COLLAUDO DI RILEVAMENTI FOTOGRAMMETRICI A GRANDE SCALA



DoTT. Inc. ENRICO VITELLI

I rilievi topografici con il metodo della fotogrammetria sono ormai, da tempo, usciti dal loro periodo iniziale e si può affermare senza tema di smentite che sono nel pieno del loro sviluppo, puntando decisamente alla completa maturità, ove quest’ultima definizione debba intendersi non già un raggiungimento, una meta pet ammetterli al paragone con i rilevamenti classici e tradizionali, bensi un supera mento convincente e brillante di essi sia dal punto di vista tecnico, che da quello dell'economia di tempo e di denaro.

Pertanto lo scopo precipuo della presente relazione è quello di esaminare se gli attuali criteri, alquanto generalizzati, posti a base del collaudo dei rilievi foto grammetrici a grande scala (e con particolare riguardo a quello aerofotogrammettrici) siano ancora rispondenti alle situazioni attuali considerate sotto il profilo scientifico e sotto quello economico.

Si tratterà quindi, non tanto di fissare nuovi limiti di tolleranze, nuove cifre e nuovi coefficienti, quanto quello di revisionare in parte o totalmente i principi che devono governare una moderna ed aggiornata concezione di ciò che debba in tendersi per collaudo di rilevamenti fotogrammetrici a grande scala.

Premessa storica.

Non vi è dubbio che quando gli albori della fotogrammetria, suscitati e vivif cati da illustri nomi, quali quelli del francese Laussedat, dell’italiano Potro e del tedesco Koppe cominciarono a tessere i lineamenti di un nuovo capitolo dello topografia, dovettero provocare — unitamente ad un grande senso di curiosità — anche una grande diffidenza nei riguardi del nuovo metodo proposto.

Trattavasi, in sostanza, di un rivoluzionamento, almeno nelle apparenze, di una concezione secolare del rilevamento topografico e di una metodologia (diversa, quest’ultima, non soltanto nelle apparenze, ma anche nella sostanza) che — essendo basata sulle recentissime novità di Daguerre e sui relativi studi di Arago e di Gay-Sussac — non trovava un uditorio contemporaneamente preparato sia dal lato topografico che da quello della tecnica fotografica.

Pit che spiegabile, quindi, le diffidenze di cui si è fatto cenno e non stupisce affatto di apprendere, oggi, le disillusioni e le amarezze che incontrarono, ad esempio, nella loro faticosa strada il Laussedat ed il Paganini nei primi anni della loro attività.

Devesi tuttavia rendere omaggio al Paganini ed all’Istituto Geografico Militare Italiano se, le buone precisazioni conseguite allora con gli strumenti ideati dal Paganini stesso ed impiegati del personale dell’Istituto, destarono tanto interesse




all’estero, da richiamare la diretta attenzione del professor Finsterwalder del Po litecnico di Monaco, della Russia zarista che aveva dato incarico all’ingegnere Thielé di realizzare la ferrovia transiberiana, nonché del famoso ed illustre Istituto Geografico Militare Austriaco, che ebbe più volte a pregare l’analogo Istituto Ita fiano per essere ragguagliato sulla nuova tecnica posta in opera dal Paganini.

Non è questa la sede per passare in rassegna la sia pur interessante vicis situdine che ebbe ad attraversare in Italia ed all’Estero lo sviluppo della fotogram metria, dapprima solo terrestre e poi aerea, fino all’epoca che precede di pochi anni lo scoppio della seconda guerra mondiale. È proprio in quest’ultimo periodo che l’aerofotogrammetria ebbe ad affermarsi in forma massiccia, tanto da interessare concretamente importanti Amministrazioni preposte al rilievo topografico quali, per esempio, qui in Italia l’ Amministrazione del Catasto e dei Servizi Tecnici Frariali. È noto, infatti, che la sopracitata Amministrazione — avendo riconosciuto in linea tecnica le possibilità offerte dal rilevamento aerofotogrammetrico anche pet carte a piccolo denominatore, quali sono, appunto, le carte catastali — ebbe a di spotre la formazione di carte in appalto con il nuovo metodo sin dal lontano 1935-36, sotto l’illuminata guida del Direttore Generale dell’epoca, ingegner Michele Tucci e con l’appassionato controllo che il Servizio competente esercitava a mezzo dei tecnici dell’Amministrazione.

