I RESTITUTORI FOTOGRAMMETRICI ANALOGICI

. Attilio Selvini

II presente scritto è stato tratto dalla registrazione della lezione che ho tenuto a Varese, presso l'Istituto Tecnico statale « F. Daverio », nel quadro delle conferenze organizzate dalla locale Sezione della S.I.F.E.T. Ho creduto opportuno mantenere anche qui il tono discorsivo e piano, che mi pare di aver usato nella lezione; solo, ho evitato quelle ripetizioni e quelle marcature che, ben adatte al linguaggio parlato, non lo sono più. per quello scritto. Ho anche tolto dal testo, per ragioni di spazio, parecchie delle figure che allora feci alla lavagna 0 protettai come diapositiva od episcopia. Di proposito non ho voluto aggiungere nulla a quanto allora dissi, dato che lo scopo era ed è quello di illustrare sommariamente . ed in modo elementare ma efficace, quali siano le precipue caratteristiche di quelle particolari macchine calcolatrici « analogiche » che si chiamano restitutori fotogrammetrici. Sono ben consapevole che nel presente testo, come del resto nella lezione, vi sono grosse omissioni (ad esempio, quella che riguarda i restitutori a proiezione ottico-meccanica) e che molti argomenti sono appena appena sfiorati (come quello dell’allacciamento del carrello restitutore al tavolo da disegno, oppure quello dell'ottica di trasporto). D'altra parte, mi sembra che tali omissioni siano abbastanza giustificate dal limitatissimo tempo a disposizione per la lezione, ed inoltre dal fatto che gli argomenti trascurati non mi sembrano essenziali per l'economia del discorso che era ed è volto a far capire ai giovani studenti, come si possa ricostruire un « modello » operandovi poi sopra per passare alla sua proie zione, cioè alla « carta ». 1 - Generalità

Il passaggio da quelle particolari prospettive del terreno che sono i « foto grammi », alla sua rappresentazione plano-altimetrica, può avvenire per il tramite di mezzi analitici (1), grafici o meccanici. Originariamente i fotogrammétri usarono 1 primi due mezzi; la « restituzione » meccanica automatica — limitatamente alle prese terrestri — fu resa possibile in pratica solo con la costruzione dell’« auto grafo » della casa « Zeiss » su progetto di Ritter Von Orel, triestino.

Oggi, saltando a pié pari mezzo secolo, si può dire che la maggior parte della cartografia fotogrammetrica sia ottenuta per il tramite dei restitutori « analogici ». Ma perché poi « analogici »? Vediamo di chiarirne il significato. Molti di coloro che leggono queste righe, avranno nel taschino il più semplice mezzo di calcolo « analogico » esistente, cioè il regolo calcolatore. L'analogia da esso utilizzata, è la conversione dei prodotti e dei quozienti in somme e differenze di segmenti; segmenti che sono proporzionali ai logaritmi decimali dei numeri, sui quali si vuole operare. Orbene, i restitutori analogici sono — come il regolo — delle macchine calcolatrici, che però devono risolvere sempre uno stesso problema, ancorché complicato: quello appunto del passaggio dalla prospettiva d’un solido — in topografia questo sarà quel solido terribilmente complesso che è il terreno — alle sue proiezioni ortogonali su di uno dei piani normalmente utilizzati a tale scopo. L'analogia cui fa ricorso il restitutore è molto semplice: ed è appunto, la ricostruzione in laboratorio del solido, per il topografo, del terreno. Sulle caratteristiche di questo « modello » immateriale, fatto di luci ed ombre ma comunque perfettamente accessibile alle osservazioni ed alle misure, non insisto, perché di ciò fu detto nelle lezioni precedenti (2). Dirò invece come il topografo operatore fotogrammétra agirà su di esso col restitutore, eseguendo all'incirca quelle esplorazioni, quelle sezioni, quelle proiezioni, che sarebbe stato costretto a fare direttamente sul terreno, in mancanza del procedimento fotogrammetrico. 65




