ASPETTI GEOLOGICI E MORFOLOGICI DEL TERRITORIO NAZIONALE DALLE IMMAGINI DEL SATELLITE ERIS



E. Barbier (*) - C. Conedera(**) - P. Dainelli (**) Ì nostri lettori rammenteranno certamente il succinto e pur lucido commento che il Consocio Prof. Cunietti scrisse nell'ultima parte delle sue « Impressioni sul Congresso di Ottawa » (n. 1-1973, pag. 23) sul satellite ERTS che era stato lanciato proprio nei giorni della nostra perimanenza in Canada. E’ ora apparsa, per i tipi dell'Istituto Geografico Militare, questa interessantissima esposizione di alcuni risultati dell'esplorazione affidata all'ERTS, che completa la descrizione necessariamente sommaria del Cunietti e ne giu stifica ampiamente l'entusiasmo allora manifestato.

Dobbiamo alla squisita cortesia del Direttore de « L'Universo », Gen. Revelli, il con senso alla pubblicazione integrale dell'articolo e desideriamo qui ringraziarlo anche a nome di tutti i lettori,

Le immagini della terra ottenute da veicoli spaziali si sono rivelate un mezzo assal valido per conoscere meglio il nostro pianeta ed il suo ambiente. E' con questo fine e sulla base delle esperienze precedenti che la NASA ha dato inizio ad un programma estensivo di ricerche particolarmente indi rizzato allo studio delle risorse naturali mediante l’impiego di satelliti auto matici opportunamente equipaggiati per l'esplorazione della terra dallo spazio.

L'ERTS — A, Earth Resources Technology Satellite, è il primo di questa serie di osservatori orbitanti automatici destinati all'esame del nostro pia neta dal cielo.

Le immagini della superficie terrestre riprese dal satellite e ritrasmesse a terra sono di altissima qualità e sembrano particolarmente promettenti per quegli studi che richiedono la visione immediata di un’ampia area. Se poi si considera che tali immagini sono ripetitive nel tempo, nel senso che il satellite riprende ad intervalli regolari le stesse zone della superficie terre stre, è chiaro quale mezzo potente esse offrono ailo studioso per interpretare quei fenomeni che hanno natura dinamica, cioè che variano nel tempo: un esempio tra tutti è l'andamento delle correnti marine e dell’inquinamento co stiero. In diversi settori delle scienze della terra si potranno conseguire im portanti risultati dalle immagini dell’ERTS, che la NASA mette a disposizione degli studiosi di tutto il mondo (1). Per citare alcuni degli studi possibili e solo nei loro aspetti più evidenti occorre ricordare le ricerche geologiche (struttura della crosta terrestre, depositi minerari, attività vulcanica); gli studi idrogeologici (risorse idriche in aree desertiche, bacini fluviali e loro relazione con le precipitazioni o lo scioglimento delle nevi); le indagini agra rie o forestali (inventario delle colture, malattie delle piante); l'individuazione di aree inquinate, particolarmente superfici d’acqua, come conseguenza di attività umane (mare, laghi, fiumi). (*) Istituto Internazionale per lie Ricerche Geotermiche del CNR, Pisa. (**) Studio Geologico GEOMAP, Firenze. (1) Autorizzazione NASA alla pubblicazione delle immagini ERTS pervenuta agli Autori in data 8 luglio 1973. dl




Prima di presentare alcune immagini di aree italiane riprese dall’ERTS-A e di mostrare alcuni aspetti dell’informazione che se ne può trarre, esami niamo brevemente il satellite nelle sue caratteristiche essenziali e nel modo dì operare.

Il satellite automatico ERTS-A è stato lanciato il 23 luglio 1972 dal poligono di Vandemberg in California con un periodo previsto di utilizza zione di un anno, Pesa 818 chilogrammi al netto delle apparecchiature per la teleosservazione (che hanno un peso di circa 240 kg), ha un'altezza fuori tutto di m 3,04, un diametro di m 1,52 e, tenendo conto dei pannelli solari destinati a rifornire il veicolo di energia, una larghezza di m 3,96 (fig 1). ORBITA ED AREE ESPLORATE.

