IL COLLAUDO DEI RILIEVI AEROFOTOGRAMMETRICI M. CUNIETTI - A. SELVINI



Istituto di Geodesia, Topografia e Fotogrammetria del Politecnico di Milano Relazione al X Congresso Nazionale SIFET 1 - Scopi dell’indagine e richiami legislativi

La rilevante importanza che ha assunto nel mondo contemporaneo la carto grafia « tecnica », quella cioè, che produce carte adatte agli usi propri dell’inge gneria civile, è servita a far diffondere, con rapido successo, i metodi di rilievo aerofotogrammetrico del terreno. Sotto lo stimolo della necessità si sono create “nuove tecniche operative, o si sono affinate quelle già esistenti.

Purtroppo però, almeno nel nostro Paese, manca ancora — proprio per que ste carte tecniche — la precisa puntualizzazione e definizione, di un elemento essenziale nella tecnica delle operazioni fotogrammetriche, che condiziona per molti versi il risultato finale: la bontà della carta.

Infatti, mentre esistono delle specifiche norme per il collaudo delle carte ae rofotogrammetriche a piccola scala edite dall’Istituto Geografico Militare e per le carte a grandissima scala per scopi catastali, fra questi due limiti esiste proprio per le carte tecniche discontinuità di regolamentazione. È di fatto impossibile collaudare con un criterio sistematico una carta, se non si possiede una norma tecnica abbastanza precisa, secondo la quale ed in base alla quale valutare pregi e difetti della carta stessa. La nostra indagine prende l’avvio proprio da questa constatazione.

Le carte tecniche che formano l’oggetto di questo nostro studio, sono quelle a denominatore compreso fra 10 000 e 2000; entro questi estremi sono inserite quasi tutte le carte che interessano l’ingegnete, l’architetto, l’agronomo, l’econo mista e, comunque, tutte le persone fisiche e giuridiche che, nella nostra civiltà, si occupano dello sviluppo economico di un Paese industriale, od in via di sviluppo.

Faremo di proposito solo pochi cenni sull’esame dei metodi di collaudo usati per le carte catastali e militari, perché, prima di tutto, gli Enti relativi seguono da tempo una loro procedura; e poi, perché l’aspetto e la funzione delle carte di que sta specie sono del tutto particolari. Le loro utilizzazioni ai fini dell’ingegneria sono al limite: queste carte non si possono cioè annoverare fra quelle « tecniche ».

Dire dell'importanza delle carte che vanno dalle scale 1:2000 ad 1:10 000 sembrerebbe superfluo, tanto se ne è parlato fino ad oggi. La relazione del Segre tario Generale, professor Carlo Trombetti, al Convegno di Cagliari, ha illustrato




esaurientemente l’aspetto delle carte « nazionali » dei Paesi europei (1). Non pos siamo però omettere di sottolineare come, da noi, l'urgenza di disporre di una cartografia a media scala risulti ogni giorno più evidente. La pianificazione econo mica, la formazione degli Enti-Regione, lo sviluppo industriale, sono in certo modo condizionati dalla disponibilità di carte adeguate. Facciamo un rapido sommario delle carte adatte a queste necessità.

In scala 1:10 000 dovrà essere — è ormai quasi generalmente riconosciuto — la nuova carta d’Italia, documento essenziale e fondamentale. Inutile qui replicare della sua urgenza e necessità; basterà ricordare la comunicazione del prof. Luigi Solaini al Convegno di Roma (2).

Nelle scale da 1:5 000 ad 1:2 000 (anzi, diremo, proprio in queste due scale) si progettano tutte le sistemazioni urbanistiche (piani regolatori generali, pro grammi di fabbricazione, comparti edificatori, piani regolatori regionali, piani ur banistici, ecc.). L’entrata in vigore della nuova legge urbanistica, che sostituisce quella del 17 agosto 1942, n. 1150, renderà drammatica la situazione di moltissimi Comuni, del tutto privi di carte che non siano quelle catastali.

Gli sviluppi massicci del traffico e delle comunicazioni su strada ordinaria, hanno fatto redigere montagne di progetti stradali, tutti approntati su carte ina datte (25 000, mappe catastali) o redatti su carte preparate a « pezzi e bocconi », con metodi tacheometrici, salvo le poche eccezioni delle grandi autostrade. Le carte adatte a questi scopi, come del resto alla progettazione di opere idrauliche (canali, sbarramenti, difesa delle sponde, arginature longitudinali e trasversali, briglie mon tane) sono quelle al 2 000.

L’istituzione delle Regioni (a statuto speciale o meno) richiede la disponibilità di carte in scala 1:10 000 od 1:5 000. È di questi tempi l’esempio della Sardegna.

Per uso agrario-regionale (sviluppo di un particolare tipo di assetto agrono mico, bonifiche, sistemazioni agrarie, rimboschimenti, e cosî via) le carte indispen sabili sono ancora quelle a denominatore 5 000-10 000.

Le richieste maggiori di queste carte provengono, com’è ovvio, da Enti di di ritto pubblico: Regioni, Proviticie, Comuni, Consorzi, Aziende Statali o locali. È per la tutela dell’interesse di questi Istituti che faremo, in questo paragrafo in troduttivo, qualche richiamo alle norme di legge relative al collaudo delle opere eseguite per conto degli Enti pubblici; opere nel cui novero rientrano indubbia mente le carte.

Il nuovo « Capitolato Generale di Appalto » per opere di competenza del Ministero dei LL.PP. è stato approvato con decreto presidenziale n. 1063 del 16-7-1962; con che viene abrogato e sostituito ad ogni effetto il capitolato del 1895. L'art. 38, capo IV del predetto capitolato stabilisce che « Entro il termine prescritto nel capitolato speciale e, in difetto, non oltre sei mesi dalla data di ul timazione dei lavori deve iniziarsi la visita di collaudo ».

D'altra parte, il R.D. 25-5-1895, n. 350, stabilisce che il compito di interve nire « ...nell’esecuzione del contratto d’appalto da parte dell’assuntore, al fine di assicurarne la più adatta e vantaggiosa applicazione » sia affidato ad un insieme di persone che si suole chiamare « direzione dei lavori ». Il predetto decreto, stabili sce quali siano le funzioni e le responsabilità del direttore e degli aiutanti. La dire




zione dei lavori è di solito affidata a dipendenti dell’Amministrazione che ha cu rato l’appalto; può però anche essere affidata a liberi professionisti (circolare 18-5-1956, n. 7415 e D.M. LL.PP. del 15-12-1955, n. 2268).

Se quanto è stato qui sopra riportato ha valore e significato in rapporto ai comuni lavori edilizi, si svuota però di contenuto, non appena venga riferito a quella particolare opera che è la redazione di una carta aerofotogrammetrica. Non vi è dubbio che si tratti, anche in questo caso, di una prestazione d’opera che l’Ente richiede ad una Ditta o Studio privato; e che per conseguenza ricada tra quelle per cui « ...l'Amministrazione deve provvedere mediante contratti... » (3), e che comportano, per ciò stesso, la necessità di un collaudo. Sfortunatamente non esiste oggi una norma giuridica che preveda specificamente le modalità, la fun zione, i limiti, il momento della nomina del collaudatore di un lavoro fotogram metrico.

Abbiamo di proposito parlato di « funzione, limiti, momento » perché, a no stro avviso, più che di un « collaudatore » si dovrebbe trattare, in questo caso, di un « direttore dei lavori ». Ma di ciò diremo meglio in seguito. 2 - Vicende attuali dei contratti e dei collaudi per forniture di carte tecniche

Seguiamo ora le vicende — dal preventivo al collaudo — cui sono legate oggi le carte che ci interessano, e per riflesso, gli Enti pubblici che le richiedono. Le fasi attraverso cui passa ordinariamente un Ente, per procurarsi un ser vizio od una prestazione, sono le seguenti: 1) la preparazione del contratto; 2) l'adozione ed approvazione del contratto; 3) la ricerca del contraente; 4) la stipulazione del contratto; 5) l'esecuzione del contratto.

Ad ognuna di queste fasi cotrispondono particolari azioni, operazioni ed in terventi. Ad esempio, al punto 1) vi è la « individuazione del bisogno », che av viene attraverso la segnalazione, all’Amministrazione interessata, dell’esistenza di una necessità o dell’insorgere di un problema. Vi è poi la « scelta dei mezzi » più confacenti per appagare il bisogno, che dovrebbe essere conseguenza di un accu rato studio, eseguito da organi qualificati della stessa Amministrazione. Infine, sempre al punto 1), vi è la redazione del progetto coi suoi allegati. AI punto 2) trovano posto la manifestazione di volontà dell’Ente, i controlli preventivi sul pro getto e sullo schema di contratto. Al terzo posto si ascrivono l’espletamento del l’asta, della licitazione privata, della trattativa privata, od ancora dell’appalto-con corso; quest’ultimo teniamo a sottolineare per i motivi che diremo. Trascurando gli atti relativi alla quarta fase — che sono puramente amministrativi — troviamo al punto 5) la nomina della direzione dei lavori, l'esecuzione dell’opera ed infine il collaudo.

Se la particolare somministrazione o prestazione richiesta è il rilievo topo grafico e l’opera finale che ne deriva, la carta, molte delle azioni sopra descritte sono omesse o trascurate da parte dell'Ente appaltante. Cosî per esempio, « indi




viduato il bisogno », si trascura la « scelta dei mezzi più appropriati », forse per ché i Comuni e le Provincie, i principali richiedenti delle carte, non dispongono di quegli « organi qualificati » di cui dicemmo. Ci sono stati casi in cui dei Co muni hanno deciso di far integrare la mappa catastale con l’altimetria tolta di peso dalle « tavolette », per avere una carta per il piano regolatore generale. In altri casi, l'integrazione altimetrica fu affidata a professionisti privati, che procedettero con mezzi topografici convenzionali (tacheometro, livello). Vero è che si tratta an che qui di casi limite, ma pur sempre indicativi di una carenza nella « scelta dei MEzzi ».

La redazione del progetto, in questo particolare tipo di contratto avente come fine la carta, è del tutto trascurata.

Anche le azioni del secondo punto sono ovviamente omesse, in mancanza del progetto.

L’asta è, in molti casi, sostituita dalla trattativa privata, dato anche il pic colo numero delle ditte che si occupano di fotogrammetria. E qui, riprendendo in esame la questione dell’appalto-concorso, vorremmo far notare che, nel caso della fornitura di carte, si dovrebbe parlare, più che di « trattativa privata », appunto di « appalto-concotso ». Questo « ... rappresenta una forma di contratto partico larissima... Il contenuto del contratto è determinato soltanto sommariamente dal l’Amministrazione ed è invece completato con il concorso del secondo contraente; il progetto esecutivo dell’opera è compilato da quest’ultimo sulla scorta di un piano di massima predisposto dalla prima » (4).

In realtà, quando un Ente locale si appresta a far eseguire un rilievo foto grammetrico, si trova proprio nelle suddette condizioni. Ha cioè solo delle idee di massima sull’estensione del rilievo e sa che conviene ricorrere all’aerofotogram metria. Meno precise sono le intenzioni e le scelte relative alla scala della carta, ed alle condizioni tecniche relative al volo.

Sotto il profilo giuridico, l’art. 286 del T.U. della Legge comunale e provin ciale n. 383 del 1934, afferma: « Per lavori e forniture che richiedono competenza o mezzi di esecuzione speciali, i Comuni, le Provincie ed i Consorzi possono, pre via autorizzazione del Prefetto, invitare le Ditte ritenute idonee, a presentare, ix base a prestabilite norme di massima, i progetti tecnici e a dichiarare a quali con dizioni siano disposte ad eseguirli ».

Esaminando ora la fase esecutiva, si nota che viene sempre omessa la nomina del « direttore dei lavori », che pure è obbligatoria e che gli Enti tutori, chissà perché, dimenticano di richiedere; quindi si arriva, alla fine delle operazioni, alla nomina del collaudatore.

L’esecuzione del lavoro perciò è il più delle volte abbandonata a se stessa, o meglio alla Ditta assuntrice. Pur ammettendo che si tratti di una Ditta qualificata, questa sarà portata ad agire secondo il principio definito in economia « edoni stico », cioè cercherà di ricavare il maggior utile possibile, col minimo dispendio di mezzi. Ne trarrà pregiudizio la carta.

Nominato il collaudatore, non sempre questo è persona esperta. È d’uso, specie nei piccoli e medi Comuni, ricorrere per i collaudi delle opere pubbliche, al solito ingegnere che è, per una via o per l’altra, nelle grazie della pubblica Ammi




nistrazione; per cui accade, che anche nel caso di lavori fotogrammetrici, costui si veda affidato l’incarico. Ora, con tutta la stima per l’onestà professionale degli in gegneri, non sempre — diremmo poche volte — si trovano ingegneri che abbiano conoscenze, esperienza e pratica di questioni fotogrammetriche. Per cui accade che il collaudatore, pur animato da buona volontà, esegua operazioni del tutto su perflue, trascurando l’essenziale. Talvolta accade che il collaudatore si limiti ad un esame comparativo del solo aspetto qualitativo, fra terreno e carta; altre volte, alla vista di splendidi apparati di restituzione, abili operatori intenti al lavoro, carte magnifiche dal punto di vista grafico, si lascia suggestionare dalla forma, dimen ticando la sostanza delle cose. Ma anche se il collaudatore è persona qualificata od Istituto universitario, la nomina « a posteriori » lo mette nell’assoluta impossibilità di intervenire al momento decisivo, che è poi quello stesso della stesura del con tratto. Anzi, diremmo, quello della fase preparatoria, di cui al punto 1).

