L'INGEGNERE GEOTOPOGRAFO NEL NUOVO ASSETTO DEGLI STUDI UNIVERSITARI



Comunicazione presentata al IX Convegno nazionale della S.I.F.E.T. Cagliari, maggio 1964, dall’Ing. Attilio Selvini a nome anche di:

Ing. Elena Baj Agnoletto; Ing. Pietro Bianchi; Arch. Giancarlo Ciullini;

Ing. Sergio Donnini; Ing. Antonio Dragonetti; Ing. Guido Golinelli;

Ing. Bianca Inghilleri Rizzi; Ing. Arutium Kasangian; Prof. Alfredo Marazio; Ing. Federico Procino.

Non crediamo che sia ancora sopita l’eco delle parole, pronunciate dal Segre tario generale della Società, Prof. Carlo Trombetti, in occasione della sua comu: nicazione al Convegno di Roma. Sono ancor vive in noi le espressioni di incredulità e di costernazione suscitate in quanti ci erano vicini, nell'apprendere che i professori ordinari di Topografia e Geodesia, nelle nostre Università, sono due! E diciamo che sono due, perché purtroppo in quest'anno trascorso, la situazione non è mutata.

Nel frattempo è intervenuto un sol fatto nuovo, ed è la pubblicazione dei ri sultati cui è pervenuta la Commissione presieduta dall’On. Ermini, sulle condizioni della Scuola italiana, con le relative proposte di riforma. Riforma profonda e ri voluzionaria, specie per gli studi superiori, dato che andrebbe dalla istituzione di tre gradi di laurea, sino alla questione del « full-time ».

Ora, è abbastanza azzardato prevedere quale sarà l’esito delle proposte Ermini: non è facile essere profeti, specialmente nel nostro Paese; ove decisioni d’estremo interesse possono essere prese sia nel giro di pochi giorni, come essere accan tonate per anni.

D'altra parte restano ferme le condizioni di scadimento degli studi topografici e geodetici, denunciate dall’apposita Commissione nell’aprile del ’61 e ricordate dal Prof. Trombetti. O, forse, addirittura peggiorano.

Si impone quindi un qualche provvedimento, che arresti il decadere di questi studi che tanto ci stanno a cuore; e la cui importanza troppe volte è ignorata da coloro che ne sono responsabili. (Basti pensare in qual conto è tenuta la cattedra di topografia in molti Istituti Tecnici, magari in raffronto a quella di Costruzioni: ad uno degli ultimi convegni della S.I.F.E.T. alcuni professori denunciarono le difficoltà loro create dai Presidi, che non volevano lasciarli partecipare al congresso. Tali difficoltà permangono: l’Istituto Tecnico Statale « C. Cattaneo » di Milano, non ha inviato osservatori a questo Congresso).

Vediamo intanto di riassumere la situazione, con dati di fatto oggettivi.

La formazione dei tecnici che operano in modo qualitativamente diverso nel campo della topografia e della geodesia, a livello universitario o medio-superiore, è oggi curata da: 1) sezioni di ingegneria civile, presso i dodici Politecnici e Facoltà d’Inge gneria dello Stato;




2) sezioni per geometri e sezioni per periti minerari degli Istituti Tecnici.

L'insegnamento della topografia, è ancora impartito, in modica misura, nelle facoltà di Architettura, e negli Istituti tecnici per periti agrari.

Poche nozioni di topografia, sono date negli Istituti di scienze delle Università, nelle facoltà di Agraria, e — a livello inferiore — negli Istituti tecnici per periti edili.

Per gli allievi ingegneri civili, lo studio della topografia, già organizzato su due anni di corso, è ora limitato ad un sol anno: il terzo, dei cinque richiesti per la laurea. L'insegnamento riguarda tutta o quasi la topografia (restano escluse le ap plicazioni all’agrimensura, alla partizione delle aree, eccetera); poche necessarie nozioni di geodesia operativa, la teoria degli errori di osservazione, (talvolta limi tata agli elementi generali, ed alla compensazione delle sole osservazioni dirette); e pochi indispensabili cenni di fotogrammetria.