Vediamo allora quali siano gli organi fondamentali che caratterizzano un restitutore, e che — qualunque sia la categoria cui questo si possa o voglia ascri vere — sono sempre presenti. il discorso è un po’ quello che si può fare per illustrare un goniometro: questo è costituito da un certo numero di organi essen ziali (il cerchio, l’alidada, il collimatore montato con cardano a due gradi di libertà) e poi, in aggiunta, da una serie di elementi che hanno lo scopo di rendere più agevole la misura, o più fine, o tutt'e due le cose assieme (viti micrometriche, livelle, collimatore diottrico, viti calanti, eccetera). Del resto, si pensi ad un « kart »: in esso c'è tutto l'indispensabile per formare una automobile; in più, questa possiede una serie di « accessori » che a rigore non servirebbero allo scopo fondamentale per cui essa è stata costruita, cioè muoversi nello spazio stradale. Certo è che questi accessori (la carrozzeria, i sedili imbottiti, il bagagliaio, il cruscotto, e così via) pur non essendo indispensabili diventano assai utili, quando si vogliano ottenere certe prestazioni in tema di comodità o sicurezza.

All'incirca, questo discorso può essere valido anche per un restitutore foto grammetrico. 1.1 - Schema logico e funzionale di un restitutore Lo schema logico e funzionale di un restitutore deve comprendere: a) una struttura cul sia legato un sistema di assi cartesiani ortogonali, riproducenti quello che sul terreno è il sistema di riferimento per i punti della superficie fisica; quesia terna cartesiana verrà chiamata « sistema assoluto ». ZA ty \ i zz | [RA ° -. —. D Va TT. 7 ” \ iN ; à Va 2 \ z| "2 y i \ “gael, 277 Î \ LT z | SARI, ATO 727 9 | x x i Zo' pe” RN & i ; l SUE FÉ x x — GY, mg i n Xo' i ; i vj o! { , O x Yo' xa , FIG. :1] anatomia di un restitutore i analogico; sistema assoluto, _ sistema relativo, sistemi di ° riferimento interni. Xx è».




b) Una parte mobile entro il sistema assoluto, e legata ad un’altra terna di assi ortogonali, dentro e rispetto al cui spazio possa essere costruito il modello del terreno, modello peraltro esplorabile ma non tangibile, essendo fatto di luci ed ombre. Questa seconda terna costituirà il « sistema relativo ». °) Due altre parti mobili entro il sistema relativo (perciò anche dentro quello assoluto) legate ad altri due sistemi cartesiani ortogonali, e rispetto alle quali sia possibile posizionare e disporre le due lastre fotogrammetriche. d) Un organo che permetta di « esplorare » 11 modello ottico, e di eseguirne la proiezione quotata rispetto al sistema assoluto. | Questo schema è rappresentato in fig. 1.

Pertanto, un restitutore analogico sarà formato dalle seguenti parti fonda mentali. 1) Gli organi (c) che permettono la ricostruzione delle stelle dei raggi con gruenti a quelli che, all'atto della presa, partendo dai punti dell'oggetto foto grafato hanno impressionato le lastre. Questi organi, sono chiamati in genere «camere », anche quando in realtà non lo sono nemmeno in parte, vale a dire ad es. nel restitutori a proiezione meccanica. Legati alle « camere », sono 2) gli organi che permettono la ricostruzione dei centri di proiezione, che possono essere obbiettivi (proiezione ottica) oppure snodi cardanici (proiezione meccanica). 3) Vengono poi gli organi che permettono di scegliere una determinata dire zione, tra quelle infinite delle stelle proiettanti: tali organi vengono detti in genere « ottica di collimazione » proprio perché permettono di « collimare » un punto su di una lastra ed il suo omologo sull’altra. 4) Seguono gli organi che permettono di ricostruire i raggi proiettanti: e saranno rispettivamente pennelli luminosi nei restitutori a proiezione ottica; assi di aste metalliche (« bacchette ») in quelli che utilizzano la proiezione meccanica o quella mista. 5) Per « legare » insieme la direzione di un raggio interno alla camera, con una corrispondente direzione esterna, è necessario un organo detto di « collegamento », che può essere realizzato in vario modo, 6) Segue l’organo che permette di individuare il punto di incontro di due raggi omologhi, una volta che il modello sia formato. Esso deve muoversi nello spazio del sistema relativo e quindi in quello del sistema assoluto. Nella fig. 2, questo organo è rappresentato dallo schermetto con segno fiduciale (« marca ») su cui si incontrano i raggi ri e r. E’ appunto questo organo, detto anche « carrello restitutore », che permette la esplorazione del modello; e che quindi realizza la proiezione quotata del punto collimato. 7) Per ultimo, viene l'organo che permette di proiettare il punto individuato in 6), sul foglio di carta, eseguendone la proiezione ortogonale. Nella fig. 2, questo organo è definito dalla matita posta in asse col segno fiduciale m dello schermetto. 2 - Gli organi fondamentali 2.1 - Le camere

