RAGIONAMENTI FOTOGRAMMETRICI V. IL NUMERO DEI PARAMENTI DELL’ORIENTAMENTO RELATIVO PER LA FORMAZIONE DEL MODELLO DEL TERRENO



Prof. Uco BARTORELLI

Nel quarto nostro ragionamento (Bollettino n. 3 del 1964) abbiamo dedotto che da una coppia di fotogrammi di un medesimo oggetto, presi da due punti di stinti dello spazio, è possibile formare un modello dell’oggetto stesso, che gli è geometricalmente sirzile, solo che dei fotogrammi si conosca l’orienfamento interno, ossia solo che, dei fotogrammi, si possa ricostruire le stelle proiettanti. Di questi modelli, abbiamo constatato, è possibile ottenerne una semplice infinità ( 0’), uno per ogni rapporto di scala rispetto all'oggetto vero; per realizzarne uno qualsiasi è necessario e sufficiente rendere complanari — incidenti cioè — due a due, i raggi omologhi delle due stelle proiettanti. Ed al termine del nostro quarto ragionamento ci stavamo domandando quale fosse il più piccolo numero di coppie di raggi omo loghi che risultasse necessario rendere complanari affinché, di conseguenza, anche tutte le altre infinite coppie dovessero risultare pure complanari, ed il modello, quindi, formato.

Per dedurre che un tale numero effettivamente esiste — come sarebbe d’al tronde intuitivo — e determinare poi quale esso sia, prendiamo le mosse dalla figura del precedente ragionamento, nella quale le due stelle proiettanti O1, O: sono in uno degli assetti relativi che realizzano un modello dell’oggetto, ossia la complana rità dei raggi omologhi; non importa, ai fini delle nostre deduzioni, che esso sia proprio coincidente con l’oggetto.

Possiamo facilmente renderci conto che, partendo da tale posizione delle due stelle Oi e O:, è certo possibile dare un movimento ad una di esse, di guisa che i raggi omologhi, di tutte le infinite coppie determinanti i punti del modello, di ventino sghembi; ad esempio basterà ruotare la stella O; di un certo angolo intorno ad una retta generica, non compresa nell’angolo solido di abbracciamento della stella stessa, perché tutti i raggi di questa escano dai rispettivi piani nucleari; nes suna coppia di raggi omologhi si intersecherà più in un punto. È pure certo possibile, sempre partendo dalla detta posizione iniziale di O; e O., rendere sghembi i raggi omologhi di tutte le infinite coppie, ad eccezione di una sola coppia, quella incidente in un punto A; ad esempio basterà ruotare la stella O: di un certo angolo intorno al raggio O:A, perché appunto solo la coppia di raggi omologhi O;A e O;A continui ad intersecarsi in A; ogni altra coppia risulterà invece sghemba per essere uscito il rispettivo raggio della stella O: dal piano nucleare.

Ed ancora, se la rotazione della stella O. supponiamo di indurla intorno alla




retta di due punti A e B dell’oggetto, solo le due coppie di raggi omologhi O;A, O:A ed O;B, 0;B continueranno ad essere complanari, mentre ogni altra intersezione di raggi omologhi si perderà (!).

Da quanto abbiamo ora considerato possiamo constatare che ci è possibile di sfare il modello sciogliendo tutte le infinite intersezioni di raggi omologhi, o con l'esclusione di nessuna, od eccezion fatta per una sola, o pet due sole.

In questi ultimi due casi si ha quindi promiscuità fra coppie di raggi omologhi complanari e coppie di raggi omologhi sghembi.

Sarà anche possibile disfare il modello conservando la complanatità per solo quattro, cinque, sei, ecc... coppie di raggi omologhi? L’intuizione geometrica ci dice subito che sarebbe forse possibile continuare in tale procedimento, ma che da un certo numero 7 in poi, la possibilità di avere la detta promiscuità dovrebbe esserci preclusa. Possiamo constatare ciò, considerando che, ad esempio, risulta impossi bile dare un movimento alla stella O: in modo da rendere sghembi solo i due raggi omologhi di una sola coppia, o i raggi di due sole coppie, lasciando invece compla nari tutte le altre infinite coppie. La operazione ci apparirebbe impossibile anche se le coppie da conservare complanari invece di essere è? — quanti sono i punti della superficie dell'oggetto fotografato — fossero invece in un numero grandis simo ma finito, purché generiche, ossia non appartenenti ad uno stesso piano nu cleare. L'operazione è assurda, il che è quanto basta a considerare dimostrata l’esi stenza del suddetto numero #, che, per ora, possiamo dire soltanto essere intero, maggiore di 2 e minore di un numero grandissimo, ma finito. Esso è tale che le due stelle O; e O; possono presentare fino ad #—1 coppie generiche di raggi omologhi complanari, promiscue ad infinite altre coppie sghembe; ed è tale che se x (o più) coppie gereriche di raggi omologhi sono complanari, tutte le infinite altre coppie risultano recessariamente complanari, con la conseguente formazione del modello. * © *

Accertata l’esistenza di tale numero #, proponiamoci di determinarlo. Senza fare ricorso a nozioni di matematica superiore, ci varrtemo allo scopo di un prin cipio logico fondamentale che è alla base della esatta proposizione di qualsiasi pro blema, ossia alla corretta formulazione delle condizioni — sia della loro specie che del loro numero — alle quali il problema deve e può soddisfare.

