Lucillo Ornati *
Nel mese di giugno del 1968 si tenne a Milano, sotto il patrocinio del Comitato Regionale della Programmazione Economica Lombarda, un importante convegno promosso dalla Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia.
La manifestazione ebbe uno svolgimento del tutto favorevole, grazie anche alla signorile accoglienza ed all'efficienza dei servizi offerti dalla Federazione delle As saciazioni Scientifiche e Tecniche, ossia di quell’Istituto che oggi, così degnamente, accoglie la Sede della nostra Società.
Importante, come ripeto, fu l'iniziativa in quanto mirava in primo luogo allo scopo di portare a conoscenza di un vasto strato di operatori di tutti i settori in teressati lo stato di quegli studi preparatori — nei loro aspetti scientifici, program matici e disciplinari — che stanno a monte della formazione vera e propria della Carta Tecnica Nazionale; studi portati innanzi, e giunti ormai praticamente alla conclusione, dalla Commissione Geodetica Italiana cui spetta tale compito per ob blighi d'Istituto.
In secondo luogo pareva giunto il momento di sensibilizzare l'opinione pub blica, almeno quella più qualificata in materia, promuovendo in essa quella consa pevolezza di utilità e necessità ormai riconosciuta innegabile, e sollecitando, at traverso un dibattito democratico, proposte e suggerimenti utili nei riguardi dei futuri adempimenti ancora da compiere, anche in relazione alle esigenze pratiche e nel rispetto delle opinioni di coloro cui sarebbe spettato il compito di utilizzare tale servizio.
Il Convegno venne aperto all’insegna di una sigla veramente promettente, che io voglio qui ricordare in quanto, telegraficamente, sintetizzava e sottolineava lo scopo profondo dell'iniziativa. Eccola: « La Carta Tecnica d’Italia — una necessità urgente per il progresso ».
Le personalità che furono invitate ad illustrare i vari aspetti godevano tutte di un indiscutibile prestigio politico, scientifico, sociale ed aziendale. Fra loro, voglio qui ricordare, anche perché ora non più fra noi, il compianto presidente del Touring Club Italiano, il prof. Cesare Chiodi, che fu anche quel giorno maestro di profonda saggezza ed esempio di sensibilità ed apertura piena ed incondizionata al problema che ci sta a cuore.
Gli interventi e le proposte emerse nel convegno furono numerose e pertinenti, talvolta anche simpaticamente polemiche ma non certo prive di utili indicazioni, tutte però espresse con la convinzione di una sentita partecipazione e, tutte, la sciando chiaramente trasparire l'esigenza comune e profonda di veder finalmente avviato a soluzione un problema ritenuto ormai pressante e fondamentale. * S.P.E.A. Società Progettazioni Edili Autostradali - Milano. dò
Molte speranze si accesero allora fra i presenti, tanto che, sull'onda di un giustificato ottimismo, il nostro Presidente ritenne di poter chiudere il dibattito conqueste parole permeate di una fiducia che tutti, quel giorno, condividemmo. Eglidisse infatti:« Il Convegno non finisce ora. Se fosse veramente finito avrebbe mancato ilsuo scopo. Il Convegno continua, continua dentro ciascuno degli intervenuti. Continua per far maturare una certa coscienza e consapevolezza della quale, io spero,voi sarete i portatori di semente ».Oggi, alcuni di noi, presenti a quel Convegno, sono qui. Sono qui anche altri,cui non fu propizio il caso di parteciparvi allora. Sono qui anche coloro che credettero, e fin dagli inizi, nella validità di tale documento e dettero la loro operadisinteressata con l'esercizio della mente, e soprattutto con una attiva partecipazione, per far nascere questa loro creatura così a lungo attesa e desiderata.Siamo qui tutti, quindi, coscienti di questa necessità, che ci preme ormai davicino. Si impone, quindi, un bilancio. Un bilancio delle nostre forze ma soprattutto della nostra volontà affinché frutti finalmente concreti e positivi possano essere raccolti attraverso questo strumento che dovrà entrare in quel patrimonio dibeni che consentiranno di rendere più efficiente e più ordinata la costruzione el'evoluzione del nostro Paese.Sia ben chiaro quindi che se responsabilità vi possono essere state per avervoluto operare coerenti a quella forma di modestia che è corredo di uno stato dicultura e che, oggi, non pare più congeniale e opportuna per conseguire determinatiscopi, responsabilità ben più gravi peseranno su coloro che, operando nella politica ossia concorrendo a gestire la pubblica amministrazione, non avranno prestatoattento orecchio a certe voci che già da tempo si sono levate e continuano a levarsi,come anche ora avviene proprio qui a Palermo, che, così degnamente, ospita questonostro incontro.E’ tempo che il problema trovi ora una sua soluzione politica ed amministrativa affinché lo strumento risultante entri, concreto ed operante, nella nostra cultura, incida beneficamente sulla nostra economia e si