LA PRESA E L'ORGANIZZAZIONE DEI VOLI

Franco Bernini 1 - Introduzione

La fotografia aerea, in funzione degli scopi ai quali è destinata, delle modalità e dei mezzi mediante i quali è eseguita, presenta caratteristiche di volta in volta talmente diverse che riesce difficile farne una classifica od una suddivisione. Per rendersene conto basterà pensare che, per ciò che riguarda gli scopi, essa può interessare il turismo, la documentazione, l’arte, la tecnica, la scienza, la guerra; che a seconda delle modalità esecutive può risultare obliqua, orizzontale, panora mica, verticale; che per ciò che riguarda il mezzo di trasporto della camera foto grafica non esistono difficoltà nell’adottare un. elicottero, un velivolo convenzionale, un missile oppure un satellite artificiale. Combinando entro certi limiti gli scopi, le modalità ed i mezzi si possono ottenere fotografie aeree di volta in volta diverse fra di loro e comunque destinate a scopi particolari.

Restringendo il campo di utilizzazione, destiniamo la fotografia aerea al solo studio tecnico-economico di una regione, eseguendola con asse approssimativa mente verticale e impiegando un velivolo convenzionale appositamente attrezzato. Adottando questo programma, osserviamo che la fotografia aerea dovrà rispondere a tre esigenze fondamentali: — fornire la maggior quantità possibile di informazioni, per ottenere risultati che, legati alla qualità dell'ottica, alla scelta della combinazione emulsione-filtro ed alle condizioni di presa, siano validi per un ampio campo di utilizzazione nell’am bito del programma di studio. La fotografia aerea, per esempio, potrà costituire un unico ed insuperabile mezzo quando il lavoro, presentando un carattere di ur genza, non consenta la redazione di carte topografiche oppure quando richieda sol tanto un’indagine qualitativa: basterà infatti il semplice esame stereoscopico delle fotografie per risolvere la maggior parte dei problemi, sia che sì tratti di progetti di larga massima, di studi geomorfologici, sociologici, urbanistici, geologici, fore stali, pedologici, ecc.; — consentire misure precise di lunghezze, superfici e volumi, con lo scopo parti colare di realizzare documenti topografici. Di qui la necessità di utilizzare sia camere fotografiche particolari, dette « metriche », le cui caratteristiche mecca niche ed ottiche siano perfettamente note e sia materiali sensibili, su supporto rigido (vetro) o flessibile (film), che garantiscano una stabilità dimensionale durante il trattamento di laboratorio e nel tempo; — riprodurre omogeneamente tutta la regione in studio. Ciò implica che le prese siano organizzate sotto forma di coperture fotografiche aeree regolari, geo metricamente studiate, di cui ciascuna fotografia non costituisce che un elemento.

L'elaborato fotografico unitario che possiede queste caratteristiche assume nella terminologia specializzata la denominazione di « fotogramma » anziché quella generica di fotografia, in omaggio agli scopi altamente tecnici ai quali è destinato. Esso costituisce il risultato degli sforzi scientifici e produttivi del progettista di ottica, del costruttore della camera, del produttore di materiale fotografico e del fotogrammetra. È importante sottolineare che le caratteristiche dei mezzi impiegati e le modalità di uso influenzano in modo primario la qualità del docu mento topografico o morfologico, indipendentemente dalle caratteristiche degli apparati utilizzati per la trasformazione del fotogramma stesso.

Ciò premesso, analizziamo passo passo quali siano i mezzi da impiegare e le metodologie da seguire per giungere alla produzione dell’elaborato fotografico che 45




abbiamo definito. 2 - Il velivolo fotografico ed il suo equipaggiamento Un velivolo fotografico per l’impiego su territorio nazionale deve possedere alcune caratteristiche fondamentali: — essere un pluriposto, per consentire il trasporto di un pilota, di un navigatore e di un fotografo; — possedere una buona autonomia di volo, con un minimo di cinque ore di lavoro, più un'ora di riserva; — consentire una quota operativa di 6000 metri; — la cabina deve possedere una buona visibilità sia in avanti che sulla verti cale: indispensabile è anche una discreta visibilità laterale. Il volume della cabina deve essere tale da consentire una facile manovrabilità della camera ed il trasporto di più magazzini portapellicola.

Tenendo ora presente tutte queste caratteristiche sarebbe facile concludere che l'optimum teorico si otterrebbe scegliendo un velivolo quadrimotore, per esempio del tipo B 17 utilizzato largamente negli Stati Uniti ed in Francia dagli Enti Cartografici Statali. Considerazioni economiche più aderenti alla realtà ope rativa di Enti cartografici privati spostano tuttavia l’attenzione verso velivoli foto grafici meno impegnativi, mediante i quali i costi orari possano essere contenuti entro limiti accettabili e competitivi. Per i lavori su territorio nazionale si può quindi concludere che lo scopo è pienamente raggiunto, con un buon compromesso tecnico-economico, utilizzando un velivolo mono-bimotore avente le seguenti carat | teristiche, oltre a quelle già elencate. — ala alta, per una maggior stabilità durante la ripresa fotografica; — velocità massima di 300 km/h e minima di 120 km/h; — possibilità di decollo ed atterraggio in breve spazio per poter utilizzare anche gli aeroporti minori; — impianto d'ossigeno per i voli a quota oltre i 3000 metri; — due ricetrasmettitori per i collegamenti radio in VHF, un radiogoniometro per la navigazione durante i voli di trasferimento, un impianto di interfono per le comunicazioni fra il pilota, il navigatore ed il fotografo durante la ripresa; — una botola con chiusura a saracinesca, per l’installazione della camera foto grafica. 3 - La camera metrica di presa 3.1 - Con l’espressione camera metrica si intende quella particolare camera di presa fotogrammetrica che risponde alle condizioni necessarie affinché il negativo ottenuto (od il positivo) permetta la ricostruzione della stella di raggi proiettanti, rammentando che con questo termine si intendono le rette che, al momento della presa, collegano l’obbiettivo della camera ai diversi punti del terreno fotografato.

La camera metrica deve quindi contenere tutti gli elementi necessari per definire geometricamente una prospettiva.

Essi sono: — il punto di presa, (fig. l-a) che in prima approssimazione rappresenta nello spazio la posizione assunta, al momento della presa, dal centro ottico del. l'obbiettivo supposto ridotto ad una lente sottile; — il piano della prospettiva, (fig. 1-b; fig. 2-a), materializzato dal quadro della camera, strutturalmente solidale con l'obbiettivo: su di esso si appoggerà la su perficie sensibile al momento della presa; — la distanza principale, (fig. 1-c) che è per definizione la distanza che inter corre fra il punto di presa e il piano della prospettiva ed è misurata sull'asse principale; 46