Se x sono le incognite di un problema, x devono essere le relazioni, indipen denti fra loro, che le condizioni poste al problema devono stabilire fra le x inco gnite. Sappiamo infatti che un sistema con tante equazioni indipendenti (le relazioni suddette) quante sono le incognite, ammette generalmente soluzione; una sola se le equazioni sono tutte di primo grado; più soluzioni di varia natura, ma sem pre in numero finito, con equazioni di grado superiore al primo. 1 Perché la intersezione rimanga inalterata solo per i punti A e B è necessario, invero, che alla retta AB non appartengano altri punti dell’oggetto; ma noi supporremo di avere scelto a proposito i punti A e B, come è lecito fare senza limitare le generaintà, in modo che effettiva mente la retta AB non incontri l’oggetto in altri punti.




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Se le relazioni indipendenti fossero invece una di meno delle incognite avremmo, come è noto, cel soluzioni; con due relazioni in meno ne avremo co”. Se fossero una più delle incognite non si avrebbe alcuna soluzione.

Le condizioni, indipendenti fra loto, che si possono potte per definire un pto blema sono tante quante sono le sue incognite, solo se ognuna di dette condizioni può essere compiutamente espressa da una sola relazione fra le incognite, ossia se costituisce “r solo vincolo per il problema, se fa scendere cioè di una sola unità il numero delle cosiddette « dimensioni » del problema. In altre parole un problema che ammette una sola soluzione, una volta svincolato da una condizione siffatta ammette co! soluzioni e svincolato da una seconda della stessa specie ne ammette 002, Ad esempio il piano passante per tre punti dati è unico; ma per due soli punti passano col piani, ossia un fascio, e per un punto solo ce”, ossia una stella; la con dizione di passare per un punto, rappresenta quindi un solo vincolo, per un piano.

Se invece una condizione, perché possa essere compiutamente espressa, dà luogo necessariamente a due o più relazioni (equazioni) fra le incognite, allora essa rap presenta due o più vincoli per il problema. In tale caso le condizioni da porre al problema devono essere in numero ovviamente minore delle incognite. Ad esempio il passaggio per un punto rappresenta due vincoli per una retta nello spazio; infatti per due punti passa una sola retta, ma per un punto solo passano co? rette, ossia una stella; una condizione di questo tipo fa scendere quindi di due unità le dimen sioni del problema (nell'esempio da 0° a 000).

Se, ciò considerato, prendiamo adesso in esame la condizione di complanarità di due raggi (quella che a noi esclusivamente interessa per la formazione del mo dello) la riconosciamo immediatamente come una condizione costituente x solo vincolo; infatti le rette dello spazio sono c0*, ma tutte quelle che incontrano una retta data sono co5 (precisamente una stella co?, per ognuno degli co! punti della retta data); la condizione di complanarità riduce quindi veramente di una sola unità il numero delle dimensioni del problema. * Xx

Alla luce di quanto abbiamo esposto più sopra, sotto un punto di vista generale, circa le condizioni che si possono porre ad un problema, perché esso risulti definito compiutamente, possiamo adesso asserire che il numero x delle complanarità, che bastano a definite il modello dell’oggetto , è pari alle « dimensioni » del nostro problema. Per definire il numero di queste dimensioni, ricordiamo che ci propo niamo di formare uno qualsiasi degli infiniti modelli dell’oggetto, ossia in una posi zione qualsiasi dello spazio e ad una scala qualsiasi; di orientare cioè una delle due stelle, ad esempio O., relativamente all’altra, nel significato già noto, da dare a que sta operazione.

Possiamo quindi suppotre, senza menomare le generalità del problema che la stella O; sia in una posizione fissa, arbitraria; tutte le possibili posizioni che può assumere la stella O; rispetto alla prima sono co; infatti sei sono, come già sap piamo (Bollettino n. 1 del 1964), gli elementi di orientamento esterno di una sola stella, le tre traslazioni, che definiscono la posizione del vertice O2, e le tre rotazioni che definiscono l’assetto angolare della sua stella.