Solo in due o tre Istituti universitari, c'è la strumentazione e la organizzazione necessaria per lo svolgimento di un vero e proprio corso di fotogrammetria.

Nelle Facoltà di Architettura, la topografia insegnata è all’incirca (ma con forti tagli) quella del corso per geometri; e non dimentichiamo che nelle recenti mani festazioni studentesche (almeno a Milano) è stata, con altre discipline, posta « sub iudice ». Scarse e troppo schematiche, ai fini di una preparazione operativa, le nozioni impartite nelle altre facoltà (scienze, agraria).

L'apporto dei geometri alla operatività nel campo della topografia è certo im portante, anche se si deve lamentare con rammarico il mutato corso professionale della categoria, che scostandosi vieppià dalle mansioni originarie consacrate anche dall’etimologia, s'è rivolta prevalentemente verso le costruzioni edilizie.

L’insegnamento della topografia negli Istituti Tecnici, organizzato su due anni di corso (escludendo l’anno propedeutico dedicato alla trigonometria) potrebbe es sere più formativo e di peso, se — incredibilmente — anche dopo le recenti ri forme dei programmi, le nozioni matematiche date in questa scuola, non fossero troppo scarse; soprattutto se paragonate a quelle di altri corsi della scuola secon daria (liceo scientifico, sezione commerciale, o per periti).

Nel settore dell’insegnamento medio, è trascurabile l’apporto dato dai periti edili ed agrari, agli operatori topografici.

Vediamo ora, quali siano i settori dell'economia nazionale, in cui questi opera tori trovano impiego.

Al primo posto, metteremo l’insegnamento, essenziale per assicurare la conti nuità nella formazione dei tecnici, non solo, ma degli stessi docenti e ricercatori.

Non è il caso di insistere troppo, sulla situazione dell’insegnamento universi tario: l’unità di misura è costituita dalle parole del Prof. Trombetti già ricordate. Basterà aggiungere la sempre crescente difficoltà nel reperire assistenti e colla boratori.

Motivo di particolare riflessione, dev'essere la considerazione che gli insegnanti di topografia della scuola secondaria, provengono per la maggior parte dalle file degli Ingegneri civili. Orbene, quale specifica preparazione ricevono questi ultimi, nel triennio di applicazione? (E prendiamo in considerazione solo i provenienti dalle sezioni civili, dato che sino ad oggi tutti i laureati in ingegneria possono par




tecipare agli esami per l’abilitazione all’insegnamento, e nelle altre sezioni la topo grafia non viene più insegnata). Agli esami per le cattedre, quasi sempre sono posti quesiti — allo scritto ed all’orale — su argomenti piuttosto complessi: ad esempio, sulla compensazione delle osservazioni condizionate, che — salvo in qualche caso — non vengono trattate nel corso di topografia del terz’anno.

Facciamo un paragone: fra l'ingegnere che dovrà insegnare costruzioni nella Scuola secondaria, e quello che insegnerà topografia.

Il primo ha dietro di sé il bagaglio di cognizioni riflettenti l’insegnamento di sette od otto discipline universitarie; e deve svolgere un programma solo informa tivo, seppur vasto; con una trattazione appena elementare di molte parti (resi stenza dei materiali, idraulica, ecc.). Ma il secondo ha l'onore — e l’onere — di svolgere un programma che, per gran parte, è quello seguito, bene o male, da lui stesso all’Università; per il quale ricorda d’aver fatto in tutto cinque o sei eserci tazioni numeriche, ed una diecina con gli strumenti. Tenuto conto che il corso è fatto al terzo anno, non è azzardato supporre come — sotto il peso delle materie degli anni successivi, e salvo pochi casi — l’ingegnere sarà arrivato alla laurea con soli vaghi ricordi della topografia. La preparazione dell’eventuale esame d’abilita zione all’insegnamento, dovrà essere perciò del tutto autodidattica, coi pericoli del caso.