Dl LIM] db Î | Î lc | RA T—T—___ Fig. 1 — il punto principale, (fig. 2-b) che è per definizione il piede della perpendi colare condotta dal punto di presa al piano della prospettiva. Questo elemento geometrico può essere portato a coincidere con l'intersezione delle rette che congiungono a due a due gli appositi indici (fig. 2-c) disposti sui quattro lati costi tuenti il quadro della camera. | c i a { Î Î | I | c lb ll iii _--- Î Î Î | | Î | Fig, 2 La conoscenza di questi elementi geometrici rappresenta un problema impor tante per l'utilizzazione di un fotogramma ai fini fotogrammetrici: infatti è sol tanto quando si conoscono entro limiti stretti la posizione o le dimensioni di essi che è possibile ricostruire la prospettiva e quindi eseguire correttamente la resti tuzione del fotogramma stesso. Naturalmente una ricostruzione errata della pro spettiva, e quindi gli errori di restituzione, non dipende soltanto, per ciò che riguarda la camera di presa, da una imprecisa conoscenza di questi elementi: una delle cause principali sta, per esempio, nel fatto che il fascio di raggi pro spettici nello spazio immagine è deformato rispetto al fascio corrispondente nello ‘spazio oggetto e ciò è dovuto alla presenza dell’obbiettivo, non esente in senso assoluto da quei difetti definiti come aberrazioni cromatiche e geometriche. 4T




Fra queste ultime la più grave è certamente la distorsione, a causa della quale le immagini risultano deformate in modo diverso rispetto all'oggetto a seconda che si tratti di distorsione a « barile » od a « cuscino ». 3.2 - Ciò premesso, vediamo come si inseriscano nell'aspetto reale di una camera di presa gli elementi di cui sopra e quali siano le parti fondamentali che la costituiscono. Esse sono (fig. 3): 17 TT . n I __ TS 14 19 (E sai 7722 È 20 22 21 I Sì .\J (>) S G ROL. |L | un = ag || Ò Li Ao alano KH ASI __ N SISA G i LAB (/ZZA N N MAIA? 7 TX / | Fig. 3 — la camera propriamente detta o cono, (1) costruita possibilmente in monoblocco ed avente il compito di collegare nel modo più rigido possibile l’ob biettivo (2) al quadro (3) della camera, cioè al piano della prospettiva, sul quale sono fissati 1 quattro indici che servono a definire il punto principale e che, illuminati dalla luce che attraversa l'obbiettivo nel momento dell’esposizione, ver ranno registrati sulla superficie sensibile. Fanno inoltre parte del cono l’otturatore, il diaframma e gli strumenti di registrazione (4), cioè l'orologio, la livella, l’alti metro ed ii contafotogrammi. Il componente principale del cono è naturalmente l'obbiettivo: esso stabilisce direttamente le caratteristiche della camera e ne dimensiona il quadro e cioè il formato del fotogramma. Per non generalizzare troppo, in questa descrizione faremo riferimento ad una camera standard, con obbiettivo grand’angolare con angolo di campo di 90° circa, avente una distanza focale di circa 150 mm e quindi un formato del negativo di circa 23 cm x23 cm. Per fornire immagini fotogrammetricamente valide, questo obbiettivo deve avere un potere risolutore di circa 50 linee per millimetro al centro ed una distorsione inferiore a 0,01 mm. L'otturatore non potrà certamente essere del tipo « compur » od a « tendina » come nelle camere d’amatore, a causa del basso rendimento e poiché il loro funzionamento è troppo aleatorio ed insicuro, specialmente alle basse temperature d'alta quota. L'otturatore per una camera fotogrammetrica di solito è composto di due o più dischi o settori, rotanti a grande velocità ed in senso opposto e nei quali sono praticati dei fori, che ad ogni rotazione si vengono a trovare in coincidenza determinando l’apertura dell’otturatore. Il tempo di posa dipende dalla velocità di rotazione dei dischi: esso può variare, a scatti oppure in modo continuo, da 1/100 di sec. a 1/700 di secondo. Nel medesimo blocco mec canico dell’'otturatore prende posto anche il diaframma, di norma costituito da un settore nel quale sono praticati dei fori di vario diametro. Un comando esterno 48 !




a manopola permette di portare in posizione il settore in modo che uno dei fori si disponga coassiale con l’asse ottico dell’obbiettivo: si possono così scegliere aperture relative comprese di solito fra f/5,6 e £/16. Nella parte anteriore del cono è possibile inserire, mediante innesto a baionetta od a vite, un filtro (5) del colore adatto al tipo di film impiegato (giallo chiaro o scuro per film pancro matici, rosso per i film all'infrarosso) ed agli scopi della ripresa.

Di fianco al cono sono alloggiati gli strumenti di registrazione (4), opportu namente illuminati da una sorgente interna, che vengono riprodotti sul bordo del fotogramma ad ogni esposizione: l'utilizzatore potrà quindi conoscere l'assetto della camera mediante l’immagine della livella sferica, l'ora in cui è avvenuta l'esposizione, la quota di volo assoluta e il numero progressivo di ogni fotogramma. — Il telaio della camera (6), che costituisce il supporto del cono, al quale è collegato rigidamente mediante viti di blocco. Esso può ruotare attorno all'asse principale della camera appoggiandosi, mediante un sistema di sfere o cilindri in acciaio, al dispositivo di sospensione della camera: con questa rotazione, ottenuta manualmente dall'operatore, è possibile correggere, come vedremo, l'ef fetto della deriva durante il volo. — Il dispositivo di sospensione (7), mediante il quale la camera è fissata ela sticamente al pavimento (8) del veicolo, con tamponi di gomma (9), sopra la botola (10). Il quadro interno della sospensione può essere livellato secondo due direzioni perpendicolari fra di loro agendo su due manopole di comando. — Il magazzino delle lastre o del filma (11), che viene collegato rigidamente al cono nella sua parte superiore. Limitandoci a descrivere un tipo di camera a film, vediamo che la scatola del magazzino contiene il rocchetto di alimenta zione (12), sul quale è avvolto il film vergine, il rocchetto ricevitore (13) ed il piatto di spianamento (14) del film con il dispositivo depressore. Il trascinamento del film avviene mediante un motore (15) che, ad ogni impulso elettrico prove niente da una scatola di comando, mette in rotazione il rocchetto ricevitore e trascina quindi una porzione di film parì al formato del quadro sul quale si adagia. In un istante successivo il piatto di spianamento, sollevato durante il movi mento di trascinamento, si abbassa sul dorso del film e fa si che il lato emul sionato venga a diretto contatto con il quadro del cono. La superficie del piatto a contatto con il dorso del film è provvista di scanalature o di fori, attraverso i quali, con un dispositivo a pompa (16), si crea una depressione che mantiene 1l film aderente al piatto stesso fino a che non è avvenuta l'esposizione. La camera quindi funziona secondo un ciclo che, iniziando da una esposizione, prevede le seguenti operazioni: - esecuzione di una prima esposizione e cioè scatto di un primo fotogramma; - cessa la depressione e sl alza il piatto di spianamento; - il film viene trascinato con avvolgimento sul rocchetto ricevitore; - si abbassa il piatto di spianamento ed avviene la depressione; - esecuzione di una seconda esposizione e cioè scatto di un secondo fo togramma.