In definitiva la nomina del collaudatore a lavori ultimati o già avanzati, mette quest’ultimo in condizioni di non poter correttamente operare. Il suo lavoro si li mita allora, il più delle volte, ad una verifica qualitativa del tutto formale (e l’ag gettivo va inteso nell’accezione comune), all’esecuzione di qualche misura sul ter reno, all'eventuale richiesta di qualche operazione suppletiva e, infine, alla redazione del verbale e del certificato di collaudo che, se non si può imputare di falso ideo logico in atto pubblico, è però privo di ogni seria garanzia per l'Ente appaltante. E non si dimentichi che « ...il collaudo dell’opera data in appalto e l’accettazione a di esso da parte del committente senza riserve, gli precludono il diritto di agire per quei difetti che avrebbe potuto rilevare al momento del collaudo » (5). 3 - I collaudi delle carte a piccola scala e delle carte catastali

Diverso è il discorso per la cartografia eseguita per conto dell’Istituto Geo grafico Militare o del Catasto. I due Enti, come dicemmo all’inizio, hanno speci fiche norme di collaudo, che qui in breve riassumiamo. Esse sono basate su una precisa conoscenza dello scopo delle rispettive carte, e delle caratteristiche che si ritiene necessario esse debbano possedere.

Su quanto, nel rispettivo ambito, praticano I.G.M. ed Amministrazione del Catasto non ci soffermiamo a lungo; non solo petché i limiti di questo lavoro non prevedono un esame critico, pur sempre possibile, delle modalità e delle tolle ranze fissate dai due Enti, ma anche perché, quanto è fatto dalle due Amministra zioni non può comunque essere generalizzato ed esteso alle carte di cui ci occu piamo. Si tratta infatti di due casi limite; gli stessi usi e finalità cui le due carte sono destinate, portano ad escludere che i relativi procedimenti di collaudo si possano utilizzare, senza opportuno adattamento, anche per le carte tecniche. a) L’Istituto Geografico Militare verifica, per le carte alle scale 1:25 000 e 1:50 000: — la precisione geometrica del rilevamento — la completezza e la fedeltà della rappresentazione.






Il collaudo viene eseguito in uno dei due modi seguenti: — sul terreno — allo strumento restitutore.

Il primo caso richiede misure fatte sul terreno con metodi tradizionali, cioè con operazioni topografiche (distanze, dislivelli, angoli). Ha due aspetti: l’uno vantaggioso e l’altro meno, Il primo, consiste nel fatto che il controllo è del tutto indipendente dal procedimento aerofotogrammetrico ed è quindi un termine di paragone del tutto attendibile. Il secondo sta nel fatto che questo controllo è as sai discontinuo, lento, poco redditizio. Il controllo allo strumento consiste nel piaz zamento di alcuni stereogrammi, rivedendo ed esplorando nuovamente il modello ottico. La sua comparazione con la restituzione, in fase di collaudo, dà un giu dizio sulla bontà di quest’ultima. Vantaggi: controllo continuo e completo, rapido, redditizio. Svantaggi: il controllo è fatto con gli stessi fotogrammi che servirono per la restituzione che si sta collaudando; gli errori a carattere sistematico deri vanti dal materiale fotografico usato, non vengono petciò rivelati. Le tolleranze fissate dall’I.G.M. (6) riguardano i punti di appoggio e la restituzione. Per i primi si hanno i seguenti valori: scala planimetria quote 1:25 000 1,50 m 1,00 m 1:50 000 3,00 m 1,50 m —_ 1:100 000 2,00 m 2,00 m

Circa la restituzione, si assume come tolleranza dei particolari planimetrici lo scarto grafico massimo di 0,5 mm. Per le quote, l'apprezzamento dell’altimetria al restitutore deve essere contenuto nel seguente valore: + 3.107.n.r. ove n è il denominatore della scala media dei fotogrammi; r è il rapporto H/b (quota di volo, fratto la base).

Per le curve di livello, la differenza tra la quota di una curva di livello trac ciata allo strumento e la quota letta sulla scala corrispondente in sede di verifica, non deve essere maggiore di; + (n-r + 10 p)-5- 10° ove p è la pendenza media del terreno. b) Il Catasto Italiano adottava nell’anteguerra — oltre al collaudo vero e proprio — degli onerosi controlli di pre-collaudo, consistenti nel rilievo di punti, profili e sezioni e nel controllo corrispondente coi modelli e colle minute di re stituzione. Abbandonata questa pratica, rivelatasi superflua per più di un motivo, si limita ora ad operazioni di collaudo « in officina » e sul terreno (7).

Le prime sono le solite verifiche di assetto delle coppie, con verbalizzazione degli scarti tra coordinate calcolate dei punti di appoggio e coordinate osservate




al restitutore. L'istruzione catastale relativa ammette per tali controlli i seguenti scarti: scale planimetria quote 1:500 - 1:1 000 0,50 m 0,70 m 1:2 000 0,70 m 0,90 m o 1:4 000 1,00 m 1,20 m | Per i punti di dettaglio non sono ammessi scarti superiori al mezzo millimetro O grafico, tra due successive restituzioni. | L’altimetria vede ammessi i seguenti scatti: | ‘ per 1 punti quotati: m 0,50 O per le curve di livello: m 0,50 per le scale 1:1000 e 1:2 000; m 1,00 per | la scala 1:4 000. i Sono poi previste formule per più estesi controlli, con ripetizione del trac ciamento di intere curve di livello. 0 Queste formule, forniscono ancora il valore del massimo scarto ammesso fra la posizione della stessa curva di livello, ripetuta due volte; e definiscono tale scarto, come funzione non lineare della pendenza media del terreno, fra due curve di livello contigue. Le formule sono identiche, a meno di due costanti, per le scale 1:2000 ed 1:4000. i Il collaudo definitivo si compie con visite ed esami qualitativi del terreno | e con l’assunzione di misure con triplometri. Per l’altimetria si eseguono sezioni tacheometriche interessanti più coppie, per la cui esecuzione sul terreno sono fis sate opportune precise tolleranze. Sono quindi fissati gli scarti fra i profili altime trici costruiti sulle sezioni tacheometriche e sul foglio restituito: 1) per le mappe in scala 1:500-1:1 000 si ha: t(cost) = 1 m 2) per le mappe in scala 1:2 000-1:4 000 si ha: a) sezioni determinate con tacheometro e stadia verticale — quote per livellette con p < tg 255 tì: = 2 m (scala 1:2 000) ta = 3 m (scala 1:4 000) . b) sezioni eseguite con teodolite e stadia orizzontale, o con livello: — quote per livellette con p < tg 25° to = 1,80 m (scala 1:2 000) to = 2,80 m (scala 1:4000) Se le pendenze delle livellette sono maggiori di tg 25%, sia nel caso a), come nel b), le tolleranze sono date da formule, del tipo di quelle già menzionate più




sopra; in cui t; è ancora funzione non lineare della pendenza tra le curve di livello esaminate, 4 - Il contenuto delle carte tecniche - Stima della precisione occorrente

L’analisi svolta nel paragrafo 2 ha avuto un carattere prevalentemente critico, non sempre benevolo, della situazione attuale delle operazioni di collaudo delle carte tecniche in Italia. Prima di esporre quali, secondo le nostre vedute, debbano essere i criteri di un sano collaudo, occorre premettere qualche considerazione su quella che generalmente si chiama «la precisione di una carta ». La locuzione, oltre che generica, è vaga ed è sfuggita fino ad ora ad ogni approfondita defini zione. Vano sarebbe tentare in questa sede una soluzione di questo annoso pro blema. Tuttavia, tra coloto che ritengono la precisione di una carta definibile in termini oggettivi assoluti, e coloro che la ritengono doversi definire solo relativa mente ai mezzi usabili per costruirla, riteniamo esista una via intermedia che de termina la precisione in funzione dell’uso che della carta si farà, e dei criteri eco nomico-tecnici legati al suo impiego.

Chiametemo contenuto della carta l’insieme dei segni, simboli, numeri od altro, che ad un preciso scopo sono tiportati su un foglio.

Divideremo innanzitutto il contenuto della carta in questi due elementi es senziali: — il contenuto qualitativo descrittivo — il contenuto quantitativo metrico.

L’uno serve a far sf che si possa riconoscere nell’oggetto rappresentato sulla catta una porzione di terreno reale; l’altra a far si che si possano, sulla carta, compiere alcune misure che altrimenti si dovrebbero compiere sul terreno.

Una carta che descriva il terreno per punti, anche con grande precisione nella rispettiva posizione altimetrica e planimetrica, non serve alla stragrande maggio ranza degli impieghi di una carta. Infatti, qualora la carta fosse composta di soli punti quotati, non si saprebbe, per esempio, localizzare sulla carta Îa posizione di un oggetto concreto posto sul terreno.

D'altra parte, una vista panoramica del terreno, la stessa fotografia, per esem pio, non soddisfa moltissime delle richieste metriche quantitative che si formu lano alla carta stessa.

Il possesso di una carta deve permettere di vedere, al di là dei segni simbo lici, il terreno; quei segni, quei simboli debbono bastare all’intuito personale del l'utilizzatore per ricostruire nella immaginazione il terreno.

Ma ciò non sarebbe sufficiente qualora non fosse concesso di ricavare dalla carta anche quegli elementi metrici necessari, per esempio (ma non sono i soli ed i più importanti, come vedremo) per sapere il comportamento di alcuni feno meni naturali; dove e verso quale direzione si muove l’acqua, quale sforzo occorre per risalire un monte, quale ampiezza deve avere un ponte per scavalcare un fiume.

Il contenuto qualitativo descrittivo della carta e il contenuto quantitativo deb bono essere perciò presenti entrambi, in una specie di equilibrio per cui non si




soverchino a vicenda. L’abbondanza del contenuto descrittivo non deve soffocare il contenuto metrico, soprattutto in quel tipo di carte di utilizzazione tecnica ge nerica, come quelle di cui si intende qui parlare.

Nelle carte speciali tale equilibrio può essere rotto volutamente a favore ora del primo (esempi: carte geologiche, pedologiche, morfologiche...), ora del se condo (esempi: carte catastali numeriche, carte per riforme fondiarie o per irriga zioni e sistemazioni idrauliche).

Il problema è di stabilire in qual punto porte questo equilibrio. Non si vuole certo qui rispondere perentortiamente con numeri di valore definitivo, ma ci sem bra di poter suggerire una indicazione generica sul criterio da seguire se lo si vuole determinare praticamente.

La carta, e quindi il suo contenuto, non è prodotto a sé stante; anche la carta ufficiale dello Stato è un elemento vivo, valido ed utile per determinati lavori; è in serito in un contesto economico nazionale di cui si deve tener conto ed al servizio del quale deve porsi. La carta deve essere utilizzata, non incorniciata.

Nel mondo moderno, chi utilizza una carta? Un tempo serviva al tattico per progettarvi una battaglia, ora serve all’ingegnere per progettarvi un’opera.

Credo che, se cercheremo l’equilibrio fra contenuto descrittivo e contenuto metrico, tenendo conto che la carta tecnica è il presupposto di ogni progettazione organica, saremo non molto lontani dalla soluzione corretta.

La carta tecnica va cioè redatta in vista della sua utilizzazione per la proget tazione di opere di ingegneria. Dalle esigenze della progettazione, che può essere intesa su scala molto grande o pit modesta, derivano perciò i limiti di precisione del contenuto metrico e di abbondanza e fedeltà del contenuto qualitativo, in base ai quali deve essere impostata la costruzione della carta stessa.

Le fasi della progettazione che si sviluppano sulla carta possono venire ri partite, sia pure in maniera assai grossolana, cosf: a) scelta della locazione più adatta per l’opera, in base a criteri oggettivi ine renti all’opera ed al suo compito; b) scelta della forma più conveniente per l’opera, in relazione alla situazione oggettiva del terreno su cui va posta; c) rapporto metrico fra l’opera e gli elementi circostanti, e quindi studio delle dimensioni di massima dell’opera e della sua posizione. d) inserimento dell’opera nel paesaggio esterno inteso in senso generale e, perciò, con attinenze inevitabilmente economico-sociali. È ovvio che qui intendiamo parlare di quelle carte tecniche di tipo generale, che debbono preesistere alla progettazione dell’opera ed essere disponibili per tutte le altre progettazioni possibili in una determinata area generalmente assai estesa.

Queste carte, dunque, debbono avere una precisione legata alle necessità della progettazione, che sarà di larga massima sulle carte a maggior denominatore e meno generica per le scale più grandi, fino alla scala 1:2 000.