Ho già detto che si parla di « camere » abbastanza impropriamente, dato che questi organi sono unicamente dei supporti capaci di mantenere in una determinata posizione dello spazio i fotogrammi, e sono al più muniti di un obbiettivo, che può addirittura essere sostituito da un cardano nei restitutori a proiezione mecca nica. Per quanto detto al punto 1.1.c) queste « camere » debbono potersi muovere nello spazio dello strumento, ed in generale sono perciò legate al restitutore nel modo schematizzato dalla fig. 5 di pag. 30, che mostra chiaramente le tre traslazioni e le tre rotazioni corrispondenti a tutte le possibili libertà di movimento d’un corpo nello spazio tridimensionale. Si tenga presente però, come non in tutti 67




i restitutori sia possibile imporre alle camere proprio tutti 1 movimenti illustrati nella figura testé citata. (R. Galetto, « Che cos'è la fotogrammetria »). Ricordo ora che le camere devono permettere la ricostruzione delle stelle proiettanti; tale ricostruzione compete all'operazione detta di « orientamento interno » che in sostanza corrisponde al collocare il fotogramma, rispetto al centro di proiezione interno, alla stessa distanza e nella stessa posizione assoluta che la lastra occupava nella macchina da presa; od, in altri termini, nel ripristinare la « distanza principale » e le coordinate del « punto principale » (in generale si fa in modo che quest’ultimo cada sull’incrocio delle congiungenti le « marche » di sposte ai bordi del fotogramma) (2). » ma Au 4 L92 L) Ge 7 > ver NES 7 E > E “I < 27 \\ e 4 i | LATTE x i , n i Tal TT Nu = i Tw < i 1 27 ‘ | nr | } fi 1 di I spazio del modello | N NT gu 27 | | | CTR |] SC n TE LT TI 2 linea #8 | | - Î erede lo 2 Il x dA CÀ - a —- 2 N | proiezione. , nl piano di riferimento | i i co) i FIG. 2: gli organi fondamentali di | un restitutore analogico

Gli elementi assai semplici che permettono questa operazione, sono in genere delle viti parallele ed ortogonali al piano della lastra; di solito viene usato allo scopo un apposito « centratore ». Ricorderò poi che solo poche camere hanno la possibilità di imporre distanze principali fra loro fortemente variabili; e che, come organi accessori, talune camere possono essere provviste di livelle ed altri elementi adatti al ripristino dell’orientamento quando (ad es. per le ragioni di taluni procedimenti di « triangolazione aerea ») si dovesse trasportare una camera da un supporto all’altro.

Molto ci sarebbe da dire ancora, ad esempio, sulla disposizione delle camere nei confronti del sistema assoluto, cioè del restitutore: si hanno camere giustap poste, sovrapposte, contrapposte, con assi verticali od orizzontali; ma non ag giungerò altro, dato il carattere elementare di questa lezione.




2.2. - Gli organi materializzanti i centri di proiezione.

Questi organi sono obbiettivi (nel caso della proiezione ottica od ottico-mec canica) mentre sono snodi cardanici in quei restitutori che ricostruiscono i raggi omologhi per il tramite delle « bacchette ».

Nel primo caso, l'obbiettivo dovrebbe avere le stesse caratteristiche ottico-geo metriche di quello usato per la presa, onde eliminare l’effetto della distorsione. Sorge allora il problema del soddisfare, in sede di restituzione, l'equazione fon damentale delle lenti per cui all'atto della presa è stata verificata l'eguaglianza: 1/p + 1/H = 1/f; ora invece la distanza H s'è ridotta di qualche migliaio di volte, ma d'altronde p deve restare immutata se si vuole che le stelle proiettanti siano congruenti con quelle della presa. Perciò se si desidera che anche f rimanga inva riato, occorrerà ricorrere a qualche artificio per proiettare a distanza assai piccola (qualche decimetro) ciò che durante la presa distava molte centinaia di metri dal punto nodale esterno dell’obbiettivo. Anche su questo fatto dovrò essere assai sintetico e dirò semplicemente che o si ricorre ad elementi ottici ag giuntivi (pancratici) oppure ci si accontenta di usare un obbiettivo di proiezione che sia per quanto possibile simile, per caratteristiche, a quello di presa, pur variandone la focale secondo la legge di Huyghens. Nel caso che si usi la proiezione meccanica, il problema della distorsione e della sua correzione è stato risolto con l'uso di particolari elementi sagomati (camme) che operano delle variazioni di distanza principale in funzione della curva di distorsione; oppure si ricorre a lastre compensatrici il cui schema è illustrato in fig. 3. | if | Dl I da / i MI /v i I p FIG. 3: schema di funzionamento | / di lastra compensatrice | della distorsione. 2.3 - L’ottica di collimazione e gli organi di collegamento.

