Mag. Gen. s.t.g. CARLO TRAVERSI Istituto Geografico Militare Comunicazione presentata al IX Convegno della S.I.F.E.T. - Cagliari, 1964
Tra le più recenti affermazioni della fotogrammetria vale la pena di ricordare il modernissimo procedimento, di alta attualità, usato dall’Army Map Service per l'allestimento di una carta fotogrammetrica della Luna.
Iniziato nel 1960, il lavoro fu portato a termine nel 1961, con un risultato che se, per forza di cose, ancora non può avere tutti i crismi della perfezione, è per lo meno tale da far ritenere che la strada seguita sia stata quella giusta.
Avendo mostrato, inoltre, le esigenze, le deficienze, le difficoltà da superare, costituisce un’esperienza preziosa che sarà di utile ausilio anche alle possibilità che l'avvenire prospetta.
Ma il valore essenziale di questa carta consiste soprattutto nell’aver confermato la validità dei principi fotogrammetrici anche nei riguardi della cartografia lunare e di aver dimostrato che la selenografia è ormai passata dalle realizzazioni degli astronomi a quelle dei fotogrammetri.
In relazione al progetto per il lancio di un veicolo spaziale sulla .Luna, gli Stati Uniti chiesero all’Army Map Service di studiare la possibilità di realizzare una carta topografica con curve di livello della superficie visibile della Luna.
L’esame preventivo del problema portò alla conclusione che, se facile non era ottenere una carta a scala topografica, era tuttavia possibile allestire una carta corografica fotogrammetrica. Fu scelta, a tal fine, la proiezione stereografica mo dificata e la scala di 1:5 000 000, con equidistanza di 1000 metri per le curve ordinarie e di 500 per quelle ausiliarie; la carta sarebbe stata a colori, su due fogli.
Nonostante la scala a grande denominatore e la cospicua equidistanza prevista per le curve di livello, il problema si presentava serio e complesso per varie ragioni.
Infatti occorreva realizzare la copertura fotografica stereoscopica della super ficie lunare visibile. Occorreva apportare talune modifiche ai normali strumenti di restituzione, per soddisfare l’esigenza di disegnare la carta su una superficie carto grafica curva, suscettibile di poter essere disposta esattamente in direzione paral. lela e normale rispetto alla superficie del modello spaziale lunare proiettato, come verrà più avanti accennato.
Inoltre era necessario determinare un’adeguata rete di punti di appoggio per la definizione planimetrica e altimetrica dei vari particolari su una specifica pro iezione cartografica.
Questo per quanto tiguarda i problemi strettamente topofotogrammetrici, a parte gli accorgimenti pratici e organizzativi occorrenti per una sicura fotointer
pretazione stereoscopica; per l’elencazione e l’individuazione toponomastica dei crateri visibili — che superano il numero di 5000 — e degli altri particolari morfologici; per il disegno, ecc. ecc.. È noto che non disponendo di punti di presa fotografica nello spazio, i foto grammi stereoscopici ottenibili dalla Terra a mezzo di telescopi, rappresentano quanto di meglio si potesse avere a disposizione, anche se non potevano dare il massimo affidamento per precise misure stereoscopiche. Infatti delle riprese foto grammetriche scattate nello stesso istante da due punti agli antipodi sulla Terra, avrebbero avuto una angolazione di appena 1°44’, considerando la distanza media . della Luna di circa 384.000 Km e il diametro del nostro pianeta di circa 12,700 Km all’equatore.
Per migliorare il valore dell’angolo si approfittò del fatto che la Luna ha una « librazione » selenocentrica massima di +7°54’ in longitudine e di + 6°50’ in latitudine. Usando l’accorgimento di effettuare la ripresa delle coppie durante la stessa fase lunare e in modo che un fotogramma avesse una librazione longitudi nale di +7°54’ e l’altra di — 7954’, con una librazione in latitudine di 0°, fu possibile ottenere fotografie di circa il 59% della superficie lunare, contro il 41% della superficie lunare normalmente visibile.