Da questo istante il ciclo operativo della camera si ripete con una cadenza imposta dal fotografo agendo opportunamente sulla scatola di comando. Al termine della ripresa il film sarà completamente avvolto sul rocchetto ricevitore e, a seconda del tipo di film impiegato, si saranno scattati da 220 a 280 foto erammi circa. — L’ottica di osservazione (17). Rigidamente collegato al telaio della camera vi è di solito un cannocchiale, mediante il quale il fotografo osserva sulla verticale il terreno durante la ripresa e controlla, con un traguardo appositamente dimen sionato contenuto nel campo visivo, che la zona fotografata corrisponda a quella stabilita in sede di progetto del volo. — L'intervallometro (18). Come vedremo più oltre, per ottenere una copertura fotografica regolare che riproduca omogeneamente tutta la regione in studio 49




secondo le necessità fotogrammetriche, bisogna imporre alla camera una cadenza di esecuzione dei fotogrammi. Ciò si potrebbe ottenere calcolando, in base alla velocità del velivolo ed alla quota di volo, l'intervallo di tempo fra due scatti successivi ed introducendolo in un dispositivo ad orologeria che comandasse a sua volta l’otturatore della camera. Questo sistema, per ovvî motivi di impra ticità, è oggi abbandonato: si è infatti preferito automatizzare l'operazione, e quindi renderla indipendente da ogni calcolo, collegando direttamente il movi mento di trascinamento del film nella camera ad un indicatore angolare di velocità relativa del velivolo. Un tale dispositivo è stato realizzato in diversi modi dai vari progettisti di camere fotogrammetriche.

Uno dei più noti funziona nel modo seguente:

Fig. 4 nel campo visivo del cannocchiale (fig. 4) compare una serie di linee mobili, corri spondenti ad un settore di una spirale d’Archimede, incisa su di un disco di vetro, mantenuta in rotazione intorno al suo polo dal motore principale della camera, con una velocità che può essere variata agendo su di una manopola — (fig. 3-22) appartenente ad un pannello di comando. Il fotografo, guardando attra verso l’oculare del cannocchiale, vedrà passare sulla verticale il terreno fotografato e contemporaneamente vedra le linee della spirale che si spostano con una certa velocità.

Per ottenere che la cadenza di ripresa sia quella desiderata, il fotografo, senza bisogno di misurare tempi o di eseguire calcoli, basterà che agisca sulla manopola in modo che la velocità di avanzamento delle linee della spirale sia uguale a quella apparente del terreno. Verificato ciò, le riprese risulteranno rea lizzate con un intervallo di tempo che corrisponde esattamente al formato del. l’immagine, alla distanza principale dell’obbiettivo usato ed alla velocità relativa del velivolo. — Il pannello di comando della camera (19). L’azionamento della camera viene effettuato agendo su manopole appartenenti ad un pannello di comando che può far parte della camera ma che in diversi casi è separato da essa. I comandi principali servono per la messa in azione e l’arresto della camera (20), per l'esecuzione di fotogrammi singoli o di fotogrammi in serie con diverse caden ze (21), per la regolazione della cadenza di scatto (22). 4 - I materiali fotografici Scopo di questo capitolo è di descrivere in sintesi la struttura e le caratte 50




ristiche dei materiali fotografici, di chiarire l'impiego specifico di qualcuno di essi e di fornire qualche indicazione sul trattamento di laboratorio. 4.1 - La struttura. Com'è noto, con il termine emulsione sì intende una sospen sione di cristalli di sali d’argento in una gelatina che viene stesa su di un supporto più o meno rigido (vetro, acetato di cellulosa, carta). Tali sali (normal mente bromuro, ioduro o cloruro d’argento), quando sono colpiti da una energia luminosa, contribuiscono alla formazione sulla superficie emuisionata di una immagine ottica invisibile, e perciò detta latente, che potrà essere rivelata, e quindi resa visibile, con un particolare trattamento di laboratorio. L'immagine così ottenuta è un negativo dell'oggetto in quanto essa sarà costituita da zone più o meno scure corrispondenti a zone più o meno chiare dell'oggetto.

Se ora eseguiamo un'operazione simile alla precedente, cioè esponiamo una superficie sensibile ad un flusso luminoso costante che attraversi il negativo, otte niamo un'immagine latente positiva che, dopo un nuovo trattamento di labora torio, risulterà totalmente simile all'oggetto. 4.2 - Le caratteristiche. Da quanto detto appare evidente che, almeno in prima approssimazione, l’annerimento del negativo è proporzionale alla quantità di luce che colpisce la superficie sensibile. Se definiamo l’esposizione E = I . t, cioè come il prodotto dell’illuminamento I (misurato in lux) per un tempo t (misurato in se

I condi), e la densità ottica. od annerimento d = log FP cioè come il logaritmo del rap porto fra l’illuminamento incidente ricevuto dall’emulsione e l'illuminamento che la sorgente luminosa può ancora fornire dopo aver attraversato l’'emulsione, pos siamo tracciare, per un determinato materiale sensibile ed in determinate con dizioni di trattamento, un diagramma, detto curva di Hurter e Driffield o curva dell'annerimento, che rappresenta la reale relazione fra questi due valori. Una curva tipica caratteristica è quella di fig. 5, in cui compare in ascisse il logaritmo dell'esposizione e in ordinate la densità ottica. v . È ù de DI 1 2 log Et 3 4 5 Fig. 5

Com'è possibile vedere, anche in assenza di esposizione il trattamento di laboratorio produce già di per sé un annerimento di base, detto velo, che è tolle rabile e senza influenza sulla resa dei dettagli se la densità non supera il valore 0,3 circa. Per produrre il primo annerimento percettibile al di sopra del velo, l'esposizione dovrà arrivare ad un minimo ben determinato che corrisponde alla soglia inferiore (punto 1); più oltre, e fino ad un certo valore (punto 2) la densità aumenta via via sempre più rapidamente con l'esposizione. In corrispondenza della parte mediana rettilinea della curva, la densità cresce proporzionalmente al logaritmo dell’esposizione (fra i punti 2 e 3); infine con il crescere dell’esposizione la densità aumenta sempre più lentamente, per raggiungere il suo massimo al

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punto 4, oltre il quale tende a diminuire. I tratti curvi, da 1 a 2 e da 3 a 4, rappre sentano gli intervalli di sottoesposizione e di sovraesposizione: la parte mediana rettilinea corrisponde al corretto intervallo di posa. La pendenza del tratto rettilineo del diagramma misura il fattore di contrasto del negativo ed indica la sua capacità a riprodurre la luminosità dell'oggetto. Indicando con y= taga Ia pen denza del tratto rettilineo, con la designazione y = 1 (e cioè a = 45°) si intende che la densità ottica del negativo, e cioè la resa in contrasto, è esatta e conforme a quella dell’oggetto. Ugualmente con y< 1 si intende un negativo morbido, con contrasti attenuati rispetto all'oggetto e con y > 1 un negativo duro con contrasti esagerati.

Nel caso particolare delle riprese aerofotogrammetriche sarebbe di grande importanza che le esposizioni avvenissero in modo che tutta la gamma di lumi nosità dell’oggetto, cioè tutta la scala delle tonalità, si trovasse situata entro la parte rettilinea della curva: ciò in pratica non è ottenibile poiché in natura l'escursione di luminosità dell'oggetto supera quella di densità del negativo foto grafico: bisognerà però far sì che almeno le parti essenziali siano situate sul tratto rettilineo della curva.

