GLI ORTOFOTOPIANI

Ugo Bartorelli*

Nell'ultimo nostro Convegno si sono avute comunicazioni e discussioni su un metodo aerofotogrammetrico di grande attualità, la formazione delle carte topografiche mediante gli ortofotopiani. Siccome l'argomento dell’ortoproiezione dei fotogrammi aerei è ancora poco diffuso da noi (1), è stato stabilito di pubblicare sul nostro Bollettino questa nota introduttiva sull'argomento, che esponga il nuovo metodo in forma di ragionamento, da non riuscire troppo faticosa a chi non sia specialista nella materia.

Per la comprensione di questa nota è sufficiente la conoscenza dei prin cipi della fotogrammetria e del metodo di restituzione mediante gli strumenti restitutori classici; e di cosa sia la carta topografica, ben s'intende.

Si ritiene necessario, per ragioni ovvie, di parlare, prima, della fotogram metria ad un solo fotogramma per l’allestimento delle carte mediante i foto piani, e concludere, pol, con un esame critico, del nuovo elaborato aerofoto grammetrico, agli scopi cartografici di territori di tipo europeo.

LA FOTOGRAMMETRIA AD UN SOLO FOTOGRAMMA. L'’aerofotogramme tria ad un solo fotogramma è nata quale semplificazione del metodo a due fotogrammi, di generale applicazione; essa è possibile nei rilevamenti di terreni piani o pianeggianti, ossia, in pratica, di terreni orizzontali o che presentano dislivelli contenuti in una determinata tolleranza.

Infatti se il terreno è orizzontale e la presa aerea è nadirale (figura 1),

Vv 8 [pin V/ Figura 1. La presa nadirale. il fotogramma è già simile alla superficie del terreno e quindi rappresenta la immagine planimetrica del terreno (supposta nulla la distorsione dell'attrezza * Università di Padova . . (1) Sul nostro bollettino si è parlato di tale metodo in una recensione del N. 1, 2, 3 del 1962 (U: Bartorelli « La automazione in fotogrammetria ») e in due relazioni del N. 4 del 1968 (U. Bartorelli « Risultati scientifici e tecnici del Congresso Internazionale di Fotogrammetria di Losanna e della Mostra Strumentale » pagine 32-36, e Franco Bernini « Relazioni sui Lavori delle Commissioni I-IV-VII della S.I.P. » pagine 48-50).




tura di presa), sicché è sufficiente la conoscenza della distanza d fra due punti A, B del terreno fotografato, per dedurre ia scala del fotogramma; meglio ancora per trasformare il fotogramma ad una scala assegnata s = 1/S con un suo semplice ingrandimento o rimpicciolimento, in modo da ottenere le immagini dei due punti suddetti alla distanza d/S.

In pratica non è ancora ottenibile una presa aerea che sia nadirale con scarti massimi (dell'asse della camera dalla verticale) dell'ordine del primo sessagesimale circa, come è generalmente necessario per garantire, alla plani metria della carta da allestire, il rispetto del graficismo; per carte di tolleranze più ampie però la detta trasformazione del fotogramma può essere accettata come planimetria, ed allora, per realizzarla, si usano strumenti detti « ingran ditori » o « fotoriproduttori » o « trasformatori d'immagini », che oltre a tra sformare simulmente i fotogrammi li correggono anche dalle eventuali distor sioni della camera di presa.

Se il terreno è orizzontale e la presa non è rigorosamente nadirale (figura 2), o con scarti massimi di pochissimi gradi come in pratica è possibile otte

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Figura 2. Schema del raddrizzamento. nere, od anche volutamente inclinata di qualche diecina di gradi, il fotogramma non è simile al terreno ma è possibile trasformarlo, con una proiezione foto grafica su un piano x, ad un nuovo fotogramma (positivo) che risulti simzile, ad una scala assegnata, al terreno fotografato. Per questa trasformazione si usano complessi strumenti di proiezione ottica, detti raddrizzatori. Siccome non è nota con la precisione necessaria l'inclinazione i del fotogramma, i punti di appoggio, di posizione nota sul terreno, necessari e appena sufficienti alla operazione, non sono più due soli, ma in numero di tre (A, B, C) quando si fa ricorso alla conoscenza degli elementi dell’orientamento interno della ca mera di presa (caso della figura 2, ma allora le immagini proiettate sul piano 7: sono nitide solo quanto è possibile ottenere nel campo della profondità di fuoco degli obbiettivi di proiezione); sono invece in numero di quattro, quando (per dare un vincolo in meno alla proiezione ottica di tali strumenti) si rinun zia a fare uso della distanza principale della camera di presa, al fine di avere le condizioni ottime di focamento dell'immagine proiettata. 34




Le trasformazioni fotografiche così ottenute, dette fotogrammi raddrizzati, tutte alla medesima scala, possono essere poi immosaicate su un supporto ri zido, dando l'immagine della planimetria di una vasta zona di terreno orizzon tale senza soluzioni di continuità, ossia con rigorosa « tornatura » degli attacchi ‘ra fotogrammi limitrofi. Una tecnica ormai raffinata consente perfino di ot: tenere impressionata su ogni raddrizzamento la quadrettatura chilometrica «ella rappresentazione cartografica adottata.

