Prof. UGo BARTORELLI È una giornata di sole, senza foschia, adatta alla presa fotogrammettrica; ogni punto del terreno riflette la luce solare in ogni direzione; è una piccola sorgente sferica di luce, di diversi colori. La camera di presa fotogrammetrica è in cospetto del terreno; o immobile su un treppiede, o portata in volo da un aereo, pronta a scattare una fotografia.
Il suo obbiettivo intercetta da ognuna delle dette sfere luminose un piccolo cono di raggi, quello che in ottica viene detto fascio di raggi. Quando il punto del terreno, vertice del cono, è molto lontano dall’obbiettivo, il cono può essere considerato un cilindro e, otticamente, ur fascio di raggi paralleli. È questo il caso che ci limitiamo a considerare nella fotogrammetria topografica; e ci è lecito, perché, ad esempio, con un obbiettivo di 3 cm di diametro i raggi del fascio con vergono al massimo di 2” quando provengono da un punto distante 3 Km.
Facciamo scattare l’otturatore; nell’attimo durante il quale questo rimane aper to, la camera viene invasa di luce, attraversata da, tutti insieme, i raggi di quegli infiniti fasci luminosi, cui è ora possibile continuare il cammino fino al piano del l'emulsione sensibile.
La legge di propagazione della luce nei vari mezzi attraversati, legge utilizzata nel progetto dell’obbiettivo, fa si che ognuno di questi infiniti raggi di ognuno degli infiniti fasci luminosi sa che direzione prendere. Ed appare magico, a consi derarlo, anche se ci è ormai consueto, l’effetto che ne risulta! Infatti ad ognuno dei piccoli coni luminosi (fascio incidente di raggi paralleli), provenienti dallo spa zio esterno alla camera, che investono l’obbiettivo, corrisponde un altro ben distin to cono luminoso (fascio ezzergente di raggi convergenti), nello spazio irnferzo alla camera, nel quale cono tornano a convergere i raggi del primo (vedi la figura 2 del primo ragionamento 1962) per colpire, tutti, uno stesso punto del piano della lastra; la somma delle energie luminose portate da ognuno di questi raggi, attra verso l’obbiettivo, altera chimicamente l’emulsione sensibile ed è cosî che, su questa, si impressiona, punto per punto, l’immagine del terreno. L’otturatore si chiude, la fotografia è stata eseguita. Anzi, siccome della camera di presa cono sciamo gli elementi di orientamento interno — ricordiamo in proposito i due nostri precedenti ragionamenti — è stata eseguita la presa fotogrammetrica.
Soffermiamoci a meditare, da fotogrammetri, la sostanza geometrica di que sto atto.
Riconsideriamo (figura 1) nello spazio esterno alla camera, gli infiniti piccoli coni luminosi incidenti l’obbiettivo, solo quelli compresi, naturalmente, nell’ab
bracciamento della camera, assimilando ognuno di essi ad un suo solo raggio, pre cisamente al cosiddetto suo raggio principale, che congiunge il punto del terreno, vertice del piccolo cono, con il primo nodo N; dell’obbiettivo. Con questa astra zione sostituiamo alla realtà fisica di un numero infinito di fasci di raggi luminosi A 1 } NE P nc x a gr AI D / 2 «A A 27 ° {I %c 27 | Figura 1 (figura 1) l’ente geometrico, detto stella di raggi, costituito (figura 2) da una infi nità di semirette tutte passanti per uno stesso punto Ni, centro della stella *.
Analogamente, sostituendo agli infiniti coni luminosi, emergenti dall’obbiet tivo nell’interno della camera, i loro raggi principali, avremo una seconda stella di raggi avente centro in N; (figura 3).
La prima stella di centro N: è quella che, geometricamente, genera la proie zione fotografica: la diremo perciò stella proiettante, ed è questa stella di raggi, costituita dalle visuali dal centro Ni ai punti del terreno, che interessa ricostruire, al fotogrammetra, quale primo atto del suo rilevamento ?.
Per questa ricostruzione resta a nostra disposizione la seconda stella suddetta, quella di centro N:; notiamo infatti, facendo ricorso ai nostri due precedenti ragio 1 Queste ente, ottenuto proiettando da un centro i punti di una superficie, va distinto dal fascio di raggi generato dalla proiezione dei punti di una retta da un centro. Quali fotogramme tri, che abbiamo bisogno di fare ricorso alla geometria proiettiva ed all’ottica, dobbiamo quindi porre mente a distinguere, nel linguaggio e nei concetti, il fascio di raggi luminosi dal fascio di raggi geometrici o semirette. 2 Per « ricostruirla » abbiamo inteso l’operazione di determinare la posizione di ogni visuale dal centro di presa N, ad un punto del terreno, rispetto a tutte le analoghe visuali; si tratta quindi di una ricostruzione della posizione relativa dei raggi da un punto qualsiasi dello spazio, generalmente diverso da N,, centro di presa.