Una prima disciplina ufficiale delle disposizioni tecniche si ebbe con la « Istru zione di servizio per le Sezioni di controllo », compilata dal Prof. Ing. Alfredo Paroli, edita nel 1943; successivamente l’ulteriore evoluzione delle apparecchiature e dei metodi di lavoro e l’esperienza acquisita nella esecuzione dei lavori delle operazioni, resero necessaria la compilazione di una nuova « Istruzione per i rile vamenti aerofotogrammetrici » edita nel 1952 nella quale furono introdotte sem plificazioni e perfezionamenti di notevole importanza per la razionale esecuzione del lavoro e per la riduzione della relativa spesa.

Da quanto sopra rammentato ben si deduce come anche qui in Italia — e direi soprattutto in Italia — lo sviluppo del metodo fotogrammetrico per la formazione di carte a piccolo denominatore sia stato seguito con quella serietà e passione che l'argomento richiedeva, tanto da far registrare a distanza di circa dieci anni la comparsa di due successive Istruzioni tecniche ufficiali delle quali, l’ultima, riflette i nuovi traguardi raggiunti dal sopracitato intervallo di tempo.

Considerazioni tecniche generali.

Era inevitabile che i primi lavori eseguiti in appalto per carte dell’Ammini strazione destassero allora non poche perplessità sul come l’Amministrazione stessa doveva garantirsi della buona esecuzione dei lavori e della loro rispondenza alle finalità da raggiungere.

In assenza di una esperienza diretta in materia — sia in senso tecnico, sia in senso burocratico — era logico che dovesse scaturire un complesso di norme basate su di un criterio fondamentale a carattere estremamente precauzionale, in parte pesante e faragginoso mia pienamente giustificato dalla situazione dell’epoca.






Non è questa la sede per richiamare quali fossero nei primi tempi le norme seguite dall’Amministrazione del Catasto al fine di controllare la buona esecuzione dei lavori, ma valga appena accennare al fatto che allora prevalse il concetto di seguire, per cosî dire, passo per passo lo svolgimento di tutte le operarazioni ese guite in appalto, sia quelle effettuate in campagna, sia quelle espletate in officina; in sintesi trattavasi di un continuo precollaudo e collaudo in corso d’opeta.

Se in quegli anni una siffatta procedura era giustificata e, sotto un certo aspetto, anche feconda di risultati sul piano della scienza applicata, perché frutto di una collaborazione fra Ditta appaltante (ancora non in possesso di apparecchia ture perfezionate come quelle attuali e non dotata di una massa sufficiente di ri sultati tali da far configurare limiti certi di tolleranza) ed Amministrazione statale (ricchissima di esperienza topografica, ma ancora incerta nella valutazione della l nuova metodologia), oggi tale procedura — nonostante il parere contrario di alcuni autori — non ritengo che sia più raccomandabile perché è causa più di incon- | venienti che di vantaggi.

Infatti, oggi, sia le Ditte appaltatrici che l’Amministrazione dello Stato sono diventate, nell’ambito delle proprie competenze, perfettamente allenate al nuovo | metodo di rilevamento ed è bene quindi che i rapporti che intercorrono fra loro siano, in linea di massima, quelli stabiliti dagli appositi capitolati per l'esecuzione \ dei lavori, senza interferenze nel corso dei lavori stessi e ciò per evitare spiacevoli {| e false interpretazioni di clausole o la creazione di cavilli sia tecnici che giuridici che non farebbero altro che ritardare o peggiorare l’esecuzione dell’opera.

Di norma quindi i lavori dati in appalto non devono servire come banco di | studio da parte dell’Ente appaltante nel senso di interferenze di modifiche o magari di elargizione di consigli da parte di esso nei corso dei lavori; ciò non toglie ov- | viamente, che se l’Ente appaltante ravvisa la necessità, talvolta, di effettuate a + mezzo di propti tecnici dei particolari studi, dovranno prendersi preventivi accordi con la ditta esecutrice limitandoli alla parte esclusivamente tecnica e, possibilmente, senza che vengano prodotti intralci al normale lavoro. Pet studi più impegnativi sarà bene che il lavoro venga eseguito al solo scopo di portare a termine gli studi stessi. Prospettive concrete.