La migliore utilizzazione delle immagini raccolte dall’ERTS richiede ov viamente che queste siano state riprese sotto condizioni di osservazione il È SENSORE SE RI c \ "i MOTORE f '! \ PANNELLO SOLARE % ia 7. Li Ne sen go AE nero LIAN 2 Re ! dj P- - al i SPECCHIO RUOTANTE I | | pi ® hi | È DI SCANSIONE UT Gi o 3 DM NO ALII, 2 N DZ N È de seo È LINATE: gir È n BANINS NEN\ Hi v QUI [HE ON I ! Tk x !. 1A fi TN SCANSIONE N 7 | ì ./ it} n PI "(ln | ATA È ll pr L brago 7. > j e > si Si LS o 4 AREA ‘MINIMA oi | È oa sar ge 74 ! gi 4 TELECAMERE DEL $ 7 OU4 RETURN BEAMO = MOLISE OTRAL Fe fon VIDICON \Î / i ! i; É TL, ‘8 Fig. 1 - Il satellite ERTS - A. A destra: Fig. 2 - Orbita e tecnica di rilevamento con il Multispec tral Scanner.




più possibile costanti; in tal modo il confronto tra immagini della stessa zona, prese in tempi successivi, non risente delle incertezze che si hanno quando sono variate le condizioni di osservazione. Per realizzare questa ne cessità si impone la scelta di un'orbita ben definita e costantemente mante nuta per tutta la durata della missione spaziale. E' stata scelta per l’ERTS-A un'orbita circolare, quasi polare, sincrona con il sole, con un'altitudine media di 914 chilometri. L'orbita circolare consente, tra l’altro, di minimizzare le variazioni di altitudine del veicolo spaziale e quindi alla fine di mantenere abbastanza costante la scala delle immagini rilevate. L'orbita è quasi polare (fig. 2), cioè il satellite è in grado di esplorare la superficie terrestre tra gli 81° di latitudine nord e gli 81° di latitudine sud (solo le calotte polari restano escluse), è sincrona con il sole, cioè il satellite passa sempre alla stessa ora solare su tutti 1 punti che hanno uguale latitudine: per l’Italia il passaggio avviene tra le 10 e le 10,30 locali. .

Un'orbita completa viene descritta in 103 minuti, per cui in un giorno l’ERTS percorre 14 orbite ed esplora tutta la terra in 18 giorni con 251 rivolu zioni orbitali. Con la 252? orbita il satellite transita sulle stesse aree che aveva già sorvolato nella prima orbita. Ogni 18 giorni, dunque, il ciclo si chiude e l’ERTS si ritrova un’altra volta su quelle zone della superficie terrestre che aveva già esplorato all’inizio del ciclo, e così ancora sino al termine della missione. In tale maniera si realizza quella copertura ripetitiva cui si è ac cennato precedentemente. E’ quindi possibile prevedere con pochi secondi di approssimazione quando una zona che interessa è stata o sarà rilevata dal satellite.

La superficie di terreno esplorata in ogni orbita corrisponde ad una striscia di 180 chilometri di larghezza, con una sovrapposizione di circa 16 km tra ogni striscia e quelle adiacenti.

LA TELEOSSERVAZIONE

E' noto che tutti gli oggetti materiali che si trovano ad una temperatura superiore a quella dello zero assoluto (— 273,2 °C) emettono radiazioni elettromagnetiche. Le radiazioni di lunghezza d’onda comprese tra 0,40 e 0,75 (1 micron = I millesimo di millimetro) costituiscono lo spettro visibile, sensibilizzano cioè l'occhio umano e ad esse dobbiamo la sensazione del colore delle cose. Le radiazioni di lunghezza d'onda compresa tra i 0,75 micron ed i 1000 micron (1 mm) formano invece quella parte dello spettro elettroma gnetico conosciuta come infrarosso.