namenti, che, conoscendo distanza principale e punto principale della camera di presa, è possibile ricostruire tale seconda stella (N:), e che, conoscendo la distor sione della presa, possiamo da tale stella dedurre la prima (N1)5. Come pratica mente tutto ciò venga strumentalmente attuato potrà essere illustrato nel seguito; C x ,A /S B SLY \LÉé (CI) x 3 | 2 (a c \ dB (sp Figura 2 Figura 3 ci basti ora ricordare che per la ricostruzione della stella proiettante è necessaria e sufficiente la conoscenza degli elementi di orientamento interno della presa. L’atto della presa consiste quindi nel fissare, ogni volta, in un brevissimo istan te, tutte insieme, e indelebilmente le direzioni dei raggi di una stella proiettante. Fotogramma e stella proiettante costituiscono quindi per noi uno stesso ente; il che ci induce a considerare la presa di un fotogramma come la esecuzione, vera e propria, di una stazione goniometrica eseguita con centro nel punto S dello spazio, nel quale si trova il primo punto nodale Ni dell’obbiettivo. Effettivamente facendo stazione, ad esempio con un teodolite, nel detto punto $ (figura 4), le letture azimutali e zenitali, che effettuiamo osservando i vari punti Ai, A», A3,... del ter reno, determinano virtualmente nello spazio ciascuna delle direzioni a tali punti; orbene l’insieme di tali direzioni costituisce una stella proiettante in tutto uguale (eccetto per il numero di raggi!) a quella in cui consiste la presa del fotogramma. Nel caso della stazione eseguita con il teodolite abbiamo il vantaggio che ogni direzione SA viene osservata scomposta nelle sue proiezioni sul piano orizzontale di S, e sul piano verticale della visuale SA, (determinando gli angoli®e z), con il che ogni direzione viene direttamente vincolata fin dalla sua osservazione, agli assi del rilevamento e, principalmente, alla verticale di S. Nel caso della presa fotogram metrica (figura 5) ogni direzione viene rilevata vincolata, ormai indissolubilmente, a tutte le altre che formano la stella proiettante; tutte insieme le direzioni vengono 3 Se la camera di presa fosse priva di distorsione le due stelle, N, e N,, sarebbero uguali perché opposte al vertice — inversamente uguali, quindi — e Ia seconda verrebbe ricostruita per semplice proiezione dalla prima, senza necessità di correggere la direzione di ogni raggio in funzione della distorsione.
che mentre da un solo fotogramma non è possibile eseguire alcun rilevamento (e cosî è generalmente), da una coppia di fotogrammi, eseguiti da due punti diversi dello spazio, si può rilevare punto per punto la zona di terreno comune ai due foto grammi; ciò sarà possibile attuare per intersezione dei raggi omologhi — relativi cioè ad un medesimo punto del terreno — delle due stelle proiettanti.
Ecco che con questo nostro terzo ragionamento sulla stella proiettante abbia mo non solo meditato sulla essenza dell’atto della presa fotogrammetrica ma impo stato il procedimento logico secondo il quale si attua la restituzione fotogramme trica, ossia la seconda fase del metodo fotogrammetrico, fase che porta diretta mente alla ricostruzione del terreno fotografato, per intersezione nello spazio dei raggi omologhi di due stelle proiettanti.
Dopo questa impostazione concettuale è necessario innanzitutto precisare come sia possibile determinare i punti di intersezione dei raggi omologhi delle due stelle, analogamente al caso delle due stazioni goniometriche; infatti in questo se condo caso detti punti di intersezione vengono facilmente determinati perché ognuna delle due visuali è vincolata alla terna di assi terrestri. Nel caso fotogramme trico avremo pure bisogno, evidentemente, di riferire ciascuna delle due stelle alla terna degli assi terrestri, affinché la restituzione, ossia la determinazione di detti punti di intersezione, sia possibile; l’insieme dei parametri necessari e sufficienti a detto riferimento, di ogni stella, viene detto orientamento esterno del fotogramma. Di quali siano questi parametri si potrà ragionare in avvenire; basti ora che per orientamento esterno di un fotogramma si intenda sinteticamente quell’insieme di dati che fissano univocamente la posizione della stella proiettante (figura 5) rispetto al sistema di assi terrestri ‘.
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Figura 6 * Essendo la stella proiettante una figura dello spazio, possiamo prevedere che detti para metri debbano essere sei, quali ci insegna la meccanica razionale per assegnare la posizione di un corpo nello spazio; saranno precisamente le coordinate di un punto di tale corpo (pet noi, del centro N;) e le rotazioni del corpo stesso intorno alle direzioni degli assi; in totale quindi sei parametri per ogni stella, tre traslazioni e tre rotazioni.