IL FOTOPIANO. Una immagine rigorosamente planimetrica così compilata der un elemento cartografico della zona da rilevare viene detta fotopiano (2).

Il fotopiano apporta quindi una grande semplificazione in una delle fasi del processo cartografico, quella riguardante la planimetria; infatti nell’al .2stimento del fotopiano si esaurisce tutto l'aspetto geometrico del rileva mento quando il terreno è orizzontale. Per ottenerne la carta planimetrica ba sta dare veste cartografica alle immagini dei particolari del terreno (ad esem pio su un supporto trasparente sovrapposto al fotopiano), fotointerpretati os *ervando in uno stereoscopio i fotogrammi aerei originali e, naturalmente,
Infatti il raddrizzamento è possibile per tutto ciò che è al livello del ter zeno, per ipotesi piano. Ad esempio dei tetti delle case non avremo le imma zimi raddrizzate, ossia in planimetria, perché sono più alte del terreno; inoltre, «ui bordi dei fotogrammi, delle case si vedono non soltanto i tetti, ma anche a.cune pareti. Il cartografo quindi, nel ricavare dal fotopiano la planimetria della casa, deve interpretarla dal contorno al suolo delle sue pareti visibili e dalla forma del tetto; per far questo non ha a disposizione soltanto il foto piano, ma anche i fotogrammi originali (almeno due) da osservare allo ste reoscopio, ognuno con un'immagine prospettica differente, della casa. Si tratta quindi della stessa fotointerpretazione che anche l'operatore di un restitutore classico è sempre tenuto a fare. Di solito quindi il cartografo ha tutti gli ele menti geometrici per fotointerpretare correttamente, aiutato anche dalla ri cognizione se questa è preventiva, o controllato poi dalla ricognizione, se questa è successiva alla formazione del fotopiano e alla sua fotointerpretazione.

Naturalmente le carte ottenute dai fotopiani devono essere sempre inte grate dalla rappresentazione altimetrica (di solito il piano quotato, soltanto) ottenuta da determinazioni dirette eseguite sul terreno. Non per questo il me todo dei fotopiani è da scartarsi; difatti in terreno piano la tolleranza altime trica è assai ristretta, sicché per rispettarla con una normale restituzione foto grammetrica, la quota di volo dovrebbe essere tenuta assai bassa, mentre ai fini della formazione dei fotopiani tale quota può essere molto alta (l’immagine dei fotogrammi originali sopporta bene fino ad 8 ingrandimenti!) realizzando così notevole economia in ogni fase del lavoro.

Un pregio del fotopiano consiste principalmente nella uniformità della sua precisione, che ne fanno un prodotto industriale di alta qualità perché tutto (2) Con « fotomosaico » si denomina il mosaico di fotogrammi non rigorosamente raddrizzati su punti di appoggio, od anche di terreni non piani; vi si hanno quindi forti discontinuità fra le immagini di fotogrammi limitrofi. (3) Anche se il terreno non è orizzontale, come abbiamo finora supposto, il fotopiano può darne ancora la planimetria corretta, purché i suoi dislivelli siano contenuti in ben determinati limiti che sono funzione della tolleranza del graficismo, alla scala della carta, e del campo angolare della camera di presa. 85




controllato in ben determinata tolleranza; infatti la sua precisione, una volta verificata sui punti di appoggio dei diversi fotogrammi (controllo assai rapido in virtù di speciali accorgimenti della prassi), risulta garantita per tutta la sua estensione.

Altro pregio consiste nell'offrire la possibilità di affiancare alla carta, che se ne allestisce, la vera immagine fotografica del terreno, utilissima alle inda gini di varie scienze e tecniche. Infatti i segni convenzionali cartografici, ne cessariamente sintetici, sufficientemente descrittivi per l’uso corrente delle carte, non sl prestano all'analisi delle caratteristiche del terreno quale è richiesta dagli specialisti (ingegneri, geologi, minerari, idraulici, agrari, forestali, proget tisti di strade, di ricostruzione fondiara, ecc.) e quale invece può offrire il foto piano, che oggigiorno può essere anche a colori.

Nel complesso quindi il metodo del raddrizzamento risulta vantaggioso anche economicamente nei rilevamenti di terreni pianeggianti, anche se il rad drizzatore, nelle sue realizzazioni moderne ad alto grado di automaticità, è stru mento costoso quasi quanto i restitutori analogici della fotogrammetria a due fotogrammi (in pratica nel raddrizzatore ogni fotogramma viene trattato in un tempo brevissimo). Grandi pianure della Terra (e della Luna!) sono state rile vate con questo metodo; in Italia è applicabile solo in poche regioni; ottimi risultati ha dato nel rilevamento 1: 25000 del Tavoliere delle Puglie.