La sorgente principale di radiazioni elettromagnetiche in natura è il sole. L'energia solare ricevuta dalla superficie terrestre viene da questa assorbita, ‘ riemessa o semplicemente riflessa, la terra inoltre emette anche energia di origine propria, legata al suo calore interno. Questa continua emissione di energia avviene sia nell'intervallo visibile dello spettro, sia, soprattutto, nella regione dell'infrarosso. Ecco quindi che particolari sistemi (pellicole foto grafiche, sensori elettronici, ecc.) sensibili a radiazioni di questa natura pos sono rivelarci alcune caratteristiche degli oggetti naturali che l'occhio umano da solo non avrebbe mai potuto riconoscere. Nello spazio vuoto le radiazioni elettromagnetiche si propagano senza limiti, ma nel caso della teleosservazione terrestre occorre tenere presente che tale propagazione avviene attraverso 53




l'atmosfera e che questa non è sempre trasparente per tutte le radiazioni. A bande di trasparenza si contrappongono bande in cui l'atmosfera è opaca e trasmette pertanto pochissima energia o non ne lascia passare affatto. Le bande di trasparenza, le cosidette « finestre », corrispondono all'intero spettro visibile e, nell'infrarosso, agli intervalli tra i 3 ed i 5 micron e tra gii 8 ed Ì 14. E’ evidente che gli strumenti rilevatori dovranno operare nelle bande di trasparenza atmosferica e fortunatamente proprio in queste sono localizzate le massime potenze di radiazione irraggiate dalla superficie terrestre: nel vi sibile a 0,5 micron si ha il massimo di energia solare riflessa e neli'infra rosso a 9,6 micron il massimo di energia emessa, quell'energia che è legata alla temperatura superficiale degli oggetti terrestri ».

La teleosservazione consente dunque di riconoscere un oggetto della su perficie terrestre e di stabilirne il suo stato in un dato momento senza esserne in contatto diretto. Si pensi ad esempio alla possibilità di distinguere le piante verdi sane da quelle malate registrandone semplicemente le radiazioni riflesse od emesse. Le piante in buona salute mostrano una più elevata ri flessione che però tende a diminuire non appena la pianta sì ammala. Su una pellicola fotografica sensibile alle radiazioni infrarosse vedremo così la ve getazione sana di un colore rosso intenso cui si contrappone in colore giallo bluastro quella malata. La pellicola all'infrarosso è però sensibile solo a ra diazioni la cui lunghezza d'onda non superi i 0,90 micron, poco oltre il limite dello spettro visibile. Se si desidera registrare l'emissione termica degli og getti della superficie terrestre, che si è visto avviene nell’infrarosso ed ha un massimo a 9,6 micron, occorre impiegare particolari tipi di sensori la cui ca ratteristica è nell'essere in grado di convertire la radiazione elettromagnetica ricevuta in segnali elettrici. Questi segnali, con le tecnologie comunemente in uso, possono 0 produrre un'immagine su un tubo a raggi catodici simile a quello televisivo, oppure essere registrati su nastro magnetico, ritrasmessi a terra nel caso si tratti di sensori montati su veicoli spaziali, e quindi pro durre con opportuna elaborazione immagini di tipo fotografico.

Sistemi ri rilevamento che utilizzano sensori di tale natura sì definiscono « passivi » in quanto si limitano a ricevere l'energia elettromagnetica prove niente dagli oggetti esplorati. Esistono però altri sistemi, cosidetti « attivi », ed il radar è uno di questi, che generano invece un fascio di energia elettro magnetica (non più nella banda dell'infrarosso, ma in quella adiacente delle microonde) con il quale investono l’area da rilevare e ne registrano l'eco. Anche i segnali radar, convenientemente trattati, consentono Ja realizzazione di immagini di tipo fotografico.

L'esperienza nell’uso dei sensori ha posto in particolare evidenza i van taggi che si possono conseguire nello studio degli oggetti terrestri confrontan do immagini dei medesimi, ottenute contemporaneamente, ma ciascuna di esse prodotta da radiazioni di diversa lunghezza d'onda. Questa registrazione contemporanea di radiazioni differenti è nota come rilevamento multispet trale ed ha largo impiego dall’aereo, e con l'’ERTS anche da satelliti, almeno per quel che riguarda le bande spettrali del visibile e dell'infrarosso. Infatti nella banda delle microonde, in cui lavorano i sistemi radar, le più elevate po tenze richieste non ne consentono ancora l’impiego a bordo di satelliti,

Il rilevamento multispettrale è l'aspetto saliente della esplorazione terre stre eseguita dall’ERTS-A. Esso viene realizzato con due dispositivi multi spettrali diversi, il Return Beam Vidicon (RVB) ed il Multispectral Scanner 54