Nella fig. 2, che rappresenta il caso schematico della proiezione ottica, l’ot tica di collimazione è rappresentata dai proiettori provvisti delle marche m; ed m.; così come gli organi di collegamento sono rappresentati dai due bracci a «C» che legano insieme i raggi r; ed r. con l'ottica di collimazione.

Nel caso della proiezione meccanica, l'ottica di collimazione è in genere più complessa, così come del resto lo sono gli organi di collegamento.

Esaminiamo perciò ora lo schema concettuale relativo a questo tipo di co struzione del modello, confrontandolo poi con lie realizzazioni pratiche. Si veda 69




la fig. 4: lo schema è invero assai semplicistico, e nella pratica non è realizzabile, anche se chiarisce assai bene ciò che si intende con la qualifica di « proiezione meccanica ». Gli appunti che subito ci si sente di muovere a tale schema, sono i seguenti. Intanto, le bacchette debbono incontrarsi materialmente in tutti gli infiniti punti del modello; si ottiene ciò sagomandole a semicilindro cavo, colle gandole con una sferetta e tenendole unite con un morsetto elastico. Il centro della sferetta, che scorre solidale con le bacchette lungo le generatrici delle loro facce interne, materializza il punto proiettato.

Poi, c'è la questione dell’esplorazione delle lastre. In pratica, questa è ottenuta come in fig. 5 od in maniere simili; come si vede, la distanza tra il centro di proiezione (centro del cardano) ed il piano definito dalle due traslazioni ortogonali del centro della sferetta terminale dello spinotto (piano p-p della figura) è pariì alla distanza principale p. Invece la distanza tra tale piano p-p e la lastra, è del tutto arbitraria. La lastra è fissa, le rotazioni della bacchetta intorno al centro di proiezione sono ridotte a traslazioni del braccio che le collega (dispositivo di collegamento) all’ottica di collimazione, schematizzato dal microscopio con la marca m. Così per ogni punto localizzato sulla lastra, l'asse della corrispondente bacchetta assumerà una ed una sola giacitura nello spazio del modello. he la K4 ' ì Lo * <> \ 4 \ T/ x \ A ET 7 y N LA ITT i d zh) ln N} ped TT N N N x N N IS i \ / \ c ; i \ f nm \ f; / AT nf 7 AD FIG. 4: schema semplificato della / \ proiezione meccanica. 70




tra punti collimati e giaciture della bacchetta; cosi come mostra lo schema della stessa figura. 2.4 - Il carrello restitutore.

Si esamini ancora la fig. 2: il carrello restitutore è ridotto alla sua più semplice espressione, essendo materializzato dallo schermetto col suo supporto che può traslare sul piano del tavolo da disegno (piano XY) oltreché lungo l’asticciola (traslazione in Z). In generale però il carrello restitutore è più complesso, specie negli strumenti a proiezione meccanica od ottico-meccanica. Si veda la fig. 7: in essa si notano non solo il triplice ordine di slitte relative alle traslazioni pa rallele agli assi del sistema di riferimento assoluto, ma anche le manovelle ed il pedale inferiore che guidano tali movimenti: questa è la realizzazione più diffusa. ri is n

Ue \ Al Î MU I} {|} FIG. 7: schema di carrello restitutore. PAL do SS me END M ) / —P 4 7 if / / VA Vi £ 4% Ma —

Pa E' possibile anche comandare i movimenti elettricamente, usando motori sincroni ripetitori; così come è possibile provvedere le guide delle slitte di scale graduate (la Z lo è sempre, evidentemente). In tal caso, il carrello prende più oppor tunamente il nome di « coordinatometro », dal momento che, proiettano un punto, è possibile leggerne le coordinate nella scala del modello su di tali graduazioni. Talvolta, è possibile anche registrare le coordinate su nastro e scheda; altre volte la loro lettura è facilitata dall'uso di quadranti e comunque in ogni caso da un adatto complesso di veicoli ottici.