Dai dati in nostro possesso, risulta che nel 1958, gli Istituti Tecnici statali per geometri erano 121; quelli non statali, 70. Tali dati, sono, rapportati ad oggi, di circa 150 Istituti statali e 100 non di Stato. La popolazione scolastica di allievi geometri, era di 45.000 unità nel 1963. I diplomati sono stati 5. 172 nel 1958, e circa 5.500 nel ’63.

Nella sola provincia di Milano, gli iscritti all'esame di abilitazione per geometri, sono stati, nel 1961-62, ben 769; di cui 519 abilitati.

Il fabbisogno di insegnanti di topografia si valuta intorno alle 750 unità; con un ricambio di circa 40 all'anno.

E adesso vediamo quale sia la situazione di chi voglia entrare, con mansioni direttive, nell'industria o negli Enti pubblici che si occupano di operazioni geo-topo grafiche o della costruzione degli strumenti relativi.

Il reclutamento dei tecnici per questi Enti e Ditte, avviene per concorso, al meno di solito; cui fanno seguito corsi di varia durata: la necessità di questi corsi è la chiara ed ovvia denuncia della scarsa preparazione specifica, che i concorrenti ricevono nelle Facoltà da cui provengono.

I corsi, pesano quindi sull’economia di chi li tiene, Enti o Ditte: e di riflesso, sull'economia della Nazione. È sintomatico il fatto che l’Istituto Geografico Militare, tenga corsi per Inge gneri-geografi: equivale al riconoscimento che la Scuola superiore italiana, non prepara alcun laureato che abbia tale denominazione e preparazione. A differenza di quanto avviene, ad esempio, nella vicina Jugoslavia, Paese notoriamente sotto sviluppato; a Zagabria infatti, v'è una facoltà universitaria quadriennale proprio per Geodeti!

Il novero degli Enti e delle Ditte che dovrebbero aver necessità di topografi e geodeti, è stato fatto assai bene dal Prof. Trombetti, nella sua comunicazione pit




volte ricordata: egli vi ha messo tutti; dalla Cassa per il Mezzogiorno, al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, dall’Istituto Geografico Militare, alla Direzione ge nerale del Catasto; dalle Ferrovie dello Stato, alla Italstrade, eccetera. Qui noi però siamo perplessi. Non siamo convinti che l’industria e gli Enti siano disposti ad assorbire più di pochi ingegneri topografi all'anno. Ed i nostri dubbi trovano fon damento e sostegno, in una pubblicazione edita nel gennaio 1961 a cura del Co mitato Nazionale per la Produttività, e dal titolo significativo: « L'Economia ita liana ha bisogno di laureati ». Abbiamo vanamente consultato questa pubblicazione, alla ricerca di Ditte fotogrammetriche, o di Case costruttrici di strumenti, che chie dessero almeno ingegneri civili; visto che non esiste ancora l’Ingegnere topografo. Solo la O.M.I. vi è presente, con la richiesta di sei laureati. Ma di questi, solo uno risulta essere ingegnere, ed industriale per giunta! E la O.M.I. non costruisce solo restitutori fotogrammetrici, ma anche altre apparecchiature ottiche, elettri che, eccetera.

Una forte richiesta di ingegneri civili, sottosezione edile, è invece quella dei Ministeri delle Finanze (104 unità) e dei LL.PP. (49 unità); cui si aggiungono la richiesta di ingegneri idraulici (rispettivamente 14 e 23) e della specializzazione trasporti (0 e 22). Vi sono poi nove ingegneri minerari richiesti da Enti vari; 65 edi li, 22 idraulici, e 34 dei trasporti. Facendo una sommaria stima, anche ottimistica, dei 333 ingegneri civili e dei 9 minerari sopra richiesti, al massimo una ottantina dovrà occuparsi di problemi topografici; con un probabile ricambio di 4-5 unità all’anno.

Questo conferma la perplessità sopra riferita, sulla esistenza di una ragguarde vole richiesta di geotopografi da parte dell’industria e degli Enti pubblici; o meglio, degli Enti pubblici centrali, come diremo tra breve.