Un altro elemento che caratterizza un materiale sensibile e che è di grande importanza in fotogrammetria è il potere risolutivo che, determinando la proprietà di riprodurre e di separare distintamente anche i minimi dettagli, influenza primariamente la nettezza dell’immagine: esso dipende dalla grana del l'emulsione ma risente anche di altri fattori. La grana a,sua volta, come vedremo, è in relazione con la sensibilità dell’emulsione. Tutto ciò si ripercuote sfavorevol mente nelle riprese aerofotogrammetriche, le quali esigono, a causa dei movimenti del velivolo, tempi di otturazione brevi (dell'ordine di 1/150-:-1/250) e per le quali si rende necessario l’impiego di materiali fotografici molto sensibili il cui potere risolutivo non può raggiungere i valori massimi. Nonostante i grandi progressi realizzati negli ultimi anni, attualmente non disponiamo ancora di ma teriali fotografici molto sensibili il cui potere risolutivo sia comparabile cor quello degli obbiettivi fotogrammetrici.

La sensibilità di cui abbiamo trattato fino ad ora definisce genericamente una caratteristica dell'emulsione fotografica e pertanto assume la denominazione di sensibilità generale: con essa si intende far riferimento alla quantità di argento che viene ridotto a seguito della esposizione ad una sorgente luminosa di intensità nota e per un tempo noto. A seconda della diversa sensibilità i materiali fotografici sì distinguono in: extra rapidi, rapidi, a media rapidità e lenti. Quelli a media rapidità ed 1 lenti danno immagini più vigorose e dettagliate, poiché la grana è più fine e permettono una maggior latitudine nella scelta dei tempi di posa; quelli rapidi e rapidissimi, a grana più grossa, si impiegano come abbiamo già detto per i tempi brevissimi. Per misurare la sensibilità generale esistono delle scale, aritmetiche o logaritmiche, diverse fra di loro, ma di norma paragonabili. Le più comuni sono quelle A.S.A. (American Standards Association), D.I.N. (Deut scher Industrie Normen) e B.S.I. (British Standards Institution); per riprese ae rofotogrammetriche si impiegano normalmente materiali con sensibilità comprese fra i 20/10 DIN e i 24/10 DIN.

Un'altra importante proprietà del materiale fotografico è la sensibilità croma tica, cioè la sensibilità ai diversi colori dello spettro. Le emulsioni dette ordinarie, impiegate nei primi tempi della fotografia e realizzate con gelatina al bromuro, avevano una sensibilità cromatica moito diversa da quella che 11 nostro occhio ma nifesta per 1 colori: più precisamente esse, dotate di una notevole sensibilità per la regione dell’ultravioletto (fig. 6), invisibile al nostro occhio, e di una buona sensibilità per il violetto e per l'azzurro, presentavano una sensibilità decrescente rapidamente passando al verde e al giallo, per essere quasi nulla all’arancione ed al rosso. Così il violetto, che al nostro occhio è un colore scuro, nella foto grafia veniva riprodotto quasi bianco, ed il giallo, che al nostro occhio è colore chiaro, veniva riprodotto quasi nero. Gli inconvenienti dovuti a questo 92




fatto erano notevoli poiché, per esempio, le vegetazioni apparivano come macchie nere, il cielo sempre troppo bianco, ecc.; per la fotografia aerea normale, in cui interessa che siano rese nella giusta tonalità le tinte giallo-rosse del terreno e le verdi della vegetazione, è evidente che le emulsioni ordinarie non potevano tro vare impiego. | 27 fo | RI CS no... . ner 7 RN (EA T\ ANO x. / | \ Si Bì 1 \ \ SÌ a! ; , O — UV — + Bleu-Verde-Giallo- Rosso »|e————_—_—_____. R_____ Violetto co Fig. 6

Se alle emulsioni ordinarie, al momento della fabbricazione, si aggiungono particolari sostanze coloranti, si ottengono dei prodotti per i quali la risposta spettrale è esaltata verso uno o più colori. Le emulsioni così cromatizzate com prendono principalmente quelle: — ortocromatiche, che presentano un secondo massimo di sensibilità, all'incirca coincidente con quello dell'occhio, per il verde e per il giallo; | — pancromatiche, che offrono un terzo massimo di sensibilità per il rosso e quindi coprono quasi completamente lo spettro visibile; — infrarosso, per le quali la sensibilità si estende dal giallo al rosso fino a lunghezze d’onda dell'ordine di 800 mu, invisibile all'occhio umano; — per usì speciali, come le emulsioni all'infrarosso ipersensibilizzato, a colori, ed infracolor.

Con ciò appare chiaro che nessuna emulsione possiede una curva di sensibilità alle diverse radiazioni che si avvicini a quella dell'occhio: l’emulsione pancro matica è l’unica che, coprendo la zona dello spettro visibile, presenti una sensi bilità approssimativamente costante alle diverse lunghezze d'onda. 4.3 - Impiego specifico. Quanto esposto ci porta a concludere che nel caso delle riprese aerofotogrammetriche il materiale negativo da impiegare deve essere realizzato, nella maggioranza dei casi, con emulsioni pancromatiche, la cui sensi bilità cromatica può essere ulteriormente avvicinata a quella dell'occhio umano utilizzando particolari filtri colorati, realizzati in vetro od in gelatina. Questo accorgimento presenta d’altra parte un altro interesse; se la scelta del filtro cade sul colore giallo-arancione faremo sì che venga impedito il passaggio di tutte le radiazioni della metà inferiore circa dello spettro visibile, con il risultato di diminuire il velo atmosferico che, essendo dovuto, com'è noto, alla diffusione della luce sulle molecole d’azoto, d'ossigeno e del vapor d’acqua dell'atmosfera, si manifesta più sensibilmente con le radiazioni di minor lunghezza d'onda. Da ciò scaturisce la norma, ormai generalmente riconosciuta, che per ottenere nelle riprese aerofotogrammetriche i migliori risultati si deve impiegare materiale negativo pancromatico in abbinamento con filtro giallo-arancione.

Il problema della ripresa in caso di velo atmosferico può naturalmente essere affrontato, e risolto in qualche caso, adottando negativi con emulsioni all'infrarosso — che sono di per sé sensibili alle radiazioni di lunghezza d'onda maggiore. L’au mento di penetrazione è però da considerarsi notevole solamente quando il velo atmosferico è costituito da particelle di piccolissima dimensione, le quali disper dà




dono preferibilmente le radiazioni spettrali bleu, conferendogli perciò un colore leggermente azzurro. Quando il velo atmosferico è di colore bianco o grigio-neutro, non si verificano dispersioni localizzate alle sole radiazioni di lunghezza d'onda compresa nel campo visibile dello spettro. In tal caso l'impiego di emulsioni all'infrarosso non produrrà alcun vantaggio. Le riprese eseguite con tali materiali presentano inoltre caratteristiche che, se non valutate attentamente, possono in qualche caso risultare controproducenti. Infatti, dato lo spostamento della resa cromatica, il fogliame della vegetazione risulta quasi bianco (per la proprietà della clorofilla di riflettere altamente le radiazioni infrarosse), le ombre sono molto marcate e non dettagliate, le strade e le superfici d’acqua illuminate dal sole appaiono nere o molto scure. Per ciò che riguarda poi il pratico impiego, non bisogna dimenticare che si deve porre particolare cura sia nella manipolazione che nella conservazione dei materiali all'infrarosso, poiché hanno un tempo di validità molto breve, determinano difficoltà nella scelta dell'esposizione, sono molto sensibili alla temperatura e richiedono un trattamento di laboratorio accurato.