renda supporto positivo percoloro che, operando a monte delle decisioni programmatiche, politiche ed aziendali, debbono essere posti in condizione di fornire, a chi spetta, elementi sicurie positivi per ogni decisione e non, come ora avviene, solo approssimativamenteipotizzati.Per portare un sia pur modesto ma convinto contributo a chiarimento diquesta fondamentale esigenza, su invito del nostro Presidente, e in armonia con ildeliberato del Consiglio Direttivo della SIFET, ho cercato di raccogliere ed analizzare alcuni elementi che concorrono a configurare questo stato di necessità incui ci veniamo a trovare, stato di necessità che ci impone di evidenziare, con ladovuta chiarezza, l’esigenza di una cartografia moderna ed adeguata al servizioda svolgere per tutto il territorio nazionale, ma con particolare urgenza e riguardoall'Italia Meridionale dove ci si prepara a portare sempre più innanzi una trasformazione storicamente originale e incisiva dei sistemi, del tessuto sociale, dell’assetto del territorio nei suoi più vari aspetti e dove, veramente, la « Carta » è ilprimo supporto di meditati studi preparatori a consapevoli e documentate decisioni.Ho preso in considerazione perciò alcuni fondamentali aspetti del problema,non con la pretesa di compilare uno studio esauriente e completo ma, piuttosto,per proporre dei temi sui quali fare qualche considerazione e, sulla scorta di indagini sommarie ma pur sufficienti, per far rilevare le conseguenze che, nei riguardi54
dell'economia generale, comporta la carenza di una carta fondamentale moderna; con l'auspicio che un ulteriore campanello di allarme aiuti a spingere gli organi responsabili ad approfondire il problema ed a porvi il rimedio che tutti ci augu riamo.
Prima di mettere a fuoco certe considerazioni, sulle quali sarà opportuna una seria meditazione, converrà compiere una breve panoramica esaminando alcuni im pieghi dove una carta nazionale a medio denominatore si reputa fondamentale per formulare una corretta impostazione dei problemi.
Urbanistica: come si sa è obbligo delle Amministrazioni Comunali la redazione di determinati strumenti, previsti dalle leggi, come i piani regolatori e i piani di fabbricazione, che rappresentano oggi uno degli atti fondamentali dell'esercizio delle Amministrazioni stesse e assumono il contenuto di norme giuridiche di ca rattere cogente, così come le leggi formali, talché la violazione di tali norme si pone sullo stesso piano oggettivo della violazione di altre leggi. E’ chiaro quindi che una mal impostata formulazione di tali norme, per la mancanza di adatto supporto tecnico, quale una idonea cartografia di base, sia fonte di un contenzioso di volume spropositato e tale da rendere vischiosa e lenta l’ordinata evoluzione della domanda di insediamento.
E oggi, salvo che per pochi Comuni finanziariamente più dotati, lo studio di piano e la conseguente documentazione grafica, viene predisposta senza l'ausilio di una cartografia di supporto, quindi senza tener debito conto della reale consi stenza dei luoghi. Nasce quindi il sospetto che la lentezza delle procedure degli organi di controllo, che non consentono di rendere rapidamente operanti i piani, sia dovuta anche a questo motivo: che i piani sono mal formulati in quanto non tengono conto della oggettiva situazione del territorio. E’ in vista una grave paralisi nel settore dell’edilizia. Paralisi che trova le sue origini non solo nelle recenti re strizioni del credito ma, più a monte, anche proprio nella carenza degli strumenti urbanistici di cui abbiamo detto.
Non parliamo poi della pianificazione in senso lato dove la funzione della car tografia è essenziale in quanto la formulazione di un piano territoriale richiede appropriati mezzi grafici, e cartografici, per la sua rappresentazione. L'urbanistica, intesa sia in senso locale che territoriale, per essere correttamente impostata, ha bisogno di un’esatta e plastica rappresentazione del terreno su cui operare, soprat tutto per individuare, con documentato giudizio, le reali vocazioni del territorio nei suoi aspetti residenziali, produttivi, agricoli, paesaggistici, infrastrutturali e così via.
I pianificatori, i sociologi, gli urbanisti dovranno sì dare il loro parere, ma resta fondamentale che la distinzione fra il possibile e l'impossibile si riconduca, oltre che all'esame del terreno, anche e soprattutto all'esame di una carta che in forma e misura opportuna lo rappresenta.
Se manca tale mezzo manca un’aderente visione della realtà, si entra nel cam po della fantasia e della pura accademia con il risultato di cui oggi tutti paghiamo amaramente le conseguenze, ossia con il disordine urbanistico che squalifica e deprezza il territorio e la società in cui viviamo.
Opere pubbliche: in questo campo il complesso delle opere è veramente im ponente ed, anche, assai diversificato nei suoi aspetti e nei suoi fini.