Sicuramente, però, su queste carte non si giungerà mai al progetto definitivo; questo richiederà carte speciali, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, preparate appositamente, ma per zone ben più ristrette di terreno. Volendo stabi lire le richieste quantitative da proporre ad una carta tecnica posta al servizio del




pubblico interesse, oltre ai principi generici di una sana economia occorre avere presenti le considerazioni seguenti: a) la carta è pur sempre «di carta »; se gli originali possono essere conser vati con cura, il lavoro pratico di progettazione e studio viene eseguito su ripro duzioni la cui stabilità e fedeltà all’originale lasciano a volte assai a desiderare; malgrado ciò, esse sono utilissime, anzi indispensabili. b) Qualche volta alla catta si richiede una informazione metrica assai pre cisa; non è però economico per questi casi sporadici, spendere eccessivamente pet costruire tutta una carta, con precisione in ogni sua parte uguale a quella che può venir richiesta in un caso isolato per una porzione isolata di territorio. Conviene certo, anche economicamente, eseguire sul terreno qualche ulteriore misura in quelle zone o per quelle richieste, che di volta in volta si presenteranno. c) Di tutte le fasi in cui si articola la progettazione, solo una ha delle impli cazioni metriche quantitative, mentre per tutte le altre sono necessarie abbondanza di particolari e fedeltà interpretativa. d) In tutte le opete di progettazione ha interesse, in generale, la posizione relativa di più punti posti a distanze variabili — ma mai notevoli — e non la loro posizione assoluta. Tale precisione di posizione relativa dei punti deve però essere omogenea su tutta la regione cartografata. e) Non dobbiamo inoltre dimenticare che il progettista usa matita e righello, la prima per riportare la sagoma dell’opera sulla carta, il secondo per dimensio narla metricamente e posizionarla relativamente agli elementi topografici circo stanti. Sia l’una che l’altro non sono strumenti perfetti: il tratto della matita ha una sua dimensione non trascurabile, il righello è uno strumento di misura di scarsa precisione e sensibilità. Se a ciò si aggiunge la constatazione che gli elementi de scrittivi del terreno sono segnati con tratti di dimensioni non nulle, si vede facil mente come la precisione di posizione dei singoli elementi sulle carte tecniche, possa fluttuare entro un intorno non del tutto trascurabile. f) Risulta parimenti inutile pretendere precisione di posizione altimetrica dei punti che superi determinati valori; tanto più se si tien conto che anche nei ter reni mediamente pianeggianti, si possono dare variazioni altimetriche limitate ma repentine e frequenti. . g) Sempre relativamente alla rappresentazione altimetrica del terreno, ci sem bra di poter distinguere nettamente la precisione delle curve di livello da quella dei punti quotati. Le prime servono più alla descrizione qualitativa del terreno, i se condi alle informazioni quantitative. Mentre le curve di livello debbono pi fe delmente con continuità seguire il terreno, mettendone in evidenza le forme nelle sue variazioni anche minute, ma senza necessità che tali variazioni siano esatta mente localizzate, invece i punti quotati debbono piuttosto fornire una situazione media altimetrica della zona che li circonda, che non rappresentare con alta fedeltà un punto ben definito del terreno. Necessariamente quindi la delimitazione della precisione della quota di un punto, si amplifica per lasciare maggiore spazio al l’incertezza.

Anche se le sette osservazioni sottoposte alla riflessione dei lettori possono trovare non tutti consenzienti, a nostro avviso esse sono una guida assai oggettiva




alla individuazione dei limiti di precisione, economicamente e tecnicamente validi, che si debbono porre alla costruzione di carte tecniche prodotte per Enti pubblici o di interesse pubblico, ed al fine di costituire il sottofondo indispensabile per ogni progettazione di opere di ingegneria entro un vasto comprensorio amministrativo.

AI di là di qualsiasi tentativo di giustificazione teorico-analitica di quanto di remo e delle cifre che suggeriremo, ci sembra pit significativo basare ogni scelta su una intuizione immediata da tutti accettabile in linea di massima. Ponetevi nella situazione di un progettista: una matita appuntita in una mano, un tighello nor male in plastica o legno nell’altra, davanti a voi, ben teso sul piano del tecnigrafo un foglio di carta su cui, o a stampa, o per riproduzione eliografica, stanno segni molteplici. Appoggiate il righello e, con la matita, tracciate un segno pure voi. Poi misurate delle distanze fra punti di intersezione di linee già esistenti con quella da voi tracciata. Istintivamente, nel leggere sulla scala del righello, vi accontente rete del millimetro; se siete pignoli vi spingerete fino al mezzo millimetro. Non vi spingete oltre quel limite perché comprendete, meglio intuite, che sarebbe illusorio.

In tal modo la prima scelta è fatta, e ben precisa. Il resto verrà di conseguenza.

La zona di incertezza nella posizione planimetrica del punto sulla catta può avere raggio massimo di 0,5 mm; 0,5 mm è perciò la tolleranza nella posizione planimetrica sulla carta dei punti rappresentanti particolari topografici del terreno.

Sempre puntando su fattori intuitivi che ci sembrano i più validi, mettiamoci nelle condizioni del progettista che debba utilizzare quantitativamente la descri / zione altimetrica del terreno contenuta nella carta.

Prendiamo in esame dapprima la descrizione a curve di livello, dopo che questa abbia già assolti i suoi compiti qualitativi. L’utilizzazione metrica delle curve di livello avviene, a nostro avviso, solo nei casi in cui il progettista vuol tracciare una sezione normale orientata del terreno (ad esempio per progetti stradali, linee elettriche, ecc.). Utilizzando a questo scopo le curve di livello, non si deve di menticare che esse non sono scelte in posizione tale da permettere la più fedele ricostruzione del terreno per elementi discreti, ma sono arbitrariamente localizzate con il criterio della quota intera. Fra due curve di livello le oscillazioni possono anche essere di poco inferiori all’equidistanza, quindi la sezione costruita dal pro gettista ha una fascia di incertezza pari, o poco inferiore, all’equidistanza delle curve di livello. Poiché nella cartografia moderna, soprattutto di tipo tecnico, è ormai invalsa la regola, non rigorosa né vincolante, di scegliere l’equidistanza eguale, in media a 1/2 000 del denominatore della scala espresso in metri, questo stesso valore, o meglio uno un po’ minore, può venire assunto come tolleranza della rappresentazione altimetrica a curve di livello. Infatti l’utilizzatore, qualora potesse disporre di curve di livello anche più precise, non otterrebbe che una illusoria precisione nella ricostruzione del terreno per sezioni. Se si fanno un po’ di conti ci si accorge subito che in base al criterio precedente, la tolleranza in quota delle curve di livello è uguale o di poco inferiore alla tolleranza planimetrica già prima definita.

Il progettista dispone inoltre, per il suo studio, dell’altto tipo di dati quan titativamente descrittivi del terreno: i punti quotati. Su un decimetro quadrato di carta questi punti sono in media in numero da 10 a 20. L’utilizzazione di




questi punti si basa sulla presunzione che tali punti siano localizzati in posizioni caratteristiche del terreno, mediamente rappresentative dell'andamento del terreno nelle immediate adiacenze, non certo in punti critici od anomali rispetto a quel l'andamento medio. Tuttavia ben raramente il punto scelto dall’operatore allo stru mento fotogrammetrico verrà a coincidere planimetricamente con quello del quale il progettista richiede la quota. Questa verrà ottenuta per interpolazione o pet estrapolazione a seconda dei casi e delle situazioni locali deducibili dall’andamento della carta. Interpolazioni od estrapolazioni sicuramente non prive di errore, per le stesse ragioni già viste sopra: il terreno è capriccioso e non sottostà alle sche matizzazioni semplificatrici. Poiché però i punti sulla base dei quali viene fondata la valutazione della quota di un qualsiasi altro punto del terreno, sono stati scelti o, almeno, dovrebbero essere stati scelti con criteri tali da favorire questa schema tizzazione, è giustificato ritenere che la zona di incertezza delle quote cosî ricavate, sia minore di quella di un qualsiasi profilo altimetrico tracciato usando delle sole curve di livello. Ci sembra di non peccare né di eccessivo ottimismo né di inutile severità, ritenendo che l’ampiezza della zona di indeterminazione delle quote cosî ricavate, sia da valutarsi come compresa entro 3/4 e 1/2 della zona di incertezza dei profili altimetrici dedotti dalle curve di livello. Di conseguenza anche la precisione dei punti quotati dovrà essere maggiore, e la loro tolleranza sarà allora compresa fra i 3/4 e la metà della tolleranza alti metrica delle curve di livello. Riassumendo qui le conclusioni di questo lungo discorso, si può dire che le esigenze del contenuto quantitativo delle carte di tipo tecnico sono le seguenti: — Errori di posizione planimetrica dei punti contenuti entro il mezzo millimetro sulla carta. — Frrori di posizione altimetrica: delle curve di livello: — inferiori a 10/10 o meglio a 8/10 dell’equidistanza, a seconda della natura più o meno accidentata del terreno; dei punti quotati: — inferiori a 7/10 od a 5/10 dell’equidistanza, a seconda della natura più o meno accidentata del terreno.

Il criterio che ci ha condotto a porre questi limiti alle tolleranze del contenuto metrico delle carte tecniche, non è esente da critica; ma la ragionevolezza sia da un punto di vista tecnico che economico del risultato dell’indagine, ci fa ben sperare che esso possa essere benevolmente accolto. Un pregio non si può certo negare alla proposta: la precisione quantitativa di una carta per usi tecnici generici è automaticamente definita dalla scala della carta stessa. Si è introdotto nel discorso fin qui condotto, il termine di tolleranza ed è perciò giusto che noi giustifichiamo un po’ questo uso e diamo del termine una definizione chiarificatrice.

Intendiamo per tolleranza della posizione planimetrica, il limite massimo del valore assoluto della differenza fra la posizione riportata sulla carta e la posizione esatta del punto; posizione di un punto intesa con riferimento al sistema di assi e, quindi, alla parametratura, riportata sulla carta stessa.

Identicamente per la tolleranza della posizione altimetrica va inteso il limite massimo della differenza, in valore assoluto, fra la quota di un punto segnata sulla carta e la quota reale del punto rispetto alla superficie di riferimento prescelta.






Perché si preferisce stabilire il valore della tolleranza e non quello dell’errore ‘quadratico medio? La ragione è assai banale, ma, in pratica, di estrema importanza soprattutto in fotogrammetria: la tolleranza cosî come sopra definita non richiede nessuna ipotesi suppletiva sul tipo o sulla distribuzione probabilistica degli errori. Poco importa che gli errori commessi siano gaussiani o no, accidentali o sistematici, purché siano dentro la tolleranza.

L’ipotesi che gli errori di posizione dei punti rappresentati graficamente su una carta, o delle quote ivi segnate, siano ad andamento normale, a noi non sembra accettabile, soprattutto in una catta ottenuta per via fotogrammetrica. Forse po tranno ritenersi ad andamento accidentale gli errori di interpretazione e gli errori di collimazione stereoscopica; ma non già, per esempio, gli errori dovuti a disorien tamento del modello, sia in senso assoluto che relativo. Questi nell’ambito di un modello hanno influenza a carattere sistematico, e tanto più si evidenziano come tali nelle zone a cavallo fra due modelli contigui.

In considerazione di ciò, anche allo scopo di evitare malintesi sul criterio con * cui applicare le norme contrattuali (se cioè moltiplicare l’errore quadratico medio imposto per 2,5 o per 3, al fine di ottenere l’errore massimo) si propone che sui contratti sia sempre stabilito non l’ertore quadratico medio; ma solamente Ta ‘tolleranza, senza ‘aggiungete nessuna ipotesi sulla distribuzione probabilistica degli ‘errori. i | I A =: pensa 7 Il contenuto di una carta non è solamente quantitativo metrico, ma anche, e si oserebbe dire soprattutto, qualitativo descrittivo. È necessario pertanto esten dere il concetto di precisione di una carta anche al contenuto qualitativo. Esso, come si è sottolineato puntualizzando le qualità richieste ad una carta che serve alla progettazione di opere di ingegneria, è indispensabile in tutte le fasi della progettazione, sia essa di larga massima o no.

L’interpretazione dei particolari plano-altimetrici, che si ritiene di dover ripor tare sulla carta, la loro scelta e rappresentazione simbolica non può essere lasciata alla mercé del produttore della carta, ma deve essere normalizzata e sottoposta a condizioni vincolanti, anche esse equamente studiate, tenuto conto delle esigenze pratiche di natura tecnico-economica. Difficile è normalizzare schematizzando questa materia, soprattutto quando si tratta di cartografia di tipo ed utilizzazione genetica, come quella che qui ci interessa, ma occorre senz’altro che una norma venga sta bilita. Norma che deve fissare la casistica degli elementi costitutivi del terreno che debbono comparire sulle carte alle diverse scale, stabilire una graduatoria di im portanza fra questi elementi, nettamente distinguendo fra quelli la cui rappresenta zione sulla carta è indispensabile per riconoscere il terreno e quelli che servono solo ad una completezza descrittiva; ed infine unificare la simbologia grafica di ciascuno di questi elementi.

