LA LIVELLAZIONE IDROSTATICA APPLICATA AI CONTROLLI DELLE DEFORMAZIONI DI GRANDI STRUTTURE



Comunicazione presentata al XIV Convegno Nazionale della SIFET R. Galetto* - C. Mazzon** I - PARTE TEORICA 1. Premessa

Il controllo delle deformazioni altimetriche di grandi strutture esige, dalle operazioni di misura, elevata precisione, grande sicurezza, facilità e immediatezza dei risultati. A tal fine si possono utilizzare i metodi più semplici e precisi già affermatisi nei rilievi altimetrici topografici e geodetici, quale soprattutto la livellazione geometrica di precisione, ma si possono anche proporre certi metodi che, pur essendosi rivelati nelle operazioni sul terreno poco efficienti per motivi

L) \ È % ] \ 3 3) \l \ \ [] 1) L (\ LB LEHE S D DE [] i Pf n NI 4 H/a c L/ A B Fig. l di varia natura, in circostanze diverse possono invece offrire particolari vantaggi.

Così è per la livellazione idrostatica, perché essa idealmente rappresenta il metodo più semplice e preciso, e inoltre adatto a postazione fissa, per determinare le differenze di quota tra due o più punti comunque lontani.

Infatti la quota di un punto A generico rispetto a una superficie di livello S prefissata può essere definita in modo rigoroso (fig. 1) quale lunghezza dell'arco di linea di forza del campo gravitazionale compreso tra il punto e la superficie di riferimento; data la quasi rettilineità della linea di forza, tale quota è uguale, con grande approssimazione, alla lunghezza di stadia, posta verticale sul punto, intercettata dalla superficie di riferimento.

Di conseguenza il dislivello esistente tra il primo punto A e un secondo punto B sarà evidentemente, fig. 1, À Gas = Oo QQ = La — La relazione valida rigorosamente e evidentemente indipendente dalla distanza dei due punti. è Istituto di Geodesia, Topografia e Fotogrammetria «G. Cassinis » del Politecnico di Milano. ** Istituto Idrografico della Marina. 13




Una superficie di livello è materializzata in modo perfetto dalla superficie libera di un liquido pesante ideale in quiete, anche se stratificato; in pratica tale astrazione è quasi perfettamente realizzata da un qualunque pelo liquido in quiete, ad esclusione dei bordi, ed infatti su tale principio si basano appunto certi dispositivi detti orizzonti artificiali a liquido, che consentono il raggiungi mento delle massime precisioni nelle determinazioni zenitali negli osservatori astronomici di posizione. Ma esistono anche delle operazioni topografiche che seguono esattamente tale schema e tale materializzazione: esse sono le operazioni di scandaglio in mare o nei bacini, nelle ovvie limitazioni per il liquido in quiete. D'altra parte la stessa battuta di livellazione geometrica cerca di realizzare detto schema di principio, creando otticamente un sostituto alla superficie di livello.

Per impiegare proficuamente tale metodo, così semplice e diretto, nella determinazione dei dislivelli, non si ricorre, in generale, [1] a un liquido inca nalato, cioè a pelo libero, ma ad un liquido omogeneo intubato nei così detti vasi comunicanti, eseguendo le letture agli estremi liberi [2].

Tale realizzazione, a prima vista ideale, è stata proposta e sperimentata da lungo tempo per talune applicazioni, ma, come spesso accade nei sistemi semplici e primordiali, le realizzazioni risultarono troppo semplicistiche e primitive, tra

E | | i È ° | | . | / A I . SI / VALTTIZI, 7/ /, 11! NITEC Tù / a / / / / _ZUQUÙÌ Ò IS {INA 474/11!

SSONY74,/0 454

SY TW /,/1 (114/23, 9 // AY/ 4, 7 | > fo 24/11 //41/1 (ESELLAT NN ARI / 11111 I, IVI, 1,73! Le 11105, ( i ,/,,N//// VIZI / /1 SI 7/11] (1,111 /, / 7 // [ISISIIILI 5cvNNYì VAVAZA / = MSN AL: 24/11 SS TWTÙ FIG. 2 scurando quelle cause di errore che la relazione di partenza nascondeva nella sua apparente rigorosità e semplicità. Infatti, entro i vasi comunicanti l'equilibrio e distribuzione ipotizzati, nella realtà non sono sempre così perfetti, come sem brerebbe di primo acchito, e quindi occorre considerare meglio la condizione di equilibrio statico; d’altra parte la immobilità del liquido, che sembra facilmente raggiungibile, può nascondere anch'essa delle cause di errore, specie nelle condut ture lunghe o deformabili o soggette ad azioni esterne e perciò è necessario un esame anche del moto del liquido nel tubo [3].