Ne citiamo alcune a titolo di esempio, come le ferrovie, le strade e le auto. strade, i canali navigabili o di irrigazione, gli aeroporti, i retroterra dei porti al | | DÒ | I
servizio di questi ultimi e molte altre opere che in questi anni hanno avuto, hanno, o stanno per avere, sviluppi imponenti affinché anche il nostro paese, sotto l’in calzare del progresso e delle necessità, venga dotato di infrastrutture sufficienti e idonee alla nuova forma della vita sociale ed economica. Anche qui purtroppo, € l'esperienza cli tocca amaramente da vicino, dobbiamo anche oggi lavorare ricor rendo, alla partenza, al vecchio e fedele 25 000 dell'Istituto Geografico Militare, im postando, su questo documento, il primo progetto di base che, assai impropriamente, viene chiamato di massima. Progetto nel quale vengono operate scelte tecniche e ricavate valutazioni economiche in base alle quali gli organi politici stabiliscono 1 mezzi da erogare che vengono riportati ai bilanci di competenza.
Ottenuta l'approvazione tecnica e amministrativa, tale progetto costituisce la base sulla quale si sviluppa il successivo progetto esecutivo, redatto però con il supporto di una cartografia di scala ben lontana dal precedente progetto di mas sima.
E qui cominciano veramente le sorprese. E’ norma comune infatti che il pro getto esecutivo non corrisponda, né sotto il profilo tecnico né sotto il profilo eco nomico, al progetto di massima che lo ha preceduto, Le conseguenze sono assai gravi e, in taluni casi, addirittura insuperabili.
Le spese riportate a bilancio, per le opere impostate sul cosiddetto progetto di massima, non corrispondono più agli esborsi fissati per il progetto esecutivo; vengono richiesti, di norma, ulteriori e talvolta veramente sostanziosi nuovi finan ziamenti. Nelle more del reperimento di questi ultime differenze di spesa le opere si arrestano in attesa che i fondi vengano reperiti su nuovi bilanci, che talvolta st fanno aspettare anche per anni.
Il risultato è evidente; gli investimenti già eseguiti rimangono improduttivi anche per lungo tempo, le Imprese sono costrette a lasciare i lavori con conse guenze economiche e aziendali talvolta disastrose, la mano d’opera, e qui sta il fatto socialmente più grave, deve abbandonare il posto ponendosi alla ricerca di altri impieghi, accentuando quella mobilità che è una delle piaghe più grosse della nostra Società, poiché è fonte di sfiducia, di instabilità morale ed economica, di squilibri familiari.
Vedete come, in fondo, un problema che appare modesto a prima vista e, per taluni, del tutto marginale, pesi con diverse conseguenze che difficilmente sono quantificabili ma che purrtroppo esistono e gravano sulla nostra vita sociale ed economica.
Assetto e conservazione del suolo: sono ancora presenti, nel ricordo di tutti, le calamità che hanno colpito la nazione negli anni sessanta sotto diverse forme. Alluvioni, terremoti, abbassamenti di livello del suolo di proporzioni gigantesche, sia per estensione sia per dimensione.
Si può, a ragion veduta, affermare che, per motivi talvolta noti e talvolta anche ignoti, si sono verificate vere e proprie trasformazioni orografiche di proporzioni tali da lasciare stupiti e veramente preoccupati coloro che ne hanno inteso e per cepito le dimensioni.
Molte zone del territorio italiano manifestano in modi e forme diverse, ora ra pide nel tempo ora lente, trasformazioni che ci lasciano perplessi anche perché non ne conosciamo l’esito finale e le conseguenze sulla vita naturale e sociale del. l'uomo.
Ebbene, di questo continuo divenire del nostro suolo noi non abbiamo un do 59
cumento rappresentativo che ci permetta di valutare, in modo rapido e sicuro, l'entità delle trasformazioni che lo colpiscono; non siamo in grado di procedere alle opportune analisi diagnostiche che consentono, in tempo utile, la denuncia del fenomeno che sta per accadere, o di operare le scelte preventive più opportune e tempestive e neppure siamo in grado di procedere a rapidi accertamenti per ope rare, almeno, quegli interventi di emergenza che consentono di salvare vite e beni in tempo utile.
Agiamo in tali eventi come i ciechi che a tentoni, tastando qua e là con il ba stone, ricercano la via dove muoversi.
Ecco perché in Italia, in tali occasioni, si costituiscono tanti comitati, sì cerca in sostanza, con tali provvedimenti, di ricercare una soluzione fidando soltanto nel buon senso e nella intuzione di persone di elevato prestigio e competenza senza fornire loro gli elementi sui quali meditare le scelte idonee per correggere il fe nomeno che si è verificato. Ossia si costruisce, di volta in volta, un alibi a fatto avvenuto, senza pensare che sarebbe molto più sicuro, oltre che morale, ricorrere all'analisi dei fenomeni per avviare l’azione preventiva sulla scorta di dati certi e positivi.
Qui da noi, oggi, nessuno è in grado di fare previsioni su fenomeni naturali a erande scala, li subiamo e ne veniamo travolti, li accettiamo con fatalismo e basta. Non ci prepariamo a combatterli, prima, con i mezzi e i metodi che oggi la scienza e la tecnica ci pongono a disposizione.