Ribadito il concetto fondamentale che in sede di collaudi veri e propri non sia opportuno procedere a verifiche in corso d’opera che disturbino il normale svolgimento del lavoro perché potrebbero portare, come si è visto, a distorsioni degli oneri stabiliti dal capitolato d’appalto ed a equivoci di ogni sorta, si può porre, ora, la domanda se i criteri posti attualmente alla base dei collaudi dei rilievi di mappe a piccolo denominatore siano suscettibili di alcune modifiche che tengano conto dei progressi sine ad ora ottenuti in campo strumentale e dei suggerimenti che, di conseguenza, la Scienza ufficiale può essere in grado di dare.

In questa sede per « criteri » si intendono quelli che, in primo luogo, risul tano codificati da apposite Istruzioni di Servizio edite da Enti altamente qualificati in materia e, in senso più lato, tutta quella massa di nozioni e di norme ormai




acquisite negli ambienti fotogrammetrici, sia sotto forma di pregevolissime note scientifiche, sia sotto forma di bagaglio mentale tecnico.

Ciò premesso, a parere dello scrivente, lo stadio di buona precisione cui sono pervenute le apparecchiature fotogrammetriche di restituzione, nonché la notevole migliorata bontà della tecnica di « presa » aerea permette di revisionare taluni criteri di controllo e di collaudo; si tratta in sostanza di oltrepassare la sempli cistica — sia pure fondamentale e imprenscindibile — esigenza che gli errori siano contenuti entro limiti di tolleranza prestabiliti, con un criterio più profondo e selettivo che riesca meglio a incasellare e a dare un volto tecnico convincente al lavoro oggetto di esame; è come se non ci si accontentasse più di garantire un minimo di bontà, ma si voglia etichettare la qualità del lavoro.

Nella « Memoria » presentata dallo scrivente al recente Congresso della So cietà Internazionale di Fotogrammettia che ha avuto luogo a Lisbona nel settembre 1964 veniva fatto cenno nell’ultima parte di essa alla opportunità di modificare — non solo nell’entità numerica — ma anche nella sua impostazione, la metodo logia che deve presiedere ai collaudi della cartografia a piccolo denominatore in genere e a quella catastale in particolare.

A tal fine si ritiene, in primo luogo, distinguere — nei rilievi a.f.g. a piccolo denominatore — le operazioni che richiedano determinazioni prettamente terrestri (cioè svolte direttamente sul terreno) e operazioni tipiche del metodo a.f.g. (cioè . svolte con la metodologia propria della fotogrammetria e non già quella dei pro cedimenti classici della topografia). È ovvio che la parte occupata dall’uno o dall’altro gruppo di operazioni può essere più o meno vasta a seconda delle particolari caratteristiche che si richiedono per questo o quel tipo di carta, ma è altresf evidente che il primo gruppo di operazioni non potrà mai mancare sulle carte a piccolo denominatore.

Allo stato attuale delle cose, potendosi conferire al metodo a.f.g. la patente di metodo di rilevamento che può —- non solo fornire risultati per nulla inferiori a qualsiasi altro metodo classico — ma anche, per taluni aspetti, migliori, si ravvisa l'opportunità che esso possa autocollaudarsi e cioè che la dimostrazione del livello delle sue prestazioni può essere fornita in gran parte dal metodo a.f.g. stesso.

Ciò non toglie, però, che per tutte quelle operazioni che siano state condotte con metodi terrestri classici si riconosca la opportunità che esse siano — anzi debbano — essere controllate con altrettanti metodi classici per la semplice ragione che se 11 metodo a.f.g. (sempre beninteso in relazione alle carte a grande scala) ha ritenuto di ricorrere a tali metodi è perché, per ora, non vi è nulla da sostituire adeguatamente ad essi.

Pertanto per le carte tecniche in genere sarà indispensabile collaudare a terra con i normali procedimenti la rete di triangolazione di appoggio e, in via subordi nata e più ristretta, la rete trigonometrica dei punti di riferimento nonché, se del caso, le linee di livellazione geometrica d’appoggio; per le carte catastali, in par ticolare, le operazioni terrestri sono alquanto piti numerose e pertanto andranno opportunamente collaudate a terra anche le operazioni di delimitazione delle linee di confine, di cultura e topografiche, nonché taluni rilievi integrativi.