Gli elementi metrici relativi alla lettura delle coordinate, possono anche essere — anziché le scale graduate — delle adatte viti, ad es. nel caso che la lettura debba essere fatta su contatore a quadrante. 2.5 - Il coordinatografo.

Realizzata la proiezione quotata di cui ho detto al punto 1.1.6), si tratta di eseguirne il disegno. Sempre con riferimento alla fig. 2, l'organo corrispondente è la semplice punta di matita posta in asse col segno fiduciale dello schermetto. Però solo in taluni restitutori semplificati, la realizzazione è così semplice. In generale, l'organo che permette il tracciamento del disegno è più complesso, molte volte è staccato dal tavolo del modello, e prende il nome di « coordinatografo ». Sostanzialmente esso è costituito da un tavolo da disegno su cui sono vincolate due ordini di guide ortogonali. Un dispositivo recante la punta della matita, può traslare nelle due direzioni, disegnando sul foglio di carta sia elementi discreti 12




(punti isolati) come linee, quali ad esempio le curve di livello, i bordi delle strade eccetera. La connessione tra il carrello restitutore ed il coordinatografo può essere di tipo meccanico od elettrico. Nel primo caso, vi si può provvedere me diante pantografo, oppure tramite aste ed ingranaggi. In ogni caso è possibile disegnare il terreno in scala diversa da quella del modello; anzi ciò è quanto si fa normalmente. Se la connessione è pantografica, la variazione di scala (gene ralmente un ingrandimento) si ottiene nel modo ben noto; se invece si tratta di aste ed ingranaggi, basterà accoppiare opportunamente questi ultimi per ottenere la scala voluta. La connessione elettrica è ottenuta per il tramite di motori ripe titori. La variazione di scala avviene cambiando il rapporto di trasmissione degli ingranaggi che inviano alla vite motrice delle slitte del coordinatografo, i moti rotativi del motore. Va notato come quest’ultimo tipo di collegamento permetta di svincolare completamente il tavolo da disegno dal restitutore, nonché di eseguire contemporaneamente disegni a scale diverse. 3 - Il ponte della base Preferisco parlare a parte di questo organo particolare, primo, perché non è uno di quelli fondamentali, secondo perché l'argomento può presentare una qualche difficoltà a chi ne sente parlare per la prima volta. È stato detto che fondamento essenziale della restituzione fotogrammetrica è la possibilità di collocare i due fotogrammi nella stessa posizione spaziale — a meno della forte riduzione della « base » — che occupavano al momento della presa (2). Tale operazione prende il nome, come è noto, di « orientamento esterno » della coppia. Se quanto sopra fosse indispensabile, si incontrerebbero delle forti difficoltà nella costruzione di molti restitutori, specie a proiezione meccanica ed in particolar modo in quelli impieganti lastre nel formato originale di 23x23 cm; a queste difficoltà sì può ovviare, collocando le lastre in ogni caso in una posizione strumentale fissa, non dipendente cioè dalla base di presa ma funzione invece della costituzione strumentale del restitutore. Ma allora, che accade dei raggi omo loghi? E’ chiaro che le bacchette non si incontreranno più come è indicato nello sche U2 17 da TN 4A FC . I Va, La 4 } ; L2 vu l'ha è /_{_/ po /_030/ 3 . /_} [ZI ] LET 7 ‘b _ vie, di — 7° I / /, / \ - / ri f / ra / 4 —_— A / D Isa bx _ 5 M N b_/- 7277 7 \ -/ de FIG. 8: registrazione della base “in dentro,, i i f AD Tà