Si spende denaro pubblico dove forse non servirà mai averlo speso e non lo si concentra dove invece potrebbe rivelarsi indispensabile per la salvaguardia di vite umane e di economie avviate. In effetti non conosciamo e non possiamo sta. bilire dove e come tale denaro si rivelerà, poi, essere ben speso.
Ho citato finora solo alcuni settori nei quali l’uso e l'impiego di una idonea cartografia può trasformare i metodi di studio e di intervento ma ve ne sono altri, ed oltretutto importanti, come ad esempio gli interventi privati — residenziali, turistici, agricoli, industriali — dove una preventiva e documentata conoscenza dei luoghi, formata sull'analisi delle carte dalla lettura delle quali appaiono chiare tutte le implicazioni che si debbono conoscere per un giusto orientamento nelle scelte, consente di commisurare correttamente l’opera al denaro spendibile senza lasciare margine a quegli elementi imprevisti che possono anche rendere non più economica l’opera stessa, quando successivamente realizzata.
Vi è altresì il fattore della sicurezza che è possibile verificare in anticipo. Tutti ricorderanno certo la fine che hanno fatto certi stabilimenti costruiti sui fondi di alcune valli in occasione di recenti alluvioni. Forse tali investimenti non sarebbero stati mai fatti, se si fosse conosciuto il rischio cui sarebbero andati incontro gli operatori economici, o per lo meno, io penso, prima di agire, sl sa rebbero garantiti con tutte quelle opere di difesa necessarie alla salvaguardia dei beni da costruire.
Vi è ancora l’agricoltura che, per rivivere, esige una ricomposizione fondiaria indispensabile per la sua sopravvivenza. Ho potuto personalmente constatare esem pi egregi in Alto Adige dove il documento cartografico, sul quale erano riportati gli studi relativi alla distribuzione della proprietà e delle colture, ha addirittura consentito di render chiaro, anche al semplice piccolo proprietario terriero, l’op portunità di aderire alle nuove forme proposte da tale istituto.
Se vi era una regione dove era indiscutibile l'attaccamento atavico, addirittura 57
viscerale, al proprio pezzo di terra, questa regione era proprio l'Alto Adige e ricordiamo, a tal proposito, la famosa legge del maso chiuso. Ebbene proprio in, quellaregione io, personalmente, ho assistito, stupito ed ammirato, a questa evoluzioneche è veramente un'evoluzione profonda del costume; ho visto cittadini discuterefra loro, e con i funzionari degli organi preposti alla distribuzione fondiaria, sulmodo migliore di dividere, di assegnare e di destinare a colture diverse i terreni.Lì ho visti fare, questo, su delle carte al 5000. Ho potuto constatare che essi, proprio con tale mezzo, erano riusciti a vedere il problema nella sua dimensione globale e ad afferrarne l'utilità particolare e collettiva.L'esempio è, forse, semplicistico ma fa comprendere come anche una modestacarta può aiutare certe evoluzioni che parrebbero addirittura impensabili.Abbiamo fatto ora una breve ma anche, purtroppo, incompleta panoramicaper renderci conto come e dove la Carta Tecnica entrerebbe come elemento fondamentale per ben operare. Non voglio poi aprire qui anche il discorso delle cartetematiche se non per dire che, a mio modesto avviso, è soprattutto fondamentalecompiere il primo passo, quello della formazione della carta di base.Comprendo che i geologi, i pedologi, gli urbanistici, gli idraulici e altri abbianole loro esigenze ma siccome le carte tematiche non si possono fare se prima nonsì prepara il supporto fondamentale, vorrei dir loro: aiutateci prima di tutto a vincere la prima e più grossa battaglia e poi il seguito verrà assai più facilmenteperché, come tutti sappiamo, nel nostro paese « difficile è compiere il primo passoe non il seguito ».Qui giunti vorrei portare il discorso su un altro argomento che ritengo fondamentale per la formazione della carta, un argomento che, praticamente, tocca afondo l'economia del nostro paese. Ossia vorrei formulare qualche ipotesi, augurandomi che la ricerca possa essere portata più avanti e più a fondo, sul peso economico dei riflessi negativi nei riguardi della nostra economia, non potendo i nostritecnici disporre di una carta tecnica del suolo nazionale, soprattutto per l’Italiacentro-meridionale dove il problema del mezzogiorno, portato alla ribalta non soloda ora — e ricordiamo Giustino Fortunato — esige che si compia un salto qualitativo e quantitativo, ora impellente, in vista della formazione europea.Ho voluto valutare, in forma del tutto empirica, e sulla scorta dei pochi datidisponibili, la dimensione dell’errore che comporta l'operazione del progettare inItalia, ossia valutare la qualità del prodotto che noi siamo in grado di fornire,così come stanno le cose oggi, e che potrebbe essere sensibilmente migliorato sesi arrivasse a disporre della Carta Tecnica Nazionale.E per far ciò mi sono riallacciato alla mia esperienza professionale, in qualitàdi progettista di strade e autostrade, ritenendo tale settore abbastanza rappresentativo fra i possibili sui quali la carta potrebbe influire con la sua presenza. E fraquelli possibili intendo almeno tutti quelli a cui ho fatto cenno dianzi nel corsodi questa esposizione.Prima di assumere la veste definitiva un progetto autostradale è costretto asubire, rispetto al progetto originale, numerose varianti suggerite dalla opportunità di interessare, con le autostrade, determinati nuclei del territorio dove implicazioni di natura economica emergenti in genere a posteriori lo richiedono,oppure di soddisfare alle esigenze sempre fluttuanti degli Enti locali, oppure ancoradi salvaguardare opere di valore artistico, archeologico o ambienti di particolarepregio paesaggistico ma, più spesso, di adeguare alla reale morfologia del terrenole indicazioni fornite dal progetto di massima.55
Il tutto, quindi, deve essere compatibile con le diverse esigenze di natura tecnica richieste dall’insediamento del corpo autostradale in un dato territorio. E’ proce. dendo in tal guisa, proprio in questa fase e successivamente anche in sede di co struzione, che si verificano gli scarti maggiori tra i costi preventivati e i costi reali.