Perciò nella prima parte di questa esposizione si tratteranno teoricamente l'equilibrio statico e il moto dei liquidi nei vasi comunicanti e nella seconda parte le verifiche sperimentali delle leggi studiate e gli accorgimenti più opportuni per l’applicazione prevista. 14




2. La condizione di equilibrio nei vasi comunicanti

Si consideri una distribuzione qualunque di liquido pesante in quiete sotto posto a varie pressioni p; esterne, fig. 2; consideriamo due punti 1 e 2 in esso e immaginiamo di passare dal primo al secondo punto lungo una linea 1 generica. La differenza di pressione A pr = p: — p.,, secondo la legge di Stevino, è data allora dalla risultante delle componenti verticali della colonna liquida eseguita

A pi = — Sf p g cos z dl essendo p densità, g gravità funzioni del cammino percorso, e z la distanza zenitale dell'incremento dl di linea percorsa nel senso che va dal primo al secondo punto [3].

Nel liquido in equilibrio, se la distribuzione rimane la stessa, la pressione nei due punti non varia qualunque sia il percorso seguito l: perciò si potrà so stituire, a tutti gli effetti, alla linea percorsa una spezzata di tratti infinitesimi orizzontali e verticali, che ricalchi la distribuzione preesistente. Lungo i rami orizzontali, essendo z = 90° e quindi cos z = 0, il contributo di quel tratto risulta sempre nullo qualunque sia la sua densità e la gravità, mentre i rami verticali costituiscono le componenti verticali dh = cos z dl dei tratti di distanza zenitale z; questi a loro volta conviene siano suddivisi in discendenti, con segno negativo, e in ascendenti, con segno positivo, concordemente all’avere essi distanza zenitale maggiore o minore di 90°.

Sarà perciò

A pia = Sl p g dh (discendenti) — Sf? g g dh (ascendenti) ove p e g sono funzioni dell’incremento di altezza dh lungo il percorso l.

Una ulteriore semplificazione dello schema geometrico può farsi raggruppando tutti i rami ascendenti e discendenti all’inizio e alla fine e collegando questi con un ramo orizzontale che non interviene mai nell’equilibrio; però la densità e gravità dei vari tratti verticali devono essere quelle che competono alla distri buzione reale lungo la linea 1 originale.

Inoltre le letture che si ottengono impiegando i vasi comunicanti ideali si eseguono al pelo libero dei vasi estremi e la pressione, comune agli estremi di lettura, è allora quella esterna atmosferica. 3. Le cause di errore sistematico dell'equilibrio e le correzioni

Nel rigoroso impiego dei vasi comunicanti si dovrà tener conto delle eventuali variazioni dei parametri indipendenti che compaiono nella relazione generale, le quali provocheranno delle variazioni L alle lerture esterne Li, ed L. del caso ideale; allora le letture brute L’, ed L’, saranno tali che A Q® =L_t_ L=LV, T— $ La (L’, — $ L.) = L'-L._— (GL — Ò L.) = = A qu — (0 LL $ La) cioè (6 Li — $ L) rappresenta l'errore da togliere al dislivello bruto A q’ per ottenere quello corretto A q cercato.