A questo punto sarebbe utile introdurre una trattazione dettagliata sull’impiego dei films a colori, già largamente usati all’estero, ma che in Italia sono stati utilizzati solamente dall’I.G.M. ed a scopo sperimentale, poiché alla loro diffusione si oppongono sia gli elevati costi del materiale e sia il fatto che per ora da noi non esistono laboratori attrezzati per il trattamento su piano industriale dei formati normalizzati per riprese aerofotogrammetriche. I limiti imposti a queste note consentono però di fare soltanto un breve cenno a questi materiali che, per parere concorde, avranno in futuro una grande importanza sia nella carto grafia fotogrammetrica che negli studi per la valutazione delle risorse del suolo. Il merito principale della fotografia a colori sta nella sua interpretabilità: essa è infatti molto più facile da leggere di qualsiasi altro tipo, poiché tutte le gradazioni cromatiche esistenti in natura sono riprodotte sul fotogramma in migliaia di tonalità e colori, mentre tutti i films pancromatici traducono queste infinite gradazioni al massimo in duecento sfumature distinguibili di grigio. L'im piego di questi materiali consente quindi nuove possibilità nelle indagini geolo giche, pedologiche, agronomiche, forestali ed idrografiche, qualitative ma anche quantitative poiché i moderni films a colori hanno oggi una rapidità, un potere risolutivo ed una stabilità del supporto simili a quelli dei films pancromatici. Se questi sono i vantaggi nell'uso del colore vediamo quali sono a tutt'oggi gli svantaggi più considerevoli: — costo elevato del materiale e del trattamento di laboratorio; — difficoltà nell’ottenere stampe su carta e su vetro poiché il materiale originale è del tipo invertibile e quindi già positivo; — difficoltoso trattamento di laboratorio (per esempio, il processo E -3 del Kodak Ektachrome prevede 15 operazioni per un tempo complessivo di circa un'ora, con tolleranza di +2°C nella temperatura del bagno di sviluppo); — criticità nella scelta dell'esposizione, con gravi conseguenze in caso di errore; — necessità di impiegare per la ripresa filtri speciali compensatori ed antivi- i gnettamento; i — qualche riserva sulle qualità metriche di questi materiali a causa dell’in grandimento differenziale dei colori (riducibile usando speciali lastre com pensatrici). 44 - I supporti. Un capitolo a parte, anche se in sintesi, meritano i supporti, cioè 1 materiali sui quali viene stesa l’emulsione.

Le prese aerofotogrammetriche vengono eseguite con materiale sensibile su supporto in vetro o in film e la scelta dell'uno o dell'altro tipo deriva da numerose considerazioni.

La lastra di vetro è stato il primo supporto usato ed ancora oggi gode di un largo favore a causa della quasi assoluta indeformabilità, della sua trasparenza, dell’impeccabile planeità, della insolubilità in tutti i bagni del trattamento di 54




laboratorio, dell’azione nulla sullo strato sensibile.

Gli svantaggi che maggiormente ne limitano l’uso sono: la fragilità, il peso, l'ingombro ed il prezzo se si tratta di prodotti di qualità. Le lastre, nel formato ormai standard 24cmx24cm oppure 18 cmx 18 cn a seconda del tipo di obbiettivo e di camera, sono prodotte con metodi rigorosi ed hanno spessori variabili da 18/10 a 25/10 di mm, con una tolleranza di +1/10 di mm. I lati, dimensionati con una precisione di circa 0,5 mm, devono avere i bordi molati per evitare che le piccole irregolarità possano inceppare i meccanismi delle camere automatiche. Oltre allo strato sensibile, allo strato superficiale avente lo scopo di proteggere l'emulsione da righe e graffi, allo strato intermedio che crea l'aderenza fra emulsione e supporto, la lastra è di norma dotata di uno strato di gelatina inerte, detto antialo, che ha lo scopo principale di assorbire l’alone di riflessione che si può formare quando la luce attraversa un supporto di considerevole spessore quale il vetro. Questo strato ha anche l’effetto di compensare la deformazione che si può manifestare sullo strato sensibile per effetto del grado di umidificazione | dello strato stesso e dello stato igroscopico dell’aria.

I finns, meno comodi da manipolare nelle operazioni di laboratorio data la loro dimensione (nastro di circa 60 metri di lunghezza e di 24 cm di altezza), hanno avuto una grande diffusione per l’infrangibilità, la leggerezza ed il volume minimo. | Il supporto di comune impiego è realizzato in triacetato di cellulosa ininfiamma bile ed ha uno spessore di 13/100- 14/100 di mm; più sottile rischierebbe di de formarsi troppo, più spesso, di dar luogo a sacche di aria che genererebbero immagini sfuocate o comunque deformazioni locali. Purtroppo per quanto si possa metter cura nel scegliere, per questo tipo di supporto, un materiale che sia il più stabile dimensionalmente ed il più anisotropo nelle sue deformazioni, 1 films, essendo realizzati in striscia e quindi sottoposti a stiramenti in fase di produzione ed inoltre dovendo rimanere per lungo tempo arrotolati, non possono i conservare una forma geometrica assolutamente costante: in essi è possibile riscontrare deformazioni dell'ordine dell’ 1%o e anisotropie dell'ordine dell’ 0,1%o che possono introdurre errori nel caso di particolari operazioni fotogrammetriche quali la triangolazione asrea. Negli ultimi anni, per la realizzazione del supporto dei films, si sono adottate le resine poliestere, mediante le quali si possono ga rantire una quasi assoluta planeità e deformazioni inferiori a quelle riscontrabili con supporti in triacetato. Inoltre, poiché lo spessore di questo nuovo tipo di supporto è inferiore a quello in triacetato, a parità dimensionale del rocchetto il numero di fotogrammi per bobina aumenta di circa il 25%.

La riproduzione in positivo dei negativi si effettua con materiali fotografici su supporti di carta o di vetro oppure in films di triacetato di cellulosa o di resine poliestere a seconda dell'impiego. La riproduzione su materiali con sup porto di carta, con stampa per contatto o per ingrandimento, ci fornisce gli elaborati per uno studio qualitativo o per la formazione di mosaici; la stampa, eseguita solamente per contatto, su materiali con supporto in vetro od in film & ci fornisce gli elaborati per la restituzione di carte topografiche, per la triango - lazione aerea, ecc. 4.5 - Il trattamento di laboratorio. Il trattamento di laboratorio dei materiali fotografici comprende diverse operazioni, di cui tre essenziali: lo sviluppo pro priamente detto dovuto all’azione di un rivelatore, il fissaggio avente lo scopo di eliminare i sali d’argento residui, il lavaggio. Esiste una quantità di formule per realizzare un rivelatore: alcuni sono destinati a fornire immagini fini, valide per ottenere forti ingrandimenti, altri particolarmente convenienti per certi tipi di emulsioni, altri ancora per ottenere determinate rese di contrasto. Un rive i latore classico, che vada bene sia per negativi che per positivi, contiene: del metolo e dell’'idrochinone, che sono dei riduttori leggeri; del carbonato di soda, che serve ad accelerare la reazione; del solfito di sodio, che impedisce la formazione di prodotti d’ossidazione coloranti ed indelebili; del bromuro di potassio, che dI




ha il compito di impedire l’azione eccessiva dei rivelatori e quindi di evitare la formazione del velo di sviluppo.