Atteso anche che i tempi di progettazione sono sempre caratterizzati dalla necessità di esaurire tali operazioni in un periodo normalmente ristretto, si verifica che, sotto l’incombere di tale esigenza, il lavoro di progettazione suppletivo, dovuto alla necessità di studiare le richieste varianti, risulta ovviamente fuori fase.
E’ noto infatti che sia le operazioni di campagna, sia l'elaborazione in ufficio sulla scorta degli elementi forniti dalla prima operazione, richiedono lungo tempo. Si deve quindi ripiegare, nei casi in cui non si presentino alternative locali dispo nibili, all'uso della cartografia ufficiale esistente, predisponendo nuovi elaborati di variante ai progetti già predisposti.
E qui purtroppo occorre ancora una volta rilevare che in quanto a cartografia non è che il nostro paese oftra favorevoli possibilità.
Attualmente, nella migliore delle ipotesi, entrati in una fase critica, come quella di cui si è dianzi fatto cenno, si ricorre al 25 000 magari anche procedendo a ingran dimento di tale documento e si ottiene una cartografia i cui aggiornamenti possono risalire a 10-20 e anche 30 anni addietro per cui viene a mancare l’obiettivo fonda mentale di ottenere un progetto ed un costo delle opere con un sufficiente margine di approssimazione.
Riferendomi alla mia esperienza nel settore autostradale, esperienza che risale ormai al lontano 1956, con la progettazione e la costruzione dei primi tronchi della Autostrada del Sole, ho potuto raccogliere elementi abbastanza convincenti com piendo una indagine su tutte le autostrade progettate dalla mia Società, nonché su tutte le varianti che si è reso necessario elaborare, e parlo soltanto di quelle più importanti e non di quelle più modeste localizzate a determinati problemi di dettaglio.
Per meglio comprendere le conseguenze, che sono derivate da tale metodo di operare, ritengo opportuno dare prima un quadro generale sommario della rete di autostrade realizzate o in corso di realizzazione per la sola parte di com petenza dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale. — Italia Settentrionale
Sviluppo km 860 pari al 37,5 % per un importo di 363 miliardi — Italia Centrale
Sviluppo km 748 pari al 32,5% per un importo di 401 miliardi — Italia Meridionale
Sviluppo km 687 pari al 30,0% per un importo di 336 miliardi
Totale sviluppo km 2295 per un importo di 1100 miliardi.
In tale quadro non sono comprese le autostrade attualmente in progettazione che si riferiscono all'ultimo piano di recente varato.
Le autostrade, di cui si è detto sopra, rappresentano, già da sole, il 45% di tutta la rete nazionale. Per tale quota è stato necessario predisporre varianti per uno sviluppo di ben 560 chilometri e per un importo di 410 miliardi. Rispettiva mente, tali valori rappresentano, in relazione ai chilometri, il 24% e, in relazione agli importi, il 37% e, come ripeto, si tratta solo delle varianti più sostanziali.