(MSS). Il primo è un analizzatore di tipo televisivo pluricanale ed è costituito da tre telecamere che operano simultaneamente osservando la stessa zona di terreno (un quadrato di 185 km di lato) in bande spettrali diverse che com prendono il visibile e l’infrarosso « vicino ». Le immagini che si formano sui tre schermi vengono « lette » elettronicamente, con un procedimento di scan sione, durante i 25 secondi che separano un'esposizione da quella successiva. Una parte di ogni immagine sì ripete in quella seguente nella direzione di moto del satellite. Purtroppo dopo solo tre settimane dal lancio l'apparec chiatura è andata fuori uso ed è rimasto operativo il solo Multispectral Scanner. Le immagini presentate in questa nota provengono pertanto solo da quest'ultimo. Questo dispositivo di rilevamento è costituito da uno specchio inclinato che oscilla secondo un asse parallelo alla direzione del volo (fig. 2). Lo specchio nella sua rotazione esplora una striscia della superficie terrestre inviando al sensore, attraverso un sistema ottico, le radiazioni elettromagne tiche incidenti. Il sensore, o meglio i sensori, poiché in questo caso ve ne sono diversi, operano in quattro bande spettrali differenti: banda 4 tra 0,5 e 0,6 micron {regione del verde-gialio); banda 5 tra 0,6 e 0,7 (arancio-rosso); banda 6 tra 0,7 e 0,8 (rosso-infrarosso) e banda 7 tra 0,8 e 1,1 micron (infraros so « vicino »). L'energia elettromagnetica raccolta dai sensori è da questi con vertita in segnali elettrici che, amplificati e registrati, sono trasmessi a terra ove opportune elaborazioni producono immagini simili alle comuni foto grafie aeree.

Diversamente dal Return Beam Vidicon che opera « scattando » una suc cessione di immagini, similmente ad una macchina fotografica, il Multispec tral Scanner fornisce un'immagine continua della regione esplorata, larga per LZERTS-A 180 km, nella direzione dell'orbita. ll prodotto finale di uno scanner di questo tipo si presenta come una lunga striscia di film analoga ad un mosaico di foto aeree lungo la direzione di volo. E’ per comodità che questa striscia continua di superficie così rilevata viene spezzata dalla NASA, nelle sue stazioni a terra di processo dei dati, in immagini quadrate di 180 km di lato riportate a scala 1:1.000.000 ed a cui viene dato il 10% di sovrap posizione tra l’una e l’altra.

Per quanto riguarda la « risoluzione » delle immagini dell'’ERTS, cioè la possibilità per l'interprete di poter distinguere un oggetto e vederlo separato da ciò che lo circonda, sembra che l’area minima che può essere individuata debba avere un diametro di circa 100 metri. Tuttavia anche strade o fiumi di almeno 10-15 metri possono essere distinti purchè esista un assai forte contrasto di tono con il terreno circostante. E tutto ciò per un rilevamento fatto da quasi 1.000 chilometri di distanza è un risultato veramente conside revole.

ESEMPI DI INTERPRETAZIONE

Da quanto esposto è evidente che dalle immagini riprese dal satellite possono essere tratte numerose informazioni della più varia natura. Limi tandoci qui a quelle di carattere geologico e geomorfologico, occorre preci sare che, data la natura e scala delle immagini, il tipo di queste informazioni € del tutto particolare. La caratteristica della visione panoramica che è 3)




peculiare della fotografia aerea in generale, è qui esaltata fino ad offrire una visione estremamente regionale, A questo livello la perdita di dettaglio che può sembrare una deficienza, contribuisce invece a mettere in evidenza una gamma di fenomeni che altrimenti risulterebbero mascherati proprio da tale dettaglio.

Sono riconoscibili così elementi geologici di ordine per così dire « pri mario » che fanno apparire semplici, strutture altrimenti complicate dal det taglio delle forme rilevate a terra o su foto a grande scala. Certe interpreta zioni regionali che possono anche essere fatte a partire da carte geologiche compilate, assumono un carattere di maggiore immediatezza se compiute su un'immagine reale del terreno, scevra, fin dall’origine, da altre interpretazioni. Ciò è dovuto al fatto che, rispetto a carte geologiche alla stessa scala, un'im magine di tipo fotografico fornisce una sintesi di elementi di varia natura che una carta geologica non può presentare con uguale abbondanza di parti colari. Anzi, una tale immagine permette ed invita a sviluppare interpreta zioni nuove che, anche se azzardate, possono servire da ipotesì di lavoro per successive ricerche.