ma elementare di fig. 4. Il problema era già stato affrontato e risolto nel primo restitutore automatico per sola fotogrammetria terrestre, lo « autografo » costruitodalla Zeiss su progetto di Ritter Von Orel cui ho accennato all’inizo. Tralasciandol'autografo, e la geniale soluzione ivi addottata, dirò brevemente delle attualirealizzazioni. Si osservi la fig. 8. Per soddisfare la condizione dell’orientamentoesterno, le lastre dovrebbero essere poste coi centri in V; e V7), ed allora i raggiomologhi si incontrerebbero in A.Spostiamo ora la lastra di destra sino a collocarla col centro in Vz: lo spostamento è rappresentato dal segmento s, che si può ritenere come la differenza deivettori b, (base strumentale) e b (base di presa, in scala). I raggi non si incontrano più: ma possono essere rigidamente connessi fra di loro per tramite deisegmenti AM, pari alla base strumentale, e MA», pari alla base di presa b. Sematerializziamo tali segmenti con due aste rigide, e li connettiamo col carrellorestitutore, come mostra la figura, otterremo quell’organo che viene detto appunto« ponte della base ». Nell’attuazione pratica, tale dispositivo assume forme diverse,potendosi impostare il segmento b per una metà all'estremo sinistro e per l'altraal destro della sbarra b,, senza che nulla muti dello schema illustrato. La basedi presa può essere impostata agli estremi della traversa attraverso le sue coordinate cartesiane bx, by, bz visibili in figura, così come attraverso le coordinatecilindriche.Î Lara?27 2 77— —_—- fVAf\:i La io La 7;/ ai _/ AAA 0(ZI ANT IT. LAI TTI bi TT / , 9V T-___,d__2 /bs Vi! /pin /n //bu M DI b, /+ —f--<- —- |] LASby,” / bo TT Ti \/ mme ST| 6dii .i FIG.9: la base è registrata ‘in fuori,,IApLa fig. 9 illustra un altro modo di « registrare » la base di presa, precisamenteintendendo il vettore spostamento come la somma, anziché la differenza, deivettori b, e b. Mentre il primo modo è detto « registrazione in dentro », questoè chiamato «in fuori». La sua necessità trova origine in un procedimento ditriangolazione aerea, e dal punto di vista concettuale nulla muta rispetto a ciòche è stato detto prima. È necessario però aggiungere che, essendo in questoschema scambiato l'ordine di successione delle due lastre (la seconda precede nellospazio strumentale la prima) il restitutore deve avere in questo caso la possibilitàdi invertire l’ottica di osservazione.




4 - L'osservazione del modello

Ormai, nei moderni restitutori, il « modello ottico » viene osservato unicamente attraverso la visione stereoscopica, e di ciò è stato detto nelle lezioni precedenti. Aggiungerò solamente che la visione stereoscopica è ottenuta, nei restitutori a prolezione ottico-meccanica e meccanica, convogliando l’immagine d’ogni lastra al relativo occhio per il tramite di veicoli ottici formati da prismi, specchi e lenti detti genericamente « ottica di osservazione ». Questi veicoli possono essere più o meno complessi, ma comunque non hanno, si badi bene, l'importanza del l'ottica di collimazione, e possono perciò essere realizzati anche con minor cura badando però che non vi sia comunque una eccessiva perdita di « defini zione » dei particolari. La loro funzione è quella di portare l'immagine del punto di lastra, ormai fuso con l'immagine della marca, all'occhio dell'osservatore (figg. 12 e 14).

Nei restitutori a proiezione ottica, molte volte si usa l'osservazione col metodo delle « anaglife », già noto ai lettori (2), e che non richiede veicoli ottici di trasporto. Non mancano però restitutori a proiezione ottica che utilizzano la visione stereoscopica vera e propria, come ad es. lo « Stereoplanigrafo » Zeiss. 5 - I restitutori a proiezione ottica i

Mi basteranno pochi cenni, essendo già stato illustrato lo schema di uno dei più noti restitutori di tal tipo, il « Fotocartografo mod. VI» o « Photomapper » prodotto dalla O.M.I. di‘Roma nella lezione relativa alla restituzione fotogram metrica (vedi fig. 4 a pag. 29). Tale tipo di restitutore è esemplare per la sua sem plicità, utilizza la visione anaglifica, è adatto alla restituzione di sole prese aeree, e normalmente permette di eseguire il disegno alla stessa scala del modello. Però per mezzo di adatti accessori, sì può anche variare la scala del disegno (pan tografo polare) così come è possibile tracciare profili del terreno ricorrendo al dispositivo «profilgraph ».

Dello stesso tipo, è il restitutore di costruzione americana « Kelsh », mentre lo Stereoplanigrafo « Zeiss » citato al numero precedente è assai più complesso. In quest'ultimo l'osservazione stereoscopica è accompagnata dalla presenza del . « ponte della base » ed inoltre l'apparecchio è provvisto dei « pancratici ».