Puttroppo è un vasto campo questo, nel quale molto vi è da fare; qui si è forzatamente costretti a suscitare nuovamente il problema, riaffermandone l’im portanza e sollecitandone la soluzione, senza però poter indicare nessuna direzione di indagine. °




5 - Schema del processo produttivo di una carta tecnica e dei criteri generali per un suo controllo adeguato.

La scelta di quella che genericamente si indica come precisione di una carta consiste, come si è visto, in una operazione deduttiva dalle generiche richieste della sua utilizzazione; essa è perciò indipendente dal processo produttivo economica mente valido per produrre la carta stessa. Tuttavia, in linea di massima, in questa scelta non si può del tutto trascurare un elemento di giudizio quale è quello della economicità del processo produttivo che più velocemente ci porta in possesso del prodotto richiesto.

Ci si può porre, perciò, la seguente domanda: la fotogrammetria, quella tecnica cioè che pit rapidamente di ogni altra ci permette oggi di costruire una carta, può consentire veramente di rimanere entro i limiti di tolleranza previsti, senza perdere totalmente la sua rapidità produttiva, la sua praticità e, quindi, la sua convenienza economica?

La risposta è, a nostro avviso, larghissimamente affermativa in una forte mag gioranza di casi, soprattutto per quello che riguarda il contenuto descrittivo qua litativo. Solo in rari casi e per zone ristrette, con il metodo fotogrammetrico può presentare serie difficoltà una fedele descrizione del terreno, per esempio in zone molto boscose od urbanizzate, dove il terreno è totalmente mascherato dagli alberi o dalle case. Per quello poi che riguarda la precisione del contenuto metrico quan titativo, la risposta è ancora affermativa, purché le operazioni siano condotte con sani criteri o, come si suol dire, a regola d’arte. Pi oltre, da quanto risulterà dalla descrizione del processo produttivo fotogrammetrico, sarà evidente che en trambe le precisioni richieste (qualitative e quantitative) sono soddisfacibili con la fotogrammetria; tuttavia vogliamo essere sinceramente onesti dicendo che qua lora si arrivasse a dimostrare che la fotogrammetria può raggiungere la richiesta precisione qualitativa ma non quella quantitativa, saremmo disposti a rinunciare a quest’ultima ma non al metodo fotogrammetrico. Esso è infatti di tale praticità e convenienza sul piano produttivistico, che sarebbe assurdo pensare ad altri metodi di precisione maggiore ma di esasperante lentezza produttiva e di scarsissima ade renza qualitativa al terreno.

Tuttavia, come si è premesso, tale rinuncia non è necessaria: possiamo chie dere alla fotogrammettia carte con la precisione che serve senza rinunciare alla sua praticità ed economicità produttivistica.

La validità di questa affermazione, come si è detto, risulterà evidente dalla analisi del processo produttivo della carta con il procedimento fotogrammetrico e dei criteri di verifica e di controllo dei mezzi operativi impiegati per raggiungere la precisione voluta.

Questa analisi è lo scopo del discorso che ora iniziamo. Interromperemo il nostro schema produttivo al momento in cui il disegno del foglio viene eseguito su supporto indeformabile con tutte le regole dell’arte. Questo disegno è per noi la carta base. Tutto ciò che si farà dopo riguarda, non pit il metodo fotogrammetrico, ma il processo commerciale di riproduzione. Si sa che in molti casi è proprio questo processo riproduttivo che costa di più e più preoccupa i cartografi, ma è ben chiato che un collaudatore deve solo arrivare al collaudo del disegno, non delle sue ri




produzioni. È d’altra parte un problema da risolvere, se valga la pena di stampare le carte come si fa di un libro. Vi sono situazioni che forse farebbero preferire di limitare tutto agli originali su supporto indeformabile e da questi, con procedi menti semplici, anche artisticamente poco validi, ricavare le copie ad ogni richiesta. È facile immaginare quanto costerebbe l’edizione a stampa della intera serie dei fo gli della carta d’Italia alla scala 1:10 000 (circa 20 000 fogli). Alcuni Paesi europei, ce lo ha detto il prof. Trombetti nella sua relazione a Cagliari (1), operano già cosî: la carta è l’insieme dei lucidi (o delle copie lucide) dai quali si ricavano, a richiesta, copie eliografiche o di altro tipo.

Posto questo limite all’analisi, torniamo al processo produttivo della carta fotogrammetrica. Le sue fasi essenziali sono tre: il volo e la presa dei fotogrammi; la rete di inquadramento e di appoggio; la restituzione cartografica. Tutte richie dono una attenta preparazione e una sagace scelta strumentale ed operativa.

La progettazione del volo implica lo studio accurato delle caratteristiche geo metriche del volo stesso: quota di volo, sovrapposizione longitudinale dei foto grammi e trasversale delle strisciate, lunghezza e direzione delle strisciate, lun ghezza media delle basi. La scelta del materiale da usarsi si riferisce soprattutto: alla camera da presa, al materiale fotosensibile ed ai suoi sviluppi, agli strumenti di bordo per la guida del volo.

Su ciascuno di questi punti citati si potrebbero scrivere libri interi e, di fatto, molto si è scritto che non conviene neppure qui nominare. È necessario, però, proprio allo scopo della riuscita finale del lavoro, sottolineare il primo punto di ciascun gruppo: quota di volo e camera da presa sono elementi condizionanti in maniera essenziale il rilievo. La quota di volo errata, una camera da presa ina deguata possono rendere inutilizzabile il materiale.

Le regole mediante le quali il collaudatore può giudicare della accettabilità o meno della quota di volo proposta, sono parecchie ma tutte si riassumono nella con- ‘ statazione che la tolleranza altimetrica dei punti quotati stabilita contrattualmente 0.S / deve essere maggiore o uguale: allo 0,4%0 della quota relativa di volo, per la car- . tografia tecnica a scala 1:2 000; allo 0,6%0 della quota relativa di volo, per la car- be d tografia a scala 1:10 000. Per le carte a scale intermedie il limite può essere sta- $00 bilito proporzionalmente. Questa limitazione deriva da considerazioni .di carattere teorico-sperimentale ormai largamente confermate che tengano conto di tutti i pos sibili errori sistematici e accidentali di origine strumentale ed operativa. Il limite cosî fissato per la quota di volo, in base alle richieste di precisione mettico-quanti tativa della carta, rispetta contemporaneamente anche quelle che sono le richieste di precisione qualitativo-descrittiva. La quota di volo massima consentita dalla re gola precedente è anche quella che consente di vedere e correttamente interpretare tutti i particolari del terreno, che la carta deve fedelmente riprodurre.

Quanto poi alla scelta della camera, è evidente che le sue caratteristiche geo metriche, campo e formato, e le caratteristiche ottiche, definizione, luminosità e distorsione dell’obbiettivo, debbono essere tali da permettere lo sfruttamento foto grammetrico totale di tutto ciò che dalla quota di volo prescelta è visibile.

L'industria moderna, internazionale ed italiana, offre ormai un gruppo di ca mere, tutte equiparabili fra loro e tutte ugualmente buone. Però ancora oggi si vedono usare camere antiquate, gloriose per la loro storia ma attualmente sorpas




sate, inadeguate per una fotogrammetria moderna. Attenzione inoltre che, pur troppo, non tutte le camere, anche le più moderne, sono tarate a dovere e recente mente. La taratura di una camera comprende la misura della sua distanza principale, la determinazione della posizione del punto principale sulla lastra e il controllo sperimentale della curva di distorsione secondo 4 o più direzioni radiali.

Ricordiamoci, e la sperimentazione fotogrammetrica ce lo ricorda ogni giorno, che la bontà di un risultato fotogrammetrico dipende dal materiale di cui si dispone. Se partiamo da prese fatte male, mal studiate e mal eseguite, vano sarà ogni ten tativo per ottenere buoni risultati. Non val neppure la pena di cominciare. Non è perciò possibile disinteressarsi del volo in fase di collaudo, anzi esso è il primo elemento da esaminare dopo averlo criticamente preparato. Gli elementi da esa minare sono: la sovrapposizione longitudinale e la quota relativa di volo, da cui dipendono il rapporto base/quota di volo e quindi la corretta formazione dei mo delli e la precisione nella restituzione altimetrica; la sovrapposizione laterale da cui dipende l’interezza della copertuta; il percorso rettilineo e parallelo delle stri sciate, la inclinazione longitudinale e trasversale, indicate grossolanamente dalla livella sferica fotografata sulla camera che, se non adeguati, portano danno alla formazione strumentale dei modelli e complicano le operazioni; la nitidezza dei fotogrammi, l’assenza di nubi e le eccessive riduzioni di luminosità ai bordi, il contrasto adeguato ad una nitida visione del terreno, necessarie tutte per una osservazione stereoscopica facile e corretta; infine, sia pur in maniera grossolana, le deformazioni del supporto simmetriche e no, la cui presenza altera i modelli in maniera sistematica.

Se tutto ciò non soddisfa, meglio rifare il volo. Il danno sarà minimo, sia per il committente che per la ditta appaltatrice; solo così però si è garantiti da cattive sorprese a posteriori.

Accettato il volo, la fase operativa successiva, ed in una sua parte anche contemporanea al volo, comprende la istituzione della rete di inquadramento e di appoggio. I problemi posti da questa fase presentano aspetti diversi a seconda della scala della carta che si vuol costruire. Sempre però occorre prendere una decisione relativamente ai seguenti punti: — inserimento e collegamento alla rete nazionale — ampliamento, miglioramento e infittimento della rete di inquadramento — determinazione dei punti di appoggio sul terreno a mezzo di operazioni topo grafiche dirette o a mezzo di triangolazione aerea.

Una decisione sul primo punto implica l’accettazione totale o parziale, op pure il rifiuto, della rete geodetica esistente. Essa, in generale, è nata per altri scopi (in Italia per il 25 000) con altri intendimenti. È perciò indispensabile sa pere ciò che si può ottenere da questa rete preesistente, avanti di servirsene. È di per sé ovvio che la decisione, e decisione bisogna prendere in sede competente, sarà diversa per la cartografia alla scala 1:10 000 di una zona che comprenderà sicuramente una larga potzione della rete esistente; oppure per una cartografia al 2000 che raramente si estenderà oltre il territorio compreso entro qualche maglia della rete stessa. Nel primo caso, se gli errori di posizione di alcuni vertici della rete superano determinati limiti, l'accettazione di questa come sche letro di inquadramento, ha una influenza disomogeneizzante sul prodotto cattografi




co. Nel secondo caso, questa influenza non preoccupa, perché ai pochi vertici della rete nazionale si affidano compiti di orientamento, posizionamento e dimensiona mento generale sempre largamente assolti dalla precisione di quei pochi punti. L’infittimento della rete di inquadramento è infatti indispensabile per i rilievi alle scale più grandi; tuttavia esso va inteso non tanto come un vero e proprio infit timento di una rete, quanto piuttosto la costruzione di una rete di ampiezza e densità opportune, studiata, misurata, calcolata e compensata autonomamente e poi orientata, posizionata e dimensionata sui punti della rete esistente. Di infitti mento vero e proprio e di miglioramento dovrà invece parlarsi se si riftuta par zialmente la rete nazionale e se si ritiene la sua densità di punti non sufficiente agli scopi cartografici.

Ogni decisione o scelta su questi punti è gravissima ed implica conse guenze di portata notevole. Queste conseguenze consistono soprattutto nella pre senza entro la sezione rilevata di zone con precisione non omogenea con le altre, ed ove a volte i limiti di tolleranza negli errori di posizione dei punti non sono rispettati. È difficile scoprite con operazioni sporadiche sul terreno l’esistenza di tali zone anomale; è più probabile che se ne accorga un attento operatore in fase di orientamento assoluto dei modelli, ma in entrambi i casi la segnalazione giunge (quando non viene sapientemente mascherata) troppo tardi, allorché cioè il lavoro è già così avanzato, se non del tutto finito, che risulta assai improbabile ottenere un totale rifacimento. Quando si accetta la rete fondamentale di inquadramento di un rilievo, occorre essere già a priori sicuri che essa soddisfi i requisiti di precisione richiesti.

La decisione spetta perciò ad organi competenti investiti di autorità e respon sabilità che dovranno decidere se rifare, e in quale misura, la rete di appoggio. Tale decisione deve essere maturata tenendo presente che gli errori propri della rete di inquadramento non debbono essere tali da provocare errori entro i modelli, che, una volta composti con gli errori propri della restituzione fotogramme trica vera e propria, superino le tolleranze accettate in sede di contratto. Sempre rimanendo entro una stima grossolana, possiamo stabilire che i vertici delle reti di inquadramento abbiano errori di posizione sempre inferiori ad 1/3 circa delle tolleranze quantitative globali dei punti della carta.