La possibilità inoltre di disporre di più immagini di una stessa area ri presa su bande di lunghezza d'onda diverse, permette una serìe di analisi di confronto che hanno come risultato la maggiore evidenza o la differenzia zione di certi fenomeni. A parte le analisi più raffinate, prodotte da calcolatori, che confrontano le quattro bande d'onda nella registrazione originale secondo programmi prestabiliti per ciascun tipo d'indagine, è possibile anche visual mente sfruttare le caratteristiche diverse delle varie lunghezze d'onda. Ad esempio nelle bande 6 e 7 (regione del rosso ed infrarosso) appaiono più evi denti rispetto alle altre bande le differenze litologiche e le forme strutturali, | sia per la maggiore penetrazione delle radiazioni di tale lunghezza d’onda nell'atmosfera, sia per l’attenuazione delle coperture vegetali. Per l'acqua, il forte assorbimento che essa mostra per queste radiazioni permette di indivi duarla con certezza apparendo praticamente nera in immagini infrarosse. Cio però elimina la possibilità di rilevare le torbide in mare che, in compenso, sono ben visibili nella regione del verde-giallo (banda 4).

La scelta ed il commento degli esempi è stata fatta non tanto per discu tere problemi geologici o geomorfologici particolari, ma piuttosto per mo strare le possibilità offerte dal mezzo. Negli esempi che seguono vengono messi pertanto in evidenza soltanto alcuni dei possibili fenomeni rilevabili senza necessariamente esaurire l'informazione fornita dall'immagine, ma po nendo l’attenzione semmai su fatti meno evidenti a prima vista o particolar mente interessanti. Ove di una stessa zona sono state presentate due imma gini corrispondenti ad altrettante bande d’onda, le annotazioni tratte da un'immagine sono state riportate sull'altra in modo da lasciare libera la foto dalla quale provengono.

La tig. 3 rappresenta parte della costa adriatica all'incirca da Pescara al limite nord del Gargano e si estende nell’entroterra fino quasi a Sulmona. Le bande spettrali relative sono la 7 (infrarosso) e la 4 (verde-gialio). E' inoltre riportata una striscia della costa fra Ancona e Pescara (banda 4) di un’im magine adiacente per estendere verso settentrione il tema riferito al mare. 56




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Da queste immagini, per esempio, si’ può rilevare: a) il limite fra sedimenti plio-quaternari e più antichi, secondo una linea ab bastanza ben riconoscibile, Tale limite è reso evidente dal tono (i sedimen ti più recenti sono più chiari) e dalla morfologia (il plio-quaternario è inciso da un reticolo idrografico più denso, caratteristico di terreni meno competenti ed ha un rilievo più basso).

La posizione di questo limite non è sempre netta, ma compresa in una fascia più o meno larga, dell'ordine di 3 km. Si ritiene quindi che corriì- sponda più che ad un semplice limite litologico ad un limite di « am biente », cioè della zona dove il mare pliocenico ha sostato più a lungo. Tale limite, quindi, può includere zone dove non vi sono più sedimenti pliocenici perché erosi, come pure lasciar fuori aree di sedimenti sottili. b) notizie sull'assetto dei sedimenti desunte soprattutto dalla forma degli spartiacque e dalla traccia di livelli più continui e potenti. Si nota, lungo tutta la fascia costiera, una debole pendenza regionale con direzione paral lela alla presunta costa pliocenica ed immersione verso il mare. Tale pen denza la si rileva a tratti anche nei terreni pre-pliocenici del retroterra, indicando un quadro generale abbastanza coerente di modesto solleva mento regionale con asse appenninico parallelo alla costa, lontano una cinquantina di chilometri da questa.