Una categoria di restitutori a proiezione ottica che meriterebbe un discorso a parte, se non vi si opponessero i limiti di questo discorso, sono i « multipli »: erano nati per facilitare la triangolazione aerea per concatenamento, e consiste vano in uno schema simile a quello del « Mapper », ma con parecchi proiettori, in numero minimo di tre. Ora sono stati praticamente abbandonati, dato l'evolversi delle tecniche di triangolazione aerea. 6 - I restitutori a proiezione meccanica

Di questi strumenti, ne illustrerò sommariamente due, l’uno senza, l’altro con il ponte della base. Prima però voglio dire due parole a proposito del problema della correzione della distorsione, per il tramite delle camme, così come è stato realizzato su idea dell'ingegner Santoni nei due strumenti sopraddetti. Si guardi ancora la fig. 5, e poi sl passi alla fig. 10. Ho già detto che la distorsione si può pensare equivalente alla variazione radiale della distanza principale; ora, se il centro della sferetta terminale dello spinotto si muove in un piano {(p-p della fig. 5) non è possibile correggere la distorsione. Ma se si costringe detto centro a muoversi su di una superficie di rotazione, come quella di cui si vede la sezione s-s in fig. 10 a, allora l’asse della bacchetta, anziché disporsi secondo la giacitura sbagliata (punteggiata in figura), si allinea con quella corretta sV mentre l'ottica di collimazione « mira » il punto distorto Pj La realizzazione pratica del dispositivo dovuta al Santoni, è quella della fig. 10 b, che non necessita di molti commenti: la sfera terminale dello spinotto finisce con una « pasticca » sagomata con grande pre cisione secondo la curva di distorsione dell’obbiettivo usato per la presa (e natu ralmente le « pasticche » sono intercambiabili!). Mentre l'elemento in nero della

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figura si muove nel piano p-p, quello tratteggiato, trattenuto elasticamente all’altro, e vincolato alla testa dello spinotto, fa descrivere al centro della sfera terminale una superficie simile a quella della « pasticca ». m I | I PR i, = fe TH, fap f* 5 FIG. 10a: schema per la cor. S s rezione della distorsio- p ne tramite camme. i vl O j \__—L e N \{/ 5%; % 4? A O Cp SN a: FIG. 10b : una realizzazione E (ip ve) a d del VA «> 7 ARITMIE DIS ; ica £ i TL E 64, A N AS Lr pratica secon o Santoni de let I ITA è NEAR Aid N dispositivo correttore della Sui i IZ A IN | 0 AL 4 ° ; ; : 1 | À ie. A x distorsione, tramite camme II |: È NESS 4 \ ' o “‘pasticche,, ) WSE N É 7 0 < Ù È L NL



== = i wi >, 7 | ; psi sj produce la deformazione. . 6.1 - Lo Sterosimplex ” Galileo-Santoni” Il/c sa = e xd id ; Gi * ; pa ci di da NÉ pri? È (0 el ni _@0l Lamiere Cj 1) È io il sedili dp 10 i n; n Miti 4 È di su gia È po — © - i -- cone ì g9 i We ee i ci > & _ i * NI ® FIG. 11: lo Stereosimplex Galileo-Santoni II/c Questo strumento consente di restituire fotogrammi sino al formato 23x23 cm, ] con focali comprese tra 86 e 200 mm. Come si vede dalle fig. 11 e 12, le « bacchette » sono connesse da una sferetta (è possibile effettuare tale connessione, anche con due sfere); l'ottica di collimazione è fissa mentre ai movimenti di restituzione par; i tecipano le lastre secondo lo schema di fig. 6. L’ottica di trasporto è relativamente semplice, comportando solo cinque riflessioni e due trasporti di immagine, come si vede dalla fig. 11. Vi sono le « pasticche » correttrici della distorsione, come detto al punto precedente, e tra l’altro il costruttore fornisce anche un apposito tornio di alta precisione per fabbricare le eventuali pasticche che potessero servire al l'utilizzatore. Le camere hanno i movimenti di orientamento 0 % entro un campo di + 5,58, mentre k varia da +158 a — 158. Esse possiedono solo la componente bx della base, variabile da +92 a +255 mm, mentre mancano i movimenti by e bz, quando lo stereosimplex è predisposto per restituire prese aeree. Lo strumento infatti serve anche per la fotogrammetria terrestre, ed in tal caso vi si possono imporre anche le componenti suddette. Il carrello restitutore è un coordinatometro, provvisto perciò di scale graduate sulle slitte X e Y, osservabili tramite microscopi. Il coordinatografo è a lato del l'apparecchio (fig. 12) con collegamento a pantografo, avente innesto elettro