Eccoci infine alla decisione inerente alla determinazione dei punti di ap poggio. Il quesito fondamentale è: operazioni a terra od aerotriangolazione? Senza fare preclusioni preconcette e, anzi, formulando i voti più fervidi che le attuali ricerche sperimentali possano estendere il campo di applicazione della triangola zione aerea, ci sembra di poter affermare che attualmente il limite di applicabilità della triangolazione aerea debba essere posto intorno alla scala 1:5 000. Per scale più piccole e per lo stesso 5 000, la triangolazione può venire applicata; per scale maggiori no. Le richieste di precisione di queste ultime sono ancora sproporzio nate alle possibilità del metodo.

Ma anche nel campo di applicabilità della triangolazione aerea occorre che limiti ben precisi vengano posti, oltre i quali il procedimento non dà più i frutti richiesti. Chi porrà questi limiti, chi sorveglierà lo svolgersi delle operazioni, chi criticherà i risultati? Evidentemente il collaudatore, che dovrà compenetrare il giusto criterio tecnico con il sano principio economico.




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Si dovranno porre limiti di lunghezza delle strisciate e di dimensione dei blocchi; si dovrà stabilire un limite minimo di numero ed un criterio avveduto di distribuzione dei punti di appoggio.

La sorveglianza dovrà essere condotta soprattutto sull’applicazione rigorosa del metodo adottato, sulla cura e manutenzione degli strumenti e sulla loro verifica periodica, sul criterio e sui calcoli di compensazione.

Infine, l’analisi dei risultati ed il loro collaudo dovrà basarsi: sulla verifica dei residui sui punti di appoggio; sul confronto fra coordinate di punti appartenenti a modelli successivi lungo la stessa strisciata; sul confronto delle coordinate dei punti appartenenti a strisciate adiacenti, eventualmente anche sulla ripetizione di strisciate intere e sul confronto quindi dei risultati compensati indipendentemente. La economicità della triangolazione aerea è notevole; il metodo però può presentare difetti gravi che poche e semplici norme di buon operare possono far evitare.

Ove la triangolazione aerea non sia applicabile, le operazioni topografiche a terra per la determinazione dei punti di appoggio presentano un grave inconve niente: la scelta dei punti. Essi vengono scelti con i fotogrammi alla mano e pur non esistendo il pericolo di gravi errori interpretativi, tuttavia, poiché il terreno visto dall’aereo è spesso assai diverso da quello visto con i piedi per terra, occorre molta attenzione e soprattutto molta esperienza nella scelta e nel riconoscimento di questi punti. Le cause di errori sono molteplici e imprevedibili. Oltre alla cura nella scelta, l'abbondanza nel numero di questi punti è una delle norme semplici, ma non sempre adottate, che limitano gli inconvenienti.

Circa i metodi topografici da usarsi per la determinazione di tali punti, non vi è preclusione preconcetta per nessuno; tutti i tipi di intersezione e tutti i tipi di poligonazione sono utilizzabili. Un solo requisito va richiesto: ogni determi nazione deve essere controllabile. Il collaudatore deve insistere su questa irelizzi nabile garanzia. Quanto alla tolleranza in base alla quale verrà giudicato il risultato, si ritiene che i limiti di errore nella posizione dei punti di appoggio ottenuti a tetra o per triangolazione aerea debbano essere compresi fra 2/3 e 1/2 della tolleranza finale dei punti restituiti.

Quando il volo è riuscito bene, quando la rete di inquadramento è bene im postata e ben eseguita e cosî pure i punti di appoggio, la garanzia di un risultato finale soddisfacente è, almeno per tre quarti, acquisita. E questa garanzia non richiede da parte del collaudatore nulla più che un po’ di attenzione e di solerzia: non misure, non verifiche sul terreno.

L’ultima fase operativa comprende la restituzione e il disegno.

Gli elementi ed i momenti critici delle operazioni di restituzione sono: lo strumento usato, l'operatore, l'orientamento relativo del modello, l'orientamento assoluto, la interpretazione del terreno.

Lo strumento di restituzione è, ovviamente, causa primaria della buona o cat tiva riuscita della carta. Il principio costruttivo sul quale si fonda deve poter ri solvere con procedimento rigoroso il problema fondamentale della restituzione foto grammetrica. Gli strumenti nei quali la soluzione è approssimata non sono adatti per la cartografia alle scale tra 1:10 000 e 1:2 000. Inoltre è necessario che lo stru mento permetta di formare il modello ad una scala tale per cui solo una parte del




l'ingrandimento, e non la maggiore, necessaria per passare dalla scala del foto gramma alla scala della carta sia affidata al rapporto fra coordinatometro e coor dinatografo. L’influenza degli errori strumentali sulla misura delle quote dei punti deve essere inferiore a circa 1/5 della tolleranza ammessa nella quota dei punti restituiti. Fra gli strumenti di restituzione che l’industria fotogrammetrica oggi produce, sono numerosissimi quelli che rispondono ai requisiti sopra elencati per le scale che ci interessano. Esigere l’adeguatezza dei mezzi strumentali non è, di conseguenza, una clausola capestro nei contratti. È oppottuno segnalare qui due particolari situazioni pericolose: la prima, che vengano usati per la restitu zione strumenti al limite delle rispettive possibilità; la seconda che vengano usati strumenti non ben conservati o fuori posto. Nella prima condizione, pur essendo possibile avere buoni risultati, in pratica si richiede una cura ed una attenzione da parte dell’operatore quasi impossibile da ottenersi con la necessaria continuità. Nella seconda, che non ha bisogno di commenti, i dati teorici sulle possibilità strumen tali non hanno più valore pratico ed è perciò come se si operasse con strumenti di classe inferiore. Fa parte perciò dei doveri del collaudatore esigere adeguatezza dei mezzi strumentali e verificare o far verificare la situazione di normalità di tali mezzi. Non si richiedono e non si debbono richiedere prestazioni eccezionali (quasi sempre illusorie) ma occorre che lo standard strumentale previsto dal costruttore sia raggiunto.

Strumento ed operatore formano, in fase di restituzione, un tutto unico; anche l'operatore deve essere tale da produrre con la massima facilità la resa notmale dello strumento. Un operatore non sufficientemente addestrato non riesce ad ot tenere un risultato mediamente buono da uno strumento buono. Il collaudatore attento e non digiuno di tecnica fotogrammetrica sa subito individuare le deficienze dell’operatore e può, perciò, porre rimedio.

Come è noto, la coppia dei fotogrammi deve prima essere orientata relativa mente e poi assolutamente. La prima fase sfrutta, per giungere alla formazione del modello, elementi intrinseci relativi; la seconda usa, per dimensionare e posizio nare il modello stesso, dati esterni assoluti. La tecnica fotogrammetrica, già da molti anni, ha sancito questa separazione che si giustifica col fatto che il modello, formato in base ad elementi intrinseci purché lo strumento sia corretto ed il mate riale fotografico buono, risulta migliore di quello ottenuto utilizzando anche dati esterni. È, secondo noi, un errore il compensare evidenti deformazioni del modello introducendo alterazioni dell’orientamento relativo. Le deformazioni del modello vengono solitamente denunciate dai punti d’appoggio a terra che sono in numero superiore a quelli strettamente necessari; in tale frangente occorre cercare la vera causa e non peggiorare l'operazione di orientamento relativo. Le cause possono ri siedere nello strumento (srettifica o inadeguatezza dei suoi organi), nel materiale fotografico (deformazione della pellicola, imperfetta correzione della distorsione dell’obbiettivo di presa), oppure negli stessi punti a terra (difettosa identificazione, errore di misura o di calcolo delle coordinate).

Queste due fasi della restituzione, l'orientamento relativo e quello assoluto, l'una successiva all’altra, costituiscono il punto cruciale della restituzione e vanno quindi controllate e sorvegliate. È evidente che ciò è bene sia fatto solo da un col laudatore esperto di fotogrammetria, tuttavia l'operazione è in sé semplicissima e




si riduce alla verifica delle parallassi residue nel modello per l'orientamento relativo ed alla verifica degli scarti residui sui punti di appoggio per l’orientamento assoluto. Si dirà ben formato un modello nel quale le parallassi trasversali residue in ogni suo punto non superino uno o due centesimi di millimetro sul piano della lastra, ovverossia la distanza minima fra le marche è minore del raggio di una marca. L’orientamento assoluto di un modello si dirà soddisfacente quando l’entità degli scarti residui, sia planimetrici che altimetrici, sui punti di appoggio non superano mai i 2/3 della tolleranza totale, ed inoltre quando l’andamento di questi errori residui sui punti di appoggio non siano tali da denunciare difetti sistematici di orientamento. Quando, per esempio, in tutti i punti di appoggio marginali il punto restituito è spostato verso l’esterno o verso l’interno del modello stesso, allora, anche se gli scarti sono entro tolleranza, è chiara la presenza di un errore di di mensione o scala del modello, che sarà bene correggere.

Un altro criterio permette una ulteriore verifica delle operazioni di orienta mento dei modelli ed è quello di saggiare il collegamento fra modelli adiacenti. La zona di riattacco è infatti zona critica dove gli errori di orientamento di due modelli possono sommarsi provocando discontinuità nella restituzione ed errori su periori alle tolleranze. Un modello, purché non sia il primo del lavoro, avrà qualche suo lato comune ad uno dei modelli già restituiti e cartografati; lungo la fascia di parziale sovrapposizione si restituisca un certo numero di punti già in precedenza restituiti. Le differenze di posizione e di quota dei punti risentiranno sia degli errori di orientamento dei due modelli, sia degli errori di identificazione e di misura. Il comportamento degli uni e degli altri è diverso; mentre i primi avranno an damento a carattere prevalentemente sistematico lungo la linea di confine, gli altri si comporteranno accidentalmente. La separazione dei due tipi di errore può avvenire però solamente se il numero dei punti restituiti comuni a due modelli è assai grande, onde permettere che la differenza di comportamento statistico dei due tipi di errore possa essere messa in evidenza.

In base perciò all’entità degli scarti dovuti alle due cause in tal modo se parate, si potrà valutare se le operazioni di orientamento sono state eseguite a regola d’arte. Le discrepanze fra i punti restituiti nei due modelli non debbono mai superare la tolleranza finale dei punti moltiplicata per V2.

Se il materiale fotografico è buono, se la rete di inquadramento e di appoggio è rigida e ben misurata, se infine l’orientamento relativo ed assoluto è ben eseguito, non vi è ragione perché il risultato finale, la carta, non risponda ai requisiti richiesti dal punto di vista quantitativo metrico. Ciò che infatti resta ancora da fare, la restituzione vera e propria, richiede solo che venga messa alla prova la pazienza, l’attenzione e la perizia dell'operatore. A queste tre doti è infatti affidato ora il risultato finale: la pazienza occorte per esplorare palmo a palmo il modello, pet restituite ogni particolare planimetrico ed altimetrico del terreno; l’attenzione fa st che la restituzione planimetrica, forzatamente per punti, permetta una sufficiente mente dettagliata ricostruzione del particolare, con l’opportuna scelta dei punti più significativi e rappresentativi e con la loro corretta individuazione; la perizia ne cessaria è poi, soprattutto, una perizia interpretativa. Tutti sono capaci di distin guere alberi da sassi, strade da fossi, case da pollai, ecc. stando coi piedi sulla




terra; ma la cosa non è più cost facile quando si guarda entro una coppia di foto grammi. Esperienza e sagacia aiutano in questa fase finale più di ogni pre o post ricognizione. Entrambi i tipi di ricognizione presentano elementi di preziosa uti lità e sono, nell’una o nell’altra versione, da esigersi per l'ottenimento di una carta tecnica completa; ma la perizia fotointerpretativa dell'osservatore non può essere totalmente sostituita con operazioni sul terreno, se non a prezzo di grandi perdite di tempo e di danaro.

Purtroppo però, solo sul terreno sarà possibile al collaudatore verificare se l'operazione di restituzione sia stata eseguita con la dovuta pazienza, attenzione, perizia. Non è infatti sufficiente a garantire che la restituzione del terreno sia stata eseguita con la prescritta fedeltà qualitativa e quantitativa, la verifica consi stente nella semplice ripetizione della restituzione, in tutto o in parte, di un mo dello già orientato. Questa ripetizione permette solo di valutare mediante il con fronto dei risultati, l’entità degli errori accidentali di interpretazione, di individua zione delle posizioni dei punti e di misura delle quote. Questa verifica deve essere sicuramente eseguita e permetterà di stabilire, se le differenze fra le posizioni dei punti ottenuti dalle due restituzioni non superano la tolleranza stessa, che la resti tuzione è avvenuta con cura. Viene assunto come limite delle differenze la sem plice tolleranza e non il valore della tollerenza moltiplicato V 2, come nel caso del confronto fra punti restituiti in due modelli adiacenti, perché in questo con fronto non hanno influenza alcuna gli errori di orientamento relativo ed assoluto del modello che rimangono, nelle due prove, gli stessi.