E' interessante notare la « chiusura » di questa megastruttura verso sud, sottolineata dal limite fra depositi antichi e recenti. E’ chiaro che tale struttura non è necessariamente costituita da una semplice forma anticlinale. L'immagine a questa scala mette però in evidenza una generica forma positiva. Si richiama inoltre l'attenzione sulle superfici descritte dallo strato guida (a) che appaiono come dei livelli alti di chiusura di de positi recenti non erosì. c) sulle immagini della banda 4, come accennato, sono ben visibili Je torbide portate dai fiumi al mare, e la loro forma e distribuzione mette in evi denza l'andamento delle correnti marine vicine alla costa nel momento della ripresa (5 febbraio 1973). Si vede chiaramente il pennello costituito dalle torbide di ciascun fiume per un tratto di alcune decine di chilometri; inoltre che la corrente marina principale è parallela alla costa con dire zione da nord verso sud e che corre ad una distanza di circa 2-3 km dalla costa stessa. Si nota anche che la presenza di promontori, come quello di Ancona e quello a nord di Vasto, provoca delle controcorrenti lungo la costa, denunciate dalla forma ad uncino dei pennelli sotto cor rente rispetto al promontorio. Questo modello produce delle fasce, poco lontane dalla costa, dove il passaggio delle torbide è più limitato.

L'immagine mostra inoltre che la diffusione delle torbide al largo si estende fino a circa 30 km dalla costa e che il suo limite esterno, in questo caso, è quasi netto. Dall'angolo che i pennelli formano con la loro dire zione di provenienza e dalla loro lunghezza è possibile stimare, con si stemi empirici, la velocità della corrente principale. Da quanto sin qui detto risulta evidente l’importanza di queste informazioni per studi di carattere sedimentologico ed ecologico.

La fig. 4 è un esempio di due immagini della stessa zona nelle bande 5 {arancio-rosso) e 7 (infrarosso). Le immagini sono state riprese il 6 ottobre 58




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Nella banda 7 si notano inoltre distintamente il Lago ed il contorno della torbiera di Massaciuccoli (c) e le linee di accrescimento della foce dello Arno (dì).

Nell'immagine di fig. 5 si nota alle spalle del vulcano di Roccamonfina (©) una lunga linea arcuata (a) che marca il bordo di una serie di rilievi cal carei. Tale linea è collegata, ai suo estremo NO, ad una traccia di frattura trasversale molto evidente (allineamento b). Un simile schema, anche se meno manifesto, lo si nota alle spalle del Vesuvio (e) e dei Campi Flegrei (f) nell’immagine di fig. 6. In questo caso la forma appare ribaltata con la linea di frattura trasversale (g) posta al limite SE dell'arco (h) in corri spondenza dei Monti Lattari (i). Se poi si considera che le due figure 5 e 6 rappresentano porzioni di terreno contigue, ì due fenomeni osservati possono financo rappresentare forme particolari di un'unica struttura ad andamento arcuato, limitata ai due estremi dalle linee trasversali sopra descritte.

Poiché si può ritenere che i vulcani predetti si siano impiantati in zone di particolare debolezza della crosta, aile spalle di masse sovrascorse, che in questo caso sono i rilievi calcarei dell'Appennino meridionale traslati verso NE, la ripetizione di queste forme ad arco suggerisce che esse siano il modello legato a questo tipo di situazione geologica. Le linee trasversali che fanno da limite alle suddette forme dovrebbero corrispondere a zone di frat tura lungo le quali si è avuto un movimento differenziale orizzontale tra le masse. Analogamente si può avanzare l'ipotesi che la forma arcuata dell’Ap

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EEE, Fig. 7 - Appennino centrale. Imma==" === ses === E - Ea aSR 53 gini del 6 febbraio 1973, banda LiCsA E => rn 3 x 7 7 ; :e Se e Annotazioni di alcuni elementi morTIE cei Se =“ SE E È JA . . .+ SI AZZ fologici: v - vulcani laziali; m,n,r -cs =: re=== = == E = ei == î 3I Serg = = = 3 = ea E = sE a Ò 3gi ee r£. linee strutturali descritte nel testo;TIE RSS N - linea Ancona-Anzio; p - forme: ME SEN = CTS

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da allineamenti trasversali molto evidenti (n) che al loro estremo SE (linea Ancona-Anzio, N), delimitano anche l’area del vulcanismo stesso.

Sulla fig. 7 si può notare anche una singolare abbondanza di forme circo lari (p), di notevole dettaglio, in particolare negli affioramenti miocenici subito a NE del vulcano dei Colli Albani, la natura delle quali ci è ignota, ma la cuì esistenza non è dubbia. Da segnalare inoltre alcune grandi linee di frattura dì Importanza regionale (r).