Con tale sistema, a causa appunto della librazione della Luna, i fotogrammi risultano come se fossero stati presi da due punti distanti fra loro circa 100.000 Km. Per la restituzione furono utilizzate, dopo molte ricerche, otto coppie di fotogrammi già ottenuti dall’Osservatorio di Parigi in diversi anni di lavoro, alla scala di 1:22 000 000. Prima di iniziare la restituzione furono esattamente deter minate le caratteristiche di librazione di ognuna delle 8 coppie di fotogrammi.
Per la restituzione fotogrammetrica fu necessario apportare alcune modifiche allo stereocartografo M2 di alta precisione dell’Army Map Service. Infatti mol teplici fattori — quali la forte curvatura lunare, le insolite aberrazioni e distor sioni conseguenti all’impiego per la Presa di obbiettivi non fotogrammetrici, le sfuocature dell'immagine nelle zone periferiche del modello curvo, ecc. — consi gliarono una sostanziale revisione dei procedimenti e dello strumento stesso, risul tando i normali procedimenti insufficienti per la restituzione di vaste zone della superficie selenica.
Tra gli adattamenti più interessanti possono essere ricordati: l’aumento della distanza di proiezione dello stereocartografo da piedi 2,15 a circa 10; il conse guente adattamento del dispositivo di illuminazione; la sostituzione del piano trac ciante con la superficie cartografica convessa avente una curvatura pari a quella dell'immagine spaziale proiettata ed esattamente regolabile nella direzione normale ad essa, la utilizzazione della cosidetta « gabbia da uccelli », cioè di un esatto reti colato di proiezione selenografica per ciascun fotogramma impresso sul negativo di una delle due immagini lunari da proiettare nello strumento restitutore; la ridu zione delle immagini delle diapositive, che erano originariamente alla scala di 1:66 000 000, alla scala di 1:3 300 000, con un ingrandimento, cioè di circa 20 volte. |
La superficie della Luna visibile stereoscopicamente in ogni coppia era di 10°Xx 10°, per cui vennero impiegati in complesso 288 spezzoni tutti di 10°X 10°.
Tra gli accorgimenti studiati per assicurare alla carta gli elementi topografici fondamentali, particolare considerazione merita la soluzione dei problemi per la determinazione del riferimento verticale e del riferimento orizzontale.
Infatti, per quanto riguarda il riferimento verticale, va notato, innanzi tutto, il fatto che, non esistendo — a quanto fino ad ora è dato di sapere — superfici liquide sulla superficie lunare, non fu possibile usare un « livello medio dei mari » come riferimento delle altezze.
Pertanto, fu stabilito come origine delle quote il cratere Mésting A (nella determinazione del 1960) riferendo la quotazione all’altitudine di 7000 metri presa al centro del cratere. Vale a dire che fu stabilito come superficie di riferimento, quella di una sfera lunare avente un raggio medio di chilometri 1737,988, per evitare valori negativi alle curve di livello. Infatti il cratere Aristarchus, che è il più basso dei particolari orografici lunari, è di 7 chilometri più basso del Mésting A.
Il riferimento planimetrico fu fissato nel centro del cratere Mésting A, attri buendogli i valori di 354°50’13” di longitudine e 3°10’47” di latitudine seleno grafica.
Come punti di appoggio per la restituzione furono utilizzati quelli risultanti nella relativa definizione planoaltimetrica da un elenco di 150 punti — « New reduktion der 150 Mondpunkte der Breslauer Messungen von J. Franz » — pub blicato da G. Schrutka — Rechtenstamm, nel 1958 a Vienna..
Questi punti risultavano equamente distribuiti su tutta la superficie visibile della Luna.
Le posizioni planimetriche furono riportate con una approssimazione di 1/100 di grado e quelle altimetriche con una approssimazione di 1/10 di chilometro.
Le direzioni cardinali sono conformi alla tradizione cartografica terrestre, con trariamente a quanto praticato nelle altre carte lunari.