Operando una certa selezione, circa l’80% di tutte le varianti di cui si è 59
detto hanno interessato zone collinari o montagnose dove si vede, quindi, l’importanza di una cartografia ai fini dello studio delle varianti stesse.Si era accennato, in precedenza, che il tempo disponibile per la presentazionedegli elabor.ti di progetto alle competenti Autorità è, nella maggior parte deicasi, assai limitato in quanto deve essere contenuto in programmi prefissati.Naturalmente, in sede di progettazione esecutiva, o addirittura in sede di costruzione, il disagio originato dalla necessità di inserire varianti al progetto originario si accentua maggiormente. Nel secondo caso, infatti, si arriva addiritturaalla sospensione dei lavori con tutte le conseguenze che si ripercuotono anche sulleImprese determinando perdite economiche alle stesse che poi, naturalmente, debbono essere rifuse aggravando ulteriormente i costi delle opere. Questo quindiavviene oltre allo slittamento imposto all’utilizzazione dei lavori e al conseguenteritardo nella utilizzazione delle opere previste.Dopo essermi alquanto soffermato ad illustrare lo stato in cui si sviluppala nostra progettazione, voglio avviare un discorso in chiave economica impostandoun'analisi, non del tutto ortodossa, ma che ritengo interessante anche sotto unprofilo sperimentale, del tipo costi e benefici, per valutare, almeno sotto certiaspetti, il danno economico che deriva dalla condizione determinata in seguitoalla carenza della « Carta ».In altre parole, a fronte dei 30-50 miliardi che si renderebbe necessario spendere in circa 10-15 anni, tale infatti può stimarsi sia pure in larga massima ilcosto che dovrebbe sopportare la collettività per la formazione della « Carta »,vediamo quali vantaggi ne deriverebbero in contropartita o piuttosto quali danniverrebbero evitati.Ovviamente, a questo punto, quando parliamo di benefici non ci riferiamoai soli vantaggi di natura economica, prodotti da operazioni di natura esclusivamente tecnica attraverso una pura valutazione monetaria. Il discorso è di portata, a mio avviso, assai più vasta in quanto, superando il solo settore economico,investe aspetti a livelli assai più elevati quale quello delle qualificazione profes.sionale, dell'occupazione, del progresso scientifico e così via.E' bene però anche precisare che l'investimento per la realizzazione dellecarte, lungi dal costituire una pura spesa pubblica e improduttiva, come a tortoqualcuno potrebbe ritenere, presenta invece tutti i requisiti per essere catalogatafra gli investimenti industriali. Come tale è prevedibile che essa determini uneffetto moltiplicatore delle attività economiche attraverso investimenti operati inattività collaterali e costituisca, inoltre, elemento acceleratore della ricerca scientifica, nei campi che verrà a toccare, quali quelli fotografici, quelli del calcoloanalitico a mezzo « computer » e penso anche quelli del disegno e della stampaaffrontati con sistemi moderni del tipo meccanografico. L'industria ottica e strumentale del settore potrebbe trovare un nuovo e non disprezzabile mercato. Leimprese operanti nel campo topografico, sia terrestre che aereo, potrebbero disporre di una stabilità delle commesse tale da consentire cospicui ammodernamenti delle loro strutture aziendali.Si tratterebbe quindi non più di una generica offerta di lavoro, limitatanel tempo, destinata poi a esaurirsi una volta cessate le cause che la hannoindotta, bensì, con il compito della conservazione della Carta, si tratterebbe diuna attività a tempo indefinito e, pertanto, con tutti gli aspetti dell’investimentoindustriale di cui ho dianzi fatto cenno. Ossia verrebbero creati posti di lavorostabili.60
Il discorso si fa più ampio toccando l’argomento dell’aggiornamento professionale dei molti tenici interessati a tale lavoro, per cui verrebbe a ricostituirsi,in Italia, quel corpo di topografi di cui ora, e lo riscontriamo nelle nostre attivitàimprenditoriali, si nota un processo di scadimento assai preoccupante. Anche lascuola dovrebbe tenerne conto nei suoi programmi al fine di non trovarsi impreparata a tali eventi consentendo di ritornare, come un tempo, fra i migliori topografi anche in campo internazionale.Riprendiamo ora, più in dettaglio, quel conto costi-benefici di cui ho dianzifatto cenno. Costi che ho eseguito riferendomi alla sola Autostrada del Sole neltratto Milano-Roma. Tratto, a mio avviso, con buona approssimazione rappresentativo di quanto avviene normalmente per le autostrade italiane.Le due varianti principali al tracciato originario — dette Umbro-Sabina eAretina — sono state portate a termine, per quanto riguarda la fase di progettazione, rispettivamente nei periodi, la prima fra l’aprile 57 e il dicembre 58 e laseconda fra il febbraio e il dicembre 59.Dette varianti, eseguite una successivamente all’altra, hanno portato ad unoslittamento globale, nel tempo, dell’inizio della fase di costruzione di circa 30 mesi.E questo proprio nel periodo — inizio degli anni sessanta — quando lo sviluppo della motorizzazione registrava in Italia i più alti tassi di incremento. Necessariamente in questo periodo il traffico ha continuato a servirsi dell’esistentepercorso su Strada Statale che, a parte le caratteristiche scadenti del tracciato edella sagoma, comporta sul percorso Firenze-Roma una distanza di 305 km, conuna maggior lunghezza di 32 km rispetto al percorso via autostrada, risultato, altermine della costruzione, di 273 km.Sotto l'aspetto economico il procrastinarsi nel tempo della entrata in esercizio dell'autostrada, dovuto alle varianti al progetto originario, ha avuto effettinegativi sotto due aspetti.Il primo, riguarda il maggior costo sopportato dalla collettività dovuto alpermanere, per quei trenta mesi, del maggior onere di trasporto. Da una stimaapprossimata, ma abbastanza attendibile, detto maggior onere risulta essere dicirca 2600 milioni.Ipotizzando infatti un traffico di 2000 veicoli TMG sul percorso Firenze-Roma,e un costo/km medio per automezzo di lire 30 per un periodo di 30 mesi, ilmaggior percorso di 32 km si traduce in un perdita per la collettività di3000 TMG x 900 gg x 30 L/km x 32 km= 2600 milioniIl secondo aspetto, che potremmo definire aziendale, ma che è di portatanon trascurabile, per i suoi riflessi ecconomici su tutta la Nazione, per via dellaConvenzione stipulata tra lFA.N.A.S. e la Società « Autostrade » — Concessionariadell'Autostrada del Sole — si concretizza in un minor introito di pedaggi che, seriscosso, avrebbe potuto essere impiegato tempestivamente nel finanziamento dialtre autostrade od opere pubbliche.Il mancato gettito di pedaggi, nel periodo in esame, calcolato sulla scorta deitraffici avvenuti, risulta essere di circa 6 800 milioni così ottenuto:4600 TMG x 900 gg Xx 6 L/km x 273 km = circa 6 800 milioniNon è cifra disprezzabile se si ricorda il minor costo delle costruzioni delleautostrade ed il maggior potere di acquisto della moneta negli anni 57-58-59.61
Un intervento tempestivo avrebbe probabilmente evitato i ritardi di una certa parte di finanziamenti per nuove autostrade e certamente ci saremmo trovati nel 1963-1964, anni nei quali si è avuto un elevato aumento dei costi in ogni settore, con un discreto numero di chilometri di autostrada già costruiti ai prezzi pre cedenti.