Non può però bastare questo controllo perché gli etrori di interpretazione possono molto spesso presentarsi in maniera sistematica, sia che si usi uno stesso operatore, sia che si usino operatori diversi. La forma dell’oggetto, le ombre che lo citcondano, gli elementi circostanti che lo mascherano, la posizione marginale sulle lastre, possono essere alcune delle tante cause che provocano etrori siste matici di restituzione. Per queste ragioni è necessario sia che il produttore della carta integri la restituzione con una pre o post-ricognizione, non solo qualitativa sul terreno; sia che il collaudatore, da ultimo, proprio sul terreno, esegua il con trollo definitivo della precisione del contenuto metrico-quantitativo e di quello qualitativo descrittivo della carta. Ma di questo si parlerà più oltre, quando più organicamente si riassumeranno le operazioni che il collaudatore deve compiere per giungere al giudizio conclusivo sul lavoro.

Cosf, lungo questa forse prolissa esposizione, non solo si sono analizzate le varie fasi del processo produttivo di una carta, ma si sono indicati i criteri di verifica della precisione di ciascuna di esse e, da buoni pignoli, abbiamo segnalato i punti critici di ogni fase, quelli sui quali deve appuntarsi l’attenzione del col laudatore solerte.

Inoltre, poiché per ciascuna operazione si è fissato un certo limite di tolle ranza degli errori, chi non è del tutto digiuno di operazioni topografiche ed ha qualche nozione di fotogrammetria, è nella possibilità di concludere che per otte nere, per mezzo della fotogrammetria, carte tecniche rispondenti alle esigenze, basta operare con normale attenzione, usando strumentazione e metodi ormai di uso pratico universale.




6 - Il collaudatore: la sua figura giuridica e il suo compito

Nella seconda parte del presente lavoro si è parlato della difficoltà in cui viene a trovarsi il collaudatore, anche se è persona esperta, nel caso in cui 1’ Ammini strazione proceda alla sua nomina a lavori avanzati, o, addirittura, alla Joto fine. Si è anche fatto rilevare che, per gli appalti dei lavori fotogrammetrici, non si fa mai luogo alla nomina della Direzione dei lavori, lasciando implicitamente questa importante parte dell’opera alla Ditta assuntrice. Esaminiamo in dettaglio le due cose.

Può darsi che, dato il particolarissimo tipo di prestazione che si sta esami nando, convenga lasciare la « direzione dei lavori » alla Ditta appaltatrice; con venga cioè affidarle di diritto, oltreché di fatto, il coordinamento esecutivo delle varie fasi del lavoro, l'emanazione di ordini di servizio al personale, la responsa bilità per l’adozione delle pratiche adeguate al buon andamento dei lavori e, co munque, tutto ciò che serva a dare un’opera che, usando una frase fatta assai comune, sia eseguita « a regola d’arte ». Si impone però allora la necessità che l’Ente appaltante si avvalga del disposto della circolare n. 7269, 16 sett. 1942 del Ministero dei LL.PP., procedendo alla nomina del collaudatore all’inizio dei lavori. Quest'ultimo ha in tal caso « ... la facoltà di effettuare verifiche, anche ripetute e successive, durante il corso dei lavori, per seguirne l’esecuzione nelle fasi tecniche essenziali ». (R.D. 15 aprile 1940, n. 462; circolare M.LL.PP. 2 gennaio 1940, n. 54).

A nostro parere, visto quanto è stabilito dall’art. 92 del citato Regolamento n. 350 del 1895, e cioè che «... non può essere nominato collaudatore chi abbia preso parte alla redazione dei progetti od alla direzione dei lavori », suggeriremmo che nei contratti per la fornitura di carte fotogrammettiche venga esplicitamente inserita una dichiarazione di questo genere. 1) La direzione dei lavori viene affidata a persona, o a gruppo di persone, facenti parte della Ditta appaltatrice e ritenute idonee dall’Ente appaltante. Î 2) Il collaudatore viene nominato contemporaneamente all’inizio delle in dagini per la ricerca del contraente; cosicché si possa affiancare sin da allora agli ‘organi tecnici della Amministrazione, recando il contributo della propria specifica competenza ed esperienza.

I due suggerimenti sono cosî giustificati.

Il primo trae origine dalla necessità che si dia, anche in questo caso, una precisa configurazione giuridica all’istituto della direzione dei lavori, talché vi siano una o più persone, tra i tecnici della ditta assuntrice, con cui l’Amministra zione ed il collaudatore possano proficuamente trattare e che siano responsabili del buon andamento delle operazioni.

Il secondo discende dalle seguenti considerazioni, che assumono quasi valore assiomatico: 1) una carta fatta non si rifà; 2) una catta errata non si può correggere. Cui fa seguito, a mo’ di corollario, questa disposizione:




3) una carta fatta, anche se fatta male, va pagata. L’eventuale sconto non ripaga il danno subito.

Come per ogni altra opera, anche per una carta fotogrammetrica il collauda tore, se nominato «a posteriori », può giungere all’accertamento di mancanze o difetti nei lavori, tali: 1) da non tecare pregiudizio all'opera e da poter quindi sussistere senza inconvenienti; 2) da poter essere riparati in breve tempo; 3) da rendere l’opera assolutamente inaccettabile.

Gli artt. 104 e 106 del Regolamento prescrivono che: nel primo caso il col laudatore rilasci il certificato di collaudo e determini la somma da dedurre dai cre diti dell’appaltatore per i difetti riscontrati; nel secondo deve ordinare i lavori di riparazione da eseguirsi dall’assuntore, assegnandogli anche il relativo termine e rinviando il rilascio del certificato. Nell’ultimo, infine, non fa luogo al rilascio del certificato di collaudo e trasmette il verbale all’Amministrazione, accompagnan dolo con le proposte di provvedimenti.

Se si tratta di carte, difetti come quelli considerati al punto 1) non possono essere che di carattere assai secondario; ad esempio il taglio e l’impaginazione dei fogli, od il tratto grafico non perfetto, od ancora la delineazione dei particolari fatta con linee troppo spesse, ecc.

I difetti di cui al punto 2) dovrebbero essere per gran parte qualitativi, facil mente eliminabili con una post ricognizione.

Ma quelli al punto 3), cioè quelli di cui più s'ha da temere perché esiziali per la carta — in tutto od in parte — ne richiederebbero la parziale o totale correzione, o rifacimento. A parte l’oneroso sistema di controlli cui dovrebbe assog gettarsi il collaudatore, pet accertare — nella sua estensione — l’esistenza di que st'ultimo caso — il che porterebbe il costo del collaudo a valori inaccettabili — resta sempre estremamente improbabile che la Ditta incriminata accetti di rifare tutte, o parte delle operazioni. Per giungere a ciò occorrerebbe senza dubbio ini ziare una causa civile; e si sa quanto durino azioni giudiziali di questo tipo. L’Amministrazione preferirà certamente aderire alle proposte transattive della Ditta, che di solito si estrinsecano nell’offerta di uno sconto. Assumendo che que sto giunga, come massimo, al 30% dell'importo dei lavori (cosa assai improbabile) l’Ente si dovrà pur sempre tenere una carta infedele; una carta insomma che non setvità, o non servirà appieno, allo scopo per cui fu ordinata. Lo sconto, già lo di cemmo, non tipaga il danno.

Ci pare che sia ormai chiaro come la nomina del collaudatore « a posteriori » sia deprecabile, in quanto: — un collaudo eseguito a lavori ultimati, o quasi, non è di fatto possibile; — ammesso che lo si voglia fare ad ogni costo con serietà, esso diventa onerosis simo; il suo costo, cioè, sarebbe dell’ordine di quello della carta, data la mole imponente di operazioni, di misure, di calcoli, di controlli che richiederebbe.

In caso poi di esito sfavorevole, bisognerebbe rifare la carta 0, quanto meno, le parti errate. Oltre ad ogni altra considerazione, basta dire che ciò si tradurrà in un ritardo enorme sul termine di consegna, con le conseguenze facilmente immagi nabili per l'Ente e per la Ditta assuntrice dei lavori.






Accertata la necessità della nomina del collaudatore, in concomitanza con la fase di indagine per la ricerca del contraente, conviene esaminare quali siano le specifiche funzioni ad esso demandate, seguendo lo schema operativo descritto nel paragrafo 5.

Si è già detto che egli dovrà partecipare alla scelta della Ditta assuntrice; che, in collaborazione con quest’ultima, e con l’Amministrazione, influenzerà la reda zione del « progetto » del volo e delle successive operazioni.

Circa la successione dei controlli e delle indagini di collaudo vere e proprie, ci preme affermare subito essere nostra opinione, tecnicamente giustificata, che que sti controlli e queste operazioni non possano essere solo di natura fotogrammetrica. In altri termini, la fotogrammetria non si può collaudare solo con la fotogramme tria; semmai questa deve essere parte dei lavori di collaudo.

Le giustificazioni tecniche di questa opinione stanno nella stessa prassi opera tiva fotogrammetrica, il cui risultato finale dipende da elementi di diversa origine, ciascuno dei quali ha esigenze speciali, come si è cercato di mettere in luce nel pa ragrafo precedente. I compiti del collaudatore sono quindi: a) verifica dei risultati del volo, con particolare attenzione alla quota, al tipo di macchina usata, all'ora ed all’epoca del volo, al ricoprimento trasversale e longitudinale dei fotogrammi, alla nitidezza, all’assenza di nubi, ecc.; 6) controllo della rete di inquadramento. La forma e la disposizione della rete, il numero di punti che la costituiscono, il modo della loro determinazione sono dati molto importanti che condizionano il risultato cartografico. À questo proposito ci sia concessa un’osservazione critica a carattere pratico. È consuetudine abbastanza diffusa eseguire sul terreno un numero eccessivo di misure per la formazione della rete di inquadramento, delle quali solo una parte sarà poi utilizzata. Ciò viene giustificato dicendo che l’opetatore in campagna, in fondo, non impiega molto più tempo del dovuto anche se, da una stazione, rileva qualche direzione in soprannumero. Per contro, troppe volte si dimentica che è indispensabile rilevare ogni punto con misure sovrabbondanti; ad esempio pet tri plice o quadruplice intersezione in avanti; per intersezioni inverse da quattro, cin que punti di nota posizione; e cosf via. Una cosa poi che di fatto è spesso trascu rata è la corretta compensazione di queste reti. Si fa luogo di solito ad una com pensazione elementare, determinando i punti con la media delle loro coordinate ottenute da direzioni diverse; talvolta accade di veder compensati gli angoli di un triangolo della rete, dimenticando che ciò altera — se fatto non correttamente — la geometria della figura cui i triangoli appartengono. La disponibilità dei calcolatori elettronici, dovrebbe aver già da tempo suggerito alle ditte fotogrammettiche di predisporre schemi di reti abbastanza flessibili, adeguabili, cioè, a parecchie necessità e compensabili in maniera ortodossa.

Il collaudatore, perciò, dopo avere esaminato il progetto di rete, disponendo delle minute di rilievo dei dati di calcolo e dei risultati ottenuti dall’esame di questi elementi (differenza fra misure ripetute, errori di chiusura, discrepanze fra le coor dinate ottenute da origini diverse), potrà giudicare la bontà complessiva del lavoro di campagna; e se del caso, potrà richiedere la ripetizione di quelle determinazioni, che non saranno, a suo giudizio, ed a norma di capitolato, accettabili senza pregiu dizio per le fasi successive dell’opera;




c) intervento per la sorveglianza di ogni fase delle operazioni di restitu zione. Tre sono le verifiche da eseguirsi: —- Verifica dell’orientamento dei modelli. Il collaudatore, sinceratosi che il mo dello è formato con la dovuta cura, farà tornare l’operatore sui punti di appoggio siti ai margini ed al centro del modello e misurerà il vettore spostamento tra la po sizione del punto restituito e quella del puntò di appoggio, riportato sulla minuta parametrata per mezzo delle sue coordinate note. Verificherà inoltre la quota scritta accanto al punto, paragonandola a quella letta sulla scala del coordinatometro. Com pilerà poi le tabelle degli scarti planimetrici ed altimettrici. — La verifica della omogeneità della restituzione. Consisterà nella ripetizione della restituzione di punti posti ai margini del modello in corso di restituzione e con tenuti nella fascia di sovrapposizione col modello adiacente già disegnato.

Il confronto della posizione e della quota dei punti ottenuti nelle due restitu zioni consente, come si è detto, di verificare globalmente gli errori di restituzione e di orientamento dei modelli; i punti debbono essere scelti a gruppi numerosi (non meno di dieci) distribuiti entro zone ristrette localizzate in vari punti sul bordo del modello. La media delle differenze in ciascun gruppo evidenzia l’influenza siste matica degli errori di orientamento dei due modelli adiacenti. — La verifica della precisione dell’operazione di restituzione: consisterà nella ripetizione della determinazione plano-altimetrica di punti interni al modello già precedentemente restituiti. Il valore quadratico medio delle differenze riscontrate è un indice dell’errore quadratico medio globale di restituzione, dovuto ad errori accidentali di collimazione stereoscopica dei punti. Anche in questo caso i punti vanno presi a gruppi assai numerosi dislocati in zone diverse del modello.

Queste tre verifiche, oltre a permettere il collaudo della fase operativa di re stituzione se le discrepanze osservate sono entro le tolleranze stabilite secondo i criteri visti nel paragrafo 5, forniscono elementi quantitativi per una valutazione globale del lavoro di restituzione estremamente utile al fine del giudizio finale sulla carta.