Il bagno di fissaggio, universalmente realizzato con tiosolfato di sodio, im propriamente chiamato in fotografia iposolfito di sodio, elimina gli alogenuri resi dui, che, se rimanessero nell’emulsione, provocherebbero, per esposizione alla luce, annerimento per formazione di argento fotolitico.

Al fissaggio si fa seguire il lavaggio finale in acqua abbondante che ha il compito di allontanare dall'emulsione i complessi solubili formati durante il fissaggio ed i sali residui del bagno stesso. Un bagno insufficiente provoca nel tempo sulla superficie degli elaborati fotografici macchie brune di solfuro d’argento.

Terminato il lavaggio, si passa alla fase di essiccamento che deve essere condotta accortamente, non a caldo ma solo per ventilazione per non pro vocare, specialmente nei films e nelle lastre, variazioni dimensionali sia nella gelatina che nel supporto. Le operazioni sopra descritte, meno quella del lavaggio che può essere eseguita alla luce normale, debbono essere effettuate in un locale ove non penetrino radiazioni che possano aver azione sullo strato sensibile e ove si abbiano solamente radiazioni (generalmente verde scura per i negativi pancromatici e rossa per i positivi) di intensità tale che la loro azione, per la durata delle operazioni di sviluppo e fissaggio, sia praticamente nulla.

XK 5 - La presa aerea dei fotogrammi I risultati tecnico-economici ottenibili nella formazione di carte con metodo aerofotogrammetrico sono, tra l’altro, strettamente funzione della validità del progetto e dell'esecuzione della ripresa aerea. Le esigenze derivanti sia dall’uti lizzazione quantitativa (costruzione di carte topografiche) che qualitativa (studio del suolo) di fotogrammi richiedono che: — le immagini siano nette, senza difetti e moderatamente contrastate; o — la copertura sia regolare e facile da utilizzare; — la scala dei fotogrammi, scelta in relazione alla scala della carta, sia il più ; possibile costante; — l'illuminazione del terreno fotografato sia costante per la maggior superficie possibile; — il sole, al momento della presa, non si trovi troppo vicino alla verticale o non sia troppo basso, e ciò per non ottenere rispettivamente immagini troppo piatte o con ombre lunghe che possono mascherare la morfologia.

L'ottenimento di queste caratteristiche, qualche volta fra loro contrastanti, rende spesso il lavoro di ripresa di difficile esecuzione: buoni risuitati s1 ottengono soltanto con un'accurata preparazione del progetto di volo, utilizzando apparec chiature e materiali altamente qualificati ed impiegando operatori ben addestrati. Vediamo quali sono le fasi di lavoro. 5.1 - Scelta della scala del fotogramma. La scelta della scala del fotogramma 1 — espressa come rapporto tra la focale f della camera e la quota relativa di volo H i D 1 f n H dipende da diversi elementi sia tecnici che economici. Fra i primi abbiamo il potere risolutivo del materiale negativo e dell’obbiettivo, la focale della camera, la quota di volo, il tipo di apparato di restituzione, la scala della carta da ottenere.

Una scelta opportuna di alcuni di questi elementi sarà determinante per la pre cisione planoaltimetrica della carta stessa: infatti, per esempio, a parità di distanza principale e di tipo di restitutore impiegato, con uno scadente potere risolutivo della combinazione film-obbiettivo si otterranno immagini poco definite e quindi una rappresentazione planimetrica con insufficiente dettaglio. 56




La quota relativa di volo è determinante per la qualità altimetrica della restituzione dal momento che, per esempio, com'è noto, la precisione di un puntoquotato con metodo aerofotogrammetrico può essere dell'ordine di due-tre decimil.lesimi della quota relativa di volo. Per ciò che riguarda l'economia del lavoro,basterà rammentare che, a parità di focale della camera, essendo la quotarelativa di volo direttamente proporzionale al denominatore della scala del fotogramma, converrebbe eseguire la ripresa dalla più alta quota possibile dal momento che ciò, a parità di superficie totale da riprendere, comporterebbe un minornumero di fotogrammi e di conseguenza un minor lavoro per la determinazione deipunti di controllo ed un minor tempo globale per l'orientamento degli stereogrammiin sede di restituzione della carta. Una relazione che tenga conto in modo esatto ditutti gli elementi tecnico-economici è di difficile definizione. In pratica si usano1 1relazioni empiriche che legano la scala del fotogramma — alla scala della carta — :n Cuna delle più note è la seguenten= K-yCin cul il coefficiente K assume valori compresi fra 300 e 200 da adottarsi rispetn nzkVc ,I odn 779— | 7 115.000 ] A77 7EIO2Ò© 10.000 H CL$ 47O)Ò Ign500 1.000 2.000 5.000 10.000 €Scala della cartaFig. 7O




tivamente quando si usi una combinazione camera + restitutore di maggior o minor precisione. Il diagramma di fig. 7 mostra chiaramente il rapporto tra le due scale quando si impieghi la relazione di cui sopra. 5.2 - Il progetto della copertura fotografica. Dopo aver scelta la quota relativa di volo ed il tipo di camera si è in grado di iniziare il progetto della ripresa foto grafica. Il problema è il seguente: coprire tutto il territorio in studio con stri sciate regolari di fotogrammi sensibilmente verticali (cioè il cui asse di presa faccia con la verticale un angolo inferiore a 10°), di scala stabilita ed in modo che tutti i punti del terreno compaiano almeno su due fotogrammi consecutivi e possano quindi essere osservati in stereoscopia. Ciò equivale a dire che lungo ia medesima strisciata si deve ottenere che ogni fotogramma di norma ricopra del 60 % circa il precedente ed il successivo (con la conseguenza che la parte comune a tre fotogrammi consecutivi sia del 20 % circa) e che le strisciate contigue si ricoprano di circa il 20% (fig. 8). Restano così definiti i ricoprimenti percentuali BIRI E | | | MI III Oil \ EST GGI pui | Pot i fr bo [1 id TAI ; Ì 1 na PO È / nl. |. - . —_. —— .eT OLO | L e L_4_ Fig. 8 rispettivamente longitudinale n e trasversale g. La fig. 9 mostra l'andamento lon gitudinale di una strisciata e trasversale di due strisciate: in essa con 1] abbiamo indicata la lunghezza utile di un fotogramma, cioè la dimensione parallela alla linea di volo, che con i formati oggi normalizzati corrisponde anche alla sua lar ghezza utile, con L l'equivalente dimensione misurata sul terreno, con H la quota relativa (rispetto al suolo) e con f la distanza focale. Consideriamo i punti di presa O, e O. di due fotogrammi consecutivi, corrispondenti ai punti nadirali P, e P.;: se il terreno è piano, la distanza 00; = b, cioè la base, si ottiene dalle relazioni L H PP. b — = — —_— = — = 04 l f AB L 40 H b= 0,0,= P,P, = —-1.-— = 04-.1-n 100 f che ci mostrano come la base sia tanto maggiore quanto più grande è il campo 1 della camera (—) e quanto più alta è la quota di volo. Conoscendo la velocità v f 8