Globalmente quindi si è subita una perdita pari a 9.400 milioni. Ossia, se con sideriamo il tracciato Milano-Roma via autostrada, pari a 553 km, di circa 17 milioni/km.
In effetti, come ho avuto modo di constatare, il valore trovato rispecchia ab bastanza fedelmente la situazione reale. Come tale esso è quindi un parametro che, se applicato al totale dei chilometri di autostrada costruiti, permette di ri cavare con buona approssimazione una stima della perdita, in termini monetari, causata alla collettività per tale settore. Perdita che si è valutata ammontare a circa 39 miliardi di lire per la sola rete IRI.
Tale perdita sale invece a circa 87 miliardi di lire nel caso si consideri tutta la rete autostradale italiana, costruita o in corso di costruzione. Se infine prendiamo in considerazione anche i 1886 km di prossimo inizio, o già approvati dal CIPE, otteniamo un valore di circa 108 miliardi.
Il che equivale a dire che il maggior tempo perduto per la progettazione delle varianti, in carenza della « Carta », ha provocato, se monetizzato, una perdita pari ad oltre il doppio o il triplo del costo necessario per la realizzazione della « Carta » stessa e, si badi bene, del solo costo, trascurando tutti gli effetti che l'investimento di una tale somma potrebbe avere, come innanzi ho illustrato, sullo sviluppo socio-economico del settore.
Ovviamente è questo un discorso che non si limita al solo settore autostradale ma che investe tutto il settore delle opere pubbliche. I costruttori di dighe, canali, opere ferroviarie, strade ordinarie e così via si trovano a dover affrontare pro blemi simili ai nostri, e come noi sono soggetti a tutti gli inconvenienti sopra menzionati.
Aggiungasi che gli inconvenienti di cui stiamo trattando sono notevolmente esaltati dalla configurazione del terreno; essi provocano ritardi minimi nelle zone pianeggianti mentre assumono sempre maggior importanza man mano che si ven gono ad interessare zone collinari o montagnose.
Ed è questa ultima situazione che quasi sempre siamo costretti ad affrontare quando si considera che su 30125000 ha, tale è infatti la superficie del territorio italiano, ben 23156000, cioè il 77% circa, sono interessati da rilievi collinari o montani.
Abbiamo sinora stimato la perdita subita dalla collettività nel settore autostra dale. Vediamo ora di estendere la nostra indagine a tutte le categorie delle opere pubbliche e di meditare sui risultati ai quali perverremo.