Terminata la restituzione e disegnata la carta sui supporti indeformabili, il ailaudatore può dar luogo al controllo sul terreno. Per quanto detto al termine del paragrafo precedente esso è indispensabile; infatti solo quest’ultimo controllo che avrà due aspetti, qualitativo e quantitativo, potrà dare garanzie finali indiscu tibili sulla precisione della carta. — Il controllo quantitativo avrà quindi carattere limitato, date le garanzie già disponibili dei controlli precedenti. Consisterà nella verifica diretta delle quote di un certo numero di punti ben definiti, quotati sulla carta, e nella misura diretta di un limitato numero di distanze fra punti ben individuabili e il cui valore sia compreso entro limiti predeterminati dal contratto d’appalto, in rapporto, natural mente alla scala della carta.

A nostro giudizio debbono essere prevalenti le misure di distanze assai corte (qualche decina di metri) rispetto al numero di quelle lunghe; queste ultime sempre a nostro avviso, a loro volta, non dovrebbero superare, anche per la scala 1:10 000, i 500 m. Ricordando infatti lo scopo fondamentale di una carta tecnica (consentire la progettazione di massima di opere di ingegneria) è proprio la precisione delle




posizioni relative degli elementi costitutivi della carta che può essere, più frequen temente, utilizzata.

Il risultato del confronto fra i dati ottenuti dalle misure dirette sul terreno e quelli desunti dagli originali di restituzione, non solo permetteranno il collaudo definitivo del contenuto quantitativo, se tutte le discrepanze sono contenute entro le tolleranze previste, ma, opportunamente trattati con criteri statistici, possono fornire indici globali di precisione della carta. — Il controllo qualitativo, a cui annettiamo non minor peso di quello del precedente, si esplicherà con una lunga ricognizione del collaudatore sul terreno. Egli annoterà il maggior numero possibile di particolari che, dal raffronto carta-ter reno, riterrà errati o, comunque, male interpretati. In base al numero e all’impor tanza di tali deficienze sarà possibile al collaudatore valutare se il contenuto de scrittivo è sufficiente o no. In questa seconda eventualità, una nuova ricognizione dovrà essere richiesta alla Ditta.

Dopo tutto ciò, resterà solo la stesura del verbale di collaudo e del relativo certificato (art. 100 del Reg. n. 350 del 1896).

A complemento di quanto ora illustrato, vorremmo aggiungere che la pre senza operante del collaudatore, a fianco della Ditta appaltatrice, assume anche una funzione che diremmo di stimolo, nel senso che, oltre ad istituire una collaborazione fattiva con gli organi tecnici della stessa Ditta, questi ultimi si sentono vigilati. Vi gilanza che non va intesa come sorveglianza fiscale, con la tendenza a cogliere in fallo l’appaltatore; il che sarebbe, oltretutto, assai antipatico. Per contro, va intesa come positiva influenza a ben condurre ogni pratica operativa, non solo, ma anche come elemento di sicurezza, che ponga la Ditta al riparo da possibili spiacevoli esiti del collaudo finale. 7 - Schema di contratto d'appalto per carte tecniche alla scala 1:10 000 - Condi zioni tecniche.

Il discorso che ci ha portati fino a questo punto è stato assai lungo e ce ne scusiamo; dobbiamo però riconoscere, ed il lettore se ne sarà accorto, che in molti punti siamo stati un po’ sbrigativi ed abbiamo sorvolato su tanti particolati e pre cisazioni che pur meritano un cenno. Riteniamo utile, per sopperire a queste ca renze, e pet mettere a disposizione di eventuali utilizzatori un esempio concreto, nel quale sono stati tradotti in notme pratiche i principi fondamentali che hanno guidato il nostro discorso, presentare qui lo schema di un contratto d’appalto tipo.

Si tratta di un lavoro eseguito dal Centro di Addestramento e Studi Foto grammettici del Politecnico di Milano, per conto della Commissione Geodetica. A quest’ultima era pervenuta, da parte della Cassa per il Mezzogiorno, una richiesta di parere relativa appunto ad un disciplinare d’appalto, per i lavori di rilevamento aerofotogrammetrico di una intera regione; lavori da inserirsi poi in quelli della Carta d’Italia al 10 000. Lo schema raduna solo notizie e prescrizioni di carattere tecnico fotogrammetrico, relative al rilievo ed al collaudo. Manca per contro ogni




parte giuridico-amministrativa, non essendo nostro compito parlarne. Per tale parte basterà rifarsi alle indicazioni sulle norme legislative contenute nelle parti 1 e 6 del nostro lavoro.

Poiché lo schema di capitolato qui riprodotto è relativo al rilievo aerofoto grammetrico in scala 1:10 000, esso andrà opportunamente modificato se la scala delle carte dovrà essere 1:5 000 o 1:2000. Cosî, per esempio, nelle « premesse generali », cambierà l’equidistanza delle curve di livello, il numero di punti quotati restituiti per ettaro, la corrispondenza tra il mezzo millimetro grafico ed il valore relativo sul terreno. Per il volo andranno modificate le quote. Ma, soprattutto, an dranno rivedute le caratteristiche della rete di inquadramento e di appoggio; ad esempio, non sarà consigliabile il ricorso alla triangolazione aerea, cui invece si fa esplicito riferimento per la carta in scala 1:10 000. Sia chiaro che non abbiamo vo luto allegare un vero e proprio capitolato polivalente, adatto ad ogni lavoro, ma solo fornire uno schema ed un esempio che sia di guida ed ausilio agli Enti che dovranno servirsi della fotogrammetria per scopi cartografici ed intendono servirsi dei criteri tecnici enunciati nei precedenti paragrafi.

I - Premesse generali. 1 - Forma oggetto dei lavori la costruzione con metodi fotogrammetrici della carta topografica del territorio in oggetto alla scala 1:10 000 con i seguenti requisiti: a) rappresentazione di tutti i particolari topografici planimetrici in vera grandezza o con i simboli d’uso; b) descrizione altimetrica del terreno a curve di livello e con piano quotato. L’equidistanza delle curve di livello sarà di 5 m per i terreni con pendenza fino al 15% e di 10 m per i terreni con pendenza maggiore del 15%. La densità media dei punti quotati sarà di 10 ogni 100 ettari. 2 - Le coordinate planimetriche dei particolari del terreno deducibili dalla carta con riferimento alla parametratura debbono avere errori tali che l’espressione V Ax 4 Ay = Ap o ettore totale di posizione, sia sempre inferiore a mezzo millimetro sulla carta, ovvero a 5 m sul terreno. 3 - Le quote dei particolari topografici o punti del terreno quotati diretta mente, debbono avere errori sempre inferiori a 2,50 m. Le curve di livello debbono avere errore sempre inferiore a 4,50 m in quota, qualunque sia l’equidistanza. 4 - Allo scopo di poter ottenere la precisione richiesta nei precedenti para grafi, le ditte esecutrici del lavoro dovranno attenersi alle norme relative alle di verse fasi operative più oltre precisate. 5 - Contemporaneamente alla aggiudicazione dell’appalto, l’Ente provvederà alla nomina del collaudatore, il quale eseguirà e controllerà le successive fasi del




rilievo e, d’accordo con gli organi competenti dell'Ente appaltante, stabilirà l’ido neità o non idoneità del risultato delle diverse fasi ed esigerà la loro eventuale ripetizione, secondo quanto è specificato più avanti.

II - Volo aerofotogrammetrico. 1 - La camera da usarsi deve essere una camera aerofotogrammetrica a film, con obbiettivo grandangolare, focale 150 mm circa e formato 23 Xx 23. Gli elementi che determinano l’orientamento interno della camera da presa debbono essere noti con sufficiente precisione.

La taratura della camera non deve risalire a data anteriore ai due anni dal l'esecuzione del volo. 2 - Il volo deve essere eseguito alla quota relativa di 3 750 m, cui corrisponde una scala media dei fotogrammi di 1:25 000. In nessun caso la scala media dei fotogrammi deve essere inferiore a 1:30 000.

Le strisciate saranno parallele con direzione nord-sud o est-ovest. Il ricopri mento longitudinale deve essere del 60% circa, con oscillazioni comprese entro i limiti del 50% e del 70%.

Il ricoprimento medio trasversale non deve essere inferiore al 10%. 3 - Nel caso in cui venga adottato il metodo della triangolazione aerea, do vranno essere riprese alcune strisciate con direzione perpendicolare a quella nor male di volo. Gli assi di tali strisciate non dovranno distare più di 24 km. 4 - Le strisciate debbono avere l’asse quanto più possibile rettilineo. Se le strisciate vengono usate per la triangolazione aerea (vedi oltre), le variazioni di sbandamento e di by fra un fotogramma ed il successivo non debbono superare ri spettivamente 3° e 1/10 del semiformato delle lastre.

I fotogrammi debbono presentarsi privi di nubi e nitidi. 5 - È ammesso il trattamento con « logetronic » e analoghi per la stampa dei diapositivi.

III - Rete di inquadramento. 1 - La rete di inquadramento planimetrico dovrà essere costituita dal rilievo geodetico del territorio italiano e cioè dai vertici di I, II e III ordine, dei quali si è con sicurezza ritrovata la posizione sul terreno mediante monografie fornite dall’Istituto Geografico Militare. 2 - I punti della rete del IV ordine saranno accettati solo in quelle zone nelle quali, secondo dichiarazioni rilasciate dall’I.G.M., la loro determinazione sia suf




ficientemente recente, la rete che li lega sia omogenea e l’errore quadratico medio delle loro coordinate ricavato dai calcoli non superi in nessun caso * 0,50 m. 3 - Nelle zone in cui la rete dei punti del IV ordine verrà giudicata nel suo complesso non sufficiente, dovrà essere eseguita una rete di infittimento legata ai soli vertici di I, II e III ordine, analoga alla rete del IV ordine I.G.M.

Tutte le operazioni per l’esecuzione di questa rete dovranno essere controlla bili (chiusura di triangoli, poligoni chiusi, intersezioni multiple, catene chiuse, ecc.). È consentito l’uso del tellurometro. 4 - I risultati delle misure dovranno essere sottoposti alla approvazione del collaudatore, che giudicherà anche se la forma della rete è conforme alle norme, compatibilmente con la situazione del terreno.

Tolleranze ammesse: chiusura triangoli 15”; chiusura laterale 10.10-5; disper sione dei punti di intersezione delle coppie di raggi entro un cerchio di 2 m di diametro. 5 - La rete di inquadramento altimetrico dovrà essere costituita dalle quote dei punti del I, II e III ordine della rete geodetica nazionale, dalle quote dei punti delle linee principali e secondarie di livellazione geometrica nazionale e di tipo lo cale, ma attaccata alla rete nazionale. 6 - Le quote dei vertici del IV ordine I.G.M. saranno accettate solo se in base ad informazioni rilasciate dall’I.G.M. l’errore quadratico medio delle quote determinate risulti inferiore a + 0,50 m. 7 - Qualora fosse necessaria una rete integrativa le quote di ogni vertice do vranno essere ottenute almeno da tre direzioni differenti; la differenza massima fra le quote ottenute dovrà essere minore di 1,5 m.

IV - Punti di appoggio dei fotogrammi. 1 - Ogni fotogramma dovrà avere almeno quattro punti di coordinate plano altimetriche note e un punto di quota nota o ricavabile (zenitale).

I 4 punti noti in X, Y, Z debbono essere ai margini del modello e debbono essere, per lo più, comuni ai modelli adiacenti sia lungo la strisciata, sia nelle stri sciate adiacenti.

Le coordinate dei punti di appoggio dei fotogrammi potranno determinarsi o con procedimenti topografici a terra o con il procedimento della triangolazione aerea, preferibilmente per blocchi. 2 - Determinazione con metodi topografici a terra.

Per la planimetria sono consentiti procedimenti: per intersezione diretta, inversa, laterale;




poligonali tacheometriche o tellurometriche.

Le determinazioni debbono essere eseguite in maniera che esistano sempre misure sovrabbondanti di controllo.

Le intersezioni « in avanti » debbono essere almeno triple, le intersezioni « in dietro » debbono collegarsi ad almeno 5 punti ben situati e le intersezioni laterali debbono avere almeno due direzioni sovrabbondanti.

Le poligonali debbono chiudere o su due vertici trigonometrici distinti, op pure sullo stesso vertice.

Le tolleranze sono, nei diversi casi, le seguenti:

Per le intersezioni multiple la posizione dei punti ottenuti dalle possibili com binazioni delle direzioni deve essere compresa in un cerchio di 2,5 m di diametro.

Per le poligonali, qualunque sia la lunghezza della poligonale, l’errore di chiu ‘sura laterale non dovrà superare i 3 m. 3 - Per l’altimetria sono consentiti metodi di livellazione trigonometrica, geo metrica e tacheometrica. Ogni tipo di operazione deve essere eseguito in maniera che risultino controllate le misure.