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I dl/ è \/0 ao FOTTTTTAATTO ADI i 03 ] I I H | I i I LOUUA D E /\ H te ——-- L —___-__-»- _-_----- L mn o>o ut _ 4 — — —_ —_ — >» wi — é=0,8L —_—-—- e #=0.4L = 0,6L €=0,2L fe TT |, | È tI î I id Î Î iS ] | 1° ti Î FP. Con t Lalli [o I | | | | I I ] I[ I | io | i | tra | {Pe | | Fig.9 ‘ I | | a | del velivolo si può ora ricavare l'intervallo di tempo fra due prese consecutive: b l-n t=—=04.-— Vv V Inoltre è possibile conoscere di quanto si ricoprono due fotogrammi consecu CB tivi, ricordando che m=—— è mediamente del 60 % AB 60 H n AB = CB = —-. IL. = 06-1-n 100 f Dalla stessa fig. 9 possiamo conoscere ora di quanto si ricoprono due strisciate adiacenti ed il valore i del loro interasse, cioè della distanza fra due assi di volo GF fra loro paralleli, ricordando che £ = —— è mediamente del 20 %: EF 20 H e. EF = GF =—— ll. = 02-.1-n 100 f H H 1 = 0,0; = PP; = (1-8). 1:— = 08-.1.— = 08-1-n | f f Altri elementi importanti per lo studio della ripresa sono l’area lorda A, della superficie coperta da un singolo fotogramma, l’area stereoscopica A, di un foto gramma facente parte di una singola strisciata e l’area utile stereoscopica A, di 59




un fotogramma facente parte di strisciate parallele, quando siano noti i valori di I, n, n = 60% e e = 20%. Essi sono rispettivamente:

AA=zL-b=04-F-. n° Ah=i-b= 0,32 -P- n° Se indichiamo con A l’area della superficie da fotografare, il numero teorico risultante dei fotogrammi sarà A Ni = — An mentre il numero reale dei fotogrammi, tenendo conto dell'irregolarità dell’area da fotografare e delle smarginature, sarà mediamente: N, — 1,2 . NA Con tutti questi elementi a disposizione si può ora iniziare il vero progetto di volo tracciando su di una carta a scala opportuna, compresa fra 1: 25.000 e 1: 100.000 a seconda dell'estensione della zona da riprendere e della densità dei particolari planimetrici, gli assi di volo distanti fra di loro dell'interasse 1, adottando come direzione predominante quella che può consentire il miglior com promesso fra il minor percorso globale, il minor numero di fotogrammi, la mi gliore illuminazione e la minor variazione nella scala del fotogramma quando il terreno è accidentato. Condizione indispensabile è che le carte siano le più aggiornate possibile per consentire al navigatore di riconoscere facilmente sul terreno i punti per i quali passano gli assi di volo progettati. Gli schemi da adottare per una ripresa sono generalmente due: nel primo, il più usato, gli assi di volo, alternati o contigui, sono di senso opposto (fig. 10-a-b), nel secondo sono invece sempre nello stesso senso (fig. 10-c). La scelta non è in genere preventiva, ma aid I I —-__S___l__LT__- ——L__ —-—L_ _ —_ IH —— P Of 1 TITTI | I I I } I I j I i Do ai i|{{[i|gi | tl i |'ASG[KTGII|HL(|1 Î | | I i | i | | I I | I I I [ I [i iI a: I I Ì 3 I 1 ! I | RN | | [LIO iI | Il iii Î IO O A|itd'i|{{{{pH|l I | i 1 i ll Î I i | I i 1 1; i ì | Î I IU] I I | i i I OGGI | | | I I a Î i i i || È | i | [ Î I | I | ì Ì Ì j ' Ì I Ì i O | ||| flp(hii io do | {L_ L_ Li Li LO L_ LoL Li L_ ILL II I OLI I i Ì I I Ì I 77 V V \ DI a) b) cÌ Fig. 10




viene fatta dal navigatore in base alle condizioni del momento, valutando lilluminazione, la direzione e la forza del vento. È evidente che il primo schema consente un'economia in quanto con la sua adozione si riducono al minimo i tempimorti e le percorrenze; il secondo schema viene adottato raramente, in condizionidi terreno o di vento particolarmente difficili.Le relazioni precedenti presuppongono naturalmente che il terreno da fotografare sia pianeggiante e che la quota di volo sia costante; se il terreno presentadei rilievi notevoli, la scala dei fotogrammi potrà variare sensibilmente da puntoa punto sul medesimo fotogramma e da un fotogramma all’altro. Si dovrà quinditener conto di ciò nel progetto di volo, poiché diversamente sarà impossibile mantenere i ricoprimenti longitudinale e trasversale entro i limiti stabiliti. La fig. 11o o, 03 03. 04TIOITTTTARTOTARTOTATTIOTI---F-------——--&I} 1} I N A /ZINUOZIN Z|: | iN/ \ / NITGNIINGIIA/ xi xl \y/ vl \/ A A A LU/ f N i ! \ \/ I\|iN/ \/ / i XY \/ / x N |/ /I\ / N DI |/ N i) i/ , dl LÌ/ / iI | I/ I LI ilI LI poldd LL pl.| Ì i || Î | ] I Î Ii | ria O |l} | I} Ì LC] |||—- + 2____L_ I |i ” ” = - ——2-. ————11_ase|I | SIENAl_----_--__L____Fig. 11chiarisce quali siano le difficoltà che si possono incontrare con questo tipo diterreno. Ne risulta che il progetto di volo dovrà essere realizzato adottando variequote e quindi vari intervalli fra gli assi, in funzione dell’orografia della zona(fig. 12). Si tenga inoltre presente che Ia quota di volo da indicare ai fini pratici nelprogetto per ogni strisciata è la quota assoluta, cioè quella riferita al livello delmare, poiché gli altimetri più comunemente impiegati sui velivoli sono di tipobarometrico: alla quota relativa H bisognerà quindi sommare il dislivello mediodella zona interessante la strisciata.5.3 - Esecuzione della ripresa. Il più accurato dei progetti di volo non potràcondurre a buoni risultati se i tre componenti l'equipaggio non sono sufficientemente addestrati al lavoro di squadra. Vediamo quali sono i compiti operatividel pilota, del navigatore e del fotografo.Il pilota, quando si utilizza un velivolo di tipo medio, assolve anche i compitidi navigatore durante i trasferimenti in andata e ritorno dalla base aeroportualealla zona di lavoro.Dal momento in cui si inizia la prima strisciata, qualche chilometro prima_ dello scatto del primo fotogramma, al pilota rimane il solo compito, indubbia| mente gravoso, di mantenere il velivolo in perfetto assetto utilizzando gli stru




+ Ha — — — — 2 sl fee N 4--\ H2 -L_- => -- | _- { " ta —— 12p1f{[_- - -_— = RETTE, e — -_ _— — — _ _- i ll ee I Hi f \ n 6 Ha \ ) —_ — — —— — — — — — — — = = — —T —- —r — — — —__ Vidi Ì \ Na n — — _— — ——— — — - — - — —_ — un LL x \ J Lt / \ 5 __ x Na — — — —A — — —- — — — — = — — — — ——_—"nnrr< = — —n- — — — — — — — =. ; = | n é à, — — °_°" diT-__T_ — _ — _ —_ _—— —_ I dd ___f e AE | ; _ _ __ al rt ne --- I Nu nen LA, i N ) / ll 2ETTT — — — —.-r — -— - — _ — — = -—- —-. —— + =: ===T i \ Nol — — —— — — rr — — — — — — — =+— = —— — —- 2 — _—x©60=- - — —_ -«x-— —_— — — _— — _-— —»b>_ Fig. 12 menti di bordo, di correggere la direzione di volo in base alle indicazioni che via via il navigatore gli comunica e di mantenere le comunicazioni radio con le torri di controllo degli aeroporti interessati alla zona di rilevamento.