A ben guardare le cose, infatti, si vede come una grande necessità di ingegneri topografi, stia per diventare di imperiosa attualità. Si pensi a tutti i Comuni, a tutte le Provincie, (e — fra poco — agli Enti Regione) che si trovano già, o si trove ranno tra breve, di fronte ai problemi urbanistici; alla necessità cioè di redigere piani regolatori, comparti edificatori, programmi di fabbricazione, piani regionali, od intercomunali di sviluppo, e cost via...

E le carte? Le carte, non ci sono. Abbiamo visto, in certi casi, prendere le mappe catastali (parte al 2000 e parte al 1000), cucirle assieme e sovrapporre loro una fittizia altimetria presa talvolta dalle tavolette al 25.000! Col risultato che si lascia immaginare. E se ciò può anche bastare per una stesura di massima di un piano, che soddisfi le lusinghe degli amministratori comunali, ignari di cose topo grafiche, i guai inizieranno quando, dal piano di massima, si vorrà passare al piano particolareggiato.

Siccome non esiste una vera e propria coscienza topografica, forse perché non esiste, in molti che si occupano di cose topografiche, una adeguata formazione cul turale e professionale, non è troppo raro il caso che siffatti procedimenti, assai poco ortodossi, sieno seguiti anche da grosse ditte fotogrammetriche!

I dati che si possono desumere dalla pubblicazione già ricordata del Comitato per la produttività, dànno un fabbisogno (all’inizio del 1961) di ingegneri civili, per Comuni, Provincie ed Enti vari municipalizzati o locali, di 105 unità.






Se si pensa alla prossima entrata in vigore della nuova Legge sull’Urbanistica, si vede come detto numero sia nettamente inferiore alle esigenze del prossimo futuro.

Abbiamo cercato di illustrare la situazione nell’ambito dell’insegnamento, ed in quello dell’industria e degli Enti che si occupano — magari settorialmente — di topografia. Resta ancora da dire della Fotogrammetria: nessuno negherà l'estrema importanza di questa nuova disciplina, che è ormai autonoma e per metodi, e per concezioni, e per strumentazione; e non è più quel semplice ausilio per la topo grafia che poteva essere una trentina d’anni fa, o forse ancora alla vigilia dell’ultimo conflitto mondiale. Ebbene, all’estero vi sono cattedre di fotogrammetria: da noi, se non andiamo errati, l’unico Istituto che ha tenuto — con la collaborazione del l’I.G.M. e con l’intervento dell’Ing. Santoni e del compianto Ing. Nistri —, dei corsi di perfezionamento e di addestramento in fotogrammetria, è stato quello del Politecnico di Milano, diretto dal Prof. Solaini. E chi si occupa del progetto, e della costruzione di strumenti topografici, di restitutori analitici ed analogici?

A parte quei valentissimi e valorosi che « hanno ormai sorpassato tutti i cin quant’anni, e che lottano contro la enorme difficoltà di trovare elementi giovani che abbiano ricevuto inizialmente l’opportuna preparazione » (e sono ancora parole del Segretario Generale, al Convegno di Roma) dovrebbero essere gli ingegneri in dustriali, almeno in prevalenza. Ma da questa sezione lo studio della topografia è ormai bandito da anni!

Non certo meglio, vanno le cose nel settore della libera professione: è sempre minore il numero di ingegneri che si occupa di rilevamenti topografici, di opera zioni di conservazione della proprietà, di aggiornamento cartografico. E la richiesta di prestazioni in questo campo, è in continuo aumento. Si ricorre allora ai geo metri, ma sono pochi anche loro: parecchi, troppi forse, non hanno la preparazione richiesta dal compito assunto. Gli ingegneri che dovrebbero esser loro di guida, qualche volta dimostrano di saperne meno!

Di questo passo, tra una diecina d’anni, quanti saranno rimasti, in Italia, ad occuparsi di cose topografiche?