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Si tratta di un restitutore « universale », adatto cioè alla restituzione tanto di prese aeree come terrestri, nadirali od oblique. Può eseguire la triangolazione per concatenamento, ed è a tal fine provvisto di ponte della base con ottica di osservazione invertibile. Si vedano le figg. 13 e 14.

Come nel « Simplex II » l'ottica di collimazione è fissa, e l'esplorazione avviene mediante fotogrammi mobili. I centri di proiezione sono nella fig. 14 quelli desi gnati con V, e V.: intorno ad essi ruotano le « camere» nonché le bacchette A; e A.. In tale figura è ben visibile la traversa T del ponte sulla base, così come sono chiaramente indicate le componenti della stessa. L'osservazione stereoscopica dei fotogrammi avviene sempre normalmente al loro piano, il che presenta il vantaggio di vedere, senza ulteriori complicazioni, il modello nello stesso assetto spaziale. Sempre in fig. 14 è visibile l'ottica di trasporto, nonché quella di collima zione con le marche m; e m.. Il coordinatografo è comandato da una maniglia per i grandi spostamenti in X ed Y, e da un comando pantografico per gli spo




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FIG, 13: lo Stereocartagrafa Galileo-Santoni Mod. IV stamenti fini. La solita manovella comanda la traslazione in Z. Le scale delle X ed Y, incise su vetro ottico, sono visibili attraverso un unico oculare, mentre le quote sono indicate dal tamburo a nonio. Il coordinatografo è a lato, su un pe sante tavolo da disegno, collegato al carrello da aste ed ingranaggi, come si vede nella..fig.. 13.

Lo « Sterocartografo IV », può usare camere di qualunque formato e con focali da 100 a 215 mm; può essere provvisto di apparati quali il « tomografo » che permette di tracciare direttamente profili e sezioni di qualunque porzione del modello: cosa assai utile in molte circostanze come ad esempio nella pro gettazione stradale, nelle sistemazioni agrarie eccetera. Lo si può inoltre collegare con un registratore elettronico di coordinate, che scrive questi dati sia in chiaro su telescrivente come su nastro, per una ulteriore eventuale elaborazione al centro di calcolo elettronico. È chiaro come tale procedura sia di gran vantaggio nella triangolazione aerea.

La correzione della distorsione avviene per il tramite delle camme già illustrate al n. 6, ed inoltre le « bacchette » hanno nel loro interno il dispositivo « antiflex ». 7 - Considerazioni conclusive

I limiti imposti necessariamente al mio discorso, mi impediscono di parlare di molte altre cose assai interessanti: ad esempio sono costretto a tralasciare un sia pur breve cenno sui restitutori a proiezione ottico-meccanica, più volte citati nel corso della esposizione. Dovrei dire anche della — o meglio di una possi bile — classificazione dei restitutori, argomento questo quanto mai complesso e . Lu _ r'‘'‘—_rrrrrr—IEIpPppcreiiNE






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Restitutori del tipo del « Mapper » o dello « Stereosimplex » che hanno minori capacità in quanto a recepire fotogrammi e che sono adatti particolarmente a scale dal 5.000 in su, saranno detti di seconda categoria o del secondo ordine. Vi sono infine, è bene che lo dica anche se non ne ho esplicitamente parlato, anche strumentini assai più semplificati del « Mapper », particolarmente adatti a cartografia speditiva e comunque a piccola scala, che potrebbero essere detti del III ordine: a questi si ascrive ad esempio lo Stereomicrometro cartografico Ga lileo-Santoni.

Un'altra cosa che mi preme di ricordare, è che esistono strumenti non diret tamente ascrivibili ad una di queste categorie, ad esempio perché pur essendo molto semplificati restituiscono a scala grande e grandissima, che servono per la sola fotogrammetria terrestre. Restitutori di questo genere sono usati altrove, ad es. dalle polizie stradali della Svizzera e della Germania Federale, per la reda zione delle planimetrie di grossi incidenti stradali. Potrebbero comunque ben 30