I parametri che possono presentare variazioni apprezzabili sono la differenza di pressione esterna (differenza nulla nel caso ideale, ma influenzata prevalente




mente dalle condizioni atmosferiche) e la densità del liquido (omogeneo nel caso ideale, ma alterato prevalentemente dalle variazioni termiche); invece le variazioni di distribuzione della densità e della gravità per le piccole variazioni attendibili nella disposizione del tubo possono ritenersi del tutto trascurabili. 3.1. Influenza delle variazioni della pressione. Una variazione $ unicamente della differenza di pressione A pi provoca una variazione di livello é hl e 6 h. nei vasi estremi di lettura, per cui sarà [3] Ò (A Pia) = A Pia (reale) — A Piz (ideale) = (p: mr Di): _ (p. _ Di) _ =paQtò hi — pe 22 6 h: e poiché le variazioni sono piccole, il liquido omogeneo e le gravità estreme poco diverse, si potrà anche scrivere 6 (A pr) = pg (6h — è ho) e quindi, essendo i vasi verticali: 6 (A pr) 60 LL_éèL = èh_-$h = —_ ps 3.1.1. Gli effetti della pressione barometrica. La pressione barometrica agli estremi liberi e all'aperto è dovuta alle variazioni atmosferiche, apprezzabili queste in condizioni comuni soltanto su distanze di qualche chilometro; su piccole distanze (100 m) essa può essere sensibile soltanto in situazioni topografiche particolari e in presenza di forte vento. Su lunghi collegamenti le variazioni locali di qualche millimetro di mercurio non sono rare e quindi, se il liquido è ad esempio ac qua, od altro di analoga densità, la variazione di lettura può essere di qualche centimetro; perciò per calcolare bene questa correzione è necessario l’impiego di due barometri assai sensibili posti agli estremi, ed eseguire le letture contem poraneamente. Negli ambienti chiusi e comunicanti, e perciò piccoli, la uguaglianza delle pressioni estreme è perfetta, salvo la presenza di ventilatori, condizionatori, compressori; l'uguaglianza può risultare invece compromessa se gli estremi sono situati in ambienti separati e in condizioni di ventilazione naturale assai diverse; allora l’'accorgimento più sicuro è quello di uniformare le pressioni sovrastanti dei vasi estremi collegando questi mediante un tubicino. 3.1.2. Influenza della capillarità. La tensione superficiale del liquido genera nei terminali un menisco che si comporta come una pellicola tesa e curva, la quale provoca una variazione locale della pressione terminale.

Nel caso simmetrico di un tubo rotondo la curvatura del menisco ha sim metria assiale e diminuisce rapidamente dalla superficie interna del tubo verso il centro di esso; di conseguenza l'altezza del liquido è più alterata alla periferia che non al centro, e quindi la lettura ai terminali è meglio farla in corrispon denza della zona centrale del menisco. Questo può essere concavo o convesso a seconda che il liquido bagna o meno la parete [3]. La pressione $ p che si esercita al centro vale, per la legge di Laplace: 27 òp= — R essendo R il raggio di curvatura al centro del menisco circolare e 1 la tensione superficiale. 16




In un tubo verticale tale pressione innalza (se il liquido bagna) il livello della zona centrale del menisco di una quantità h, tale che 6 p-=60hpog£= — cioè dh, = — R pgR

Ad esempio, per l'acqua (p = 1, 7 = 73) contenuta in un tubo di raggio 1 cm, ove il raggio di curvatura al centro è facilmente riconoscibile assai maggiore di 10 cm, si avrà un $ h, certamente inferiore a 0,15 mm.

Generalmente già a qualche millimetro dalla parete la curvatura del menisco diventa praticamente inapprezzabile e quindi nei vasi non capillari l'influenza è piccola; inoltre perché essa provoca un effetto differenziale tra i due menischi terminali, generalmente di diametro uguale e riempiti di ugual liquido (a parte le impurezze che alterano la tensione superficiale localmente) il suo effetto può ritenersi trascurabile nelle applicazioni usuali dei vasi comunicanti. 3.2, Influenza della variazione di densità. Considerando unicamente una variazione è p della densità, questa provocherà una variazione del livello del liquido nei vasi comunicanti 1 e 2 terminali, inizialmente a ugual livello. Sarà allora 5 (A Di) = pia 6 hi — p?2 82 Ò h, = Sii £ è (0) dh (disc.) — Jr 8g ò (p) d h (asc.