Cento, fots’anche cinquanta; a livello alto e men alto. Dovremo forse chiamate in aiuto tedeschi, svizzeri, francesi,... jugoslavi? È giunto il momento di concludere, e di far qualche proposta. Si parlò, al Con vegno di Bari, di chiedere l’istituzione di una « sottosezione geodetica », accanto a quelle esistenti, nelle facoltà di Ingegneria e nei Politecnici; non neghiamo che sarebbe stata una proposta allettante, anche perché forse di facile attuazione, se non fosse intervenuta la nuova situazione, determinata dalla Relazione Ermini, e dalle riforme che ne verranno inevitabili; e speriamo, abbastanza vicine nel tempo.

Se, com’è probabile, verranno istituiti corsi quadriennali per ingegneri forte mente specializzati, e cioè con modica preparazione generale ma con notevole for mazione specifica nei vari settori dell’ingegneria (ciò che, a parte i mutati ordina menti, corrisponderebbe alle attuali sottosezioni) sarà indispensabile che uno di questi corsi sia dedicato alla preparazione degli ingegneri geotopografi.

Le discipline da insegnare? Non sta a noi, in questa sede, approntare un pro gramma. Ciò deve essere fatto da un comitato di persone qualificate, anche tenendo




conto delle esperienze straniere, oltre che della situazione italiana. Però possiamo elencare delle discipline, che — in tutto od in parte — potrebbero trovare posto nel nuovo ordinamento: geodesia astronomica, teorica ed operativa; cartografia, meccanica fine, ottica; fotogrammetria, calcolo grafico e numerico, teoria e pratica delle misure, topografia, disegno topografico, teoria degli errori...

Ci pare che quattro anni siano sufficienti, per la preparazione di un tecnico assai qualificato; che possa cioè operare con la necessaria consapevolezza nel campo della topografia, della fotogrammetria, della costruzione degli strumenti; e che possa dedi carsi all'insegnamento di queste discipline. Per insegnare topografia negli Istituti tecnici, i cinque, talvolta sei o più anni che costa la laurea in ingegneria, dobbiamo convenirne, sono troppi! Col risultato poi, che all'insegnamento — come provano le relazioni di molte commissioni d’esame di stato — si dedicano, molte volte, i peg giori, gli scartati dall’industria, e solo una minoranza di capaci. Agli ingegneri topografi, e solo a loro, potrebbe esser concessa l'ammissione agli esami di con corso per l’abilitazione all’insegnamento; e per le cattedre della Scuola secondaria.

Creando la figura del geotopografo, si verrebbe a rivalutare completamente l’attuale attività nel campo della topografia e della fotogrammetria; lasciate per adesso in gran parte ai geometri, la cui modica preparazione è purtroppo di remora al raggiungimento di primati, che sono ormai di altri Paesi. Gli stessi geometri, poi, senza esami di ammissione, potrebbero accedere ai nuovi corsi che sarebbero loro congeniali; trovandovi la possibilità di rivalutare completamente la loro pro fessione, ripristinandone la primitiva dignità. Le difficoltà per l'attuazione di un corso di tal genere, ci saranno, naturalmente, principali quelle di natura strumen tale: il reperimento di fondi, docenti, attrezzature; ma andranno affrontate con preciso senso di responsabilità. Del resto, l’ultimo comma dell’art. 33 della Co stituzione prescrive: « Le istituzioni di alta cultura, Università ed Accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi, nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato ».

Alla obiezione che un corso quadriennale, sarebbe in contrasto con la tradi zionale ed attuale formazione universitaria dell’Ingegnere, si potrebbe rispondere oltre che col contenuto della Relazione Ermini, con le parole che seguono; e che sono dovute ad uno studioso emetito, Ingegnere e per decenni Professore al Poli tecnico di Torino. Sono le parole del Prof. Gustavo Colonnetti, tolte dal volumetto « Si può salvare l’Università italiana? » delle edizioni di Comunità. Parlando del nuovo, auspicabile assetto delle Università, ed in particolare dei giovani che do vranno seguire le vie dell’industria e della professione, egli dice: « A questi ultimi male si addicono i piani tradizionali di studio delle nostre Facoltà. Bisognerà predisporre per essi programmi e durata di corsi proporzionati al livello culturale che essi debbono raggiungere in relazione ai compiti che saranno chiamati ad assolvere in questa Società, che di esperti in ogni ramo ed a ogni li vello ha sempre più vivo ed urgente bisogno. È poi particolarmente importante che essi vengano immessi nel mondo della professione, della produzione e del lavoro non appena abbiano raggiunti i limiti della loro possibilità. Si eviterà cosî che tanti giovani sciupino, come oggi accade, anni preziosi sottraendosi al dovere di prestare alla collettività quei servizi di cui sarebbero capaci, per insistere nel perseguimento