Il navigatore, per poter seguire sul terreno gli assi di volo tracciati sulla carta, deve disporre di una piena visibilità, diretta o strumentale, sia sulla verticale che in avanti. Il suo compito consiste nel guidare il pilota sull'asse della strisciata, iniziandola qualche chilometro prima dello scatto del primo fotogramma. In questo intervallo di tempo deve riconoscere, con l’anticipo di diversi chilometri, tutti i particolari del terreno coincidenti con l’asse e misurare, con gli strumenti a sua disposizione o con la collaborazione del fotografo, la deriva, cioè l'angolo « for mato dalla rotta reale del velivolo con l’asse del velivolo stesso (fig. 13). La deriva | x a k Nu DN asse di volo i 7 (Li _____ A DL, Cs asse del velivolo Fig. 13 62




può essere nulla, e ciò in assenza di vento, ma nella maggioranza dei casi essa si manifesta, con la conseguenza che, quando sì sovrapponessero le parti in comune dei fotogrammi eseguiti, la strisciata assumerebbe un aspetto a scala. Ciò è dovuto al fatto che la camera di presa, nella sua posizione normale, è disposta sul velivolo in modo che un lato del quadro è parallelo all'asse di simmetria del velivolo stesso. Per correggere la deriva è dunque necessario imporre all’asse del velivolo una deviazione di a in senso opposto alla deriva e ruotare il telaio della camera, come detto in precedenza, attorno all'asse verticale fino a che il lato del quadro non si disponga parallelamente all'asse reale di volo. Come già accennato, la deriva può essere misurata dal navigatore con gli strumenti a sua disposizione (collimatore indipendente di navigazione) e comunicato al pilota ed al fotografo i quali provvederanno alle opportune manovre; oppure può essere direttamente misurata e corretta dal fotografo traguardando attraverso l'ottica d'osservazione di cui è dotata la camera.

Il fotografo, oltre alla misura ed alla correzione della deriva, dovrà provvedere all'azionamento ed all'arresto della camera in corrispondenza dei punti previsti di ogni strisciata, a riportare sul piano di volo il numero di individuazione dei fotogrammi all’inizio e fine delle singole strisciate, a garantire la voluta sovrap posizione longitudinale agendo sulla manopola dell’intervallometro, a mantenere la verticalità dell'asse ottico della camera controllandola mediante una livella sferica visibile nel campo del cannocchiale di osservazione, a sostituire il ma gazzino quando tutti i fotogrammi di una bobina siano stati impressionati, 5.4 - Metodi di navigazione. La navigazione per scopi aerofotogrammetrici, no nostante i tentativi fatti e le apparecchiature realizzate per automatizzare l'ope razione, presenta ancora molte difficoltà per il mantenimento della rotta poiché la presenza assai probabile del vento richiede correzioni continue che possono essere eseguite solamente dal navigatore, istante per istante, valutando la posi zione del velivolo rispetto a particolari ben visibili del terreno. Quando della zona da riprendere esistono buone carte aggiornate, il compito è facilitato, poiché si può adottare il metodo di navigazione a vista, con il quale è sufficiente che l’ope. ratore conduca la rotta riferendosi almeno a due punti lontani del terreno, indicati sulla carta.

In mancanza di carte precise è ancora possibile navigare a vista, ma adot tando il metodo detto «in parallelo » con il quale il navigatore, mentre si esegue i (.) O Pall —___ O Cl) O al 0 iO1 \ \ \ I i | DI \ I “\ da I \/ | O\NIO VOI SI \ ' I I \Cl i \I \ | | VI | \ \| Ai LAN 1 ! \ \ Pa i ___ Li ___. Î PI \ în lw-—T interasse — 1 \ terreno pianeggiante terreno accidentato IP, Fig. 14 63




la prima strisciata secondo un asse scelto approssimativamente, individua, con un collimatore laterale inclinato di un angolo {} rispetto alla verticale, i punti caratte ristici del terreno che dovranno essere utilizzati per la strisciata successiva paral lela alla precedente (fig. 14). Il metodo «in parallelo » dà buoni risultati quando il terreno è pianeggiante, ma in presenza di rilievi l'operazione diviene difficoltosa ed imprecisa poiché, mantenendo costante l'angolo {, si introducono errori nel l'individuazione planimetrica dei punti a causa dei dislivelli: bisogna quindi variare di volta in volta l'angolo, oppure stimare ad occhio il dislivello del punto rispetto al nadir ed infine effettuare la correzione planimetrica.

Oltre al metodo di navigazione a vista, esistono diversi metodi strumentali che utilizzano le onde radioelettriche, microonde quando si tratta di radar (Sho ran, Hiran, Decca, ecc.), onde medie e lunghe quando si tratta di radiogoniometri e radiofari. Questi metodi tuttavia non trovano comune impiego poiché richiedono notevoli installazioni al suolo, di difficile uso e di costo molto elevato: essi sono però in continuo sviluppo e non è molto lontano l’impiego aerofotogrammetrico di particolari apparecchiature (Decca-Harco), già in uso per la navigazione di linea, con le quali il navigatore potrà osservare la rotta seguita dal velivolo in trasparenza su di una carta che si svolge in continuità mediante due bobine, una datrice e l’altra ricevitrice. 6 - Classifica dei fotogrammi e controllo della copertura

AI termine delle operazioni di laboratorio, quando si disponga di una serie completa dei fotogrammi scattati, si esegue una intitolazione provvisoria di essi, suddividendoli per strisciate con la numerazione adottata nel piano di volo: come numerazione provvisoria dei fotogrammi si usa quella riprodotta sul lato di essi per mezzo del contatore della camera. Successivamente si esegue su di una carta alla scala 1: 100.000 o 1: 25.000 il riporto in scala dei fotogrammi, indi viduando con la massima precisione possibile i margini mediante i punti carat- ) teristici del terreno, specialmente quando si tratta di una zona accidentata. Si avrà quindi la possibilità di mettere in evidenza la qualità della navigazione, di controllare se si sono rispettati i ricoprimenti longitudinali e trasversali e di individuare le eventuali zone in cui manchi la copertura stereoscopica.

Poiché di solito durante la ripresa si eseguono, per maggior sicurezza, più fotogrammi di quanto sarebbe strettamente necessario, specialmente all'inizio ed alla fine di ogni strisciata, si provvede ora ad una cernita dei fotogrammi indispen sabili per la copertura stereoscopica dell’area interessata, a classificarli e nume rarli in modo definitivo: questi dati, insieme a quelli che con lettere o numeri con traddistinguono il lavoro ed alla data, vengono riportati con timbri sul negativo. Alla fine si esegue il lucido del grafico di copertura, limitatamente ai fotogrammi scelti, riportando i numeri che contraddistinguono i fotogrammi stessi e le stri sciate. Si è ora in grado di compilare l'ordine da trasmettere al laboratorio per la stampa definitiva delle serie di fotogrammi su carta, delle diapositive e per l'esecuzione degli ingrandimenti.

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