È dunque necessario, per realizzare le dette intersezioni, che sia noto l’orien tamento esterno di ciascuna delle due stelle. Tale orientamento, a differenza di quello infermo che è costante per tutti i fotogrammi eseguiti da una stessa camera di presa, è diverso per ogni stella proiettante, e va quindi determinato. Questa de terminazione può essere fatta 4 priori, ossia dando alla camera di presa, prima di scattare l’otturatore, un desiderato assetto — e quindi il più conveniente assetto — rispetto agli assi terrestri. Ciò è possibile, manifestamente quando si esegue la presa mediante uno strumento detto fototeodolite, fisso al terreno, che riunisce le prestazioni del teodolite a quelle di una camera fotografica di orientamento interno noto. È questo il caso della fotogramzzetria terrestre (figura 5).
Ma questa determinazione può essere fatta anche 4 posteriori, come nel caso dell’aerofotogrammetria, quando i fotogrammi sono ripresi da una macchina di presa aerofotogrammetrica portata in volo da un aeroplano, quindi nella impossi bilità di determinare con precisione sufficiente allo scopo, ad ogni scatto dell’ottu ratore, l'orientamento esterno del fotogramma. In tal caso l’orientamento esterno viene determinato secondo procedimenti che fanno ricorso alla conoscenza della posizione di alcuni punti del terreno, ritratti su entrambi i fotogrammi.
Ecco delineato, ruotando con il nostro ragionamento intorno alle stelle proiet tanti, il metodo di rilevamento fotogrammetrico: tornando nel nostro laboratorio con i fotogrammi ripresi sul terreno, ed un certo numero di elementi ivi diretta mente misurati, noi possiamo ricostruire, conoscendo l’orientamento interno della presa, la stella proiettante di ogni fotogramma, e poi, dalla conoscenza a priori o a posteriori dell’orientamento esterno di ogni fotogramma (orientamento esterno assoluto ossia rispetto alla terna di assi terrestri), la intersezione, due a due, dei raggi omologhi di ogni coppia di stelle proiettanti (figura 6).
Con la presa fotogrammetrica abbiamo trasferito dal terreno al confortevole ambiente del nostro laboratorio il lavoro del rilevamento, ci siamo portati il ter reno a casa. Pensiamo quanto ciò debba essere apparso sorprendente un secolo fa, quando da poco si enunciava questa possibilità, pensiamo alla soddisfazione di Pio Paganini quando, con mezzi primitivi, ma già rigorosamente rispondenti ai concetti ora esposti, rilevava, nei confortevoli uffici dell’I.G.M. di Firenze, punto per punto i ghiacciai del Monte Rosa, primo nel mondo a realizzare l’aspetto pratico più utile della fotogrammetria.
Ma le nostre stelle proiettanti ci danno una possibilità ancora più sorpren dente di quella che abbiamo ora esposto. Una coppia di esse, pet la semplice circo stanza di essere immagine di una stessa zona di terreno, porta in sé una proprietà, ° La differenza sostanziale fra fotogrammetria terrestre e aerofotogrammetria consiste ap punto nella circostanza di conoscere o meno a priori l'orientamento esterno di ogni fotogramma; si può affermare infatti che una presa effettuata da terra con il fototeodolite, ma senza l’imposi zione a priori di un orientamento esterno assegnato, debba essere considerata e trattata, per la restituzione, come una presa aerofotogrammetrica.
implicita nella sua generazione geometrica, che consente la ricostruzione, nel nostro laboratorio, di un wzodello del terreno fotografato, sizzile al terreno stesso (simile, nel preciso significato geometrico di questo termine), azche senza fare ricorso alla conoscenza dell’orientamento esterno dei fotogrammi. Ovviamente fino a che non utilizzeremo qualche misura eseguita sul terreno non potremo conoscere né il rap porto di similitudine fra detto modello ed il terreno, né la direzione della verticale in detto modello; ma è vero che con la sola conoscenza degli elementi di orienta mento interno della camera di presa è possibile ricostruire tale modello, anche se la sua scala e il suo assetto angolare rispetto alla terna terrestre sono sconosciuti; è vero che una volta ricostruite, nel nostro laboratorio, le due stelle proiettanti, possiamo portare una di esse in una particolare posizione rispetto all’altra, da fare in modo che i raggi omologhi di tutte le coppie delle due stelle, si intersechino: l’in sieme di questi punti di intersezione forma appunto quel z:0dello simile al terreno cui abbiamo ora solo accennato e la cui realtà geometrica dimostreremo nel nostro prossimo ragionamento.
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