Ad eccezione di quanto sopra illustrato si reputa che tutte le altre opera




zioni, e cioè quelle tipicamente a.f.g., possano essere collaudate in officina con particolare metodologia, beninteso, a seconda delle varie « voci ».

A tal fine è bene riassumere nell’elenco che segue le ben note opetazioni fon damentali della restituzione: 1. - ripristino dell’orientamento esterno ed ingranamento del foglio da disegno; 2. - tracciamento planimetrico; 3. - tracciamento altimetrico.

Per la prima operazione il collaudo, ovviamente, non può altro che eseguirsi in officina, per le altre due operazioni, invece, oggi è norma di effettuare un collaudo misto — parte in officina, parte sul terreno con i metodi classici — con netta preponderanza del secondo metodo sul primo. ”

Orbene — tenuto conto dei notevoli progressi conseguiti dal metodo aerofo togrammetrico — si può affermare senz’altro che per carte il cui denominatore risulti superiore al 5 000, anche le due ultime operazioni di officina possono com piersi esclusivamente nell’officina stessa; per le carte, invece, a denominatore infe riore al 5000 — pur puntando per esse in un prossimo avvenire ad una forte attenuazione dei controlli extra laboratorio — si potrà per ora limitare i con trolli a terra a modesti ed intelligenti assaggi intesi solo a rivelare eventuali errori sistematici verso i quali il metodo a.f.g. può presentare ancora qualche lato debole.

In relazione a quanto sopra — mentre il controllo del regolare orientamento delle coppie e dell’ingranamento del foglio verrà effettuato in base a quelle spe ciali norme che ogni tipica apparecchiatura fotogrammetrica richiede — il controllo del tracciamento planimetrico dovrà essere eseguito, di norma, procedendo ad un nuovo tracciamento di particolari ben definiti; tale operazione è bene che sia eseguita con due modalità diverse e cioè in un primo momento con la coppia già montata nel restitutore e, in un secondo tempo, togliendo e rimontando la stessa coppia. Con la prima modalità — intesa, sostanzialmente, a vagliare le capacità tecniche dell’operatore restitutista — viene accertato che gli scarti fra i due trac ciamenti non superi il normale errore di graficismo; con la seconda modalità invece — assai pi impegnativa e concreta e che risulterà ancora più efficace se l'operatore restitutista sarà diverso da quello che effettuò la prima restituzione ed il primo tracciamento — potranno verificarsi degli scarti graficamente apprezzabili la cui entità, però, dovrà essere compresa entro ben precisi limiti di tolleranza.

Torna ora acconcio di dover parlare, anche dal punto di vista pratico, di cosa debba intendersi per tolleranze e entro quali limiti — tenuto conto dei progressi conseguiti negli ultimi anni — le tolleranze stesse si debbano interpretare, soprattutto ai fini di una valutazione adeguata dei lavori effettuati.

In proposito — già nella « Memoria » presentata dal sottoscritto al Congresso di Lisbona — era stato fatto presente che in base alle indagini sperimentali con dotte ed alle risultante ottenute, si offrivano due « vie » nei riguardi di eventuali modifiche da apportare alle tolleranze per rilevamenti aerofotogrammetrici attual mente in vigore presso il Catasto Italiano. Una di tali vie — del tutto temporanea e transeunte — riflette una pura e semplice variazione delle quantità numeriche che caratterizzano i limiti di tolleranza indicati nella Istruzione e l’altra, invece, assai più impegnativa, che conduce allo stabilimento di nuovi criteri per le tol leranze stesse.






Nella « Memoria » sopra ricordata già si faceva presente che, comunque, gli errori riscontrabili — per i punti P.R. (punti fotografici di riferimento) — fra coordinate strumentali e coordinate desunte dalla triangolazione sul terteno, do vessero essere completamente indipendenti dalla scala di tracciamento e ciò perché il ripristino dell’orientamento esterno non è affatto condizionato, in quanto preci sione conseguibile, dalla scelta della scala stessa.

Semmai i detti errori sono influenzati dalla scala del modello ottico; poiché, però, quest’ultima è di solito scelta in maniera di soddisfare — salvo minime va tiazioni — a più scale di tracciamento non è il caso di tener conto di tale cir costanza.

Sempre nella « Memoria » citata si riportavano alcune condizioni — nei ri guardi sia dell'una che dell’altra « via » — alle quali lo scrivente era pervenuto in base ad esperienze condotte in ordine alla sola planimetria.