Poiché i vasi terminali sono verticali e le variazioni sono piccole, sarà: £ St è (p) d h(disc.) — g fi 6 (p) è h (asc.) SL—-$8 L= oh — $ hs e I oèee\Jeeo-o|—_____ © pg 1 1 = — Sf? 8 (p) dh (disc) — — f? 8 (p) d h (asc.) p p

Come si vede, l’effetto complessivo è differenziale tra rami discendenti e ascendenti, mentre il tratto orizzontale non. influisce affatto. 3.2.1. Influenza della temperatura. Nei liquidi il coefficiente di dilatazione termica è sensibile e abbastanza costante (10 e 10-‘; l’acqua fa eccezione intorno a 4 presentando inversione); si potrà allora, almeno in un modesto intervallo, esprimere la densità quale funzione lineare della temperatura p= po (1— K t) per cui 5 (> = — po K 8 (1) e quindi la correzione sarà —(6LT—-$8L)=Kf? 6 (t)dh(disc) — K ff 8 (t) d h (asc.)

Come si vede, tale correzione cresce con il coefficiente di dilatazione, con l'aumentare degli sbalzi termici e con la lunghezza dei rami interessati, discendenti e ascendenti, sommandosi algebricamente [2]. 17




Ad esempio, per l’acqua a temperatura ambiente (K = 2.10-‘/°C) una variazione di un grado in un ramo verticale di 1 metro provoca una variazione di lettura di 0,2 mm.

Per evitare o correggere tale importante effetto gli accorgimenti pratici più efficienti sono nell’ordine: 1) disporre il percorso a ugual altezza 2) riparare la tubazione in modo di avere una ugual temperatura 3) compensare gli effetti di un segno con altri uguali ma di segno opposto, cioè con ugual differenza di quota e di temperatura, ma invertite 4) calcolare la correzione misurando la temperatura in modo opportuno lungo il percorso. 3.2.2. Variazione di densità per altre cause. Le variazioni di densità non di tipo termico sono generalmente rare e piccole; esse possono derivare dopo lungo tempo da una decantazione del liquido non perfettamente omogeneo (ad esempio petrolii), oppure da volatizzazione di un componente se liquido è una soluzione, oppure per liberazione spontanea di gas disciolti. 4. Il moto del liquido nei vasi comunicanti

Una qualunque azione meccanica perturbatrice dell'equilibrio idrostatico provoca una variazione del dislivello nei vasi terminali, variazione che, al cessare dell'azione, il liquido pesante tende ad annullare spontaneamente fluendo lungo il tubo. Il moto che così si crea non è allora semplicemente inerziale, perché la viscosità del liquido lo frena; tale frenamento, anche per uno stesso liquido, può esser diverso in base al regime dell’efflusso che si instaura. Nell’applicazione presente hanno interesse soltanto i piccoli movimenti intorno alla posizione di equilibrio per i quali la velocità del liquido è sempre molto bassa; inoltre ai fini pratici interessa soltanto una descrizione abbastanza attendibile del compor tamento medio del fluido in condizioni vicine al caso reale.

Perciò si potrà studiare il caso più semplice, ma sufficientemente realistico, di una tubatura a sezione circolare costante in cui il liquido fluisca secondo il regime di Hagen-Poisenille, cioè con moto così detto laminare, uguale per tutte le sezioni lungo il tubo.

Essendo il liquido incomprimibile ogni sezione si sposta, nell’intervallo infi nitesimo di tempo dt, di dh ugualmente alla prima, cioè quella del ramo verticale discendente, e il moto avviene come se tutto il liquido di massa m, contenuto nel tubo cilindrico di raggio r e lunghezza l e sezione x r°, si muovesse di velocità dh media istantanea v = ——; tale velocità è quella che, per il regime considerato dt di Hagen-Poisenille, determina una caduta di pressione dinamica tra i due estremi 8 vl I IE E A Pa = — v, dovuta alla viscosità dinamica v, che va a diminuire l’azione Lr? della pressione idrostatica A p., sorta per lo squilibrio imposto dalle azioni perturbatrici esterne, azioni che avevano inizialmente abbassato di h, il livello del primo vaso verticale terminale e innalzato di altrettanto l’altro vaso. L'equazione differenziale del moto sarà allora