Sono proprio questi i sei parazzetri, ognuno variabile in una semplice infinità di valori, cui si deve agire per conseguire, una per volta, una qualsiasi delle suddette infinite posizioni.

Fra queste co° possibili posizioni della stella O: troveremo necessariamente quelle che determinano tutti i possibili orientamenti relativi rispetto alle stella O, ossia gli co! modelli che ci interessano (°) la cui esistenza abbiamo accertato. Ecco allora che le dimensioni del nostro problema, quello di conseguire un modello qual siasi dell’oggetto, risultano in numero di 6 — 1= 5.

Il numero # di condizioni che cercavamo è quindi cinque; cinque sono, cioè le complanarità che definiscono il modello dell’oggetto (purché fra loro indipendenti, ossia su piani nucleari diversi).

Ciò significa infine che non appena delle due stelle O;, O: si rendono compla nari cinque coppie di raggi omologhi, tutte le altre infinite coppie risultano weces sariamente pure complanari. * * *

A questo stesso risultato, n = 5, saremmo attivati immediatamente se aves simo potuto fare ricorso alla geometria proiettiva, che appunto dimostra come la proiettività fra due stelle di raggi, più generalmente di due forme co”, resta definita quando di esse vengono date cinque coppie di raggi omologhi.

Allo stesso risultato saremmo arrivati rapidamente se avessimo potuto fare ri corso all’algoritmo delle coordinate lagrangiane del sistema costituito da una delle due stelle (supposta fissa in posizione arbitraria, l’altra). I gradi di libertà, ossia le coordinate lagrangiane di una stella, come figura rigida dello spazio, sono sei. Infatti per darne una posizione qualsiasi basta assegnare le tre coordinate di tre suoi punti (9 parametri) insieme alle condizioni che stabiliscono la sua rigidità, os sia che le mutue distanze fra i tre punti stessi siano anch’esse assegnate (3 vincoli); da cui le coordinate lagrangiane che determinano tutte le possibili posizioni di una stella rispetto all’altra risultano effettivamente 9 — 3 = 6. Ma dato che fra que ste posizioni si trovano le ce! che determinano gli altrettanti modelli del terreno, e dato che a noi interessa formarne uno qualsiasi, anche per questa via si deduce che agendo con cinque sole di esse si consegue una soluzione qualsiasi del nostro problema e quindi, infine, che le condizioni di complanarità necessarie e sufficienti a determinarla sono in numero di cinque. * * *

La disponibilità dei dodici elementi di orientamento esterno, che, come ab biamo visto nel nostro terzo ragionamento (Bollettino n. 1 del 1964), defini scono l'orientamento assoluto della coppia di fotogrammi all’atto della presa, è lar (2) Gli altri c05 diversi assetti possibili fra le due stelle non danno luogo a formazione di modello; le coppie di raggi omologhi saranno in essi tutte sghembe oppure si avrà simultanea promiscuità fra coppie complanari e coppie sghembe, come ci è capitato già di osservare.




gamente sovrabbondante, quindi, quando invece ci proponiamo soltanto di orien tare relativamente i due fotogrammi. Basta dunque utilizzare, allo scopo, solo cinque di tali elementi.

Pit sopra, col supporre la stella O; in posizione fissa arbitraria, abbiamo im plicitamente ammesso che i cinque parametri da utilizzare fossero gli elementi di orientamento esterno della stella O, meno uno, ad esempio meno una delle tre traslazioni di tale stella. Effettivamente questo, nella pratica, è uno dei criteri alla base di una delle prassi adottate per l’orientamento relativo.

Ma col fare la suddetta supposizione non ci siamo posti limitazioni; anzi dalla generalità stessa secondo la quale abbiamo considerato il problema, risulta ovvio che i cinque parametri possono essere scelti comunque fra i suddetti dodici ele menti di orientamento esterno, a patto naturalmente di non utilizzarne mai due, i cui effetti si equivalgono reciprocamente, come le componenti omononime delle traslazioni dei due fotogrammi. Cosî i cinque parametri possono essere anche scelti in modo che consistano nelle tre rotazioni di uno dei due fotogrammi ed in due delle tre rotazioni dell’altro; il che effettivamente è un altro criterio che dà luogo ad un’altra prassi in uso per l’orientamento relativo.

Ed i rimanenti sette elementi di orientamento esterno che restano inutilizzati per il conseguimento dell’orientamento relativo, a che servono? Manifestamente consentono di dimensionare e orizzontare il modello ottenuto (come è stato già ec cennato nel procedente ragionamento), ossia di realizzare l’orientamento assoluto. È quanto considereremo nel seguito di questo nostro ragionare; potremo constatare anche in questa seconda parte del nostro problema fotogrammetrico che le condi zioni da realizzare sono esattamente commisurate ai parametri disponibili.