di titoli che essi stessi contribuiranno a svalutare nell’atto stesso in cui, dopo lunghe ed inutili ed umilianti attese, riusciranno per avventura a conseguitli ».

Qualcuno di noi ha pensato, come « cucitura » tra la situazione attuale e quella che scaturirà dalla riforma, di chiedere subito la istituzione del corso quadriennale sopra illustrato presso una Scuola che abbia l’attrezzatura e la organizzazione ne cessarie; ad esempio presso il Politecnico di Milano, o di Roma, o di Torino.

Per questa nuova scuola, si postula l’autonomia amministrativa, finanziaria e didattica. La Scuola dovrebbe funzionare con un proprio bilancio, approvato dal Consiglio di amministrazione (nominato dal Rettore), ed allegato al bilancio del Politecnico. Del Consiglio di amministrazione, dovrebbe far parte il Direttore della Scuola, in qualità di Presidente. Egli dovrebbe essere il Direttore dell’Istituto di Topografia, Geodesia e Fotogrammetria del Politecnico. Potrebbero iscriversi al primo anno, i giovani in possesso della maturità o del diploma di Istituto Tecnico; al terzo anno (secondo biennio) i giovani che avessero compiuto il biennio di fisica matematica, od il biennio di ingegneria. Dei due biennii, il primo dovrebbe essere propedeutico; il secondo di applicazione, con le materie prima ricordate, insieme ad altre da stabilire.

Altre due alternative, che però sono in contrasto con lo spirito di quanto sopra esposto, sarebbero le seguenti: 1) Istituire, in sostituzione dei corsi di aggiornamento per Insegnanti di topo grafia (corsi poco efficaci) e sempre presso un Politecnico, un « Corso di perfezio namento in Geodesia, Topografia e Fotogrammetria »; riservato ai laureati in in gegneria e matematica, della durata di un anno. Tale corso di specializzazione con sentirebbe ai giovani laureati, di accedere ai concorsi statali per professori di scuola secondaria, per ingegneri catastali e dell’I.G.M.; nonché a tutti gli impieghi privati relativi alla topografia e fotogrammetria. Il corso sarebbe inteso come esperimento preliminare, tale da sfociare poi nella futura riforma, secondo la Relazione Ermini. 2) L’ultima alternativa, sarebbe quella della formazione delle sottosezioni geo detiche, in parallelo a quelle esistenti; ma abbiamo il dubbio che questa soluzione sia un po’ troppo in ritardo nel tempo; se si considera la situazione com'è ora, con la prospettiva cioè di una riforma rivoluzionaria.

Qui siamo nella sede adatta per impostare una efficace discussione, su quanto riferito e proposto. La S.I.F.E.T., in conformità col proptio Statuto sociale, ed il Suo Presidente, Ing. h.c. Ermenegildo Santoni, hanno l’autorità necessaria per farsi portavoce presso il Ministero, presso la Commissione Geodetica, presso lo stesso Parlamento, affinché si esca dall’« impasse », e non si lasci precipitare ancor di più la situazione, sino a limiti oltre i quali, non ci sarebbe che il disastro.

E poi, l'importante è muoversi, agire, fare.

Ci si lasci concludere queste note con i versi finali dell’LXXXI dei « Pisan Can tos » del più grande Poeta americano vivente, Ezra Pound: « But to have done instead of not doing this is not vanity Here error is all in the not done all in the diffidence that falterad ».