d° h 8yl dh m-__=" (Ap. — Apa) = ar(-2hpg-_ _T—T_) d 1 r* dt ed essendo m = x rl p,si arriva alla d° h 8$8ydh 2g — + — —+—h=0 d t? rp dt Ì che, come è noto, è del tipo della equazione differenziale fondamentale dei moti periodici smorzati liberi [3]. La integrazione di detta equazione, tenuto conto delle condizioni iniziali (per dh t=Oè — = 0eh= h,,, porta a tre diverse equazioni finite, a seconda che dt la quantità 28 | 4 Y ) I lo è positiva, nulla o negativa, che rispettivamente descrivono un moto periodico smorzato, critico e aperiodico. 4.1. I tre casi di moto. Le equazioni del moto sono allora rispettivamente nei tre casi: a) aperiodico: h = R(CoshK, t + K; Senh K; t) essendo K,, K., Ki opportune costanti di integrazione; 4 Y b) critico: h=R(1+4+-—_ t) 1° p 2 TT 2 Y T 2 Ti c) smorzato periodico: h = R (cos — t + —___sen5n —— t). T TT 0 r° T Come si vede, i tre tipi di movimento hanno in comune il fattore R, essendo: | 4vt | R= he 1° 0 che descrive la parte esponenziale del fenomeno; ma mentre il primo presenta un 19




comportamento asintotico lento di tipo iperbolico, il secondo è semplicemente esponenziale e il terzo periodico di ampiezza decrescente. 4.1.1. Il caso critico. Esso non è che il caso limite del moto aperiodico più veloce, dopo di che diventa moto oscillatorio; esso in pratica non ha importanza che quale indice della prossimità o meno degli altri due tipi di moto. Il moto dei menischi di lettura deli vasi comunicanti, come in ogni altro strumento a indice, dovrebbe rimanere lontano dal caso aperiodico asintotico perché un eventuale intoppo della libertà del loro funzionamento non verrebbe mai percepita dall’osservatore, mentre invece essa vien garantita dalle piccole oscillazioni intorno al punto di equilibrio nel caso di moto periodico smorzato; da qui la opportunità di spezzare i lunghi collegamenti con tratte corte e concatenate, analoghe a quelle della livellazione geometrica longitudinale. 4.1.2. Il caso aperiodico. Sfortunatamente, nella applicazione dei vasi comu nicanti per collegamenti lunghi, è impossibile realizzare il moto oscillatorio per ché esso richiederebbe diametri proibitivi per la tubazione.

Inoltre una apposita correzione, teoricamente possibile, della lettura bruta risulterebbe ben poco attendibile nel caso aperiodico anche dopo la cessazione della perturbazione. In realtà le perturbazioni meccaniche lungo una tubazione flessibile, come accade ad esempio nelle importanti operazioni di attraversamento delle foci dei fiumi, sono inevitabili e ignote e possono provocare un effetto di pompa sistematico falsamente mediato e anzi peggiorato dal lento smorzamento.

Analoghe azioni meccaniche possono essere prodotte dal vento a raffiche su tubazioni flessibili poco protette ed anche dai transistori termici ambientali; da notare a tale proposito il deleterio effetto del rilassamento delle tubazioni di plastica molle o, più moderatamente, di gomma elastica. 4.1.3. Il caso periodico smorzato. E’ questo il tipo di moto più opportuno per la sicurezza e rapidità dei risultati; ha perciò interesse conoscere il periodo, cioè l'intervallo di tempo tra due elongazioni estreme massime dello stesso segno, che è stato indicato con T e che vale 1 TO T= Tg —T—_________ ove è T= 27} ] 2 Y Ts È i 1 —_ — _ I° p che è il periodo per quello stesso liquido ma privo di viscosità e ugual lunghezza del tubo, cioè nella ipotesi di Bernoulli.

Se il moto è oscillatorio il denominatore è positivo e per uno smorzamento anche notevole tale denominatore è poco diverso dall'unità. Perciò il periodo dell'oscillazione smorzata è poco maggiore del periodo Ta, relativo al moto non frenato e puramente inerziale, di Bernoulli.

Tale periodo è quello stesso di un pendolo filare di lunghezza 1/2 1.

In un esempio pratico di tubo del diametro di 1 cm, lungo 100 m, pieno d’acqua (Y = 0,01, o = 1, g.= 981) il periodo non smorzato è di circa 15 sec e quello smorzato di circa un secondo in più; lo smorzamento critico avverrebbe invece in un tubo di pari sezione lungo circa 500 metri. La conoscenza del periodo ha importanza soprattutto per sapere quanto si deve attendere per essere certi che l'equilibrio è raggiunto. 20