Accantonando la semplice e pedissequa via della modifica dei dati di tolle ranza vigenti, fu precisato, allora, che la tendenza moderna, in tutti i campi delle misure, è quella che si indirizza più marcatamente verso il concetto di giudicare la bontà di un lavoro, non tanto sulla base della garanzia che le misure di controllo non abbiano dato scarti al di sopra degli errori massimi ammissibili, quanto dal poter constatare che gli scarti stessi siano contenuti percentualmente entro certe « fasce » d’errore desunte dalla esperienza di numerosi casi.

Si è visto allora (nei riguardi dei soli punti P.R. e limitatamente ad una in dagine prettamente planimettica) che, in primo luogo eta conveniente porre atten zione all’errore globale di posizione del punto considerato, anziché gli errori delle proiezioni di esso su gli assi coordinati e ciò perché tale criterio fornisce rapidamente un panorama delle obiettive situazioni di fatto; inoltre si vide che la probabilità del verificarsi di tale errore era data: (1) P_=2hAe 128° A Con h = grado di precisione, A = errore di posizione planimetrica di un generico punto desunto con la doppia restituzione ed il doppio tracciamento, e = base dei logaritmi neperiani.

Fu dimostrato, altresi, che derivando le (1) rispetto ad h ed uguagliando a zeto (in considerazione del fatto che il valore di h deve essere quello che rende 1 massima la probabilità P) si otteneva h = ——-, ove il termine m, rappresenta m A l’errote medio relativo alla posizione di un punto generico.

In base ai dati sperimentali raccolti ed alla consistente esperienza acquisita in una pratica pluriennale si può fissare il valore di m x € quindi quello di h e costruire per punti la curva (1) che ha l'andamento riportato in figura a), ove per semplicità si è posto h = 1.




0% ys 2453 de 8° 4° 05 dA 0.3 0.2 0,t Q 0 0,î 0,2 03 04 o5 96 0,7 08 09 ilo 1 zlo 215 Fig. a

Effettuando un cambio variabile nella (1), ponendo h°A° = t sviluppando la funzione in serie ed integrando, fu dimostrato allora che la probabilità che un errore di posizione sia compreso entro l’intervallo o — Y era data da:

Y | t t 1 pa |t-—+t_-— — +... Î 2 6 24 o 1 1 Di conseguenza fissando, per esempio, intervalli pari a 0 + — m,; — m, 2 2 2 2 + m,; +— m,j; — + - my; Mm, my; my 2m,; 2my +3 m,, si potevano cal 3 3 colare a priori le percentuali teoriche e confrontarle, poi, con la distribuzione stati stica degli errori.

Orbene la « Memoria » concludeva che un criterio assai raccomandabile per giudicare della bontà di un rilevamento a.f.g. era quello di adottare nei riguardi degli scarti riscontrabili a seguito di una seconda restituzione e di un secondo trac ciamento, cinque «fasce di errore » ciascuna avente come tolleranza il termine superiore della fascia stessa.

Poiché il criterio di cui sopra — oltre che essere confortato sufficientemente da una consistente massa di risultati — è intrinsecamente dotato di una fotte logica,




si è ritenuto opportuno estendere il criterio stesso agli errori riscontrabili nella posizione plano altimetrica dei punti, intesa sempre in senso globale. È stato necessario, pertanto, compiere dal punto di vista tecnico, un lavoro analogo a quello che ha accompagnato l’indagine nel solo campo planimetrico

L’errore complessivo A di cui è affetta la posizione plano-altimetrica di un punto è sempre pensabile che sia il risultato di tre errori A,, Ay e A, attinenti ai tre assi, per cui esso è individuabile — trattandosi di grandezze suscettibili di rap presentazione vettoriale — con un vettore risultante dei tre anzidetti errori (vedi figura b) il cui valore scalare è V A + A7 + AZ

Avanti di procedere nella esposizione dei criteri informatori che hanno deter minato lo svolgimento che appresso verrà illustrato si precisa, in primo luogo, che detti criteri si estrinsecano nella presente « Memoria » sotto forma puramente ana litica e nel presupposto fondamentale che essi si riferiscano ad un tipo di carta a piccolo denominatore dalla quale si pretenda, mediamente, lo stesso ordine di preci sione sia per la planimetria che per l’altimetria.