Per poter rappresentare tutta la superficie visibile della Luna, fu adottata — come si è detto — la proiezione stereografica, modificata però opportunamente per poter disporre di valori di reticolato geografico fino a 100° circa, in modo da avere una rappresentazione topografica completa sino a 80° circa di longitudine e even tualmente almeno la planimetria da 80° a 97° di longitudine.
Quale punto di tangenza del piano della rappresentazione fu considerato il centro di librazione, cioè il punto dove la longitudine e la latitudine hanno va lore 0°. Il vertice è a chilometri 4410,10 dal punto in cui il piano della carta è tangente alla sfera selenografica già considerata, avente il raggio medio di chilo metri 1737.988.
Di conseguenza, la rappresentazione perfettamente corrispondente alla scala di 1:5 000 000 al centre, cioè nel punto di tangenza, subisce delle deformazioni pregressive radialmente verso l’esterno, raggiungendo la scala di 1:4500 000 alla longitudine di 76°.
Inoltre va ricordato che dovettero essere costruiti speciali raddrizzatori imma gine-proiezione, per il raddrizzamento delle varie zone di restituzione e per ridurre gli errori dello spostamento di particolari planimetrici, superando le non lievi diffi coltà derivanti dal fatto che si trattava di raddrizzare zone piuttosto ampie, di 10° x 10° come abbiamo visto, e zone con forte curvatura come quelle ai
margini estremi della proiezione. La restituzione — non potendo ovviamente di sporre di « ricognizione » — fu integrata da una cospicua documentazione sfrut tando carte preesistenti, testi, schizzi e dati astronomici di varia origine. E si av valse di particolari stereoscopi e persino di un particolare dispositivo di esplora zione televisiva a circuito chiuso appositamente studiato e realizzato.
Inoltre taluni particolari orografici e morfologici furono oggetto di speciali indagini di fotointerpretazione con l’ausilio dello stereoplanigrafo Zeiss C-8 e del l’autografo Wild.
I nomi dei particolari orografici e morfologici furono desunti dalla pubblica zione: « Named Lunar Formations » (1955) compilata a cura di M. Blagg e K. Miller.
In complesso, come si è potuto constatare da questa esposizione sintetica dei procedimenti posti in atto per questo originale lavoro fotogrammetrico, si tratta di una brillante impostazione, che ha dato risultati che ritengo siano quanto di meglio le condizioni attuali possano permettere.
Tale lavoro ha consentito anche l’allestimento di plastici, a colori, con la scala orizzontale uguale a quella della carta, a 1:5 000 000, e con quella verticale a 1:1000 000, che danno la sensazione materiale della superficie lunare con criteri topografici.
La carta — cui fa seguito anche un'edizione al 250 000 con equidistanza di 250 metri — si differenzia, per ovvie ragioni da tutti i tentativi sino ad ora effettuati.
Edita in due edizioni, a curve di livello con sfumo e a tinte ipsometriche, addirittura può competere con talune carte terrestri per l’ottimo disegno, pet la nitidezza, per la scelta dei colori, per il complesso della sua veste grafica.
Ovviamente nessuno ancora ha potuto controllarne la rispondenza con la realtà. Ma, comunque, questa carta rimane nella storia della cartografia spaziale come il primo tentativo veramente efficiente per rappresentare la superficie visibile della Luna con i criteri di rigore geometrico e topografico consentiti dalle attuali pos sibilità e — sopratutto — come il primo concreto tentativo di mettere la fotogram metria al servizio della cartografia spaziale.
Quasi un anticipo sulle future sempre più perfette realizzazioni che saranno solo possibili quando dei satelliti artificiali — automatici o guidati dall'uomo — orbitanti intorno alla Luna, consentiranno riprese fotogrammetriche, non solo del l'emisfero visibile della « pallida Selene », a grande scala, per mezzo di lastre con emulsione ad alto potere risolutivo e con camere che diano sicura possibilità per determinare le caratteristiche di orientamento.
Nota: L'Autore, ringrazia Mr. Albert L. Novicki, capo del Department of Car tographi dell’Army Map Service per le informazioni tecniche gentilmente fornite.