rilievi di tale tipo e più precisamente: 4) volo di presa, 6) scelta e determina zione dei punti di appoggio sul terreno, c) restituzione.
In effetti quest’ultima fase è strettamente legata alle altre due e non può portare a risultati soddisfacenti se le due fasi precedenti non rispondono a ben determinati requisiti.
A sua volta la restituzione può dar luogo a risultati difettosi se lo strumento usato non presenta sufficiente precisione, se esso non è ben rettificato, se l’ope ratore non cura con grande meticolosità l’orientamento relativo ed assoluto dei fotogrammi, se inoltre l’interpretazione da patte dell’operatore dei dettagli re gistrati sulle lastre è soggetta ad incertezze e lacune.
Sarebbe perciò stretto compito del collaudatore seguire lo sviluppo del Ja voro fin dall’inizio, in modo da poter effettuare controlli parziali che gli consen tano se necessario di intervenire tempestivamente per suggerire od imporre mo difiche nella condotta dei lavori.
Puttroppo però, nella gran maggioranza dei casi, gli Enti e le Ditte che fanno eseguire rilievi fotogrammetrici, non si rendono conto dell’importanza di un collaudo in corso d’opera, e si accontentano di richiedere un collaudo limitato all'ultima fase dei lavori, se non addirittura (caso frequentissimo) totalmente a po steriori. È chiaro che un collaudo eseguito in queste condizioni non può che pren dere atto di errori e difetti cartografici ben difficilmente modificabili e che l'ente appaltante quasi sempre è costretto a tollerare, pur avendone preso conoscenza.
In effetti, la necessità di prenominare un collaudatore è particolarmente sen tita nel caso di lavori fotogrammetrici, per i quali non sono state ancora stabilite norme e regolamentazioni che ne fissino in sede nazionale i limiti di precisione e le tolleranze ammissibili, per cui sovente le ditte appaltanti devono sottostare a capitolati in cui sono contenute richieste di precisione talmente esagerate, che sarebbe impossibile realizzarle anche con la più perfetta strumentazione e con la più accurata esecuzione dei lavori; altre volte invece le precisioni richieste sono molto al disotto di quanto potrebbe ottenersi da un lavoro svolto con serietà.
E tutto ciò contribuisce naturalmente a mettere in difficoltà il collaudatore finale il quale non può ovviamente riferirsi a tali normazioni che urtano contro ele mentari principi tecnici. 1.2 - COLLAUDO FINALE.
Per quanto visto sopra il collaudo finale, anche se da un punto di vista tecnico e logico è il meno consigliabile, tuttavia è quello fino ad oggi maggiormente adot tato: esso, come abbiamo accennato, si deve forzatamente limitare a controllare se vi è rispondenza fra il terreno e la sua rappresentazione in scala, ed eventualmente a prender visione di quei pochi elementi che possono consentire di rendersi conto se i lavori di restituzione si sono svolti regolarmente, mediante esame delle minute di restituzione, il rifacimento di determinati spezzoni di fogli e simili.
Per quanto riguarda particolarmente il collaudo in campagna, si effettuano di norma rilievi planimetrici di controllo in zone determinate e per quanto riguarda l’altimetria si procede col metodo delle sezioni, che consiste nel rilevare con livella zione geometrica una certa sezione del terreno e confrontarla con quella desunta dalla carta: questo metodo è particolarmente indicato per il controllo delle isoipse.
Con questo metodo è rispettato un principio fondamentale relativo al collaudo topografico, che deve logicamente essere effettuato con operazioni controllate e con trollabili e di precisione superiore alle approssimazioni usate per il rilievo foto grammetrico, senza di che i risultati ottenuti dal collaudatore si presterebbero a critiche e a discussioni.
Ad ogni modo il metodo delle sezioni, visto sopra, vale per terreno aperto e non è applicabile in zone urbane in quanto, com'è chiaro: a) non si possono eseguire sezioni, a causa della morfologia del terreno; b) non si possono fare stazioni di dettaglio e battute per irraggiamento in quanto queste non sarebbero controllabili. Per i motivi sopra esposti si è perciò pensato di adottare un metodo che per analogia può essere definito delle sezioni generalizzate. |
Esso consente di ovviare agli inconvenienti presentati da altri sistemi di ri lievo, pur permettendo una rapida e sicura controllabilità delle misure, ed è stato già adottato praticamente dai Proff. Cunietti e Inghilleri nel collaudo del rilievo aereofotogrammetrico di Reggio Emilia.
Qui di seguito illustreremo i fondamenti teorici, nonché le approssimazioni ottenibili ed i limiti di validità di questo metodo. 2.- LA SEZIONE GENERALIZZATA.
Siano A, B, C,...,4 n punti del terreno riportati sulla carta aereofotogramme trica (fig. 1), non allineati, ma tutti susseguenti (quali possono essere gli spigoli di villette ed edifici più o meno allineati sui bordi della strada e separati da giardini o strade trasversali). Questi n punti inoltre devono essere tutti visibili da un
punto S qualsiasi del terreno, individuabile o no sulla carta. Infine occorre che sia misurabile direttamente la distanza fra due punti successivi; condizione quest’ul tima sempre facilmente realizzabile data la vicinanza dei punti e l’arbitrarietà della loro scelta.
Le misure da eseguirsi sono le seguenti: a) distanze fra i punti successivi; b) distanze fra il punto S ed i punti A e Z; A A AN A c) angoli azimutali ASB, BSC, CSD, ...., VSZ (@1, @2, 3, ...., Un).
Dagli elementi misurati si possono ricavare col calcolo le distanze SA, SB SC, ...., SZ e quindi tutte le distanze dei punti sul terreno rispetto ad un punto estremo misurato a parte e collegato alla sezione, oppure rispetto ad un punto pre fissato dalla sezione stessa. | | i E I | Mm l c E E Co 7 nti x . O € A I \ | \ ; Q 1:1000 L’espressione da applicare è la seguente, ben nota in trigonomettia (1) Pi 7 c= b cosa + Va — b sen a 1
Per mezzo di questa espressione dal primo triangolo ASB si ricava il lato SB; noto questo dal secondo triangolo BSC si calcola il lato SC, e cosî via fino all’ul timo triangolo VSZ per il quale si calcola il lato SZ. Dal confronto di questo lato calcolato con il lato direttamente misurato si ricava infine l’errore di chiusura della nostra sezione generalizzata.
L’ambiguità nel segno da introdurre nella espressione 1 è facilmente superata poiché, sia dalla carta che già si possiede, sia dall’osservazione stessa dal terreno si può stabilire quale dei due segni occorra usare nel calcolo. (1) Si noti a proposito della 1 la necessità di usare tale formula: infatti l'applicazione ti petuta del teorema dei seni per il calcolo delle distanze, farebbe risentire in misura notevole gli errori nella misura degli angoli tutte le volte che i valori di questi scendessero al disotto di un certo limite.