In effetti già i limiti di tolleranza per la planimetria e per l’altimetria riportati nella citata « Istruzione per i rilevamenti aerofotogrammetrici » del 1952 — pur essendo diversi fra loro — non sono però separati da un forte divario, tanto da far pensare ad un loro definitivo avvicinamento; è ovvio che per raggiungere una tale finalità occorre — come già si è accennato — che la parte altimetrica del lavoro sia garantita da una rete di appoggio eseguita con livellazione geometrica e che lo strumento di restituzione presenti in uguale misura ottime caratteristiche per la restituzione planimetrica ed altimetrica.

Si fa presente, inoltre, che questa prima indagine — per ora teorica, limitata ed ancorata alle premesse di cui sopra — presuppone ancora lo svolgimento di ulte riori indagini, sia tecniche che pratiche, atte a generalizzare maggiormente la tesi trattata nella presente « Memoria ».

Chiamando con y Ax? Vay? V Az, le probabilità semplici che si verifichino i sin goli errori, le loro espressioni saranno, come è noto: hi — hè A}? Vax, = * Vr ha — h? A; (2) YA, 7 —° € Var hs __h? A? Ya,7 ——° € Var






Ammettendo che i due errori planimetrici Ax, Ay abbiano lo stesso ordine di grandezza si otterrebbe (ponendo A,, = Ay = a) un ellissoide di rotazione intorno all’asse delle z la cui superficie è data da: 2 3 4 3 5 7 Poiché nella (4) compaiono due termini variabili, cioè a ed e (quest’ul FETO « è. x a 7 A “ timo, essendo l’eccentricità, è dato da V/ ——-. tale formula non è agevole a a trattarsi, almeno in questa prima fase esplorativa e perciò si procederà considerando in via approssimativa che la superficie © sia quella di una sfera Ax = Ay = A, e cioè porremo o = 4 n A°; di conseguenza la probabilità totale che si verifichi un errore generico A è data da: hi 4A° kh : — kh? A? — k° A° (5) Pi= 474°. —— e = —— e TVT Vr Per trovare la relazione che intercorre fra il grado di precisione h e l’errore medio m A è sufficiente derivare la (5) rispetto ad h ed uguagliare a zero; ciò conduce alla: 31 (6) h=)3:d DA Per verificare, ora, la concordanza fra la distribuzione teorica degli errori e la distribuzione statistica dei medesimi, quale risulta dai dati sperimentali, occorre procedere alla integrazione della (5), ponendo come limiti di integrazione, di volta 1 1 in volta, i valori degli errori compresi fra 0 + — m gicma Tm, + 2 2 2 2 -myj — My + 2my; 2 ma + 3 my. 3 3 Per far ciò è necessario trovare, come prima cosa, l'integrale indefinito della (5); a tal fine si è provveduto dapprima ad effettuare un cambio variabile, nella funzione integranda ponendo h = t e cioè: 4 ar PP ——_ t *- € . d t Vr






La funzione integranda, sviluppata in serie di MC. Laurin fornisce: e = t_t+4_ +-+... 2 6 24 120 che, integrata, dà luogo alla: Y qu dt? tr (6) P_= 4 +... i 3 5. 14 54 0

La conoscenza delle (6) riveste notevole importanza perché una volta desunti dall'esperienza acquisita negli ultimi tempi i valori più probabili da attribuire agli errori medi mA e quindi al grado di precisione h, sarà possibile preventivare i limiti superiori delle cinque fasce di cui si è fatto cenno; si ricordi a tal fine che è stato posto hA = t.

Mi riprometto, nel giro di circa un anno, di poter riscontrare la concordanza dei risultati desunti dalla (6), con la distribuzione statistica degli errori di cui è in corso di raccolta una notevole massa di dati; al termine della elaborazione di tali dati sarà possibile — e soltanto allora — fissare numericamente i limiti di che trattasi ed apportare, conseguentemente, le opportune modifiche sia alle formule di tolleranza sia ad alcune entità attualmente in vigore.

Nella figura c) è stata riportata a titolo di esempio la curva rappresentativa della P, nonché quella della probabilità P’, avendo supposto per semplicità h = 1. p' GI i 98 O 0.7 2.6 2A° 9,5 _ pae) 04 0,3 0,2 Of 0 su ” 4 0 gi 02 093 0% 05 06 07 08 09 10 4,5 20 2,5 Fig. c