Nelle opere pubbliche sono comprese oltre alle opere stradali già considerate, le opere ferroviarie, marittime, idrauliche, l'edilizia, le bonifiche e così via. Tutti settori nei quali l'eventuale ritardo nella ultimazione di lavori comporta come nel settore delle autostrade una perdita monetaria, caratterizzata da due com ponenti: danno emergente e lucro cessante. Il primo è rappresentanto dal maggior costo per la società in generale, il secondo dal mancato introito da parte del pro priatorio dell’opera, che di solito è rappresentato da un Ente di diritto pubblico 62
e quindi ugualmente identificabile con la collettività stessa. Vediamo ora di estendere alla intera categoria delle opere pubbliche i criteri che siamo venuti delineando per il settore autostradale.In quest'ultimo settore siamo pervenuti a determinare una perdita monetariadi circa 39 miliardi per la rete I.R.I. a fronte della quale si sono realizzate opereper un valore globale di 1100 miliardi. Vi sarebbe cioè una perdita unitaria pari al 35%.Poiché nel nostro paese, ad esempio nell’anno 1968, che è l’ultimo del qualesi conoscono i dati ISTAT, sono stati effettuati investimenti nel settore delle operepubbliche per un ammontare di 1300 miliardi, si arriva ad ottenere una perdita inun solo anno di circa 45 miliardi.In altre parole la perdita annua monetaria registrata per l'intervento nelsettore delle opere pubbliche è vicina al costo per la formazione dell'intera « Carta ».Supposto che quest’ultima non possa essere pronta prima di 10 anni, oggi giàpossiamo ipotizzare una perdita, per tale periodo, di 450 miliardi; valore questoultimo che, pur nella sua imponenza, non esito a ritenere ottimistico se si tieneconto dell'aumento dei prezzi intervenuto dal 1968 ad oggi e della grande mole diopere che in Italia ancora bisogna costruire, e se si tien conto anche che gliamericani hanno valutato l’errore di cui si è detto a un tasso del 7% e nonsolo del 3,5% come qui fatto.Abbiamo potuto quindi constatare, in modo sia pure sommario e frammentario, quali danni venga a subire la collettività italiana per la mancanza dellaCarta Tecnica Nazionale.A mio avviso uno studio più profondo e globale porterebbe a valutazioni assaipiù preoccupanti e tali da non poter essere ignorate nelle opportune sedi politiche e amministrative.Poiché questa memoria dovrebbe puntualizzare il problema in particolare perl'Italia meridionale, ho ritenuto opportuno ripetere questa stima costi e beneficiper le regioni nelle quali opera la Cassa per il Mezzogiorno; ossia per quel territorio dove l'impegno dello Stato, nel settore delle opere pubbliche, è maggiore emi riferisco quindi alle Marche, agli Abruzzi, al Molise, alla Campania, alla Lucania, alla Calabria, alla Puglia, alla Sardegna ed alla Sicilia che, in questaoccasione, così degnamente ci sta ospitando.L'intera superficie di tale territorio ammonta a 13273900 ettari e rappresentail 44% del territorio nazionale; essa è classificabile secondo tre aspetti morfologici e precisamente: ha 2248 200 in pianura pari al 17%, ha 7220800 in collinapari al 544%, ha 3804900 in montagna pari al 28,6 %.Sempre dai dati dell'Istituto Centrale di Statistica, relativi al 1968, gli investimenti per opere pubbliche relative al territorio ammontano a 619 miliard'.Pertanto, valutando con il parametro, dianzi indicato, del tre e mezzo per cento,le perdite per mancanza della cartografia di cuì trattiamo ammontano, in un soloanno, a 21,7 miliardi. Come si vede stiamo trattando cifre la cui dimensionefa tremare i polsi e, come ripeto, non è detto che tutte le perdite siano compresein tale valore.Da un'indagine eseguita, per tali ragioni, erano disponibili rilievi cartograficiin scale diverse e precisamente:-—— con rapporto 1: 10000 880 836 ha— con rapporto 1: 5 000 201 680 ha— con rapporto 1: 4000 235.803 ha63
Altri 183 564 ettari risultano levati ma non è possibile conoscere a quali rapporti di scala essi appartengano.
Risultano quindi restituiti alla scala 1:10000, 1:5000, 1: 4000, 2199061 ha, ossia il 16,5% dell'intero territorio che si è preso in considerazione per l’indagine.
Ovviamente l'impegno per produrre tale cartografia va riconosciuto all’inizia tiva di organi pubblici particolarmente sensibili ai problemi che abbiamo trattato; organi ai quali deve andare tutta la nostra stima per questa loro capacità di an ticipare i tempi. Purtroppo, però, si è dovuto constatare che le levate sono state eseguite a scale diverse — 1:10000, 1: 5000, 1:4000 —, con metodologie e con disciplinari fra loro parecchio differenti e talvolta divergenti nei concetti.
Tale situazione ha portato certamente a diversi risultati qualitativi, con il conseguente pericolo, sia pur minore stavolta, di ricadere in quelle valutazioni dei costi delle opere purtroppo lontani dalla realtà. Abbiamo anche motivo di ritenere che sia sorto un certo disagio nei progettisti che.hanno dovuto utilizzare carte a scale diverse. Comunque ripeto, l’Italia meridionale ha mostrato, nei limiti delle sue forze, ma con una volontà certamente encomiabile, di volersi muovere nei senso giusto. Rimane tuttavia motivo di profonda amarezza l'aver dovuto con statare, in tempi abbastanza recenti, che l’iniziativa per la realizzazione di una Carta Tecnica dell’Italia Meridionale, che si sarebbe dovuta avviare con l'impegno della Cassa per il Mezzogiorno, si sia arenata per motivi che non conosciamo, ma che non riteniamo comunque validi di fronte alle conseguenze denunciate dalle cifre, per quanto vogliamo sommarie, che ho dianzi esposto. i ° Mi auguro, come tutti certo oggi si augurano, che l'iniziativa si sblocchi e costituisca un esempio trascinatore anche per le altre regioni del nostro Paese che ha tanto bisogno di cose serie e positive per un suo migliore futuro. 64