La fig. 8 è infine un'immagine nelle bande 5 e 7 di una parte della pianura padana e dell'Appennino modenese compresa tra Lodi e Reggio Emilia. Si possono osservare due interessanti aspetti del reticolo idrografico. Il primo riguarda l’idrografia attiva. Nella banda 5 son ben visibili, per il loro tono chiaro, gli alvei dei fiumi provenienti dall’Appenino, Trebbia (a), Nure, (b), Taro (c), Parma (d) ed Enza (e), mentre è mal definito il corso del Po. Il con trario avviene nell'immagine relativa alla banda 7 dove la traccia del Po è nettissima mentre quella dei fiumi affluenti è indistinta ed incerta. La spie gazione di questo fatto, seppure relativamente semplice, riveste una certa im portanza dal punto di vista idrogeologico e della geologia applicata in genere: gli alvei con acqua appaiono neri nella banda dell’infrarosso (7) e gli alvei asciutti, dei fiumi a carattere torrentizio con sedi molto espanse, appaiono bianchi nella banda arancio-rosso (5). Il confronto delle due bande permette quindi di riconoscere il carattere dell'idrografia e del suo stato contingente, con evidenti implicazioni per le ricerche idrogeologiche, l'individuazione e la delimitazione delle aree di deposito fluviale, la programmazione di opere re gimatorie antilnondazione ecc.

Il secondo aspetto rilevabile, di carattere più speculativo, è la localizza zione di alvei fluviali abbandonati in pianure alluvionali. Nella banda 7 sono riconoscibili alcuni alvei fossili del Po compresi fra il suo attuale corso ed il margine degli Appennini. Questo tipo di informazione ha anch’esso tuttavia un interesse pratico per le ricerche idrogeologiche, come pure, su aree di grande estensione, può rappresentare un contributo alla ricostruzione morfo logico-strutturale di una regione.

Concludendo, i pochi esempi presentati non esauriscono certamente le possibilità di utilizzazione delle immagini dell'ERTS per quanto concerne gli studi geologici. Essi tuttavia vogliono mostrare quale potente strumento di in dagine sia questa forma di rilevamento della superficie terrestre. I vantaggi essenziali di questo tipo di immagine rispetto alle fotografie aeree convenzio nalì sì possono così sintetizzare: — visione panoramica immediata di grandi estensioni. Per confronto una immagine dell’ERTS equivale a circa 2.500 fotografie aeree stereoscopiche a scala 1:33.000; — immagini riprese contemporaneamente in diverse bande spettrali, ciò au menta la possibilità di riconoscimento dei particolari ritratti; — possibilità di seguire l'evoluzione nel tempo di fenomeni di natura dina mica, attraverso la ripetizione periodica delle immagini medesime. 63






OFFICINE i @ta LEO STEREOSIMPLEX mod. Il/c ! E ORTOFOTO-SIMPLEX | STEREOSIMPLEX mod. Il/c e Utilizza fotogrammi fino al formato massimo di 23x23 cm e Atto alla restituzione di fotografie aeree e terrestri e Distanze principali. comprese tra 85 e 220 mm, consentono la restituzione di fotogrammi eseguiti anche con came- | re supergrandangolari e Ingrandimento totale massimo : 7,5 può essere collegato con: ORTOFOTO-SIMPLEX e Prende l'immagine da ambedue i fotogrammi orientati sullo stereoresti tutore e Effettua la scansione automatica con differenti velocità pre-selezionate e Riproduce fotograficamente la proiezione ortogonale corretta della fotografia in am biente normalmente illuminato e Ingrandimento massimo fino a 4,5 volte i i dic ge a “SA N na, = - = = 2, {ea e) 0 Y so , | I ) Si il 7a e dii ade del =? Ci er = S — e "<> -_MG î PZ Date i “e DI PAIA Lite —— Sa ZE RE ; Î 6 red (e Fr SI Mea > rn G di . _ DD >» di ur e < OFFICINE GALILEO S.p.A. - DIV. STRUMENTAZIONE - 50134 FIRENZE - VIA C. BINI 44 - TEL. 4796 33 GRUPPO MONTEDISON