L'ORTOPROIEZIONE, Fin dai primordi dell’aerofotogrammetria si è pensato alla possibilità di generalizzare il metodo di rilevamento con fotopiani a terreni comunque conformati, di poter ottenere cioè fotogrammi raddrizzati anche di ter reni montuosi.

Lo Scheimpflug all’inizio del secolo aveva già posto strumentalmente il problema (4), ripreso successivamente da realizzazioni di Brock-Weymuth (1926), di Ferber (1928) e Lacmann (1929). Il metodo però non poteva avere successo di applicazione fino a che non fossero diventati di portata pratica gli automa tismi della raffinata elettronica moderna, che già negli anni 50, agli specialisti, avevano fatto ritenere attuabile la restituzione automatica.

Anche in questo caso è avvenuto che l'inventiva ha precorso le possibilità di realizzazione, proprio come il problema fondamentale della fotogrammetria fu proposto e risolto geometricamente (Monge) prima ancora che la fotografia fosse inventata!

E’ di Bean (1955) l'ortofotoscopio che ha dato il via alla produzione, da parte di importanti case costruttrici, degli strumenti che chiameremo generi camente ortoproiettori, capaci di allestire gli ortofotogrammi, veri e propri fo togrammi raddrizzati di terreni anche montuosi. Di ortoproiettori ne sono stati realizzati già una dozzina, otto dei quali già sul mercato.

Rendiamoci conto, dapprima concettualmente, di come avviene l’ortoproie zione di un fotogramma. Evidentemente non si tratta più della fotogrammetria ad un solo fotogramma, anche se il prodotto finale, l’ortofotopiano, ha tutte le caratteristiche del fotopiano; per conseguire l’ortofotogramma è necessario in vece disporre del modello del terreno ottenuto da una coppia di fotogrammi, orientati assolutamente in un restitutore aerofotogrammetrico del I o del TI ordine. Della porzione, di uno qualsiasi dei due fotogrammi formante detto modello, è possibile ottenere l’ortofotogramma.

I procedimenti adottati sono già diversi; noi cercheremo ora di illustrarne la struttura comune, allo scopo di facilitare la comprensione delle descrizioni (4) O.V. Gruber « Traité de photogrammétrie » 1931 pag. 156. . 36




che le case costruttrici hanno presentato dei loro ortoproiettori, anche nell’ultimo nostro Convegno (5).Sì supponga allora di disporre di un restitutore analogico (parte sinistradella figura 3), su cui sia già orientata assolutamente la coppia di fotogrammia\ bx /MARZI iCA ‘7 9”2 SI va 4i 27° /&eaTr7-7=-7 $2 LA ” £ ZZZDellFigura 3. Schema dell’ortoproiezione.1-2 formanti il modello T di un terreno comunque conformato. Per fissare leidee nella maniera più semplice possibile, supponiamo che il restitutore sia adoppia proiezione ottica diretta e che quindi ogni punto generico P del modello venga «restituito » da una marca M, posta al centro di uno schermettoorizzontale, portando tale marca a coincidere con l'intersezione dei raggi omologhi del punto stesso, in virtù delle possibilità di traslazione dello schermettosul piano strumentale orizzontale XY e secondo la verticale Z.Sappiamo che sullo schermetto si intersecano non soltanto i raggi omologhidi P, ma tutte le coppie dei raggi omologhi di un intorno di P. Infatti, se laporzione di terreno che appare sullo schermetto fosse orizzontale ciò avverrebbe manifestamente addirittura per tutti i raggi omologhi dei due fasci luminosi che lo investono; se invece non fosse orizzontale ciò avverrebbe sempre(figura 4) per i punti, di detta porzione, appartenenti alla curva di livello passante per P, ma, accettando una certa tolleranza nel dislivello fra la intersezione dei raggi omologhi e la superficie dello schermetto, anche per tutto unintorno della curva di livello del punto P (figura 5).Questo intorno ovviamente risulta tanto più piccolo quanto maggiore è lapendenza del terreno, fino a ridursi alla curva di livello laddove l'andamento(5) Per una informazione completa vedansi le pubblicazioni « International Symposium on PhotoMaps and Ortophoto Maps » 1967 del gruppo di lavoro IV-3 della Società Internazionale di Fotogrammetria, gli Atti del Congresso Internazionale di Fotogrammetria di Losanna (Commissioni II e IV,1968), Ia memoria « La restitution Photographique » di U.L.W. Troembeke su « Photogrammétrie »della Società Belga (N. 96), le ultime dieci annate del « Photogrammetric Eingineering » della ASP,e il N. 5-1969 di « Bildmessung und Luftbildwesen ».