Le quote trigonometriche debbono essere ottenute da almeno 3 punti; la dif ferenza massima ammessa deve essere minore di 2 m. Le livellazioni geometriche e tacheometriche debbono chiudere su se stesse e su punti di quota nota della rete fondamentale. La tolleranza della chiusura delle livellazioni tacheometriche deve essere di 2 m, qualunque ne sia la lunghezza. 4 - Determinazione con il metodo della triangolazione aerea:

Sono ammessi metodi analogici, analitici e semianalitici di concatenamento.

Le strisciate non debbono essere composte di più di 15 fotogrammi (14 mo delli). I blocchi non debbono essere composti di più di 5 strisciate, oltre a quelle trasversali.

I blocchi debbono avere almeno 15 punti di coordinate planimetriche note, distribuiti razionalmente lungo il perimetro del blocco, ed almeno 25 punti in quota, 15 lungo il perimetro e 10 lungo la linea centrale in direzione trasversale rispetto alle strisciate.

Il blocco va compensato globalmente tenendo conto dei legami fra le strisciate adiacenti. 5 - Qualora si procedesse per strisciate indipendenti, ogni sttisciata dovrà avere almeno tre punti noti in X, Y, Z a ciascuna delle estremità e-due punti al centro. Inoltre, lungo tutta la strisciata, dovranno rilevarsi punti comuni alle stri sciate adiacenti.

Mediante la triangolazione aerea dovranno determinarsi in ogni modello, oltre ai tre punti sulle linee nadirali di ciascun fotogramma, anche due punti almeno, interni al modello. 6 - Qualora l’esecutore del'rilievo decidesse di suddividere il rilievo in bloc chi di dimensioni minori di quelle qui sopra menzionate, che costituiscono il limite




massimo, il numero e la distribuzione dei punti noti di appoggio alla compensazione dovranno essere decisi di comune accordo con il collaudatore, ferme restando le tolleranze più oltre stabilite.

I punti di appoggio delle strisciate e dei blocchi dovranno essere determinati con operazioni sul terreno del tipo sopra descritto, ma con tolleranze pari ai 2/3 delle precedenti. 7 - La compensazione dei blocchi e delle strisciate pottà essere eseguita con procedimenti meccanici o analitici. Le discrepanze sui punti di appoggio di coordi nate note non debbono in ogni caso superare 1 m in planimetria e quota.

Le discrepanze sui punti di legame fra le strisciate adiacenti non dovranno mai superare 2 m in planimetria e 1,5 m in quota. 8 - È data facoltà al collaudatore di richiedere la ripetizione, a titolo di ve rifica delle misure, di un certo numero di strisciate, in misura non superiore al 20% del totale delle strisciate eseguite.

I confronti fra le coordinate compensate nelle due ripetizioni (siano esse ot tenute per blocchi o per strisciate) non debbono superare 3 m in planimetria e 2 min quota. 2 9 - Qualora all’interno del blocco esistessero punti di coordinate note, non usati per la compensazione, costituiti da punti della rete trigonometrica nazionale fino al III ordine e, se del IV ordine, con errore medio di posizione e quota inferiore ai limiti sopra imposti, oppure punti quotati di livellazioni geometriche di tipo nazionale o regionale, tali punti debbono essere restituiti e compensati. Le diffe renze fra le coordinate ottenute dalla compensazione della strisciata e del blocco e le coordinate note non debbono superare 2,5 m in planimetria e 2 m in quota. 10 - Tutti i documenti relativi alle misure ed ai calcoli per la determinazione dei punti di appoggio, sia per via topografica normale, sia per via fotogrammettrica, debbono essere tenuti a disposizione del collaudatore che potrà ad essi accedere e richiedere eventuali verifiche.

V - Restituzione fotogrammetrica. 1 - La restituzione va eseguita con strumenti restitutori che non facciano ri corso a soluzioni approssimate, e che utilizzino le diapositive in formato otiginale. È necessario che l’errore quadratico medio strumentale di restituzione in quota non sia superiore a 0,1%0.

La verifica di quest’ultima condizione, da eseguirsi, come di consueto, me diante restituzione di un modello fittizio, potrà essere richiesta, a giudizio del col laudatore, in ogni momento del periodo di impiego dello strumento.

Nello strumento deve potersi correggere la distorsione, se questa supera 0,01 mm.




2 - L’orientamento assoluto dei modelli va faito tenendo conto di tutti i punti noti, sia in planimetria che in quota. Lo scostamento fra la posizione del punto restituito e la posizione del punto noto, non deve superare mai 0,3 mm in planime tria e 1,5 m in quota.

Su apposito formulario dovranno essere registrati gli scostamenti planimetrici ed altimetrici di ciascun modello sui punti noti. 3 - Il collaudatore avrà facoltà di verificare in qualsiasi momento lo stato di orientamento di un modello e di far ripetere l’orientamento assoluto e la restitu zione di una qualsiasi coppia di fotogrammi già restituita.

Le differenze di posizione planimetrica e di quota fra punti restituiti due volte entro un medesimo modello orientato due volte dovranno essere contenute entro le seguenti tolleranze: scostamento planimetrico inferiore a 0,5 mm; differenza in quota inferiore a 2,5 m.

Le differenze di posizione planimetrica e di quota fra punti restituiti due volte ma appartenenti a modelli adiacenti, dovranno essere contenute entro le seguenti tolleranze: scostamento planimetrico inferiore a 0,7 mm; differenza in quota inferiore a 3,5 m.

La parte restituita di un modello deve essere rigorosamente contenuta entro il poligono costituito dai 4 punti noti posti ai vertici del modello.

VI - Ricognizione sul terreno. 1 - La ricognizione del terreno può essere eseguita o mediante una pre-rico gnizione, usando ingrandimenti opportuni dei fotogrammi, o mediante una post ricognizione, con correzione e integrazione delle carte già restituite, oppure, infine, mediante fotointerpretazione delle fotografie aeree. 2 - La qualità della rappresentazione cartografica deve essere tale da rispon dere ai seguenti requisiti: 1) non deve mancare nessun particolare di importanza, quali edifici in mu ratura, strade provinciali e comunali, corsi d’acqua, ponti, limiti di zone fore stali, ecc.; 2) gli errori di interpretazione nella forma dei particolari più importanti, o le omissioni di particolari di minore interesse, debbono essere limitati a non più di 2 ogni 100 ettari; 3) il disegno dovrà riprodurre alcuni particolari del terreno mediante i sim boli convenzionali che verranno tempestivamente comunicati. Non sono tollerati errori nell’uso di questi simboli.






VII - Norme di collaudo. 1 - Il collaudatore che, come si è detto, dovrà essere nominato prima della stipulazione del contratto di appalto, dovrà partecipare alla stipulazione stessa.

Il collaudatore dovrà essere un Ente o una persona di notoria competenza nel campo dei rilievi cartografici. n | —Sîpito del collaudatore è quello di seguire, lungo tutto il suo «iter », la produzione della carta e verificare e controllare che le norme di appalto relative alle varie fasi operative siano rispettate e le misure siano entro le tolleranze.

Il collaudatore ha però facoltà di suggerire all’Ente che appalta il lavoro even tuali modifiche delle norme, giustificando tecnicamente od economicamente la ri chiesta. La decisione sulla applicazione delle varianti spetta, però, unicamente al l’Ente.

Poiché tutte le diverse fasi operative sono concatenate l’una all’altra, non si potrà procedere alla messa in opera di una fase se non è stata approvata la pre cedente.

Il collaudatore è tenuto a verificare i risultati di ogni fase operativa non appena ricevuto il materiale ed a dare, entro 5 giorni dal ricevimento del materiale, l’auto rizzazione a procedere, oppurtra segnalare cventali defcisnme nelle esecuzione ° dei lavori. ì Ogni giorno di ritardo nel rispondere, oltre il termine stabilito, verrà scalato dal termine di consegna del lavoro finito. 2 - A lavoro ultimato, il collaudatore dovrà procedere, entro il termine di un mese, per ogni 4 mesi di durata dell’appalto, alla esecuzione delle prove quan titative e qualitative della carta.

Le prove quantitative dovranno consistere nelle seguenti operazioni: — Planimetria: misura di un certo numero di distanze fra punti noti e punti ben individuati della carta, oppure fra punti ben individuati della carta.

Ogni misura deve essere eseguita con operazioni topografiche che garantiscano un errore di misura inferiore a 2/10 dell’errore di posizione dei punti, qualunque siano le distanze misurate.

Le discrepanze massime fra le misure sulla carta e le misure sul terreno sono quelle derivanti dal paragrafo 2 della premessa generale.

Per distanze fra punti caratteristici e punti noti le differenze non debbono superare 5,0 m; per distanze fra due punti caratteristici della carta: 5 m quando la distanza non supera i 400 m, 7 m quando la distanza supera 400 m o quando i punti appartengono a modelli diversi.

Debbono essere misurate sul terreno almeno 50 distanze inferiori a 200 m e 50 distanze maggiori di 200 m, per ogni gruppo di fogli della carta che ricoprano complessivamente una superficie di 100 km?.

Qualora i risultati dovessero essere fuori tolleranza, in numero superiore al 10% delle misure eseguite, verrà richiesta la ripetizione delle operazioni di restitu zione planimetrica di tutto il gruppo di fogli formanti oggetto del collaudo.






Qualora i risultati dessero errori fuori tolleranza in numero superiore al 3% e inferiore al 10%, il collaudatore, prima di contestare il lavoro, dovrà eseguire una nuova serie di misure del tipo e nel numero precedentemente indicati. Qualora la percentuale delle misure fuori tolleranza aumentasse, verrà contestato il lavoro, se diminuisse, il lavoro verrà accettato. — Altimetria: determinazione con mezzi topografici da terra della quota di un certo numero di punti quotati della carta di sicura identificazione sul terreno.

Ogni operazione dovrà essere eseguita con un errore sempre inferiore ai 2/10 dell’errore in quota dei punti quotati.

Le differenze massime fra le quote misurate sul terreno e le quote segnate sulla catta sono quelle derivate dal paragrafo 3 della premessa generale.

Per dislivelli fra punti noti e punti quotati del terreno, le differenze non deb bono superare 2,5 m; pet dislivelli fra due punti quotati del terreno le differenze non debbono superare 3,5 m. È facoltà del collaudatore eseguire anche sezioni alti metriche per la verifica delle curve di livello.

Per ogni gruppo di fogli della carta che ricoprono complessivamente una su perficie di 100 km? devono essere misurati i dislivelli di almeno 80 punti quotati: 50 con distanze fra loro non superiori a 1 km, 30 con distanze maggiori di 1 km.

Qualora risultasse che i punti fuori tolleranza sono più del 10% dei punti controllati, il collaudatore dovrà richiedere la ripetizione della restituzione altime trica del gruppo di fogli. Qualora risultasse che i punti fuori tolleranza sono in numero maggiore al 3% ma minore del 10%, il collaudatore dovrà ripetere al trettante misure; se la percentuale degli errori è diminuita il lavoro verrà accettato, se è aumentata il lavoro verrà respinto. | Il collaudatore eseguirà, infine, il collaudo qualitativo del rilievo, percorrendo e controllando a terra circa il 10% del territorio rilevato per ogni gruppo di 6 fogli, e segnerà i particolari mancanti o male interpretati. Il collaudatore non dovrà se gnalare alla Ditta esecutrice la zona esplotata. Qualora venisse richiesta la ripeti zione della ricognizione del terreno, il collaudatore dovrà sincerarsi che i particolari prima mancanti o gli errori interpretativi siano stati cottetti. | Il lavoro verrà accettato se, dopo questa revisione, dal confronto risulteranno . rispettate le tolleranze qualitative. BIBLIOGRAFIA (1) Trombetti C.: « La carta tecnica all’1:10 000 ed all’1:5 000 nei Paesi del MEC. » - Bollettino SIFET, n. 2, 1964. (2) Solaini L.: « Per la carta d’Italia alla scala 1:10 000 » - Bollettino SIFET, n. 3-4, 1963. (3) Giambelluca: « Repertorio di diritto pubblico e privato » - A. Vallardi - Milano, 1960. (4) Pujatti A.: « Gli appalti dei Comuni e delle Provincie » - Enciclopedia per i Co muni - 86-87, aprile-maggio, 1959. (5) Suprema Corte di Cassazione: « Sentenza del 14 gennaio 1941 » - Rivista ammini strativa - 533, 1941. (6) Centro di addestramento e studi fotogrammetrici del Politecnico di Milano: « Lezioni di Fotogrammetria » - 1958.




(7) Ministero delle Finanze: «Istruzione per i rilevamenti fotogrammetrici » - Roma, 1952. Inoltre:

Birardi G.: « Sulla precisione delle carte topografiche » - Bollettino di Geodesia e Scienze affini - n. 3, 1962.

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Le Divelec G. P.: « Considerazioni sui controlli, sulle precisioni e le tolleranze per carte a grande scala » - vol. V - Lezioni di Fotogrammetria - Milano, 1958.

Le Divelec G. P.: « La fotogrammetria per progetti di sistemazione del terreno a scopo irriguo » - Bollettino SIFET, n. 3-4, 1963.

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